Critofilm
Termine coniato da Carlo Ludovico Ragghianti per indicare realizzazioni filmiche in cui l'interpretazione delle opere d'arte è proposta attraverso il movimento della macchina da presa, le luci, il montaggio, così da fornire non un tradizionale documentario, ma un vero e proprio testo critico realizzato secondo le logiche del linguaggio cinematografico. Il termine fu impiegato per la prima volta in occasione del Primo convegno internazionale sulle arti figurative svoltosi a Firenze nel 1948; alle soglie degli anni Cinquanta il c. si differenziò dai film sull'arte, tradizionali e didascalici, densi di cultura figurativa letteraria, facendo appello a una sintassi in grado di tradurre la moderna critica d'arte di natura 'purovisibilista' in un percorso temporale critico di immagini. All'interno del dibattito, particolarmente vivace negli anni Trenta, sul rapporto fra cinema e arte, il tedesco Paul Heilbronner, un allievo di H. Wölfflin, già nel 1934 aveva teorizzato un proto-critofilm sulla base di alcune suggestioni critiche formulate da Ragghianti nel 1933, e si era espresso sulla possibilità di restituire la tridimensionalità dell'opera d'arte attraverso la simulazione dei movimenti dell'occhio umano con la macchina da presa. Come avrebbe fatto più tardi Ragghianti nel suo primo c. (La deposizione borghesiana di Raffaello, 1948), Heilbronner fece costruire dei carrelli per effettuare riprese più efficaci su alcuni edifici di architettura fiorentina del Quattrocento. Differenziandosi da quella di Heilbronner, la visione di Ragghianti si inscrisse in un percorso critico e metodologico più complesso, che a tratti mostrava una fiducia positiva nella capacità dello strumento di riprodurre oggettivamente l'opera senza alcuna concessione alla soggettività del dispositivo. Se per Heilbronner il cinema poteva 're-interpretare', ma non restituire, la riproduzione oggettiva di materiali così complessi, per Ragghianti il c. era in grado di tradurre le forme in termini scientifici.Per il suo carattere specialistico, il c. venne presentato in occasioni mirate, come la Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia che nel 1957 organizzò una sezione retrospettiva del film sull'arte, le proiezioni dei CUC (Circoli Universitari del Cinema) e, negli ultimi anni di produzione, il Festival di Bergamo, di cui Ragghianti, nel 1959, fu presidente in giuria. Malgrado l'impegno costante dello studioso, il progetto di divulgazione risentì tuttavia delle sostanziali carenze dell'infrastruttura pubblica, in origine dovute alle precarietà del dopoguerra, ma rimaste immutate anche negli anni Sessanta in conseguenza della inadeguata legislazione che regolamentava la materia; sempre negli anni Sessanta inoltre, con l'avvento del documentario televisivo, nacque l'esigenza di prodotti più agili, e alcuni progetti a lungo sollecitati presso la televisione nazionale non videro mai la luce. Il c., comunque, risentì anche dell'eccessiva specificità dell'argomento e il suo messaggio rimase d'élite, lontano dalla portata del grande pubblico.Per quanto riguarda soprattutto l'architettura, l'assorbimento delle proposte innovative del c. è visibile in alcune opere dell'editoria degli anni Sessanta, che utilizzavano obiettivi fish-eyes o certe angolazioni di ripresa improbabili, fino alle vere e proprie sequenze in movimento che svolgono il corpo architettonico, come nella ricca partitura fotografica, in bianco e nero, di Roma barocca (1966) di Paolo Portoghesi, autore del documentario dal titolo Il linguaggio di Francesco Borromini (1967) diretto da Stefano Roncoroni.
P. Heilbronner, Cinema documentario: il cinema e le Belle Arti, in "Cine-Convegno", 1934, 3-4-5, pp. 48-51.
P. Heilbronner, Il cinema come arte figurativa, in "Intercine", 1935, 7, pp. 22-23.
P. Heilbronner, Cinematografando le opere d'arte, in "Cinema", 1937, 13, pp. 19-21.
Atti del Primo convegno internazionale per le arti figurative: Firenze, 20-26 giugno 1948, Firenze 1948.
C.L. Ragghianti, Cinema arte figurativa, Torino 1952, 1964³.