CUMANI (XII, p. 116)
Denominazione occidentale (Κομάνοι, per la prima volta in fonti bizantine nel 1078; ted. Valwen) della popolazione turca dei Qïpciāq, emigrata successivamente dall'Asia centrale verso ovest e verso sud e scesa intorno al secolo X d. C. nei territorî a nord del Caspio e del Mar Nero, dove erano già stabilite le popolazioni turche dei Peceneghi e altre tribù degli Oghuz (Ghuzz, Turcomanni). I Qïpciāq subirono l'influsso delle confinanti religioni e civiltà musulmana e cristiana ed ebbero stretti rapporti politici, oltre che con i Bizantini, con i Russi, che li chiamarono Polovcy. Nel 1204, sotto la guida di un principe russo, distrussero Kiev; perdettero la loro indipendenza politica in seguito all'invasione mongolica nei primi decennî del sec. XIII; molte loro famiglie andarono allora a rifugiarsi in Bulgaria e in Ungheria.
In questo paese, dove furono detti Kunik, si raccolsero in numero così grande (40.000 famiglie) da aver peso nella politica locale; una loro donna fu sposa di Ladislao IV, re d'Ungheria (1279-90), e dominò il cuore del sovrano e le sorti del paese. I Cumani dell'Ungheria furono lentamente assorbiti e cristianizzati; intorno al sec. XVI avevano completamente dimenticato la loro lingua.
Dopo l'invasione mongola del sec. XIII, i Qïpciāq (Cumani) cessarono di formare un'unità etnico-politica distinta; esistono tuttora elementi Qïpciāq nel Turkestan russo. La denominazione desht-i Qïpciāq "pianura dei Qïpciāq" si mantenne nei secoli XIV e XV per designare la regione a nord e nord-est del Mar Nero (Russia meridionale); a questa denominazione fa riscontro quella di "Comania" usata dagli scrittori occidentali con lo stesso significato, ambedue furono applicate anche al regno mongolo dell'Orda d'oro.
Il Codex Cumanicus fu compilato ad uso dei missionarî e dei commercianti europei che avevano relazione con i Turchi della Russia meridionale.
Bibl.: E. Teza, Un'altra occhiata al Codex Cumanicus e Gli inni e le preghiere in lingua cumanica; revisione del codice veneziano, in Rendic. Lincei, 1891, pp. 315-327 e 586-596; T. Kowalski, À propos du Codex Cumanicus fol. 69r, 9-10, in Rocznik Orjentalistyczny, VI (1928), pp. 210-215.