FELICI, Cristoforo
Nacque a Siena nel 1402 da Felice di ser Lorenzo e dalla sua seconda moglie, Giovanna di Biagio di Chello, e venne battezzato il 17febbraio di quell'anno. Il padre, uno speziale originario di Castiglione della Pescala, si era stabilito a Siena nel 1388, dove morì, forse ancora in giovane età, nel 1404. Al 1º ottobre di quell'anno risale il suo testamento e al 4 dicembre seguente l'inventario di quanto spettante ai figli Bartolomeo, Cristoforo e Giuseppa, ancora minorenni.
Il F. proveniva da un ambito di media borghesia urbana, certamente agiata, ma forse non ancora bene e completamente inserita nei vertici della vita politica: non è un caso, infatti, che il padre non risulti aver occupato alcuna carica pubblica né aver avuto stretti contatti con le famiglie cittadine più influenti. Indubbio è, invece, che i figli si siano trovati a gestire un patrimonio certamente non indifferente. Nel ricordato inventario dell'eredità si elencano infatti cospicui beni immobili (la casa in Siena e varie proprietà terriere nella Berardenga), numerosi oggetti di valore (gioielli, vestiti, stoffe), ingenti crediti e soprattutto le preziose masserizie della bottega di spezieria (materie prime, prodotti finiti, strumenti). Fu certamente questo notevole patrimonio la base economica sulla quale il F. - il cui patronimico "di Felice" verrà dal terzo decennio del Quattrocento cognomizzato in "de Felicibus" o "de Felicis" e più semplicemente, in volgare, "Felici" o "Filigi" - costruirà la sua fortuna di imprenditore e soprattutto di uomo politico.
Agli inizi svolse la sua attività insieme con lo zio Cheloccio, fratello della madre, anch'egli mercante, col quale fu in società nel commercio di vino e di bestiame e nell'acquisto di terre. Nel novembre del 1426, a seguito dell'istanza presentata, venne ammesso, in qualità di maestro, nell'arte della lana, la più influente corporazione cittadina. Parallelamente all'attività commerciale il F. non disdegnò comunque il più sicuro investimento immobiliare, che a lungo andare dovette essere privilegiato rispetto alla primitiva attività mercantile. La denuncia dei beni che il F. presentò nel 1453 agli ufficiali della Lira, incaricati di elaborare i parametri per l'imposizione diretta, testimonia infatti efficacemente la consistenza di un cospicuo patrimonio fondiario e della contemporanea mancanza di impiego di capitali nel traffico commerciale. L'alto coefficiente fiscale che venne nella circostanza attribuito al F. comprova l'impressione che egli appartenesse agli strati più alti della cittadinanza, ai quali era di fatto riservato il controllo della politica e dell'amministrazione della Repubblica senese. Dei resto solo due anni prima, e più esattamente nel bimestre marzo-aprile 1451, il F. era stato, in rappresentanza del monte del Popolo, membro del Priorato, ovvero del ristrettissimo vertice delle istituzioni cittadine. E tale carica non era giunta che al culmine di un'attività pubblica iniziata molti anni prima, con le cariche di consigliere nel Consiglio generale e di "esecutore", nel 1444, e "camariengo", nel 1447, dell'ufficio di Gabella, e continuata poi, ancora nel 1452, come ambasciatore, insieme con Enea Silvio Piccolomini, presso l'imperatore Federico III e il papa Niccolò V.
Il vastissimo carteggio del F., che ancora si conserva presso l'Archivio dell'Opera metropolitana, mostra chiaramente le sue relazioni con personaggi di primo piano del mondo politico, economico e intellettuale senese e non (tra i suoi corrispondenti ci furono Galgano e Giovanni Bichi, Francesco Aringhieri, Leonardo Benvoglienti, Francesco Luti, Niccolò Severini, Francesco Tolomei e Antonio Lanti). Il F. appare quindi un personaggio tutt'altro che marginale nella società dell'epoca, risultando il vero e proprio punto di riferimento di un "partito" che sullo sfondo aveva come referente fondamentale la personalità di Enea Silvio Piccolomini, il quale diverrà papa proprio in quegli anni - nel 1458 - col nome di Pio II. Come uomo di fiducia dei pontefice in Siena, il F. otterrà favori personali, quali l'annullamento di alcuni legati paterni, e li ricambierà con un rapporto di massima cordialità, non solo con lo stesso Pio II ma anche con altri membri della sua famiglia, quali Laudomia, sorella del papa e madre di Francesco Piccolomini Todeschini, il futuro Pio III.
I legami con le famiglie cittadine più influenti, anch'esse strettamente collegate col potente partito piccolomineo, furono ulteriormente rinsaldati da stretti rapporti di parentela. Nel 1429 il F. risulta, infatti, sposato con, Caterina Tommasi, la cui sorella Margherita era andata in moglie nel 1428 a Galgano Bichi. Dal matrimonio del F. risulta essere nato un solo figlio, Mariano, del quale peraltro si conservano pochissime testimonianze, consistenti in un limitato numero di lettere inviate al padre da Venezia e Padova negli anni 1454-1460.
La familiarità con i Piccolomini fu certamente un fattore non estraneo al conferimento al F., il 24 luglio 1457, dell'influente e prestigiosa carica vitalizia di operaio della cattedrale, che giungeva a coronamento di una carriera politica di primo piano e riconoscimento, visto lo specifico interesse del settore, di una preparazione che sul piano delle conoscenze culturali e artistiche non doveva essere certamente usuale. Il rettorato del F. si caratterizzò per alcune prestigiose commissioni di opere di decorazione nel duomo e nella loggia della Mercanzia. Degno di particolare rilievo fu il rapporto che legò il F. a Donatello, il quale tra il 1457 e il 1461 realizzò per l'Opera del duomo il S. Giovanni Battista in bronzo, la Madonna con Bambino in marmo e un progetto, poi non compiuto, per la porta della cattedrale (Carli, p. 105).
Alla morte, avvenuta a Siena il 18 ott. 1463, seguirono funerali solenni, curati nei minimi particolari dall'Opera del duomo, erede del defunto ' che fece erigere un grandioso monumento funebre nel luogo di sepoltura del F., nella cappella familiare della moglie Caterina Tommasi, posta in quella basilica di S. Francesco che nel corso del Quattrocento era divenuta il mausoleo dei Piccolomini e delle famiglie ad essi legate.
Il sepolcro, attribuito a Urbano da Cortona sulla base di un più tardo documento, scampato nel 1655 a un rovinoso incendio della basilica, consiste in un bassorilievo rettangolare che raffigura un loculo, sorretto da pilastri, entro il quale è collocata l'immagine del defunto; sotto di essa si legge una scritta dedicatoria e al di sopra si vede un fregio con lo stemma familiare fiancheggiato da due putti e da due mascheroni.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Biccherna, 1132, c. 167r; Concistoro, 545, c. 17r; Diplomatico Opera Metropolitana, 1º ott. 1404 (testamento del padre del F.), 20 nov. 1426, 6 apr. 1440, 11 sett. 1446, 5 ag. 1450, 1º giugno 1453, 14 ag. 1462, 10 giugno 1463, 14 ott. 1463; Lira, 137, Popolo Aldobrandino del Mancino, doc. 3; ibid., 57, c. 14r; Opera Metropolitana, 36, docc. 20 (inventario dei beni di Felice di ser Lorenzo), 25; Mss., A. 15, c. 148r; A. 53, c. 340v; A. 88, cc. 88v, 89v; B. 40, 4 marzo 1425, 29 marzo 1428, 25 ott. 1435, 6 apr. 1440; Siena, Arch. dell'Opera metropolitana, Mss., 706, cc. 217v, 232r; 718, c. 203d; 1497, cc. 108r-109r; 1616, c. 1r; 1852-1870 (contenenti il carteggio del F.); 1906/20º, c. 1r; 2149, c. 2r; 334, docc. 6, 8-13; Ibid., Bibl. comunale, Autografi Porr, doc. 2159; G. Milanesi, Docc. per la storia dell'arte senese, Siena 1854-56, II, pp. 296, 299 ss., 309, 311, 314, 325, 461; V. Lusini, Storia della basilica di S. Francesco in Siena, Siena 1894, p. 126; A. Toti, La chiesa di S. Francesco in Siena ed i Piccolomini, in Bull. senese di storia patria, I (1894), p. 86; P. Schubring, Urbano da Cortona, Strassburg 1903, p. 78, doc. 24; V. Lusini, Ilduomo di Siena, II, Siena 1939, pp. 49, 55, 80, 84, 86-89, 96, 99 s., 153, 158, 269, 281, 297; C. H. Clough, The Chancery letterfiles of Aeneas Silvius Piccolomini, in Enea Silvio Piccolomini papa Pio II, a cura di D. Maffei. Siena 1968, p. 125; E. Carli, L'arte nella basilica di S. Francesco a Siena, Siena 1971, p. 29 fig. 37; J. T. Paoletti, A. Federighi: a documentary revalutation and a new attribution, in Jahrbuch der Berliner Museen, XVII (1975), p. 90; E. Carli, Ilduomo di Siena, Genova 1979, p. 105; Le Biccherne. Tavole dipinte delle magistrature senesi (secoli XIII-XVIII), Roma 1984, pp. 164 s.; S. Hansen, Die Loggia della Mercanzia in Siena, Worms 1987, pp. 66 s.; P. Pertici, Tra politica e cultura nel primo Quattrocento senese. Le epistole di Andreoccio Petrucci (1426-1443), Siena 1990, p. 78 n.; A. Bagnoli, Donatello e Siena, in Francesco di Giorgio e il Rinascimento a Siena 1450-1500, a cura di L. Bellosi, Milano 1993, pp. 166 ss.; R. Munman, Sienese Renaissance tomb monuments, Philadelphia 1993, pp. 77-82; F. Caglioti, Donatello, i Medici e Gentile de' Becchi: un po' d'ordine intorno alla "Giuditta" (e al "David") di via Larga, in Prospettiva, 75-76 (1994), pp. 19-28; L'Archivio dell'Opera della Metropolitana di Siena, inventario a cura di S. Moscadelli, München 1995, pp. 238 s., 278.