MARCELLO, Cristoforo
Nacque intorno al 1480 a Venezia, nella parrocchia di S. Tomà, da antica famiglia patrizia. Il padre Antonio - figlio di Giacomo, capitano generale da Mar - aveva sposato nel 1475 una discendente della famiglia patrizia degli Emo.
Dopo la prematura scomparsa del padre avvenuta nel 1484, il Senato veneto accordò, il 30 apr. 1485, ai figli maschi - oltre al M., Gerolamo e Giacomo - una pensione annua di 100 ducati. Nel 1498, il M. si immatricolò presso l'Università di Padova, conseguendovi il dottorato in arti il 26 ott. 1501. Protonotario della facoltà di arti, mantenne tale carica fino al 5 nov. 1503, quando fu aggregato al capitolo della città. Sfumata la dignità vescovile - tra il 1503 e il 1504 il M. figura tra i candidati per le diocesi di Cremona, Verona e Zara -, nel maggio 1504 ottenne il priorato di S. Croce a Padova, grazie al favore del vescovo Piero Barozzi, del quale nel gennaio 1507 pronunciò l'orazione funebre, poi stampata a Venezia. Tra il 1507 e il 1508 fu nominato da Giulio II protonotario apostolico. Presso la corte romana il M. divenne familiare dei cardinali Giovanni e Giulio de' Medici, e particolarmente stretti furono i rapporti con il cardinale Domenico Grimani e con Girolamo Aleandro, al tempo segretario di Giulio de' Medici e che del M. ricorderà, in una lettera del 1519, la nobiltà d'animo e l'eccellenza del sapere (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 8075, c. 4r). Di tali doti il M. diede prova il 1º nov. 1510, recitando nella cappella papale un sermone per la ricorrenza liturgica (Roma, M. Silber, 1511). Nel 1512 partecipò al V concilio Lateranense, pronunciando nella IV sessione del 10 dicembre l'orazione De officio principis, elogio dei meriti, anche militari, di Giulio II (Roma, G. Mazzocchi, 1513).
Il successivo conclave, di cui il M. inviò il 7 marzo 1513 una relazione allo zio Alvise (Sanuto, XVI, coll. 29s.), portò all'ascesa al soglio pontificio del suo protettore Giovanni de' Medici, con il nome di Leone X. Il Senato veneto incaricò l'ambasciatore Francesco Foscari di raccomandare presso il neoeletto pontefice il M., uomo ricco di virtù ma la cui scarsità di mezzi aveva fino ad allora impedito di dedicarsi a più lodevoli compiti; il 24 sett. 1513 fu il M. a comporre una Oratio in lode del papa e della casa medicea (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 3646). La risposta non si fece attendere: il 28 maggio 1514 fu creato arcivescovo di Corfù. Ricevuta la nomina, il M. cercò di non rinunciare alla rendita di 400 ducati del priorato di S. Croce, "per aver questo arcivescovado che val ducati 600 e non più" (Sanuto, XVIII, col. 236). Vane furono le pressioni esercitate dalla stessa Serenissima, e nel luglio 1516 al M. fu assegnata, in luogo della ricca prebenda, una pensione di 100 ducati. Ai soggiorni romani il M. alternò quelli, più prolungati, nella città natale, prendendo parte ai più solenni eventi pubblici. Come familiare dei Medici ebbe anche occasione di recarsi a Firenze, e nell'ottobre 1521 incontrò al santuario della Verna il teologo Pietro Dolfin, con il quale fu in corrispondenza. Della visita a Camaldoli lasciò un vivido resoconto, dato alle stampe postumo (Epistola in qua Camaldulensis eremi situs… vitaeque ibidem degendae ratio describuntur, Firenze 1557).
Dopo il breve pontificato di Adriano VI, dal novembre 1523 il M. poté contare sull'appoggio di un altro papa Medici, Giulio, ora Clemente VII. Nel maggio 1524 ottenne la prepositura della chiesa dei Ss. Giacomo e Filippo a Crema e, qualche mese più tardi, il beneficio del monastero veronese della Trinità. Il favore di cui godette a Roma è testimoniato da Marco Foscari, che nel maggio 1526 riferì dell'interesse del pontefice per le discussioni teologiche e filosofiche condotte dal "dottissimo" arcivescovo di Corfù (Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, s. 2, III, Firenze 1846, p. 135). Tra i manoscritti vaticani sono conservate alcune opere del M. dedicate a Clemente VII; di particolare interesse è la Oratio de laudibus S. Iohannis Evangelistae (Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat., 3644), in cui si auspica la pacificazione del mondo cristiano, turbato non solo dalla peste luterana e dalla violenza turca, ma anche da guerre intestine, quasi un presagio del tragico destino che lo avrebbe atteso.
Nell'ottobre 1526 la sua residenza romana fu devastata dagli uomini del cardinale Pompeo Colonna, acerrimo nemico di Clemente VII, ma il M. "era fuggito in casa del Cardinal d'Araceli, & di lì in Castello" (Lettere di principi, I, Venetia, G. Ziletti, 1562, c. 91r). Nel maggio 1527, durante il sacco della città, il M. venne fatto prigioniero. Trasferito nella fortezza di Gaeta dai soldati di Fernando Alarcón y Mendoza, il 9 giugno supplicò il fratello Gerolamo di provvedere al pagamento del riscatto di 6000 ducati necessario alla propria "liberation et vita" (Sanuto, XLV, col. 493).
Nell'agosto del 1527 giunse a Venezia notizia della sua morte. Le circostanze non sono note, ma certo il M. "dovè soffrire mali trattamenti da' soldati in guisa che vi lasciò la vita" (Dondi dall'Orologio, p. 124).
Numerose sono le opere composte dal M., che agli interessi teologici associò quelli filosofici. Oltre agli scritti già citati, nel febbraio 1508 diede alle stampe a Venezia, presso G. De Gregori, l'Universalis de anima traditionis opus. Nel dedicare a Giulio II l'ampio trattato in sei libri - di cui la Biblioteca Vaticana conserva la copia di pregio appartenuta al papa - il M. ricorda la precoce inclinazione per gli studi liberali e le riflessioni sulla natura. La dedica è preceduta da un breve ma significativo indirizzo a Girolamo Donà, al tempo ambasciatore a Roma e noto per la versione del De anima di Alessandro di Afrodisia (Brescia, B. Misinta, 1495), di grande diffusione nell'ambiente patavino, alla quale il trattato dà ampio spazio, richiamandosi alle discussioni che avevano diviso e infiammato gli averroisti e gli alessandristi.
L'interesse del M. per la questione trova conferma nella successiva redazione, ultimata a Venezia il 27 marzo 1518, del Dialogus de animae sanitate. L'impianto del dialogo - conservato manoscritto e dedicato a Leone X (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 3647) è di ispirazione platonica e risente senza dubbio dell'incontro avvenuto a Firenze con Francesco Cattani da Diacceto, il discepolo di Ficino che con il M. scambiò tra il 1505 e il 1514 alcune lettere proprio sul concetto di anima (Biblioteca apost. Vaticana, Ross., 423, cc. 54r-70r; Venezia, Biblioteca Andrighetti Zon Marcello, Arch. Marcello, b. A I, 5, cc. 8-12; cfr. F. Cattani da Diacceto, De pulchro libri III, a cura di S. Matton, Pisa 1986, pp. 276-307). Di poco posteriore è la redazione della Quaestionis de cadentis angelis ordine discussio, dedicata a Giulio de' Medici (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 5801), mentre risale al 1519 la stesura, iniziata a Firenze e conclusa a Roma l'8 dicembre, del dialogo De fato, indirizzato anch'esso al cardinale de' Medici (ibid., 5800).
Testimone delle vicende del tempo, nel 1516 diede alle stampe la Oratio ad Leonem X de sumenda in Turcas provincias, vigorosa esortazione a un intervento militare contro la minaccia ottomana, mentre inedita è la contemporanea Oratio de utroque bello Germanico, indirizzata al doge Leonardo Loredan (Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3419/18). Il diffondersi della Riforma lo spinse alla polemica confessionale. Nel 1521 pubblicò a Firenze, presso i Giunta, il De authoritate summi pontificis et his quae ad illam pertinent, in cui rivendica il primato di Pietro, di cui dimostra la legittimità sulla base della autorità scritturale e conciliare, procedendo al contempo a una puntuale confutazione degli "impia dogmata" luterani. Lodata dall'ambasciatore veneto in Germania Gasparo Contarini in una sua lettera al M. del 26 luglio 1521 (Venezia, Biblioteca Andrighetti Zon Marcello, Arch. Marcello, b. A I, 5), e nota allo stesso Lutero (Lutero a G. Spalatin, 5 maggio 1522, Werke, Briefwechsel, II, pp. 515 s.), l'opera meritò il plauso di J. Eck, che nel 1525 ne fece largo uso nell'Enchiridion locorum communium adversus Lutheranos. Negli anni successivi il M. si dedicò a temi più prettamente teologici. Nel 1522 una sua prefazione fu apposta all'edizione veneziana delle Quaestiones quodlibeticae di Adriano VI; seguirono le Exercitationes in septem primis Psalmis (Roma, M. Silber, 1523) e il commento In Psalmum Usque quo, Domine, oblivisceris mei (Roma, L. degli Arrighi - L. Perugino, 1525).
Alcuni codici vaticani comprendono esposizioni di Salmi non pervenute alle stampe e la cui stesura si data tra il marzo 1523 e l'agosto 1526 (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 3643, 3648-3650). Numerosi manoscritti sono conservati inoltre dalla Biblioteca Andrighetti Zon Marcello, tra le carte dell'Archivio Marcello. Si segnalano la De virtutum ordine pulchra investigatio, il De adulto non baptizato, la Quaestio de intelligentis, le Quaestiones de fine e brevi scritti di filosofia naturale.
Ampiamente nota è, infine, la vicenda della stampa del Caerimoniale Romanum, di cui il M. inviò un manoscritto, oggi perduto, al tipografo veneziano G. De Gregori. L'edizione, dedicata a Leone X, apparve nel 1516 con il titolo di Rituum ecclesiasticorum sive Sacrarum caeremoniarum S. Romanae Ecclesiae libri tres, suscitando l'immediata reazione del maestro di cerimonie Paride Grassi, che del progetto editoriale era rimasto all'oscuro. Il Grassi si rivolse al papa, accusando il M. di plagio per essersi attribuito una compilazione dovuta, in realtà, ad Agostino Patrizi Piccolomini. Al M. rimproverava, inoltre, di avere alterato il testo originario e di avere commesso una imprudenza nel divulgare, in tempi così avversi, segreti fino ad allora gelosamente custoditi negli archivi vaticani. Il papa nominò una commissione per esaminare la questione, ma grazie all'intervento del cardinale Bernardino de Carvajal, favorevole alla pubblicazione, il M. fu assolto dalle accuse e al Grassi non rimase che fare "strage di quante copie gli pervennero alle mani" (Cicogna, 1827, p. 83). Il testo edito dal M. ebbe grande fortuna. Stampato più volte nel XVI secolo, fu proposto ancora nel 1750 a cura di G. Catalani.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Senato, Deliberazioni, Secreta, 1527, c. 94; Misc. codd. I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti…, IV, c. 475; Matrimoni con notizia dei figli (schedario); Venezia, Biblioteca Andrighetti Zon Marcello, Arch. Marcello, b. A I, 1: Th. Amayden, Mare-Coelum Romano-Venetum sive Marcellorum… usque ad a. C. 1676… progenies, pp. 320 s., 324 s.; b. A I, 5: Scritti e docc. riguardanti C. M. arcivescovo di Corfù; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. it., cl. VII, 17 (=8306): G.A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, III, cc. 31v-32r; cl. VII, 161 (=7608): Matrimoni di nobili veneziani, c. 504; Ibid., Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3423: Famiglie venete forestiere (Mar-Mi), pp. 12-15; 3782: G. Priuli, Li pretiosi frutti del Maggior Consiglio, II, c. 181r; Arch. segr. Vaticano, Arm. XL, III, c. 9; XIV, cc. 148, 150; Camera Apostolica, Intr. et Ex., 556, c. 37v; Reg. Later., 1295, cc. 272-275, 1405, c. 96; Reg. Vat., 985, cc. 245v-260r. Si vedano inoltre i documenti editi ne I diarii di M. Sanuto, III-XLVI, Venezia 1880-97, ad indices; e in Acta graduum Academicorum ab a. 1501 ad a. 1525, a cura di E. Martellozzo Forin, Padova 1969, nn. 82, 89, 88, 134, 301, 506; P. Dolfin, Epistolarum volumen, Venetiis 1524, ad ind.; G. Alberici, Catalogo breve de gl'illustri et famosi scrittori veneziani, Bologna 1605, p. 20; G.P. Valeriano, De literarorum infelicitae…, Venetiis 1620, pp. 10, 106; A. Morosini, Historia Veneta, Venetiis 1623, p. 143; A. Superbi, Trionfo glorioso d'heroi illustri et eminenti… di Venetia, Venezia 1629, pp. 133 s.; P.A. Zeno, Memoria de' scrittori veneti, Venezia 1662, p. 80; F. Sansovino, Venetia città nobilissima, Venezia 1663, p. 590; A. Marmora, Della historia di Corfù, Venezia 1672, pp. 2, 19 s.; P. Bayle, Dict. historique et critique, III, Rotterdam 1697, pp. 101 s.; J.T. de Rocaberti, Bibliotheca maxima pontificia…, VI, Romae 1697, pp. 685 s.; M. Foscarini, Della letteratura veneziana, Padova 1752, pp. 55, 364 s.; A. Zeno, Dissertazioni Vossiane, II, Venezia 1753, pp. 108-124; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, II, Venezia 1754, pp. 214, 283; F.S. Dondi dall'Orologio, Serie cronologico-istorica dei canonici di Padova, Padova 1805, p. 124; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, pp. 79-84; Id., Della famiglia Marcello, Venezia 1841, pp. 25, 30, 43; L.C. Ippaviz, Corcira antica e moderna, Venezia 1901, pp. 231 s.; Fr. Lauchert, Die italienischen literarischen Gegner Luthers, Freiburg i.B. 1912, pp. 59, 231-238, 689; P.O. Kristeller, Studies in Renaissance thought and letters, Roma 1956, pp. 316, 321; M. Dykmans, L'oeuvre de Patrizi Piccolomini ou Le cérémonial papal de la première Renaissance, Città del Vaticano 1980, I, pp. 33-42; I. Polverini Fosi, Il ms. Vat. lat. 5800: un'opera inedita di C. M., in Le chiavi della memoria, Miscellanea, a cura dell'Assoc. degli ex allievi della Scuola Vaticana di paleografia, Città del Vaticano 1984, pp. 441-460; K.M. Setton, The Papacy and the Levant, III, Philadelphia 1984, pp. 136 s., 488 s.; M.L. King, Umanesimo e patriziato a Venezia nel Quattrocento, Roma 1989, pp. 384, 439; Storia religiosa del Veneto. Patriarcato di Venezia, a cura di S. Tramantin, Padova 1991, p. 114; S. Toussaint, Prefazione a C. Marcello, De anima, Paris 2004, pp. I-IX.