CRONIO (Κρόνιος)
Filosofo greco del sec. II a. C. Spesso ravvicinato dalle fonti a Numenio di Apamea, appartenne, come questo, alla corrente filosofica che fondendo platonismo e pitagorismo preparava l'avvento del sistema neoplatonico. Pochissimo è noto del pensiero di C., nonostante l'importanza che esso dovette avere, se, come è tramandato, Plotino leggeva nella scuola gli ‛Υπομνήματα da lui composti.
Nello scritto περὶ παλιγγενεσίας, che doveva concernere la dottrina della metempsicosi, C. manteneva la rigorosa concezione di Platone, contro i tentativi d'interpretazione simbolica. Viceversa, affatto simbolica, e colma della più disparata cultura astrologica, religiosa e filosofica, doveva essere la sua interpretazione (contenuta in uno scritto che forse faceva parte di una più vasta opera di allegoresi omerica) della descrizione dell'antro delle ninfe contenuta nel libro XIII dell'Odissea. In un commento alla Repubblica platonica, egli tentava curiosamente di conciliare col testo tradizionale l'attribuzione, che al suo tempo si faceva da alcuni, del mito escatologico di Er a Zoroastro, considerando quest'ultimo come scolaro di Er. A proposito del Timeo platonico, egli inclinava a seguire l'interpretazione, d'impronta peripatetica, della creazione del mondo da parte del Demiurgo come extratemporale, opponendosi soprattutto all'idea della sua corruttibilità, che avrebbe convalidato la tesi stoica della conflagrazione universale e dei cicli cosmici. Infine, la concezione, che gli viene attribuita, della partecipazione alle idee come propria tanto del sensibile quanto dell'intelligibile si riferisce probabilmente a quel processo di elaborazione del platonismo in senso neoplatonico, che era allora in corso.
Bibl.: J. Bernays, Lucian und die Kyniker, Berlino 1879, pp. 3 segg., 88; W. Kroll, in Rheinisches Museum, LXXI (1916), p. 352 segg.; K. Praechter, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, coll. 1978-1982.