ELIOLITICA, CULTURA
Tanto nell'ambito dei beni materiali quanto in quello dei beni dello spirito, il cui insieme definisce il patrimonio di ciascuno dei popoli della terra, si è da lungo tempo osservata l'innegabile ricorrenza di alcune forme, la quale allaccia attraverso il tempo e lo spazio le più distanti convivenze umane. Fu creduto da alcuni che i paralleli etnografici fossero sopravvivenze di uno stato di cose ancestrale, anteriore cioè alla diffusione dell'uomo sulla terra (Gerland, Trombetti nell'applicazione glottologica); seguirono altri che videro in tali stadî delle forme universali e stabilizzate di transito per cui dovesse passare′ presto o tardi, ciascun nucleo dell'umanità (Taylor e in generale gli evoluzionisti); posteriormente fu enunciata la teoria della convergenza, secondo la quale per la universale identità dello spirito umano e per il presentarsi di analoghe necessità esterne (Bastian), o anche per mero caso (Andree, von Luschan), l'uomo poté creare indipendentemente, in due o più paesi lontani fra loro, invenzioni simili e perfino identiche.
Ma un importante rinnovamento dell'etnologia ha portato i moderni a ridurre al minimo ogni altra interpretazione che non sia la storica, opponendo al principio della "convergenza" quello della "diffusione". Nacque così nell'ultimo ventennio la scuola culturistorica, di Colonia (Gräbner, Foy) e Vienna (P. W. Schmidt e Koppers), la quale non nega il principio di Bastian, ma giustamente lo restringe alle invenzioni di natura semplice e poco elaborata lciò che del resto era nella mente del maestro, quando le chiamò Elementargedanke) e, creato il metodo per discernere con rigore se un parallelismo è effetto d'invenzione indipendente o, invece, di diffusione, si è accinta a isolare i patrimonî essenziali dei gruppi umani più antichi, dei secondarî e dei recenti, seguendo le rispettive orme sui cinque continenti (vedi culturali, cicli; etnologia).
A lato della scuola culturistorica troviamo un nucleo di scrittori inglesi, stretti intorno a Grafton Elliot Smith, insigne anatomico ed egittologo, i quali, benché affatto estranei al movimento culturistorico di Gräbner e Schmidt, si collocano tuttavia presso che nelle identiche condizioni di rigetto di fronte agli evoluzionisti, e battono più o meno lo stesso cammino iniziale per spiegare, ad es., le civiltà americane, quali propaggini estreme di quella del mondo antico. L'insieme delle teorie svolte e sostenute da questa scuola, che principalmente prosperò in Manchester, riposa sulla concezione di una civiltà arcaica, unica per tutta la terra, il cui centro di formazione e diffusione fu l'Egitto, ma che, portata da una speciale razza migratrice di navigatori avventurosi, si sparse verso il nord per il Mediterraneo fino in Irlanda, e lungo il lembo asiatico fino all'Asia orientale, e poi, attraverso le isole e i mari, all'America istmica. Il nome eliolitica proviene a questa cultura dal fatto che la sua principale definizione è possibile per i due termini di adoratrice del sole e costruttrice di grandi monumenti di pietra (megaliti), quali dolmen, piramidi, templi e portali. Le dimostrazioni di G. E. Smith e della sua scuola riposano sulla constatazione concomitante (aree di diffusione coincidenti) di elementi quali l'uso di mummificare il cadavere, perforare il lobo dell'orecchio, il tatuaggio, la deformazione artificiale del cranio, la couvade, la circoncisione, il culto fallico, la svastika, e di alcuni miti, come il diluvio, ecc. Di grande utilità è stata a G. E. Smith la sua lunga residenza al Cairo e la conoscenza dell'antichità egizia; W. J. Perry ha intensificato lo studio dei megaliti e dell'irrigazione; J. W. Jackson delle perle e della porpora, dello Strombus usato come tuba e della Cypraea come moneta; la Buckland e il Hambly hanno riveduto l'area diffusiva del tatuaggio; J. Park Harrison della perforazione auricolare; il Dawson della couvade.
La dottrina della scuola eliolitica è stata accolta con molta freddezza in Europa e negli stessi circoli inglesi. Nel Nordamerica poi ha suscitato un'aperta ostilità. Questo era naturale, se si pensa che negli Stati Uniti si scarta a priori la possibilità di prestiti culturali da altri continenti all'indigeno americano. La situazione attuale è, concretamente, che, mentre alcuni seguaci inglesi rimangono sotto l'influenza di Elliot Smith, gli avversarî della etnologia storica non si fermano neppure più a discuterne i risultati, riservando invece tutto il fuoco dialettico della loro opposizione contro le agguerrite e metodiche posizioni raggiunte dai culturistorici. È facile poi intuire come riesca arduo e delicato per un culturistorico pronunciarsi sull'opera della scuola eliolitica: spesso egli vi incontra idee che collimano coi suoi stessi risultati; ciò è visibile specialmente nel tratto che va dall'Asia Orientale all'America. L'Imbelloni si è trovato nelle condizioni di delineare alcune catene asio-americane, costituite dalle immagini dell'elefante, del dragone e del mostro felino-gorgonico, le quali - se non coincidono nei particolari e nell'intenzione dimostrativa - combaciano tuttavia in alcuni punti isolati con ciò che sostiene E. Smith. La stessa teoria di una connessione più o meno diretta delle tappe sudasiatiche con i fochi mediterranei non è da scartare, e non la scarta certo il Gräbner. Non è dunque nelle grandi linee direttive che troveremo gli errori della scuola eliolitica, ma nella costruzione concreta della dottrina storica, e nella scelta inopportuna dei componentì del complesso eliolitico. Fra i critici, il Crawford esclude che i megaliti europei si trovino nelle regioni aurifere o ricche di rame e stagno; la Mead nega che la diffusione del tatuaggio possa far capo all'Egitto; rispetto ai molluschi illustrati dal Jackson l'Imbelloni ha obiettato che: 1° per la Cypraea non è dimostrata l'esistenza in America prima di Colombo; 2° il Murex della porpora abbonda sulla costa della California e America Centrale; 3° nel fondare la sua teoria il Jackson non si è preoccupato di scartare lo scoglio degli Elementargedanke. Idee elementari sono pure quelle che tendono alla conservazione del cadavere, ad adornare il corpo con pitture e incisioni, le mutilazioni e certe credenze dell'oltretomba; per farne delle prove di dipendenza occorreva inoltrarsi a un più rigoroso esame morfologico di ciascuna. Inoltre da varie parti si segnalano veri e proprî errori di fatto: così è insostenibile l'origine della Ziggurat babilonica dalla piramide, e, in generale, della cultura mesopotamica da quella del Nilo (se mai, occorre l'inverso), e gli studiosi americani hanno buon gioco nel rifiutare l'idea che la cultura degli Amerindi fosse una degenerazione della civiltà Maya; quanto alle deformazioni craniche, la postulata origine egizia o comunque occidentale non è sorretta dai fatti (v. deformazioni e mutilazioni).
Bibl.: G. Elliot Smith, The migration of early Culture, 1915; id., The influence of Anc. Egyptian Civ. in the East and in America, 1916; id., Sulle migrazioni dei pop. Mediterranei, in Rivista d'antropologia, Roma 1916; id., Evolution of the Dragon, 1919; id., Elephants and Ethnologists, 1924; W. J. Perry, The Megalithic Culture in Indonesia, 1918; J. W. Jackson, Shells as evidence of the migration of early Culture, 1916; W. H. R. Rivers, Sun-cult and Megaliths in Oceania, 1915; D. Hambly, The hist. of tattooing, 1925; W. R. Dawson, The custom of Couvade, 1929.
Critica: A. A. Goldenweiser, in Science, 1916, p. 531; M. Ph. Answorth, ibid., p. 533; O. G. S. Crawford, in Edimburgh Review, gennaio 1924; M. Mead, in Amer. Anthropologist, 1929; J. Imbelloni, La esfinge indiana, Buenos Aires 1926; id., Los moluscos y las migraciones ecc., in Rev. del Museo de La Plata, 1926, p. 187.