CROCE
La lenta formazione dell'iconografia storica cristiana (confronta s. v. nuovo testamento) contribuì a ritardare anche la rappresentazione di quello che è oggi il simbolo di fede più evidente e significativo dei cristiani: la croce.
Mentre la crocefissione e il crocefisso sono legati alla raffigurazione storica, la c., anzichè derivare da questa per un processo di semplificazione, è documentata per prima ed ha svolgimento stilistico del tutto proprio. In considerazione di ciò, per Crocefissione e Crocefisso si rimanda a nuovo testamento.
È incerto quale forma avesse la c. dei supplizî. Sicuramente doveva avere la trasversa su cui stendeva le braccia il condannato (brachia patibulo explicare: Senec., Ad Marc. de cons., xx, 3) e molto probabilmente il suppedaneo; è invece incerto se l'asta verticale superasse i bracci trasversali. L'altezza doveva raggiungere all'incirca i 4 m. Nelle raffigurazioni cristiane però la c. non ha quasi mai riscontro nella realtà, né nell'aspetto, né nelle proporzioni. La rappresentazione della c. è infatti per i cristiani del tutto concettuale e dovunque essa appaia, dà l'inconfondibile carattere cristiano ai luoghi e alle cose.
Il processo per cui la c. giunse a tanta universalità, soppiantando tutti gli altri simboli cristiani (la colomba, l'ancora, il pesce, il Buon Pastore, la fenice, la mulctra, la nave, il vaso dell'anima) non è del tutto chiaro; si compì relativamente tardi (IV sec.) e vi concorsero elementi diversissimi. Già alcuni passi di Minucio Felice (Octavius, xxix) e di Tertulliano (De oratione, xxxix) ci presentano i cristiani particolarmente affascinati dal simbolo della c., tanto che essi la ritrovano dovunque, negli uccelli in volo che sembrano quasi pregare, nel gesto dell'orante, nel timone di un carro, nell'albero della nave. Contro di essi si lanciava l'accusa di esser crucis religiosi, quasi idolatri della croce. Fin dal II sec. fonti siriache e microasiatiche narrano apparizioni della c. a visionarî.
La rarità della raffigurazione della c. nei più antichi monumenti cristiani è pertanto ancor più significativa. Talora, fuggendo la rappresentazione diretta, si preferiva alludere alla c. con figure diverse, altamente simboliche, come l'albero della nave (cfr. Dict. Arch. Chrét., vii, c. 2580, esempio dubbio), o persino il carro con il timone alzato (cfr. ibid., xv, c. 1795: unico esempio noto), trasposizioni delicate dell'esperienza della vita quotidiana in quella d'una superiore contemplazione e che sono ancora così lontane dall'esplicito emblema che subentrerà più tardi. Soprattutto l'ancora e, talora, il tridente - specialmente il tridente con il pesce, cui seguirà il pesce (ΙΧΘΥC) con la c. - apparivano come criptogrammi della croce. A questa decisamente più affine era il segno del tau. Assai discusse sono state le identificazioni di alcune supposte antiche raffigurazioni della croce. Soprattutto nota quella di un'impronta a forma di T su un campo rettangolare di stucco bianco rinvenuta a Ercolano, nella Casa del Bicentenario, nel 1937. Si ricordano i due segni a X su di una iscrizione palmirena datata al 136 d. C., che sarebbe il più antico monumento epigrafico con c. cristiana; infine altri segni quasi simili, tracciati col carbone, rinvenuti nel 1945 su un ossuario presso Gerusalemme. Nelle catacombe romane si conta soltanto una ventina di iscrizioni segnate dalla c. anteriori ai primi anni del IV sec. Verso la metà del II sec. è comunemente datata l'iscrizione ΡΟΥΦΙΝΑ ΕΙΡΗΝΗ, con una croce "greca", nell'ipogeo di Lucina.
I tipi delle c. figurate furono diversi.
A) C. gammata o uncinata (ó ô). - Sulla storia di questo segno prima del cristianesimo si veda alla voce svastica. È detta gammata perché la si può immaginare come risultante dall'accostamento di quattro gamma maiuscole. Dal sec. III d. C. questo simbolo, solo o unito ad altri segni, appare in varie iscrizioni funerarie della Licaonia e dell'Isauria. A Roma la ritroviamo nell'ipogeo di Clodio Ermete (S. Sebastiano), nei cimiteri di Domitilla, di Panfilo, di Generosa e della Vigna Massimo. A Generosa è dipinta sulla tunica del Buon Pastore; a Domitilla sulle vesti del fossore Diogene (secondo l'incisione del Boldetti).
Il segno era già largamente noto nel mondo pre-cristiano e, probabilmente, qualcosa del significato originario conserva anche in questi monumenti cristiani, dove rappresenta piuttosto una allusione alla felicità del defunto, oppure a Cristo, in quanto "Sole" della salute, anzichè un modo di celare la croce.
B) C. ansata (???SIM-13???) - È propria dell'Egitto, dove la si ritrova in una ventina di iscrizioni cristiane, in sculture copte (un esempio al Louvre) e anche in ritratti di mummie (anche di questi, un esempio ivi).
C) C. monogrammatica. - I monogrammi Chi Iota (???SIM-14???), Chi Rho (☧) e il monogramma a forma di c. (???SIM-15???) erano già usati in precedenza come compendium scripturae molto prima del cristianesimo: su monete di Chio (Χίος) il primo; su monete ateniesi, tolemaiche, siriache e di Decio (243-251 d. C.) il secondo; su monete dell'armeno Tyrane (96-94 a. C.), degli Arsacidi X, XII, XIV (92-38 a. C.) e infine di Erode il Grande (38 d. C.) il terzo. I cristiani se ne servirono per designare Gesù Cristo (il primo, ???SIM-14???, rappresenta ᾿Ιησοὺς Χριστός; gli altri la sola parola Χριστός). La linea di successione di questi simboli può basarsi sulla data dei più antichi monumenti di ciascun tipo, secondo lo schema seguente:
Schema
in Oriente il primo caso certo di monogramma a noi noto è del 354. Circa il 335 su monete e nel 355 in iscrizioni funerarie si trova il segno???SIM-16???, dove è più esplicito il riferimento alla c., da cui derivano i segni ???SIM-17??? ???SIM-18??? ???SIM-19??? ???SIM-20??? ???SIM-21???. Nel 365 si trova la c. monogrammatica con le lettere apocalittiche A e Ω, all'inizio del V sec. il ???SIM-22??? scompare dalle iscrizioni funerarie romane e diventa sempre più rara ivi la ???SIM-18??? +. Tuttavia è proprio nel V sec. che il monogramma ha, nella stessa Roma e in Occidente, la propria affermazione monumentale: nel mosaico dell'intradosso dell'arco trionfale di Santa Maria Maggiore; nei mosaici di Albenga, di Napoli e di Capua.
Il segno ☧, piuttosto raro, è detto precostantiniano. Il ☧ è detto costantiniano perché deve la sua diffusione soprattutto a Costantino che, secondo Lattanzio, l'adottò alla vigilia della battaglia di ponte Milvio (312) e sulle cui monete si riproduce ripetutamente (v. sotto). Soltanto con il IV sec. il ☧, da abbreviazione del nome di Cristo, diventa vero signum Christi e della c. (August., Tract.; 118,5: P. L., xxiv, 1950). Fino al 324 il monogramma era emblema dell'Impero d'Occidente, dopo la caduta di Licinio di tutto l'Impero (Eus., V. Const., ii, 7-9). Da Roma esso si diffuse in tutte le sue varianti: nei sarcofagi esso sostituisce la c. anche nella scena della resurrezione (anàstasis), ed è allora crux invicta e il suo carattere trionfale è talora sottolineato dalla presenza di corone e di festoni e dalle gemme. Il monogramma ???SIM-15??? passò in Oriente, da Roma, quasi contemporaneamente al suo sorgere e prima del monogramma costantiniano.
D) C. capitata o immissa. - È la croce aperta (???SIM-08??? ???SIM-23???) già nota, come motivo ornamentale, prima del Cristianesimo. Le denominazioni "latina" e "greca", la prima per disegnare il tipo in cui i bracci, piuttosto corti, tagliano l'asta verticale in un punto al disopra del suo mezzo, la seconda per indicare quella in cui i due bracci, uguali alla metà dell'asta verticale, tagliano questa esattamente nel suo mezzo, sono tardi e non hanno riscontri nella realtà, in quanto che entrambi i tipi si trovano in antico tanto in Occidente quanto in Oriente.
Tra i primi esempî di c. cristiana, subito dopo quello, discusso, di Palmira già citato, si ricordano l'iscrizione di Dura Europos, con c. greca, datata al 163, e di Madula di Siria, datata al 197-198. Tra il 165 e il 167 è la discussa moneta di Abgar VIII; del 234 sono altre iscrizioni di Dura Europos, due delle quali accompagnate dal quadrato magico "sator arepo". Tra il 313 e il 350 sono noti soltanto tre esempî di croce.
Non vi è la stessa successione di date sicure in Occidente. Oltre alla c. di Ercolano, cui si è accennato, e all'iscrizione di Rufina, già citata, la c. appare in un affresco dell'ipogeo degli Aurelî a Roma, prima del 253-9. Nel 1958 fu scoperta a Roma, nella catacomba dei SS. Processo e Martiniano, una iscrizione recante una c. tra A e Ω datata al 312. A poco a poco, a partire dal 314, la c. appare sulle monete delle zecche imperiali: di Tarragona (c. greca, ma con ancora l'iscrizione Soli invicto comiti); Siscia (317: il monogramma appare sul casco di Costantino. E lo stesso anno dell'elevazione a Cesare di Crispo, Costantino II e Licinio II e della inaugurazione del labarum). Nel 320 la c. è riprodotta su alcuni conî di Aquileia, di Salonicco e, ancora, di Tarragona e di Treviri. Infine nel 326 per la prima volta la c. appare su conî ufficiali, nella zecca di Costantinopoli. Sul diritto è l'effigie di Costantino, sul rovescio è il labarum - sormontato dal monogramma di Cristo -, che trafigge un serpente (Spes publica). Prima di Giuliano l'Apostata le sole monete veramente cristiane sono quelle di Amiens, battute sotto Magnenzio nel 350, dove appare il monogramma accompagnato dalle lettere apocalittiche A e Ω. All'incirca contemporanee (351) sono le monete di Costanzo Gallo in cui l'imperatore, incoronato dalla vittoria, stringe il labarum. L'iscrizione è: Hoc Signo Victor eris.
Dalla metà del sec. IV, vale a dire dal ritrovamento ("invenzione") della c. a Gerusalemme (326-336), la c. fa la sua apparizione sui sarcofagi. Oltre alla crux invicta, di cui si è già parlato, compare (nella scena dell'Adorazione dei Magi) la raffigurazione realistica della c., nel coperchio di un sarcofago rinvenuto sotto le Grotte Vaticane e attribuito al 380. L'associazione della c. all'adorazione dei Magi ritorna in un sarcofago di Ravenna e traspare nei mosaici di S. Maria Maggiore a Roma. Una rappresentazione realistica della c. appare nella lipsanoteca di Brescia, di datazione ancora discussa (del 320 per R. Delbrück). Gerusalemme e Costantinopoli ricevettero grandi croci, e croci di legno innalzate in vari luoghi d'Armenia sono ricordate dalle fonti. Dalla fine del IV sec. si inizia il trionfo della c. nell'iconografia cristiana. Come segno di trionfo essa è appunto raffigurata gemmata e d'oro e appare nei punti più significativi degli edifici: nel cosiddetto Mausoleo di Galla Placidia (2° quarto del sec. V) a Ravenna al di sopra di una vòlta stellata la c. indica l'orientamento dell'edificio; a Roma in Santa Pudenziana (sec. IV), a Ravenna in S. Apollinare in Classe (sec. VI) appare quale motivo centrale delle composizioni absidali, nella decorazione della Santa Sofia di Giustiniano, a Costantinopoli, occuperà un posto quasi esclusivo. La forma di queste c., soprattutto per le proporzioni tra i bracci e le due parti in cui è divisa l'asta verticale e per il disegno delle terminazioni sono diversissime e sono degne di attenzione per le loro caratteristiche estetiche e iconografiche.
Oltre alle c. raffigurate nei mosaici (agli esempî citati aggiungi l'atrio del battistero del Laterano, il battistero degli ortodossi e l'oratorio del palazzo arcivescovile di Ravenna, la chiesa di Cesaranello, il mosaico pavimentale nella parte absidale della chiesa di Qasr el-Lebia, Cirenaica, datato attorno al 539) e sui sarcofagi (sarcofago di Probo, ecc.) altre ci sono pervenute dalle arti minori.
Così la c. d'oro esorcistica trovata da Pio IX nel cimitero di Ciriaca, così una c. d'argento nel Museo del Louvre, così una c. in bronzo con iscrizioni, ora nel Museo Sacro della Biblioteca Vaticana, ecc. Questi sporadici rinvenimenti non possono darci un'idea della popolarità del culto della c., divenuto vivissimo dopo il rinvenimento delle reliquie della c. e l'erezione a Gerusalemme della basilica di Costantino. S. Giovanni Crisostomo dice che ai suoi tempi la c. appariva in domibus, in Foro, in desertis... in vestimentis, in thalamis ... in vasis argenteis et aureis in techis, in libris, in urbibus, in vicis (P. G., 48, 266; P. G., 49, 407). Teodosio e Valentiniano III furono costretti a frenare gli abusi vietando, tra l'altro, che si dipingesse, scolpisse o tracciasse la c. sui pavimenti.
Nell'iconografia cristiana si segnala la presenza della c. (primo esempio nei mosaici di Santa Maria Maggiore a Roma, 432-40) e del monogramma (mosaico absidale di San Aquilino a Milano, sec. IV-V, e confronta un sarcofago nel duomo di Ravenna) nel nimbo di Cristo. Il nimbo con il monogramma appare intorno al capo di Valentiniano II nel missiorium di Ginevra.
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Sulla c. di Ercolano v. s. v. in questa Enc. e la bib. raccolta da F. Di Capua, in Rendic. Acc. Arch. di Napoli, XXIII, 1947-48; gli argomenti contro la identificaizone della c. sono raccolti da G. de Jerphanion, La Croix d'Hercolanum?, in Orient. Christ. periodica, VII, 1941, pp. 5-35; iscrizioni di Palmira: M. De Vogüé, Syrie Centrale. Inscriptions sémitiques, 1868-1877, p. 55 ss., n. 76; Ch. Clermont Ganneau, in Rev. critique, VIII, 1879, pp. 91-92; F. Cabrol-H. Leclercq, in Monum. ecclesiae liturgica, I, 1902, p. 278, n. 2774 a. C. di Gerusalemme: l'Osservatore Romano, 1945, nn. 229-31, 255, 279. Iscrizione di Rufina: G. B. De Rossi, Roma sotterranea, I, tav. XVIII, i. Sulle c. nelle catacombe: P. Grossi Gondi, Trattato di epigrafia cristiana, Roma 1920. Pittura del fossore Diogene: O. Boldetti, Osservazioni sugli antichi cimiteri, Roma 1720, p. 60; G. Wilpert, Pitture delle catacombe, Roma 1903, p. 180. Sarc. nella necropoli vatic.: J. M. C. Toynbee-J. W. Perkins, Shrine of St. Peter, Londra 1956, p. 94; Enc. Catt., IV, 1950, cc. 961-962. Lipsanoteca di Brescia: R. Delbrück, Probl. d. Lips. in Br., Bonn 1952, pp. 43-5, tav. 2. Sulle iscrizioni egiziane: G. Lefèvre, Inscriptions gr. chrét. d'Égypte, Il Cairo 1907. Monete di Abgar VIII: E. Babelon, Mélanges numism., II, 209 ss.; Brit. Mus. Coins, Mesopotamia, tav. 13, 14-16; di Costantino e di Magnenzio: J. Maurice, Numismatique constantinienne, Parigi 1908-1912.