CUNCUBINATO
. Per "concubinato" oggi s'intende la convivenza coniugale dell'uomo e della donna fuori del matrimonio. Nell'antichità esso, diversamente da oggi, era, specialmente per il diritto romano, un istituto contemplato dal diritto.
Grecia. - La concubina, in Atene, differisce dall'etèra in quanto non è solo strumento di piacere, ma vive nella casa del suo compagno avendo cura di lui; differisce poi dalla moglie, perché, non essendo legata all'uomo da vincolo di iustae nuptiae, non gli dà prole legittima, non ha la dignità della donna maritata, non è, come la moglie, messa a parte dei diritti sacrali del marito (ps. Dem., C. Neaer., 122).
Si è molto discusso sull'esistenza in diritto attico di un concubinato legittimo. Centro della questione sono due passi di autori attici, uno di Demostene (In Aristocr., 53, p. 637) e uno di Iseo (De Pyrrh. heredit., 9). Da questi passi si traggono le illazioni più disparate. Secondo alcuni (Gide, Bauermann), vi era in Atene un concubinato legittimo che si costituiva mediante ἐγγύησις, come il matrimonio, e da cui nasceva prole legittima, senza però assicurare alla concubina la considerazione della moglie legittima (γαμετή). Altri invece (Hruza, Beauchet) insegnano essere il concubinato un puro stato di fatto. Secondo, poi, una teoria intermedia (presupposta nelle esposizioni di Lipsius, Francotte, Paoli), il concubinato, pur essendo un puro stato di fatto e non una forma analoga al matrimonio, produceva rapporti giuridicamente tutelati; per cui era impunita l'uccisione dell'adultero della concubina, e il figlio nato dalla concubina cittadina poteva costringere il padre a legittimarlo e a metterlo a parte dei diritti successorî coi figli nati da legittime nozze.
Bibl.: E. Caillemer, in Daremberg e Saglio, Dictionn. d. antiq. gr. et rom., I, 1434-36; E. Hruza, Beiträge zur Geschichte des griechischen und römischen Familienrechtes, II: Polygamie und Pellikat nach griechischem Rechte, Erlangen-Lipsia 1894, p. 74 segg.; L. Beauchet, Histoire du droit privé de la république athénienne, I, Parigi 1897, p. 82 segg. (vi si troveranno ampiamente riassunte le argomentazioni, ivi combattute, a favore del concubinato legittimo del Gide, Ètude sur la condition privée de la femme dans le droit ancien et moderne, 2ª ed., Parigi 1885; e del Bauermann, Drei Studien auf dem Gebiete des attischen Rechtes); H. Francotte, La polis grecque, Paderborn 1907, pp. 83-84; J. H. Lipsius, Das attische Recht, II, Lipsia 1912, p. 480 segg.; U. E. Paoli, Studi di diritto attico, III: Lo stato di cittadinanza in Atene, Firenze 1930, p. 273 segg.
Diritto romano. - Sotto il nome di concubinato si designa nel diritto romano l'unione stabile dell'uomo e della donna, senza i due requisiti del matrimonium: affectio maritalis e honor matrimonii. L'origine dell'istituto, secondo la tesi del Castelli, è dovuta indirettamente alle riforme augustee e più precisamente alle disposizioni della lex Iulia de adulteriis e della lex Iulia et Papia Poppaea.
La prima di queste, stabilendo che ogni unione sessuale fuori del matrimonio doveva essere punita come stuprum o adulterium, elencava una serie di persone in quas stuprum non committitur, con le quali era lecito cioè avere rapporti sessuali senza incorrere in una pena:1. schiave; 2. mezzane e attrici; 3. condannate in giudizî pubblici e adultere; 4. meretrici; 5. obscuro loco natae; 6. liberte. La seconda legge stabiliva varî impedimenti matrimoniali di natura sociale. Come osserva il Bonfante, l'una rendeva possibile un'unione extra-matrimoniale, l'altra spingeva a compierla.
Sino all'epoca degl'imperatori cristiani il concubinato fu istituto di mero fatto più che giuridico. Socialmente si diffuse largamente: e venne praticato persino dagl'imperatori (Svet., Vesp., 7; (Capitol., Marcus Ant., 29,10). Praticamente si distingue dal matrimonio per la mancanza della costituzione di dote, la quale non può avere a sua base altro che un vero e proprio matrimonio. Rilievo speciale ha il concubinato della liberta col proprio patrono, in quanto la donna non perde il titolo di matrona o materfamilias e può essere sottoposta all'accusa pubblica di adulterio iure extranei, non già a quella iure mariti, concessa solo contro la donna unita in matrimonio legittimo (Dig., XLVIII, 5, ad leg. Iul. de ad., 14 [13], § 12).
La nuova società cristiana condannò aspramente il concubinato. Le riforme del primo imperatore cristiano, dirette a reprimere l'istituto mediante due vie diverse e concorrenti, abbassare la condizione della concubina e dei figli e permettere la trasformazione di quest'unione in matrimonio stabile, resero il concubinato un vero e proprio istituto giuridico. I figli della concubina presero il nome di liberi naturales. Costantino (C. Th., IV, 6, de nat. lib., 2,3) nel 336 vietò, a favore dei congiunti del sangue e del fisco, qualunque elargizione alla concubina e ai figli, prescrivendo varie sanzioni.
Valentiniano, Valente e Graziano nel 371 (C. Th., eod., 4) concedettero di elargire un'oncia della propria sostanza alla concubina e ai liberi naturales e tre once in mancanza di figli legittimi e di genitori. Attraverso varie oscillazioni della legislazione posteriore si giunge a Teodosio II e Valentiniano III, i quali nel 426 concedettero di elargire un'oncia e mezzo in presenza di figli legittimi (C. Th., eod., 7), ma nel 428 ritornarono al sistema precedente (C. Th., eod., 8). Custantino vietò, come sembra risultare da C. Th., IV, 6, de nat. lib., 2,3,5, l'arrogazione dei liberi naturales, concedendo in via transitoria la legittimazione per susseguente matrimonio; disposizione, questa, rinnovata da Zenone (Cod., V, 27, de nat. lib., 5), e accolta come misura permanente da Anastasio (Cod., eod., 6), il quale concesse anche l'arrogazione per rescritto imperiale. Giustino (L., eod., 7) abrogò quest'ultima legge.
Nel diritto giustinianeo il concubinato assume carattere profondamente diverso da quello originario: poiché le donne delle categorie sopra elencate possono essere sposate in giusto matrimonio e molti degl'impedimenti sono scomparsi, la differenza fra matrimonio e concubinato è stabilita solo dalla volonta delle parti.
Qualsiasi concubinato, anche con donna ingenua e honesta, è ammesso e questa unione, in quanto è concubinato, viene esentata dalle pene dello stupro. Il concetto e il regime giustinianeo risultano chiaramente dalle numerose interpolazioni ai testi classici e dalle costituzioni imperiali (cfr. soprattutto Dig., XXXVIII, 5, ad l. Iul. de adult., 35, che, secondo la ricostruzione del Castelli, doveva suonare diversamente in origine, e Dig., XXV, 7, de conc., 3). Le caratteristiche appaiono ora ben definite. Il concubinato è rigorosamente monogamico; è vietato con gravi sanzioni all'uomo ammogliato di avere una concubina o a chi abbia una concubina di prenderne una seconda (Cod., V, 25, de conc.,1; Cod., VII, 15, Comm. de man., 3, § 2; Nov., 18 cap. 5; Nov., 89, cap. 12, § 4, 5): Il concubinato può sussistere solo fra persone di età coniugale (Dig., XXV, 7, de conc.,1, § 4, int. nisi-sit). Inoltre al concubinato si applicano gli stessi impedimenti del matrimonio in ordine alla parentela e all'affinità (Dig., XXIII, 2, d. r. n., 56; Dig., XXV, 7, de conc.,1, 3, probabilmente int. nella chiusa qui-est). Nel diritto della compilazione è accolta la costituzione di Costantino, la quale vieta ogni elargizione alla concubina e ai figli (Cod., V, 27, de nat. lib.,1), ma sembra limitata al concubinato dei senatori e degli insigniti di alte cariche. È abrogata nel diritto delle Novelle (Nov., 89, c. 15), dove si concede di elargire un'oncia alla concubina e ai suoi figli e ½ oncia alla sola concubina in presenza di figli legittimi o di genitori. In mancanza di questi si possono elargire 6 once. Dalla limitazione si escludono i successivi discendenti. Nelle Novelle (Nov., 18, c. 5, e Nov., 89, c. 12 e 4) si concede un diritto di successione intestata di due once in mancanza di moglie e figli legittimi e un diritto agli alimenti di fronte ai figli legittimi.
La legittimazione dei liberi naturales è divenuta ormai un istituto permanente e sono fissate tre diverse forme:1. legitimatio per subsequens matrimonium; 2. per oblationem curiae; 3. per rescriptum principis. Nel diritto bizantino l'istituto del concubinato venne abrogato attraverso le disposizioni di Basilio il Macedone (Prochiron, IV, 26) e Leone il Filosofo (Nov., 91).
Bibl.: P. Gide, in Nouv. Rev. Historique, IV (1880), pp. 377 segg., 409 segg.; P. Meyer, Der römische Konkubinat, Lipsia 1895; E. Costa, in Bull. dell'istituto di diritto romano, XI (1898), p. 233 segg.; G. Castelli, ibid., XXVI (1914), p. 55 segg.; id., Scritti giuridici, Milano 1923, p. 43 segg.; J. Plassard, Le concubinat romain sous le haut Empire, Parigi 1921; P. Bonfante, Corso di diritto romano, I, Roma 1925, p. 231 segg.