Vedi CROTONE dell'anno: 1959 - 1973 - 1994
CROTONE (v. vol. Il, p. 964 e S 1970, p. 269)
Le ricerche, riprese dal 1973 all'interno dell'area urbana, hanno dovuto tener conto dell'impianto del moderno abitato di C. che si estende verso le alture, distese tra NO e SE, alle spalle della città.
Gli interventi della Soprintendenza Archeologica della Calabria hanno accertato la presenza di frammenti di impasto bruno scuro, databili tra Tardo Bronzo e prima Età del Ferro, riferibili al primo stanziamento italico con il quale si incontrarono i primi gruppi di coloni greci. Di tale stanziamento è eco nelle fonti (Ephor. apud Strab., VI, 1,12 che ricorda un nucleo di Ίάπυγες) e dalla localizzazione dei rinvenimenti esso sembra, al momento, che si estendesse (κατά κώμας?) nella piana tra l’arx e la foce dell'Esaro.
I primi documenti della presenza greca nello spazio in cui sarà dedotta la colonia achea sono rappresentati da frammenti di ceramica corinzia del tipo di Thapsos (coppe senza pannello, crateri), da kotỳlai «ad aironi» e altro vasellame di tradizione subgeometrica corinzia (ancora kotỳlai, kỳlikes, in cui dominano campi metopali, decorati in parte con tremoli o tratti verticali, skỳphoi). Tale materiale è attribuibile all'orizzonte tardo e subgeometrico (ultimi anni dell'VIII-inizio del VII sec. a.C.) e proviene dagli strati profondi (per solito tra m 4 e m 4,30 dall'attuale piano di calpestio).
Sorprende, oltre alla quantità e alla qualità dei reperti, la loro diffusione per tutta la superficie, che sarà interessata dalla ktìsis e che si estende su un'area tre volte più grande del moderno abitato.
Indizi del primo insediamento sono le tracce di focolari, rinvenute in più punti, mentre non è dato riscontrare tracce di strutture o altro che facciano pensare a un abitato geometricamente definito quale p.es. quello di Megara, Hyblaea. Tuttavia, lo spazio della nuova colonia non poteva non essere interessato alle partizioni delle superfici e dei limiti di lotto, come è proprio delle ktìseis delle colonie greche. Una conseguenza di questo primo intervento potrebbe essere la successiva (seconda metà del VII sec. a.C.) organizzazione dell'abitato, articolato e agganciato a una rete stradale, che deriva da un attento studio della situazione morfologica, soprattutto in rapporto alla linea della costa. Gli isolati, individuati negli strati più arcaici dei cantieri delle vie Tedeschi e Cutro, delle aree Calabro-Lucane e Gravina, dove sono state anche scavate arterie stradali, risalgono alla fine del VII sec. a.C. Si potrà perciò supporre che il primo piano regolatore di C. abbia tenuto conto dei klèroi iniziali della colonia, allungando e sviluppando gli assi primitivi, embrionalmente delimitati.
Ricerche in varie zone hanno permesso di ricostruire tre grandi blocchi urbani, disposti secondo le perpendicolari orientate astronomicamente, in direzione della linea della costa. A un primo blocco, allineato N-S (Via Tedeschi, Firenze, Panella), segue l'altro, spostato di 30 gradi a NE (zona Cooperative, area Gravina, campo sportivo), e, quindi, l'ultimo, 60 gradi a NE a fronte della zona degli stabilimenti industriali.
L'Esaro e un altro piccolo corso d'acqua, il Pignataro (oggi totalmente canalizzato), verso il quale confluiva l'acqua delle argillose colline della Carrara e di S. Lucia, segnano le cerniere di questi impianti urbani, in cui si riconoscono arterie larghe da 4,80 a 5 m.
Non vi sono al momento elementi che possano intervenire a mutare il quadro delle produzioni o delle importazioni prima abbozzate: manca una documentazione dell'Orientalizzante e stancamente si ripetono schemi mutuati da fabbriche corinzie. Là produzione locale si incentra nelle forme utilitaristiche della ceramica da cucina e da mensa. Nell'impasto ben depurato e abbastanza tenero, gli ateliers crotoniati producono forme quali lekànai, skỳphoi, òlpai, brocche, brocchette decorate in modo semplice con bande o linee monocrome disposte su spazi a risparmio, cui non sono estranei modelli greco-orientali.
Nel corso del VII sec. a.C. alla ceramica si affianca la notevole produzione di terrecotte decorate a matrice, per le quali sono punti di riferimento altre aree achee: il territorio di Metaponto (Incoronata) e di Sibari (arule tipo S. Lorenzo del Vallo). Questi manufatti riecheggiano schemi propri delle scuole peloponnesiaca e corinzia (catene di fiori di loto e palmette, spirali ricorrenti, false cordicelle striate), alternando spazi lunghi e stretti a campi più estesi verticalmente (fronti di arule, sostegni di perirrhantèria, dìnoi). Pochi, ma significativi i documenti della coroplastica, fra i quali una bella testina fittile dedalica e, dall'abitato (Via Firenze), uno splendido frammento relativo alla parte inferiore di una statuetta in argilla chiara e dura, assai diversa da quella tipica di Crotone. È un pezzo questo che ha confronti con il dedalico cretese (Gortina), ma che, per altre dissonanze, potrebbe essere stato prodotto da ateliers locali.
Per tutto il VI sec. a.C. le costruzioni appaiono solidamente fondate, i muri sono in mattone crudo; tuttavia, fatta eccezione per la raccolta delle terrecotte architettoniche, appartenenti ad acroteri, tubi di gronda, cassette (presenti anche in strati più recenti), non si è avuta finora la possibilità di percepire con chiarezza l'organizzazione della pòlis nei suoi spazi di vita fondamentali (agorà, edifici pubblici, templi, ecc.), per quanto indizi quali l'abbondanza delle tegole e dei coppi lascino concretamente supporre che tali problemi fossero ben presenti ai polìtai di Crotone.
Per la necropoli la più forte e diffusa concentrazione di tombe è stata rilevata nelle due contigue colline della Carrara, cui più avanti (V-IV sec. a.C.) si aggiungeranno i nuclei del Tufolo e di località S. Francesco. Tegole e coppi sono il materiale con il quale furono costruite le tombe di C., da quelle più semplici alla cappuccina a quelle a grande cassa di tegoloni e coppi, in un insieme articolato e, comunque, attestante un alto livello di specializzazione delle maestranze addette a queste originali architetture funerarie.
Piccoli scarichi di microceramica votiva, frammenti coroplastici (testa di kouros in terracotta, altare, frammenti di colonne), permettono di avanzare l'ipotesi di presenze sacre nella zona compresa tra Via Tedeschi e Via Firenze.
A un'area sacra più tarda (V-IV sec. a.C.) appartengono i resti da tempo individuati nell'area destinata ad accogliere l'edificio della Banca d'Italia, ma nulla è dato dire sull'esistenza di fasi più antiche.
L'analisi della ceramica dagli strati del VI sec. a.C. (soprattutto per la prima metà) è parziale e ancora in corso, ma l'uso di materiale di pregio importato (p.es. ceramica attica a figure nere) sembra contenuto.
Anche in questo caso la produzione figurata in terracotta contribuisce non poco alla descrizione della qualità artistica della vita di C. in questo periodo. L'influenza corinzia e peloponnesiaca determina la facies culturale «achea» soprattutto nella prima parte del secolo, mentre per la seconda parte (si pensi soprattutto alla produzione delle arale) si fanno più evidenti peculiarità di una scuola crotoniate, che ha diffusione nel dominio della colonia stessa, come attestano confronti con arale rinvenute a Caulonia.
Di botteghe che risentono di influenze della grande scuola greca (ambiente peloponnesiaco e segnatamente Sparta) è una testa di kòre (?), forse una statua di culto, in terracotta, di cui non si conosce con esattezza il luogo del rinvenimento. L'esemplare è databile all'inizio del VI sec. a.C. Ancora in ateliers crotoniati del primo venticinquennio del VI sec. a.C. è, con ogni probabilità, da localizzare la produzione dei c.d. kòthones, dei perirrhantèria, più noti come «lampade del Sele» (rinvenimenti di Capo Colonna e del Santuario di S. Anna a Cutro), caratterizzati dalla presenza di figure femminili stanti con le mani portate sul seno. A suffragare questa ipotesi v'è la particolare concentrazione di questa singolare produzione, nota, oltre che a C. e al Sele, anche a Locri e, soprattutto, il rinvenimento nella necropoli della Carrara di uno stelo pertinente a tale tipo di lampada, in cui sono evidenti i difetti di una cattiva cottura dell'argilla riconosciuta come locale.
Di spicco, inoltre, è il consistente gruppo di statuette dall'area del Santuario di S. Anna di Cutro in cui sono evidenti affinità con gli ambiti metapontini (S. Biagio).
Nella seconda metà del VI sec. a.C. l'artigianato coro- plastico crotoniate continua a esercitarsi in derivazioni dei tipi cui sopra si è fatto cenno, esercitazioni in cui è evidente l'esaurimento di una vena particolarmente feconda nella prima parte del secolo. Fanno eccezione ancora i tipi dall'area del Santuario di S. Anna di Cutro, in cui i panneggi articolati e complessi riflettono influssi ionizzanti degli ultimi anni del secolo e attestano l'alto livello creativo di questo gruppo.
Il problema della difesa doveva essere presente nel piano urbanistico fondamentale della colonia. Fonti quali Diodoro e Livio, sebbene si riferiscano a periodi più recenti (IV-II sec. a.C.), attestano l'esistenza del circuito murario del quale oggi sono riconoscibili i punti fondamentali. Al più alto vertice della collina di S. Lucia in direzione SE, seguono le colline della Carrara (di difficile soluzione è ancora il problema se le mura attraversassero la più grande necropoli crotoniate, come i risultati di scavo, purtroppo parziali in questa parte, porterebbero a credere) e quelle del Cimone Rapignese (qui la ricerca, eseguita con l'ausilio delle prospezioni magnetiche, ha restituito dati ancora di difficile interpretazione: al tessuto murario sarebbero, infatti, da attribuire le impronte in negativo dei blocchi asportati per fabbriche diverse in età moderna). Dal Cimone Rapignese la linea delle mura, seguendo il contorno dei lievi rialzi collinari, punta verso l’Esaro (una presenza è stata riscontrata intorno all'area delle Cooperative «Montedison»).
Sulla sponda orientale dell'Esaro, Paolo Orsi aveva scoperto un tratto consistente della cortina, ma non riuscì a percepire se esso appartenesse a un ponte o altro tipo di barriera, con la quale, a ogni modo, doveva essere fortificato questo punto chiave nella strategia difensiva di Crotone. Nella sponda opposta, oltre al recente rinvenimento, nel corso dei lavori di ampliamento della stazione ferroviaria, di alcune significative tracce, le mura fortificavano il tratto della collina di Vigna Nuova rivolto verso la città e, successivamente, si inerpicavano sulla collina della Batteria per poi concludersi (ma non è possibile ancora definire con esattezza il punto in cui esse chiudevano il poderoso impianto crotoniate) in prossimità della contrada Vela, poco discosto dalla zona industriale attuale (presso cui si segnala la presenza di un'altra piccola necropoli).
La grandiosità del circuito non deve trarre in inganno: l'area compresa nel suo interno copre c.a 620 ha sviluppandosi per 13 km. Si tratterebbe di una realtà urbana tre volte maggiore di quella attuale. È assai probabile che il caso di C. possa essere raffrontato a quello di Locri, in cui pure vasta è la superficie compresa nelle mura. Sarà bene pensare allora, come per Locri, ad aree non urbanizzate, anche se parte integrante della pòlis.
I saggi di scavo, condotti e nella collina di S. Lucia e in quella di Vigna Nuova, non permettono ricostruzioni del circuito murario nel corso del VI sec. a.C., e sarebbe pericoloso in proposito addurre un argumentum ex silentio, mentre sarà meglio pensare per tale epoca a una difesa organizzata per nuclei fortificati più che pianificata lungo un circuito strategicamente completo.
I documenti archeologici dai santuari di S. Anna e di Capo Colonna fanno intuire un notevole livello di vita a C. per la seconda metà del VI sec. a.C. e, particolarmente, alla fine di questo stesso periodo di tempo, con importazioni e produzioni di vasellame di notevole qualità (cfr. soprattutto i bronzetti dell'edificio Β di Capo Colonna, il vaso plastico da Capo Cimiti, gli specchi tra cui quello dalla necropoli della Carrara con la kòre che ne modella il manico). Potrebbero essere questi alcuni dei segni di quel lusso contro il quale si rivolgono le forti esortazioni di Pitagora di Samo, giunto nella pòlis, in questo stesso scorcio di tempo, momento di particolare benessere che si era tradotto da un lato nella formazione di un «πλήθος των άθλητών», vittorioso più di una volta nelle principali gare di Olimpia. D'altra parte la potenza crotoniate ha la possibilità di esprimersi nel definitivo attacco alla rivale Sibari, sconfitta e distrutta, sul finire del secolo, con conseguente acquisizione e spartizione delle terre conquistate.
La disponibilità di manodopera servile e il livello di benessere consentono la realizzazione in C. di un programma di rinnovamento con costruzioni di particolare prestigio, cui non sono estranei apporti delle avanzate esperienze siciliane, particolarmente di Siracusa con la quale C. ha intensi rapporti. Del secondo venticinquennio del V sec. a.C. è la ricostruzione del Tempio di Hera Lacinia, vicina all'architettura dell’Athenàion siracusano e ancora quella dell'edificio B di Capo Colonna.
Da osservare ancora a Capo Colonna (scavi 1988-1989) la presenza di una monumentale via sacra che si dispone parallela all'edificio B, lungo un asse che doveva evidentemente raggiungere un témenos diverso da quello attuale, rappresentato da un monumentale muro in opera quadrata e ripresa in opera reticolata di età tardo-repubblicana. L'ampiezza di m 8,50 ripete la misura di un'arteria scavata ai piedi della collina della Batteria, nell'abitato N. Sembrerebbe perciò che il programma di rinnovamento urbano, cui prima si accennava, abbia ugualmente interessato l’'Heràion del Lacinio.
Non è stato ancora possibile individuare in area urbana monumenti risalenti alla prima metà del V sec. a.C., fatta eccezione per il tempio (con ogni probabilità ancora un Heràion) in località Vigna Nuova, e per il vistoso riutilizzo di blocchi lapidei, a partire già dalla seconda metà del secolo e, massivamente, nella successiva ricostruzione urbanistica nel secondo venticinquennio del IV sec. a.C.
Le dediche, deposte nel santuario di Vigna Nuova, accentuano il significato eleuterico della divinità cui esso era dedicato. Infatti la comparsa di ceppi, di pesanti catene e di catenelle di ogni tipo, insieme ad attrezzi agricoli (falci, zappe, martelli, ecc.), ammucchiati all'interno del tempio o contenuti in recipienti (pìthoi, calderone di bronzo) induce a ritenere di essere di fronte a dediche da parte di gente liberata dalla condizione servile. Non è un caso, peraltro, che le catene presentino evidenti i segni di aperture forzate da leve o da colpi di maglio. Verrebbe da credere che si tratti in questo caso delle catene per lungo tempo ai piedi e alle braccia dei sibariti asserviti ai crotoniati e liberati poco prima della metà del secolo (forse dal tiranno Clinia di cui Diodoro ricorda la liberazione di un consistente numero di schiavi).
Nella seconda metà del V sec. a.C. si ha l'impressione che la crisi, effetto di «στάσις και τταντοδαττή ταραχή» di cui è eco in Polibio e che è esito delle rivolte antipitagoriche, abbia segni di risentimento all'interno della pòlis, in cui la presenza del maestro aveva, qui più che altrove, portato alla formazione di gruppi di seguaci. Tuttavia, le costruzioni risalenti a questa parte del secolo, finora scavate (Banca Popolare Cooperativa), dimostrano particolare cura nella scelta e nella divisione degli spazi e, così via, fino nell'applicazione degli intonaci. L'artigianato artistico, viceversa, impoverisce forse in conseguenza della diminuzione delle offerte all'interno dei santuari. Il principale punto di riferimento per questo periodo è rappresentato da Taranto. Tuttavia, osservando la splendida antefissa c.d. da Serrarossa, località ai margini della chòra crotoniate in direzione S (un altro vertice della chòra meridionale è rappresentato dal muro del phrourion all'interno del castello di Le Castella), appaiono peculiarità che hanno precisi riscontri, fatto per il quale si può affermare la vitalità dell'artigianato di Crotone.
Dopo la battaglia dell'Elleporo e la tirannide dionigiana, la città si riprende con eccezionale vigore e si assiste a una rinascita del tessuto urbano, che rispetta le fondamentali linee del réseau originario, pur se la nuova configurazione è per strigas. Platèiai e stenopòi ricalcano le precedenti misure; per il resto si organizzano insulae lungo fronti di m 35 x 70. All'interno si distinguono unità abitative di m 23 x 17 c.a con ambitus variabili tra m 0,90 e m 1,10.
Lo spazio urbano si connota con destinazioni d'uso più precise: così a impianti industriali possono essere attribuite le aree di Campitello e intorno al campo sportivo con peculiari specializzazioni, ché nell'area di Campitello le abbondanti scorie ferrose recuperate all'interno di canalizzazioni indirizzano verso l'ambito metallurgico, mentre intorno al campo sportivo fornaci di vasellame all'interno di unità abitative ampie e cortilate fanno pensare più a figuli, dei quali è bene notare una particolare posizione sociale, rappresentata dalla tipologia stessa delle abitazioni.
Si affermano a C., né poteva essere diversamente, esperienze urbanistiche e abitative mutuate dalla koinè internazionale, che distingue il IV sec. a.C. E possibile così individuare case a pastàs e, comunque, si coglie ancora una volta notevole attenzione da parte dei costruttori crotoniati per problemi quali i drenaggi, le esposizioni, la partizione e la distribuzione degli spazi. In più di un caso queste abitazioni, ben fondate e dalle pareti ancora in mattone crudo, sopportavano un piano sopraelevato.
La presenza di un vero e proprio Ceramico non è definibile a C.: vale la pena di rilevare soltanto l'esistenza di un'area in cui fin da età arcaica si è mantenuta la destinazione a impianti artigianali con pozzi e fornaci. Si tratta di una zona prossima al campo sportivo, detta delle Cooperative (in particolare area «Pertusola»), confinante con un grande spazio, che, per la sua particolare conformazione, potrebbe essere interpretato come l'area centrale della pòlis. La vasta superficie è determinata da due muri-limite (uno dei quali funge da separatore con l'area artigianale di cui abbiamo appena parlato) ed è caratterizzata da varí battuti ghiaiosi, fittamente pressati e incrociantisi l'uno con altro. In un angolo di questo spazio la ricerca archeologica ha rivelato l'esistenza di due vespai di fondazione, congiunti tra loro a formare un angolo retto. Con ogni probabilità i due vespai sono la sottofondazione di un edificio di gran riguardo, forse un tempio.
Nell'area si segnala la presenza di blocchi, disposti a formare basi, e di una stoà situata a c.a m 200 dalla zona in cui sono le basi. Quest'ultime sottolineerebbero il particolare significato di questa grande superficie, la quale ben si configurerebbe come la zona ές μέσον della città. In poche parole poteva essere questa l’agorà di Crotone.
Tra IV e III sec. a.C., si nota una notevole fioritura di insediamenti medi e piccoli (fattorie e altri insediamenti rustici) in una chòra che sembra ormai svuotata del suo primitivo senso di intrinseco legame con la pòlis. In un ambito ormai aperto e rivolto verso traffici e mercati provenienti dalle principali direttrici viarie terrestri e marittime, nella città e nel territorio si diffondono prodotti che attestano un intensificarsi dell'attività di artigiani aggiornati ed esperti nelle novità che provengono dalla Grecia o da altri siti del mondo italiota (cfr. la produzione di «tanagrine» e di altre statuette votive; si pensi inoltre alla produzione della ceramica di utilità, rapresentata da uno svariato numero di forme quali lekànai, piatti, vasi per bere e per versare, ecc.). Il potenziamento della produzione delle anfore commerciali è proporzionale al momento particolarmente intenso vissuto dalla chòra in questo periodo.
Nel corso del III sec. a.C. una serie di avvenimenti quali l'assedio di Agatocle, gli sconvolgimenti seguiti al passaggio di Pirro in Calabria, producono contrazioni via via più vistose all'interno del tessuto urbano di C.: dalla spartizione degli spazi abitativi originari si deducono più unità insediative anche a svantaggio del reticolo urbanistico fondamentale (acquisizione degli ambitus)·, si costruisce reimpiegando tutto ciò che è possibile recuperare (scarti di fornace, pezzi di macina, frammenti architettonici, ecc.).
Nella chòra si assiste alla progressiva espansione dell'elemento brettio che, attraverso il contatto con gli insediamenti agricoli, si integrerà nei circuiti della cultura materiale e artigianale propri delle città greche della costa.
Il passaggio di Annibale deve ritenersi conclusivo per la vita di Crotone. Se pure il porto è considerato ancora vitale e uno dei punti di forza dell'economia crotoniate (con probabilità esso si deve localizzare in prossimità della foce del fiume Esaro), la città risente delle lotte intestine e dei ripetuti assedi sferrati dai Bretti, già presenti all'interno della grande superficie un tempo costituente C. e alleati con fazioni popolari contro un esiguo nucleo di ottimati, chiusi nell'arx;, che sarà l'ultimo punto greco a capitolare (cfr. l'ultima descrizione di Livio il quale richiama il periodo del massimo splendore della pòlis, allorché le mura si sviluppavano per 12 miglia).
Del 194 a.C. è la deduzione della colonia romana: la presenza della necropoli, già individuata sotto l'edificio della Banca d'Italia e, più recentemente (1985-1989), scavata nell'area della Banca Popolare Cooperativa (si segnalano sepolture databili nel corso della tarda età repubblicana) attesta un poderoso restringimento del nuovo abitato, stavolta tutto ritirato e arroccato sulla collina del castello. Questa situazione, quella di un oppidum abbarbicato su una collina, compare ancora nelle stampe dei viaggiatori dei secoli XVII-XVIII e persisterà fino alla nuova espansione dell'abitato a partire dalla seconda metà del secolo scorso.
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