CRONO (Κρόνος, parola di etimologia incerta, fatta derivare senza sufficienti basi da χρόνος "tempo" o da κόρος "sazietà", per la tarda identificazione con Satur-nus, o da κραίνω "creo")
Nell'Iliade (XIV, 271 segg., XV, 221 segg.; V, 896 segg.) C. ci si presenta come partecipe della natura delle divinità sotterranee e di quella dei Titani, detti Uranidi, cioè figli di Urano, confinati nel Tartaro. È questo un residuo della tradizione antica, relativa a una Titanomachia. Esiodo è l'unico autore che, rifacendosi a tradizioni mitiche antichissime, ci offra una particolareggiata narrazione delle origini e delle vicende di C. (Theogonia, 164 segg.). Egli fa C. figlio di Urano (il Cielo) e di Gea (la Terra). Poiché il padre, timoroso d'essere privato del trono, tiene prigionieri i figli, i Titani, C. mutila il padre con una falce, ricevuta da Gea. Egli poi, sposo di Rea, intimorito a sua volta dalla predizione che a lui pure toccherà di essere privato del potere da un suo figlio, si decide a divorare tutti i figli che da Rea riceve. Questa però, consigliatasi con i genitori, si reca nell'isola di Creta, dove dà alla luce un figlio, Zeus, ch'essa ha cura di nascondere in una grotta, dando quindi a divorare a C. una pietra avvolta in fasce, invece del figlio Zeus. Questi, rapidamente cresciuto, costringe C. con la forza a restituire i figli divorati. Al racconto, Esiodo aggiunge una rielaborazione della Titanomachia, con la lotta tra Zeus e gli dei olimpici da una parte, e C. e i suoi seguaci dall'altra, con la condanna finale di costoro al Tartaro. Mentre nella religione e nelle credenze popolari greche il mito di C. non ha quasi alcuna importanza, si esercitano intorno ad esso le interpretazioni mistiche predilette delle sette orfiche. Per questa via il mito, rielaborato profondamente e destinato a una nuova popolarità, ci presenta C., sempre più considerato da un punto di vista terreno, come il sovrano (basileus) immortale di quel mondo fantastico (mondo dei Beati, o Isole Beate, di là dall'Oceano), in cui si rifugia la felicità degli uomini nella vita eterna. Questa versione è lo sviluppo dell'altra secondo la quale C. avrebbe esteso il suo dominio sulla terra nel primo periodo felice dell'umanità: l'età dell'oro. Sotto il regno di C. gli uomini innocenti non si sarebbero cibati che dei prodotti della terra; di qui il culto di Crono-Saturno come dio delle messi.
Il culto di C. risulta in Grecia localizzato anzitutto in Olimpia (sul colle detto Cronio), dove tale culto preesiste al culto di Zeus; quindi in Beozia (Lebadea), a Delfi e nell'Attica, presso il tempio di Zeus Olimpio in Atene. Dovunque il culto di C. è collegato in qualche modo a quello di Zeus. Anche in altre parti del mondo greco, e specialmente in Sicilia, tale culto è conosciuto e praticato variamente. Numerose circostanze permettono di congetturare che C. sia un dio preellenico, il cui ricordo si conserva sporadicamente. Di qui si spiega l'impossibilità di dare del nome un'etimologia greca. L'indicazione di C. come re e la supremazia che gli viene riconosciuta sugli altri dei olimpici, p. es. in Esiodo, sembrano confermare l'assoluta preesistenza di C. all'elemento greco in Olimpia e giustificare il dualismo ivi esistente tra il culto locale e il culto di Zeus introdotto dai Greci. Per successivi adattamenti e passaggi, Zeus viene considerato figlio di C., o Cronìde, e la medesima paternità è in seguito estesa ad altre divinità olimpiche: Estia, Demetra, Era, Ares, Posidone (Esiodo, Theog., 450 segg.).
Annualmente, d'estate, si celebravano in Atene le feste in onore di C., dette Cronie, per la celebrazione dei raccolti, durante le quali feste fraternizzavano padroni e schiavi. Feste consimili si celebravano in Beozia, a Rodi, a Cirene. Ennio e gli altri autori latini che parlano di C. e del suo culto in suolo greco dànno come tacitamente accettata l'identificazione di C. con Saturno (v.), ricordando anch'essi i Saturnia regna. Ennio per primo si fa portavoce della versione, dovuta ad Evemero, secondo la quale C., cacciato da Zeus, sarebbe andato errando sulla terra fino ad approdare in Italia, nel Lazio; donde la sua identificazione con Saturno.
Vige nel Lazio la più tarda versione razionalista del mito, per cui C. appare un dio mite e gioviale, marito di Ops (la Terra); egli non sarebbe stato un divoratore dei proprî figli, né sarebbe stato privato del trono con la forza, ma si sarebbe ritirato dal potere per la troppa età, lasciando il regno ai figli e riservandosi di esercitare i suoi poteri una volta all'anno tra i mortali, per il periodo dei Saturnalia, corrispondenti alle feste Cronie dei Greci.
Attributi di Crono-Saturno sono il capo velato e la falce.
Bibl.: M. Pohlenz, in Pauly-Wissowa, real-Encycl., XI, coll. 1892-2018; M. Mayer, in Roscher, Lexikon d. gr. u. röm. Myth. II, i, coll. 1452-1573; Hild, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiq. gr. et rom., IV, 1083-90; Preller-Robert, Griech. Mythol., I, Berlino 1894, p. 51 segg.; L. R. Farnell, The cults of the Greek states, Oxford 1896, I, p. 23 segg.; O. Gruppe, Griech. Mythol. und Religionsgesch., Monaco 1906, II, p. 1105 segg. Per le Cronie, v.: A. Mommsen, Feste der Stadt Athen im Altertum, Lipsia 1898, pp. 32-35 e 402; M. P. Nilsson, Griech. Feste von relig. Bedeutung, Lipsia 1906, p. 37 segg.