STATI, Cristofano
(Cristoforo). – Nacque a Bracciano nel 1556 da Francesco. Il nome del padre è desumibile dall’immatricolazione dell’artista, indicante il suo patronimico, nella fiorentina Accademia del disegno, il 10 dicembre 1590 (Gli accademici del disegno, 2000), mentre non si conosce il nome della madre.
La località e la data di nascita si ricavano da Giovanni Baglione (1642), che dedicò a Stati una succinta ma fondamentale biografia unita a quella del figlio Francesco (1592-1627/1628 circa), anch’egli scultore e commerciante di antichità (Capoferro, 2008). Nelle fonti documentarie Cristofano (si usa qui il nome secondo l’accezione più antica) è detto anche il Braccianese Vecchio, per distinguerlo dal figlio. È sempre Baglione a indicare come ambedue gli scultori si dedicassero anche alla ricerca e alla vendita di antichità e di opere d’arte, un’attività che avrebbe di molto diminuito, secondo il biografo, la loro produzione artistica. Questa occupazione è confermata dalla ricerca archivistica, che mostra come Cristofano, sia quando risiedeva a Firenze sia quando si trasferì a Roma, all’incirca dopo il 1607, quando risulta affiancato dal figlio Francesco, rifornisse di antichità e di quadri, oltre che Virginio Orsini (Sickel, 2003, p. 200), del quale era al servizio, anche i Medici (Corti, 1989, p. 144; Barocchi - Gaeta Bertelà, 2002) e altri collezionisti fiorentini, come i Guicciardini (Corti, 1989, p. 144) e i Corsi (Pegazzano, 2010, p. 35).
Un’altra delle notizie fornite da Baglione risulta di notevole importanza per comprendere la carriera e la vita di Cristofano e di Francesco Stati, che furono «vassalli dell’eccellentissimo duca don Paolo Giordano Orsino», quest’ultimo da identificarsi con il terzo duca di Bracciano Paolo Giordano II, figlio di Virginio Orsini e di Flavia Peretti di Montalto, nato a Roma nel 1591 e morto nei suoi possedimenti nel 1656. I rapporti di Cristofano con gli Orsini risalivano però a molto tempo prima, probabilmente già al tempo di Paolo Giordano I, e servono a spiegare il trasferimento dello scultore a Firenze, in una data però imprecisata, e la sua educazione artistica, che si sarebbe svolta, sempre secondo Baglione, nella città toscana. È noto, infatti, come il duca di Bracciano Paolo Giordano I si fosse sposato, nel 1556, con Isabella de’ Medici, figlia di Cosimo I, e come il primogenito della coppia, il duca Virginio, nato a Firenze nel 1572, fosse allevato alla corte medicea.
Ed è infatti al servizio di quest’ultimo che Stati, residente in una stanza di palazzo Pitti, viene ricordato, come «scultore del signor Virginio», in un documento del 1587 (Capecchi - Marzi - Saladino, 2008, p. 5). Confermano la data del 1587 come inizio del servizio dello scultore presso il duca anche i documenti dell’Archivio Orsini di Roma, dai quali risulta che in quell’anno Stati cominciò a essere stipendiato dal duca insieme al pittore Pietro Veri (Sickel, 2003, pp. 184, 195 nota 5). In realtà la prima menzione che si ha di Stati nei documenti fiorentini data all’ottobre 1583, quando venne elencato, come «intagliatore», in un conto dell’amministrazione medicea relativo a lavori di restauro delle «anticaglie» esposte nel «Corridore della Galleria», ovvero agli Uffizi (docc. in Capecchi - Marzi - Saladino, 2008, p. 4), insieme a Giovanni Caccini, probabilmente a capo di questo cantiere, e ad Andrea di Michelangelo Ferrucci. Nel 1584, sempre per quest’attività di restauro per le antichità di Galleria, a Stati venne erogato un pagamento per la realizzazione di «petti» destinati a reintegrare delle teste antiche (docc. ibid.). Fu probabilmente a fianco di Caccini che Stati affinò le sue capacità di restauratore dell’antico derivando inoltre dallo scultore quelle forme levigate e compatte sulle quali in seguito si sarebbe aggiunto l’influsso di Giambologna e della sua scuola.
Nel 1589 Stati partecipò alla realizzazione degli archi trionfali per l’ingresso a Firenze di Cristina di Lorena, sposa di Ferdinando I de’ Medici, pagato per una «Furia che fa per il canto dell’Antellesi», per una figura di Cosimo il Vecchio e altre, non meglio identificate, per il «canto delle Farine» (Archivio di Stato di Firenze, Depositeria generale, 416, c. 46v, 1494, c. 11r, 1495, c. 15r). Nello stesso frangente, e come artista al servizio di Virginio Orsini, eseguì anche i costumi e le decorazioni della nave con la quale il duca partecipò alla battaglia navale organizzata nel cortile di palazzo Pitti. Si può formulare l’ipotesi che lo scultore fosse giunto a Firenze poco prima del 1583, da Bracciano o da Roma – Paolo Giordano I era ancora vivo, sarebbe morto due anni più tardi, e molto probabilmente fu lui a procurare all’artista il lavoro in Galleria –, aggregandosi alla bottega di Caccini per i restauri delle antichità medicee, avvantaggiato forse da un’esperienza già consolidata nel campo del restauro e acquisita a Roma. Invece Herbert Keutner (comunicazione orale in Avery, 2001, p. 322) e Charles Avery (ibid.) hanno ipotizzato che Stati avesse frequentato a Firenze la bottega di Valerio Cioli, non tanto per affinità di stile tra i due artisti, quanto per il fatto che al tempo dei citati apparati del 1589 i due scultori lavorarono alla decorazione del medesimo arco trionfale sul canto degli Antellesi, e soprattutto perché, a riprova di un legame ulteriore, nel 1605 Cristofano venne chiamato a valutare, insieme a Pietro Tacca, due sculture, quelle del Morgante e del Margutte (Firenze, villa di Careggi), lasciate incompiute da Valerio e terminate da suo nipote, Giovan Simone Cioli (doc. in Pope-Hennessy, 1959, p. 86).
Tra il 1592 e il 1593 Stati realizzò la prima scultura in marmo di cui si ha notizia a Firenze: l’Inverno per Alessandro Acciaioli, nel suo giardino del casino di porta al Prato (Pegazzano, 2006, pp. 103 s.), poi collocato, dal 1608, insieme alle altre tre Stagioni che facevano parte di quell’arredo scultoreo (due scolpite da Caccini, una da Pietro Francavilla), sul ponte S. Trinita. Per l’Inverno, strettamente dipendente per la testa e il busto dal bronzo del cosiddetto Appennino che Bartolomeo Ammannati aveva eseguito per una vasca del giardino della villa di Castello, l’artista rifiutò di utilizzare il modello lasciato abbozzato da Taddeo Landini per realizzarne uno proprio (ibid.). Il fatto che in quest’occasione Stati appaia nuovamente occupato in un cantiere insieme a Caccini confermerebbe l’ipotesi della sua frequentazione della bottega del più famoso scultore.
Qualche anno più tardi, nel 1598 e nel 1599, Cristofano restaurò diversi pezzi antichi della collezione di Jacopo Corsi (Pegazzano, 2010, p. 35), committente per il quale stava lavorando in quel momento anche Caccini, procurandogli inoltre un quadro con un Baccanale di Andrea Boscoli (ibid.). L’attività dello scultore per Corsi, vicino in questi anni anche a Virginio Orsini, culminò nel 1601 con la realizzazione dell’Orfeo, oggi al Metropolitan Museum di New York, nato per celebrare l’attivo coinvolgimento di Corsi, noto musicofilo, nella creazione e messa in scena della prima opera in musica, l’Euridice di Jacopo Peri e Giulio Caccini (Pegazzano, 2009; Ead., 2010, pp. 13-26). Esposto nel casino di Corsi in via del Parione, l’Orfeo riafferma da un lato la vicinanza di Stati a Caccini nel modellato morbido, dalla muscolatura poco rilevata, simile all’Apollo restaurato da Caccini agli Uffizi di Firenze, e dall’altro un suo primo avvicinamento alla bottega giambolognesca, essendo la figura debitrice, per la posa, all’Orfeo di Francavilla per Girolamo Gondi, oggi al Louvre di Parigi (Avery, 2001, p. 323).
Il legame con la bottega di Giambologna, alla quale Stati deve essersi avvicinato nei primi anni del Seicento, è testimoniato in maniera efficace soprattutto dal gruppo con Sansone che sbarra la bocca al leone, già identificato da Avery con quello oggi conservato all’Art Institute di Chicago (pp. 318 s., con bibl. precedente), firmato e datato 1607. L’opera fu iniziata da Cristofano nel 1605 a Firenze, probabilmente su un modello di Giambologna, per essere donata al duca di Lerma in Spagna, dove, come coronamento di una fontana, avrebbe costituito il pendant del Sansone e un filisteo (1562-1567) dello scultore fiammingo, già inviato nel 1603, sempre come dono mediceo, per essere collocato nei giardini del duca spagnolo (Walker Schroth, 2001).
Il primo decennio del Seicento fu il periodo di maggior successo di Cristofano come scultore, poiché è in questi anni che si situano alcune opere rilevanti, la gran parte di soggetto profano e scaturite dalla committenza di Virginio Orsini. Tali lavori servirono a farlo conoscere nel contesto romano, dove sia lo scultore sia il duca di Bracciano si sarebbero stabilmente trasferiti intorno al 1607. Nel 1605 Cristofano terminò la scultura dell’Amicizia, oggi al Louvre di Parigi (riconosciuta allo scultore da Faldi, 1977, pp. 64 s.), richiesta da Virginio Orsini per donarla a Ciriaco Mattei. Nello stesso periodo si può collocare il gruppo di Venere e Adone, oggi nel Museo civico di Bracciano (Avery, 2001, p. 324), anch’esso di probabile committenza orsiniana.
Questa scultura rappresenta una sorta di sintesi delle qualità di Cristofano: la forte impronta classicista, con il recupero di modelli adrianei, e il legame con la scultura manierista fiorentina, evidente soprattutto nella posa serpentinata delle figure, ma anche una sensibilità già barocca nella rappresentazione degli ‘affetti’.
All’interno del primo decennio del Seicento, in questo gruppo di eleganti sculture profane, s’inserisce anche una Cleopatra (Roma, Dexia Crediop), esposta un tempo nel casino Ludovisi di porta Pinciana, a pendant della Venere Cesarini di Giambologna (La collezione d’arte di Dexia Crediop, 2002), che fu probabilmente anch’essa di proprietà degli Orsini (Sickel, 2004, p. 464).
Lo scultore, che nel 1610 divenne accademico di S. Luca, entrò, nel secondo decennio del secolo, nel giro delle committenze barberiniane, partecipando all’ornamentazione della cappella Barberini in S. Andrea della Valle. Qui gli vennero affidate, il 12 settembre 1609, la scultura di S. Maria Maddalena, collocata nella sua nicchia entro il 1612, e la coppia di Angeli sul timpano dell’altare, richiesti nel 1610 e collocati due anni più tardi (Ferrari - Papaldo, 1999, pp. 41 s.). La Maddalena, con le sue morbidezze neovenete, mostra una cauta svolta dello scultore, che si discosta qui dalle sue radici manieriste per avviarsi in una direzione già protobarocca. Tale cambiamento fu determinato non solo dai contatti con la scultura romana coeva ma anche dalla vicinanza con Ludovico Cigoli, anche egli ospite in quegli anni a Roma nel palazzo di Virginio Orsini. Un simile aggiornamento viene però del tutto negato, tanto da far dubitare che si tratti dello stesso artista se non ci fossero i documenti a confermarlo, dalla statua di monsignore Francesco Barberini, sempre per la stessa cappella, che gli venne affidata il 5 febbraio 1612 (ibid.).
Il 19 ottobre 1612 Cristofano venne pagato dall’amministrazione del cardinale Scipione Borghese per aver scolpito uno dei tre Tritoni (gli altri due furono realizzati dal veronese Sante Solari) e due Termini (sculture oggi disperse) per una fontana nel giardino del suo palazzo al Quirinale (Hibbard, 1964, p. 170 nota 19; Negro, 1996, pp. 28, 36 nota 61). Quattro anni più tardi, nel 1616, sarebbe stato chiamato a stimare, insieme a Pompeo Ferrucci, i dipinti conservati nel palazzo, al momento della vendita agli Altemps (Negro, 1996, p. 35 nota 43). Tra gli ultimi lavori dello scultore si situa il rilievo con Paolo V che riceve gli ambasciatori dei re di Persia e del Congo, terminato nel 1615 per la tomba del papa nella cappella Paolina in S. Maria Maggiore ed eseguito in collaborazione con il figlio Francesco (Ferrari - Papaldo, 1999, p. 252, con bibl. precedente). Oltre a quest’ultimo fu allievo di Stati lo scultore e trattatista Orfeo Boselli.
Stati morì a Roma il 22 settembre 1619 e venne seppellito nella chiesa di S. Andrea delle Fratte, accanto alla quale abitava (Sickel, 2003, p. 196 nota 23).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Depositeria generale, 416, c. 46v, 1494, c. 11r, 1495, c. 15r.
G. Baglione, Le Vite de’ pittori, scultori et architetti dal pontificato di Gregorio XIII fino a tutto quello d’Urbano VIII, Roma 1642, p. 162; F. Martinelli, Cristoforo Stati e il gruppo di Venere e Adone, in Rivista d’arte, XXXII (1957), pp. 233-242; J. Pope-Hennessy, A small bronze by Tribolo, in The Burlington Magazine, CI (1959), pp. 85-88; H. Hibbard, Scipione Borghese’s garden palace on the Quirinal, in Journal of the Society of architectural historians, XXIII (1964), pp. 163-192; I. Faldi, Il mito della classicità e il restauro delle sculture antiche nel XVII secolo a Roma, in Barocco fra Italia e Polonia. Atti del Convegno..., a cura di J. Ślaski, Warszawa 1977, pp. 57-69; G. Corti, Il “registro dei mandati” dell’ambasciatore granducale Piero Guicciardini e la committenza artistica fiorentina a Roma nel secondo decennio del Seicento, in Paragone, XL (1989), 479, pp. 108-146 (in partic. pp. 137 s., 144 s.); A. Negro, Il giardino dipinto del cardinal Borghese. Paolo Bril e Guido Reni nel palazzo Rospigliosi Pallavicini a Roma, Roma 1996, pp. 28, 35 nota 43, 36 nota 61; A.M. Rybko, S., C., in The Dictionary of art, XXIX, London 1996, pp. 558 s.; L. Zangheri, Artisti toscani per la corte di Spagna, in Antichità viva, XXXV (1996), 4, pp. 14-20 (in partic. pp. 15 s.); Scultura del Seicento a Roma, a cura di A. Bacchi con la collaborazione di S. Zanuso, Milano 1996, p. 845; O. Ferrari - S. Papaldo, Le sculture del Seicento a Roma, Roma 1999, pp. 41 s., 252; I. Wardropper, C. S.’s “Samson and the Lion”, Florentine style and Spanish patronage, in Apollo, CL (1999), 451, pp. 30-37; Gli accademici del disegno. Elenco alfabetico, a cura di L. Zangheri, Firenze 2000, p. 305; C. Avery, C. S. of Bracciano and Giambologna: ‘figure nude con sì bell’arte condotte’ (Baglione) – New discoveries, in Id., Studies in Italian sculpture, London 2001, pp. 315-338; S. Walker Schroth, The Duke of Lerma’s palace in Madrid: a reconstruction of the original setting for C. S.’s Samson and the Lion, in Apollo, CLIV (2001), 474, pp. 11-21; P. Barocchi - G. Gaeta Bertelà, Collezionismo mediceo e storia artistica, I, Da Cosimo I a Cosimo II (1540-1621), Firenze 2002, pp. 172, nota 639, 174 s., note 655, 656; La collezione d’arte di Dexia Crediop: dipinti, disegni e sculture dal XVI al XX secolo, a cura di P. Tosini, Roma 2002, p. 90; L. Sickel, Pietro Veri. Ein Florentiner Künstler in Diensten des Herzogs von Bracciano, Virginio Orsini, in Marburger Jahrbuch für Kunstwissenschaft, XXX (2003), pp. 183-209; Id., The Collection of Corradino Orsini, in The Burlington Magazine, CXLVI (2004), pp. 459-464; D. Pegazzano, Un collezionista in giardino. Buontalenti e Giambologna per Alessandro Acciaiuoli, in Paragone, LVII (2006), 675, pp. 88-118; G. Capecchi - M.G. Marzi - V. Saladino, I granduchi di Toscana e l’antico. Acquisti, restauri, allestimenti, Firenze 2008, pp. 4 s.; A. Capoferro, Francesco Stati scultore, antiquario e falsario, in Epigrafia 2006. Atti della XIVe Rencontre sur l’epigraphie in onore di Silvio Panciera, con altri contributi di colleghi, allievi e collaboratori, a cura di M.L. Caldelli - G.L. Gregori - S. Orlandi, Roma 2008, pp. 1383-1406; D. Pegazzano, Musica e scultura: l’Orfeo di C. S. e l’Euridice fiorentina del 1600, in Ricerche di storia dell’arte, 2009, n. 98, pp. 81-89; Ead., Committenza e collezionismo nel Cinquecento. La famiglia Corsi a Firenze tra musica e scultura, Firenze 2010, pp. 13-26.