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Landino, Cristoforo

di Paolo Procaccioli - Enciclopedia machiavelliana (2014)
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Landino, Cristoforo

Paolo Procaccioli

Nato a Firenze l’8 febbraio 1425 da famiglia originaria di Pratovecchio, L. ebbe una formazione giuridica e letteraria. Inizialmente cultore di poesia latina, raccolse i suoi carmi nella Xandra, che dedicò prima a Leon Battista Alberti (1443-44) e poi a Pietro de’ Medici (1458). Nel 1458 successe a Carlo Marsuppini, che riconobbe quale proprio maestro, nell’insegnamento di retorica e poetica allo Studio. Nei suoi corsi svolse letture dei classici (Cicerone, Giovenale, Persio, Orazio, Virgilio) e dei massimi poeti moderni (Dante e Francesco Petrarca). Le lezioni su Dante, Orazio e Virgilio rifluirono in fortunati commenti a stampa (editi rispettivamente nel 1481, nel 1482 e nel 1488). Dei suoi interessi filosofici sono riprova il De anima (1471), le Disputationes Camaldulenses (1472 o 1473, edito più tardi, forse nel 1480), il De vera nobilitate (posteriore al 1487). Sono invece connesse agli incarichi pubblici ricoperti (dal 1465 fu cancelliere della parte guelfa e tra i segretari della prima cancelleria) alcune orazioni latine (in morte di Giordano Orsini e di Donato Acciaiuoli) e volgari (per la presentazione pubblica del commento dantesco; per il generalato di Nicolò Orsini). Tradusse la Naturalis historia pliniana (1476) e la Sfortiade di Giovanni Simonetta (1490), mentre il Formulario di epistole, attribuito in varie edizioni a L., si deve molto probabilmente a Bartolomeo Miniatore. Morì a Borgo alla Collina, presso Arezzo, il 24 settembre 1498.

M. ricorda L. solo nell’ultima pagina delle Istorie fiorentine, dove lo indica accanto al Poliziano e a Demetrio Calcondila come uno dei testimoni ideali del favore accordato da Lorenzo il Magnifico ai letterati. Dei tre il più familiare a M. era senz’altro L., che con Dante, e attraverso la sua parola, per più di un decennio era stato chiamato a trasmettere alla gioventù cittadina un bagaglio insieme dottrinario e ideale che in M. era destinato a fruttificare a lungo: il portato di un’esegesi che alla luce degli ideali ciceroniani di sapientia ed eloquentia finalizzava la lettura dell’autore, di Dante in particolare, alla formazione non tanto del dotto quanto dell’uomo pubblico, «nel più ampio intento dell’educazione del giovane patriziato» (Fubini 1998, p. 131). Del resto il dantismo del Comento era espressione di un fortissimo sentire cittadino, comprovato già dallo sviluppo abnorme e senza precedenti del proemio, le cui quattordici sezioni introducevano non tanto al poema e al suo autore, quanto piuttosto alla città di Firenze che celebravano esplicitamente con la memoria di personalità e di istituzioni, coniugando insieme il verbo dantesco, quello civile e quello ficiniano, proposti come sintesi della civiltà cittadina.

Era naturale che M., al pari di pressoché tutti i rampolli fiorentini e di molti giovani lettori italiani, finisse con il guardare al Dante landiniano come a uno dei testi di riferimento, attraverso il quale fare i conti con il poema e allo stesso tempo, e forse soprattutto, con l’insieme della tradizione classica, recuperata nella sovrabbondanza della chiosa e nella sistematicità degli excursus storici e dottrinari. Lo attestano emergenze tematiche che fanno del Comento «un testo fra i più sfruttati da Machiavelli» (Bausi 1998, p. 83; cfr. inoltre pp. 83-85 e 89-90) e spie lessicali come quelle affiorate nel dibattito acceso intorno al discusso «springava» (Castellani Pollidori 1980 e 1981; Trovato 1981; Inglese 1982), ma anche, più in particolare, le risonanze che si colgono nello stesso Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua, che porta alle conseguenze estreme la difesa di Firenze consegnata al proemio landiniano del 1481. Questo non esclude la conoscenza di altre opere landiniane, del De nobilitate e in particolare delle Disputationes Camaldulenses, nelle quali, è stato ipotizzato, M. avrebbe trovato un «modello di dialogo» (Sacco Messineo 1998, p. 601; sull’argomento cfr. in partic. pp. 601-05 e 622-23).

Andrà anche registrata la familiarità del padre di M., Bernardo, con Niccolò di Lorenzo, l’editore del Comento, per il quale lo stesso Bernardo si era impegnato a redigere la tavola degli argomenti di un’edizione di Livio poi non realizzata (Libro di ricordi, a cura di C. Olschki, 2007, p. 14; a questo proposito cfr. anche la postfazione di Leandro Perini, pp. 286-90).

Bibliografia: Carmina omnia, a cura di A. Perosa, Firenze 1939; De vera nobilitate, a cura di M.T. Liaci, Firenze 1970, e di M. Lentzen, Genève 1970; Scritti critici e teorici, a cura di R. Cardini, 2 voll., Roma 1974; Disputationes Camaldulenses, a cura di P. Lohe, Genève 1980; Comento sopra la Comedia, a cura di P. Procaccioli, 4 voll., Roma 2001. Si veda inoltre: B. Machiavelli, Libro di ricordi, a cura di C. Olschki, postfazione di L. Perini, Il Libro di ricordi di Bernardo Machiavelli, Roma 2007.

Per gli studi critici si vedano: M. Lentzen, Studien zur Dante-Exegese Cristoforo Landinos. Mit einem Anhang bisher unveröffent lichter Briefe und Reden, Köln-Wien 1971; R. Cardini, La critica del Landino, Firenze 1973; M. Lentzen, Reden Cristoforo Landinos, München 1974; O. Castellani Pollidori, “Spingare”-“springare”, «Studi danteschi», 1980, 52, pp. 129-48; O. Castellani Pollidori, Nuove riflessioni sul Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua di Niccolò Machiavelli, Roma 1981; P. Trovato, Appunti sul Dialogo intorno alla nostra lingua del Machiavelli, «La bibliofilia», 1981, 73, pp. 25-69; G. Inglese, “Forte spingava”, «La cultura», 1982, 20, pp. 201-04; P. Procaccioli, Filologia ed esegesi dantesca nel Quattrocento. L’Inferno nel Comento sopra la Comedia di Cristoforo Landino, premessa di G. Petrocchi, Firenze 1989; F. La Brasca, Cristoforo Landino et la culture florentine de la Renaissance, 3 voll., Lille 1991; F. Bausi, Machiavelli e la tradizione culturale toscana, in Cultura e scrittura di Machiavelli, Atti del Convegno, Firenze-Pisa 1997, Roma 1998, pp. 81-115; R. Fubini, Politica e morale in Machiavelli. Una questione esaurita?, in Cultura e scrittura di Machiavelli, Atti del Convegno, Firenze-Pisa 1997, Roma 1998, pp. 117-43; M. Sacco Messineo, La funzione del dialogo nell’Arte della guerra, in Cultura e scrittura di Machiavelli, Atti del Convegno, Firenze-Pisa 1997, Roma 1998, pp. 597-624.

Vedi anche
Mèdici, Lorenzo de', detto il Magnifico Figlio (Firenze 1449 - Careggi 1492) di Piero di Cosimo il Vecchio e di Lucrezia Tornabuoni, ebbe presto incarichi politici: nel 1466 entrò a far parte della balìa e del Consiglio dei Cento. Nel 1469 sposò la nobile Clarice Orsini. Alla morte del padre (2 dic. 1469), accettò "la cura della città e dello ... Firenze Comune della Toscana (102,3 km2 con 358.079 al censimento 2011, divenuti 380.948 secondo rilevamenti ISTAT del 2018), città metropolitana e capoluogo della regione, situato a un’altezza media di 50 m s.l.m., all’estremità sud-orientale di un bacino intermontano, percorso dall’Arno, nel quale sorgono ... Giovanni Argiròpulo Argiròpulo (gr. ᾿Αργυρόπουλος), Giovanni. - Umanista (Costantinopoli 1415 circa - Roma 1487). Rifugiatosi in Italia nel 1453, dopo la conquista turca di Costantinopoli, nel 1456, soprattutto per l'interessamento di Donato Acciaiuoli, ottenne una cattedra nello Studio di Firenze, che abbandonò per il ... Antonio di Tuccio Manétti Architetto, studioso di matematica e astronomia, letterato (Firenze 1423 - ivi 1497). Fu tra i giudici del concorso del 1490 per la facciata di S. Maria del Fiore. Illustrò con disegni l'architettura dell'Inferno di Dante. Gli si attribuisce una Vita di F. Brunelleschi, utilizzata poi da G. Vasari.
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