CUPOLA (cupŭla, dim. di cupa "botte")
Per c. si intende la copertura a vòlta sferica o a sezione conica di uno spazio rotondo, quadrato o poligonale. Il passaggio dalle piante quadrate o poligonali alla base rotonda della c. costituisce un importante problema architettonico che può essere risolto in due maniere a seconda che sul prisma del corpo architettonico debba inserirsi una c. che lo circoscrive o vi si iscrive. Nel primo caso il prisma forma, al di fuori dalla calotta a vòlta, in corrispondenza degli angoli, triangoli misti, i cosiddetti pennacchi; nel secondo caso la circonferenza che si trova alla base della vòlta deve sorpassare a ponte gli angoli del prisma e ciò può avvenire per mezzo di speciali vòlte a nicchia. Normalmente si esegue questo collegamento mediante pennacchi sferici, i quali altro non rappresentano che gli avanzi di una vòlta a vela tagliata all'altezza del corpo architettonico, quadrato o poligonale, sottostante. Si ottiene così un tamburo sul quale si costruisce poi la c. vera e propria (su pennacchi sferici). Per coprire a vòlta costruzioni poligonali esiste anche un'altra possibilità: l'uso di settori di cupola. La forma a spicchi, originata dalla forma più semplice di c., quella su pianta quadrata, e che può venir costruita anche su sottostrutture esagonali o ottagonali, si dice c. a padiglione. I settori di questa specie di c. possono presentare anch'essi una vòlta arrotondata all'esterno (a spicchi, a ombrello), oppure comparire come una variante di settori semplici con vòlta verso l'esterno.
La scoperta della c. con vòlta vera e propria retta mediante tensione è accertata in Oriente già nel IV millennio a. C., e, più precisamente, in Egitto e Mesopotamia.
Egitto. - Già sulla cosiddetta Tavola dei Leoni di epoca pre-dinastica, è rappresentato un edificio con c., costruito probabilmente in legno e in argilla. La più antica c. conservata si trova in una copertura a vòlta di una porta quadrata nella tomba di Sonb, risalente all'Antico Regno, nel cimitero di Gīzah. Si tratta di una specie di vòlta a vela fatta con mattoni di argilla, iscritta nella base quadrata. Altri esempî a Gīzah, risalenti all'Antico Regno, sono la trincea della maṣṭabah di Seshemnūfe (tarda V dinastia). Di pietra e di epoca anche più antica è un ambiente della maṣṭabah della tomba di Iunmen (Lepsius 92) in mattoni. È incerto se siano state usate cupole anche nelle case di abitazione di quell'epoca. Granai rotondi sono stati coperti con cupole sia durante l'Antico Regno sia in epoca posteriore. Non risulta a tutto oggi l'uso di cupole nel Medio Regno; solo nel Nuovo Regno ricompaiono nelle tombe. Con la XXV dinastia si trovano in qualità di cupole coniche sopra alla camera funeraria (Abido) e in una fortezza (circa 66o a. C.) presso Daphnai.
Mesopotamia. - Cupole in pisé si riscontrano su alcuni edifici circolari di Tell Arpashiyya presso Mossul, risalenti al periodo di Tell Ḥalaf (IV millennio a. C.). Capanne a forma di c. compaiono su un frammento di ceramica di Samarra, della fine del V millennio. Tentativi di vere e proprie costruzioni a c. si notano nelle due tombe a pianta quadrata sotterranee di Ur, intorno al 2300 a. C. A queste possono accostarsi le tombe di Ugarit e Minet el-Beida (II millennio), che però sembrano imitazioni di tipi occidentali. In Assiria si vedono rappresentazioni di case con cupole semisferiche o coniche su rilievi del sec. VII a. C. Torri rotonde con c. compaiono su una coppa d'argento fenicia proveniente da Amatunte testimoniando una tradizione siriana che giungerà fino all'epoca paleocristiana (cantine di Fara). La c. troverà poi largo impiego, in Oriente, nell'architettura sassanide (palazzi di Ctesifonte, Firuzabad, etc.).
C. ad aggetto. - Questa specie di c. s'innesta sulla sporgenza orizzontale di strati di pietra o di mattoni posti ad anello, come nelle tombe dei re a Ur. Si diffusero forse nel Mediterraneo attraverso l'Asia Anteriore e vi furono imitate in pietra. Tombe a thòlos si hanno a Syros, in pietra; granai rotondi a Orchomenos, in mattoni di argilla cruda; un grande edificio circolare sorse a Tirinto (base in pietra con c. in mattoni) nell'Antico Elladico; thòloi nella Messarà a Creta (base in pietra con c. di materiale leggero) del Minoico Antico. Costruzioni sotterranee in pietra dello stesso tipo sono le thòloi micenee della Grecia centrale e dell'Argolide; a Creta risultano ora attestate anche nel Medio Minoico (Matz-Schörgendorfer, Forschungen auf Kreta, p. 13). Sono coperte in questa guisa fortezze a forma di torre e fontane della Sardegna. Capanne circolari con struttura in pietra avevano forse cupole in mattoni essiccati. Le absidi del tempio sotterraneo eneolitico, in Malta, erano coperte da semicupole. Si trovano in Spagna e nel Portogallo thòloi simili a quelle di età micenea, risalenti all'Età del Bronzo (Andalusia). Basi di costruzioni simili si trovano tanto nel S-O della Francia quanto nell'Europa centrale e settentrionale nel tardo Neolitico. Tombe di tipo affine si hanno nell'Africa settentrionale e nella Russia meridionale. Costruzioni in legno si notano in tumuli nell'Olanda. Thòloi di tipo miceneo costruite in conci di pietra con tecnica accurata si riscontrano nei Balcani meridionali (Bulgaria) fino al sec. IV a. C.
Italia. - Le più antiche costruzioni a c. sulla costa tirrenica in territorio etrusco sono quelle di Vetulonia, Populonia, Volterra e, nell'interno, di Fiesole. Si veda una piccola thòlos a protezione di un'urna cineraria villanoviana della fine del sec. IX a. C., presso Velletri, con l'innesto di una vera e propria vòlta. Notevoli le thòloi della Pietrera e la Tomba del Diavolino presso Vetulonia, nelle quali, su una camera funeraria a pianta quadrata, è costruita una c. ad aggetto su pennacchi semplici. Si tratta indubbiamente di forme architettoniche orientali che, per esempio, si continuarono a Creta anche in età submicenea e in età geometrica; vedi pure le tombe quadrangolari di Thera, a pareti verticali, con quattro pennacchi angolari a risega, sui quali gira la pseudocupola e le piccole tombe a c. di Haghios Kosmas e di Sira. Nella Russia meridionale sarebbero da ricordare le tombe di Panticapeo (Kerč), camere quadrangolari con pennacchi dei sec. VI e V. Altre cupole costruite su piante rotonde: La "Mula" fra Quinto e Sesto Fiorentino; Casal Marittimo presso Volterra; il Tullianum a Roma (costruzione in pietra squadrata), cisterne dietro la Casa di Livia (Palatino) e la fontana di Tuscolo (anteriore al sec. V a. C.). In Sicilia esistono thòloi sotterranee dell'Età del Ferro, scavate nella roccia con cupole ad aggetto (Thapsos); confronta anche le tombe scavate a forma di c. della necropoli di Montagna (Caltagirone). Non si è potuto stabilire se la cisterna con una complicata vòlta in pietra lavorata esistente a Chiusi presentasse una semicupola vera e propria.
La c. vera e propria. - La scoperta dell'opus caementicium avvenuta con tutta probabilità nella vulcanica Campania, indusse al tentativo di costruire la c. ad aggetto servendosi di questa nuova tecnica. Il tentativo di sostenere con un blocco cuneato di chiusura la pseudovòlta a strati di pietra squadrata insufficientemente stabili risale, in Etruria, già al principio del sec. V. a. C. (necropoli detta del Crocifisso del Tufo, Orvieto), ma si limita ad archi di porta o pseudovòlta ad arco acuto (Tomba di Pitagora, Cortona). Nell'autentica c. in muratura, invece di fare passare la forza di gravità di pietra in pietra, si ottiene l'equilibrio con un'eccellente malta di natura vulcanica. Inoltre la disposizione delle pietre, come nelle c. ad aggetto, può esser fatta a strati circolari gradualmente sporgenti; questo sistema è stato usato generalmente nella prima età imperiale (come nel tempio di Diana a Baia) o disposti radialmente (tempio di Mercurio a Baia) come nelle cupole di pietre squadrate nelle quali una delle componenti della forza di gravità che agisce nella tangente, consente alla vòlta di reggersi. Tali c., come quelle costruite su armatura con il sistema della colata, sono da considerarsi quali monoliti. Il processo che determinò il sorgere della c. in calcestruzzo può essere seguito chiaramente nella Campania. Prima fu costruita la c. ad aggetto a tronco di cono in pietra lavorata (tomba osca presso Cuma); esiste anche una forma più antica, nella "Tomba di Casaglia" presso Volterra e in singoli edifici termali delle città vesuviane (terme di Stabia, terme del Foro a Pompei) con una nuova tecnica dell'opera cementizia (tipo campano). (Cfr. anche la c. in cemento della Tomba di Cecilia Metella sulla via Appia (seconda metà del I sec. a. C.), che, nella parte superiore, come nel frigidarium delle terme del Foro a Pompei, è chiusa da una piccola autentica c.; sarebbero da ricordare a questo punto anche le primitive cupole a quarti in tre magazzini con absidi terminali esistenti a Tivoli). In seguito l'estradosso della c. assunse sempre più la forma sferica della c. vera e propria, fatta di pietra lavorata, la cui tecnica era già conosciuta anche nell'Italia centrale e che forse si riallacciava a forme orientali; si confronti la semicupola al di sopra di una nicchia nel muro di sostegno della terrazza di Atena a Pergamo; per l'Italia le semicupole delle nicchie di un edificio a Todi, metà del I sec. a. C. e la semicupola di un santuario presso una fonte sacra di tarda età repubblicana a Boville. Non si può stabilire se gli ambienti a pianta circolare di terme greche come quelle di Oiniadai (cfr. Timarchos, presso Athen., xi, 501) avessero una copertura a cupola. Può darsi che la costruzione di edifici annessi alle grotte termali naturali a Baia, sulle pendici davanti alle grotte stesse, abbiano, nella Campania, influito sul sorgere della c. (Atti III Congr. Naz. di Studi Romani, i, p. 186 ss. e 294 ss.). È incerto se vi siano stati anche modelli di cupole lignee (cfr., Varro, De re rust., 3, 5, 14-18; K. Lehmann, Dome of Heaven, in Art Bull., xxvii, 1945).
L'esempio più antico di un ambiente sormontato da c. su base rotonda senza tamburo si è conservato nel cosiddetto tempio di Mercurio di tarda epoca repubblicana o della prima età augustea con una c. rialzata a strati di pietre disposti radialmente. Probabilmente si ricoprivano già in tarda età repubblicana le celle dei templi circolari con cupole appiattite in muratura (Tivoli). Si vedono nel tempio della Fortuna Primigenia, a Palestrina, nicchie ricoperte con semicupole di età sillana. Nicchie chiuse a guisa di calotte sono accertabili in Oriente già in epoca ellenistica (edificio sotto il grande altare di Pergamo, forse del sec. III a. C.) e forse anche fontane (cfr. B. Schweitzer, in Winckelmannsblatt, Lipsia 1938); appartengono forse a questo tipo anche gli edifici a nicchia sulla nave di parata di Tolomeo IV (Athen., v, p. 205). A partire dal I sec. d. C., la c. viene applicata su qualsiasi ambiente a pianta circolare, si trovi esso in terme, ville, palazzi e sepolcri; si veda, in Roma, l'ambiente centrale di una costruzione a croce sotto il tempio di Venere e Roma (antecedente al 64 a. C., Con. Stor. Arch., iii, 1938, p. 75 ss.). Un'importante fase dello sviluppo della c. è costituita dall'isolamento di questa all'esterno e dal suo collegamento con una base cilindrica: il tamburo. Il più importante esempio di questo tipo, che è anche una delle costruzioni a c. più antiche di carattere sacro, è il Pantheon di Roma, di epoca adrianea, con opàion centrale; segue in Oriente, alcuni decenni più tardi (età di Antonino Pio), l'Asklepièion di Pergamo. Tipo questo che si conserva fino al IV sec. d. C. (sepolcro di Galerio a Salonicco, oggi S. Giorgio; sepolcro di S. Elena inter duas lauros sulla via Labicana, l'odierna Torpignattara, il Tempio della Tosse a Tivoli, il sepolcro di Romolo sulla via Appia e il mausoleo di Diocleziano a Spalato, ottagonale all'esterno, con una c. rialzata, costruita in mattoni disposti a ventaglio). Esistono però, oltre a queste, altre soluzioni (a conchiglia, a spicchi o a ombrello) consistenti nella costruzione di settori a vela, disposti l'uno vicino all'altro (vele rampanti a doppia curvatura), che nella parte superiore prendono spesso l'aspetto di una semplice vòlta semisferica, sostituiti talvolta con settori a vòlta semplice (ninfeo degli Orti Sallustiani, semicupola del Serapeton di Villa Adriana). Simili coperture a foggia di baldacchino si vedono su specchi etruschi (O. Gerhard, Etrusk. Spiegel, iv, tav. ccclv).
Anche la copertura a vòlta del vestibolo della Piazza d'Oro della Villa Adriana appartiene a questo tipo. La c. presenta cinque lunette separate da fasce, che, verso l'alto, si fondono nella vòlta. Lunette a fasce si sviluppano da una mensola di sostegno poggiante sopra una colonna addossata al muro; così anche l'attuale "Planetario" delle terme di Diocleziano, come pure la vòlta del "Tempio di Siepe", in Roma, noto soltanto da disegni (Rivoira, Architettura romana, p. 193, fig. 151). Settori a vòlta semplice su pianta ottagonale, in corrispondenza alle pareti del corpo sottostante, si trovano in una sala situata nel centro dell'ala orientale della Domus Aurea (64-69 d. C.) e in una sala delle terme di Pisa; forme, queste, che si riallacciano all'antica forma a padiglione su base quadrata (Tabularium, tempio di Ercole a Tivoli, cfr. Rivoira, Architettura romana, p. 98 55., figg. 84-86). Nella Domus Augustana, sul Palatino, compare anche la vòlta a vela (con superficie continua d'intradosso) sopra alla sala centrale quadrangolare, che cronologicamente segue quella più piccola della Villa di Minori, di età augustea; si veda anche un sepolcro presso S. Stefano Rotondo in Roma (disegno a Cambridge, Eton College, pubblicato in Papers Brit. School at Rome, vii, 1914, p. 9, n. 24) e l'ambiente inferiore della tomba detta "Sedia del diavolo", presso la via Nomentana. Cupole su base quadrata (su pennacchi) sono rare in Occidente. Esempi di questo tipo sono il sepolcro di Casal de' Pazzi, sulla via Nomentana e forse anche la "Sedia del diavolo". Questa soluzione con pennacchi sferici a ponte sugli angoli è di grandissima importanza per la primitiva architettura bizantina e trova la sua applicazione classica nella c. di S. Sofia a Costantinopoli. La seconda, ma più imperfetta, soluzione con una nicchia ad arco sugli angoli (pennacchio a tromba o a mezzo padiglione) è usata con predilezione in Oriente e compare in Italia per la prima volta a S. Giovanni in Fonte a Napoli, nel sec. IV d. C. e poi a S. Vitale a Ravenna. Nel corso del sec. III d. C. sono sempre più frequenti i tentativi di interrompere con vuoti la forma massiccia delle cupole e dei tamburi, non bastando più i lucernai centrali alle esigenze dell'illuminazione interna. Già la c. del tempio di Mercurio a Baia è interrotta da due aperture quadrangolari. Altri esempi ci sono dati dalle terme più vecchie di Pompei, dalla sala ottagonale di quelle di Pisa e dalle terme a mare di Leptis, del II sec. d. C. La luce entra, nella maggior parte dei casi, dall'opàion, tuttavia l'esistenza di finestre nella c. si limita a casi singoli. Solo la c. paleocristiana e bizantina viene sempre più spesso illuminata mediante finestre (S. Giorgio di Salonicco, S. Vitale, S. Sofia, chiesa degli Apostoli, di Giustiniano a Costantinopoli, battistero di Nocera dei Pagani). In S. Costanza a Roma il tamburo che si erge sopra le navate laterali è interrotto da finestre ad arco a tutto tondo. Ancora più importante è la tendenza, verificatasi dal sec. II d. C., di comporre il massiccio involucro della c. dal punto di vista strutturale con un sistema più o meno coerente di nervature, celate per lo più nei muri, o di costoloni (tempio di Portunno a Porto di Roma, con costoloni visibili nei meridiani della c., databile alla fine del sec. II o all'inizio del III d. C.; ninfeo degli Orti Liciniani; "Planetario" delle terme di Diocleziano; aula circolare della Vignaccia; Tor de' Schiavi, Mausoleo di S. Costanza, battisteri di Neone, degli Ortodossi e S. Vitale a Ravenna). Un altro sistema per rafforzare la calotta della c. fu tentato inserendo mattoni ad archetto di ventaglio nella c. del mausoleo di Diocleziano a Spalato, in seguito al quale si rese superflua l'armatura, procedimento questo forse originario dall'Oriente; confronta anche un edificio a pianta circolare di Roma, noto soltanto da disegni (Rivoira, op. cit., p. 311, fig. 297). A questo tentativo se ne riallacciano altri tendenti a diminuire il peso della c. inserendo anfore nella muratura (mausoleo di Romolo sulla via Appia, di S. Elena a Torpignattara, di Galla Placidia a Ravenna) o usando pietra vulcanica più leggera, senza compromettere la solidità della c. (metà superiore della c. del Pantheon di tufo e di scoria lavica, tempio di Diana a Baia a caementa disposti in strati orizzontali, Tor de' Schiavi, S. Costanza). Occorre ricordare, infine, anche il tentativo di equilibrare la spinta della vòlta della c. con pilastri (tempio di Venere, a Baia; ninfeo degli Orti Liciniani). In Oriente la tradizione monumentale della c. in muratura è relativamente recente.
Dopo che fu universalmente respinta la teoria dello Strzygowski, il quale voleva attribuire alla c. di mattoni su base quadrata un'origine mesopotamica, in realtà inesistente, restano solo le cupole a quarti di sfera (Trompenkuppel) dei palazzi sassanidi a Firuzabad (circa 224 d. C.) e a Sarvistan (Reuther, in Pope, Survey of Persian Art, i, p. 496), che hanno forse la loro origine nell'Irān orientale. In Mesopotamia la c. in calcestruzzo su base quadrata fu ad ogni modo nota, al più presto, nel sec. III d. C., ma le più antiche cupole di mattoni esistenti (chiesa di Qasr ibn Wardan e il castello di el-Anderin) appartengono solo al sec. VI d. C. A c. più antiche su "pendentif" in Asia Minore accenna il Dalton, (Early Christian Art, p. 85, nota 4 ss.). A queste è ispirata probabilmente nei suoi elementi essenziali la costruzione della c. di S. Sofia. In Siria e in Palestina, prescindendo da c. di terme romane in materiale leggero e da c. di monumenti funerari in pietra squadrata come la tomba di Qusair an-Nuwayis, presso Amman, che è la più antica c. a pennacchi (pendentif) in pietra tagliata del tardo II o degli inizî del sec. III a. C. (Baldwin Smith, The Dome, 1950, p. 58), esistono solo tracce insignificanti di una tradizione della c. in muratura. Invece cupole in legno, probabilmente già in uso in alcuni edifici greci a pianta circolare (thòlos di Epidauro) e che non erano sconosciute né agli Italo-Etruschi né ai Romani (sala delle udienze di Nerone, nella Domus Aurea) sono ricordate da Baldwin Smith anche nella Siria già in epoca pagana (Marnèion a Gaza intorno al 130 d. C.) e, secondo quanto afferma il medesimo autore, esse trovarono in Siria, in Asia Minore e in Palestina una vasta applicazione in età paleocristiana ("Grande chiesa" o Domus aurea di Antiochia, intorno al 327 d. C.; chiesa del Sepolcro a Gerusalemme, 326-335 d. C.; Martyrion di Nissa intorno al 379-394 d. C.; Martyria a Costantinopoli nel sec. IV-V d. C.; chiesa di Simeone Stilita a Qalat Semān del 460-490 d. C.). Per la simbolistica della c., cfr. K. Lehmann, The Dome of Heaven, in Art Bull., xxvii, 1945; e Baldwin Smith, loc. cit., p. 61 ss.).
Monumenti considerati. - Età preromana: Gīzah: Juncker, Gîza, v, p. 32 ss., fig. 3, tav. 3, a-d; granai egiziani: Erman-Ranke, Aegypten, p. 520, fig. 209; Tell Arpashiyya: Mallowan-Rose, Prehistoric Assyria, p. 24 ss.; ceramica di Samarra: Iraq, ii, p. 32, fig. 20; cantine di Fara: Heinrich-Andrae, Fara, p. 8 ss., tav. 7 b; tombe di Ur: Woolley, Ur Excavations, ii, p. 102 ss., fig. 16 in basso e tavv. 54, 57; case in Assiria: Creswell, Early Muslim Architecture, p. 304, n. 6; coppa da Amatunte: Palest. Expl. Fund, Annual, i, p. 39, fig. 11; c. ad aggetto: thòloi dell'Andalusia: Leisner, Die Megalithgräber der iberischen Halbinsel, i, p. 251 ss.; tombe dell'Africa settentrionale: Prähist. Zeitschr., viii, 1916, p. 1 ss.; tombe della Russia meridionale: M. Rostovzev, Iranians and Greeks in South Russia, pp. 47-49; tumuli dell'Olanda: van Giffen, Bauart der Einzelgräber, ii, tav. 85; thòloi della Bulgaria: A. M. Mansel, Die Kuppelgräber v. Kirklareli in Thrakien; Italia: Vetulonia, Populonia, Volterra, Fiesole: L. Canina, L'antica Etruria marittima, ii, tav. ci; Altmann, Die italienischen Rundbauten, p. 4 ss.; A. Åkerström, Studien über etr. Gräber; A. Minto, Populonia, p. 76 ss.; thòlos presso Velletri: J.. Durm, Baukunst der Etrusker u. Römer2, p. 125, fig. 139; thòloi della Pietrera e Tomba del Diavolino presso Vetulonia: A. Rivoira, Architettura romana, fig. 183 e Die Antike, 1925, p. 223, fig. 5; tombe di Thera: Dragendorff, Theräische Gräber, p. 98 ss.; tombe di Panticapeo: Oesterr. Jahreshefte, 1907, p. 230 ss.; necropoli di Montagna: Not. Scavi, 1904, p. 80 ss.; cisterna di Chiusi: Not. Scavi, 1933, p. 3 ss. La c. vera e propria: tomba presso Cuma: Mon. Ant. Linc., xiii, c. 205 ss.; tomba di Casaglia: St. Etr., viii, 1934, p. 59 ss.; magazzini di Tivoli: Acta Arch., iii, 1932, p. 191 ss.; terrazza di Atena a Pergamo: Altertümer v. Pergamon, ii, p. 76 e tavv. 13, 14; edificio di Todi: U. Tarchi, L'arte etrusco-romana in Umbria, tavv. 199-201; santuario presso Boville: Ephem. Dacoromana, vi, 1935, fig. 96; terme di Oiniadai: Am. Journ. Arch., viii, 1904, p. 216 ss.; tempio di Mercurio: A. Maiuri, in Boll. d'Arte, 1930, p. 241 ss.; edificio sotto il grande altare di Pergamo: Altertümer v. Pergamon, iii, 1, p. 84 ss., fig. 84 e tav. 20; Asklepièion di Pergamo: Deubner, Askl. v. Pergamon, p. 54; sepolcro di S. Elena: Arch. Anz., 1941, p. 733; Tempio della Tosse, ibid., p. 743 ss.; "Planetario" nelle terme di Diocleziano: I. Gismondi, in Architettura e Arti decorative, viii, 1928, p. 385 ss.; Domus Augustana: A. Rivoira, op. cit., p. 136, fig. 123; Villa dei Minori: Schiavo, Monum. della costa Amalfitana, p. 177; Sedia del diavolo: A. Rivoira, op. cit., pp. 135 e 193, figg. 123, 170 e p. 190, figg. 178, 179; sepolcro di Casal de' Pazzi: ibidem, p. 193 ss., figg. 131, 132; S. Giovanni in Fonte a Napoli: ibidem, p. 313, fig. 299; S. Vitale a Ravenna: ibidem, p. 322, fig. 309; tempio di Portumno: ibidem, p. 323, fig. 223; tempio di Venere a Baia: Bull. Com., 69, 1941, ii, p. 121 ss.; thòlos di Epidauro: Thiersch, in Zeitschr. f. Gesch. der Architektur, ii, 1908-9, p. 33 ss.; Domus Aurea: K. Lehmann, in Art Bull., xxvii, 1945; Martyria di Costantinopoli e monumenti affini: Krencker, Abhandl. d. Preuss. Akad. d. Wiss. Phil. hist. Kl., iv, 1938 e Röm. Mitt., xlix, 1934, p. 62 ss.; A. Grabar, Martyrium, Parigi, 1946 (passim).
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