CRISTOFANO di Papi dell'Altissimo
Nacque probabilmente a Firenze intorno al 1530, se nel primo documento che lo riguarda, del 1552, è già pittore maturo che viene inviato a Como dal duca di Toscana Cosimo I per copiare i ritratti della collezione di Paolo Giovio; e si era già cimentato, secondo il Vasari (1568) che lo conobbe bene, in "inolti quadri a olio ed alcuni ritratti".
Non gli si conosce un cognome: nei documenti è semplicemente Cristofano pittore, o Cristofano di Papi e/o dell'Altissimo, o detto l'Altissimo; l'attributo infatti non era suo. ma, pare, di un avo poeta. Solo in una procura del 1562 è detto "Cristophorus olim filius Papij Damiani de Altissimis".
Le copie (e le copie delle copie) assorbirono completamente l'attività di C., tanto che oggi non se ne conosce altro, anche se gli possono essere, o gli sono stati ragionevolmente attribuiti ritratti come quelli di Giulia Gonzaga o del Cardinale Albornoz (Firenze, Uffizi, invent. 2258 e 2655, rispettivamente), di una Gentildonna di casa Ruini (Inv. Palatina 315; copia di un originale di Lavinia Fontana), di Fiammetta Ubaldini Capponi,(inv. 5318) e di Clarice Ridolfi Altoviti (Inv. Palatina 327): tutti, escluso il primo, corredati dal nome del personaggio in grandi maiuscole, particolare che caratterizza la serie comunemente detta gioviana e che è responsabile anche di molte altre attribuzioni meno fondate.
Lo stile di C. dipende strettamente da quello del Bronzino, di cui fu allievo dopo esserlo stato per breve tempo dei Pontormo, ed è in parallelo a coetanei come il Butteri nel bloccare le forme in volumi compatti, lucidi e levigati senza la minima morbidezza; stile spiaciuto ai pochi critici che se ne sono occupati. McConib (1928) lo bolla come pittore di terza categoria (ma Santi di Tito di quarta) e Venturi (1933) come ritrattista da strapazzo. Nei sei disegni, che sono ab antiquo (Baldinucci, 1681) nelle collezioni medicee, quattro dei quali uguali a ritratti realizzati (Ferri, 1890), C. dimostra un diligente studio del modello. Le notizie sulla sua opera sono abbondanti, ma quasi sempre riferite con approssimazione, specie per quanto riguarda la datazione e il numero dei ritratti a cui C. attese per tutta la vita.
Dai molteplici documenti editi e inediti emerge comunque con certezza che il pittore andò a Como nel giugno del 1552, fece entro il maggio 1553 ventiquattro ritratti, entro il 7 luglio 1554 altri ventisei, entro il 20 settembre altri dodici ed entro il 23 ottobre 1556 altri venticinque; solo dell'ultimo di questi invii esiste forse l'elenco (pubbl. dal Gualandi, 1844). A quest'epoca l'artista abitava nella parrocchia di S. Sisto a Como: atti dell'Archivio di Stato locale documentano la sua presenza il 3 giugno 1556, il 7 gennaioel'11 nov. 1557; quest'ultimo lo cita nel ruolo dei soldati di Rodrigo de Arce, governatore di Como, forse per un espediente del duca di Toscana che gli assicurava vitto e alloggio, dato che C. si era lamentato nel 1554 di compensi che tardavano. Un elenco di cinquantadue ritratti "c'ha a fare nel museo Cristo Pittor per mandarli a Fiorenza" è nella corrispondenza ducale del febbraio 1557; e il lavoro deve essere continuato così fino al 1562, quando il 4 aprile l'artista nominaunprocuratore in Como, logico indizio di prossima partenza; e infatti poco dopo è a Firenze dove consegna due ritratti, del duca e della duchessa, e diciassette ritratti di membri della famiglia Medici dello stesso tipo e formato di quelli gioviani. Nel 1561 risulta residente a Firenze nella parrocchia di S. Pier Maggiore, ma assente dalla città.
Il 18 ott. 1563 viene eletto camarlingo della nascente Accademia del disegno, alla cui vita parteciperà anche negli anni seguenti, acquistando una figura del catafalco di Michelangelo nel 1565, stimando l'apparato eseguito per le nozze di Francesco I e Giovanna d'Austria nel 1567 e uno scudo di Iacopo da Empoli nel 1590; fu console nel 1580, provveditore fra il 1582 e il 1586, ancora console nel 1586 e nel 1599, conservatore nel 1594. Nel 1574 una procura da Como gli affida l'incombenza di far completare il monumento sepolcrale di Francesco da Sangallo à Paolo Giovio nel chiostro di S. Lorenzo.
L'impresa però dei ritratti gioviani lo impegna stabilmente.
Per chiarire la parte che spetta. a C. e la sua cronologia si ha un primo punto fermo nell'elenco di duecentodiciannove ritratti (più cinque senza nome, più ventinove in corso di esecuzione) che Vasari pone al termine della seconda edizione (1568)delle sue Vite, e che congloba elenchi parziali precedenti come quello già citato del 1556, quello, inedito, di ritratti da copiare forse nel 1557e uno, datato approssimativamente al 1560, nelle carte strozziane. Le date di tutti questi sono però opinabili: dell'elenco di venticinque ritratti pubblicato dal Gualandi (1844) come annesso alla lettera del 23 ottobre del 1556 il Frey (I, 1923, p. 497 nota) contesta la data, che egli ritiene invece anteriore; l'elenco di cinquantadue ritratti da copiare inserito nella corrispondenza del 1557contiene anche sette pezzi già copiati secondo il primo elenco; l'elenco strozziano, di centocinquantasei ritratti collocati in quattro sale di Palazzo Vecchio, sta in un inserto di cui solo un documento (di altro tenore) è datato 1560, e il fatto che parli di ritratti "cavati dal Museo de Jovio et d'altri" fa pensare che sia posteriore al ritorno di C. da Como, cioè al 1562, quando alla raccolta comasca subentrarono altre fonti iconografiche (che vengono usate in parallelo da Giorgio Vasari per la decorazione di Palazzo Vecchio). Un ulteriore piccolo elenco di sei ritratti è nella consegna che il pittore fa alla Guardaroba il 15nov. 1565.
Dell'elenco vasariano alcuni ritratti oggi mancano (Gemme ottomano; Bartolomeo Buglione; Giovanni, Ippolito e Fernando de' Medici cardinali, Benedetto XIIpapa) e per altri l'identificazione è ipotetica perché il nome è errato. Un Francesco Acciaioli giureconsulto non c'è ma Francesco Accolti sì, Guglielmino Ubertini vescovo no ma Ottaviano Ubaldini cardinale sì, Domenico Colonna cardinale no ma Domenico Grimani cardinale sì; Giovanni Villani è citato due volte (non per lapsus con Filippo o Matteo Villani, eseguiti più tardi); Marcello II, papa per venti giorni nel 1555, e il suo predecessore Giulio IIIsono elencati fra i ritratti già fatti ma non dovettero essere mai eseguiti. Il Doge Erizzo, citato nel 1556, non lo è più dal Vasari, e l'eretico Filippo Melantone, citato anche nel 1557, 1560e 1597, scompare in seguito. Con tutto ciò l'elenco vasariano del 1568è la più antica registrazione completa di ritratti indubitabilmente di C., compresi i diciassette ritratti medicei (Mosco, 1980) che furono poi sostituiti, quando la gioviana passò (1587) agli Uffizi, coi ritratti più grandi della serie aulica. Le forniture dei ritratti continuano subito dopo, con le consegne di quelli raffiguranti Anne de Montmorency, Luigi principe di Condé, Brunelleschi e Guicciardini (23 apr. 1568), S. Antonino e Raffaello Maffei (15 apr. 1569), Consalvo Fernandez de Cordova (poco dopo), Alessandro Vpapa e S. Bernardino (14 ag. 1569), Platone (17 marzo 1570); infatti l'inventario della Guardaroba del 1570 dice che i ritratti sono duecentoventinove. Non si sono rintracciati altri documenti sulla committenza di Cosimo I, a cui Giovio aveva suggerito l'idea di questa serie fin dal 1549 incoraggiandolo a "mandar un pittprello a casa mia... accio ne ricavi quelli più famosi, et che più gli gradiranno, per ornarne una sala a Castello" (Frey, I, 1923, p. 497 nota); idea che non fruttifica presso il nuovo granduca Francesco I. Per tutto il tempo del suo regno (1574-1587) verranno eseguiti, da C. e da altri pittori come Iacopo e Francesco Zucchi, Girolamo Massei, Alessandro Allori, solo copie della collezione oxmai celebre che molti vogliono imitare, a cominciare dal cardinale Ferdinando - che diventerà granduca alla morte del fratello - che ne orna la villa Medici di Roma. là solo coi suo avvento al trono che il programma riprende immediatamente e in pieno. Per lunghi periodi C. viene pagato settimanalmente e consegna nel 1587 i ritratti di Chiappino Vitelli (15 maggio), Murãd III(12 giugno), Ferdinando duca d'Alba (8 agosto), Piero (10 settembre) e Leone Strozzi (8 ottobre), Stefano Bdthory re di Polonia ed Enrico Ire di Portogallo (26 novembre); nel 1588 Pietro Aretino (29 gennaio), Coluccio Salutati, Antonio Giacomini, Giannozzo Manetti, Donato, Acciaioli (19marzo), Annibal Caro, Francesco Paceco (22 aprile), Monsignor Della Casa e Leon Battista Alberti (25 giugno), Don Giovanni d'Austria, Cristoforo Landino e Matteo Palmieri (27 giugno), Ludovico Martelli e Pier Vettori (forse 9 agosto), Benedetto Varchi (17 settembre), Niccolò da Uzzano e Alfonso II d'Este (13 ottobre), il cardinal Giovanni Dominici e Gian Giacomo Medici marchese di Marignano (16 ottobre); nel 1589 Francesco Berni, Luigi Alamanni (28 marzo), Accursio, Lorenzo Ridolfi, Michele di Lando, S. Bernardo degli Uberti, S. Zanobi, S. Giovanni Gualberto (7 aprile), Luigi Marsili e MarcelloAdriani (2 giugno),, Brunetto Latini (16giugno). Del 1590 sono i ritratti di Corso Donati (4agosto), S. Filippo Benizzi (11 agosto), Bonifazio Lupi (13 ottobre); del febbraio 1591 Matteo, Villani; del 1592 Gian Luigi Fieschi (13 aprile) e Alberto duca di Baviera (24 novembre); e del 7 nov. 1597 un "principe di Spagna" non identificato, forse l'unica aggiunta accolta fra quelle suggerite in luglio dal Pigafetta (Prinz, 1978).
Nel 1596 i quadri, ormai in galleria, sono duecentosettantatré (Arch. di Stato di Firenze, Guardaroba 190, c. 138r); a quelli la cui esecuzione è documentata come di C. dalla lista del Vasari o dalle consegne citate qui sopra vanno aggiunti per identità stilistica i ritratti di Annibale, Agostino Barbarigo, Mastino II della Scala e Cangrande, suo figlio, Giovanni della Valletta, Scipione, Ottaviano Ubaldini cardinale, Francesco Accolti (questi due forse presenti con nomi deformati nell'elenco vasariano), l'altro Duca di Alba, Alfonso Ire di Napoli, Carlo il Temerario, Colleoni, Alessandro Farnese duca di Parma, il cardinal Niccolò da Prato, Sebastiano I di Portogallo, Pier Soderini, Niccolò Valori, Sebastiano Venier e gli ottomani Zizzimo, Selim I, Maometto gran visir e Gameria figlia di Solimano il magnifico. Quest'ultima (come Silla, Pirro, Romolo e il secondo Andrea Doria)è citata nella Guardaroba nel 1587; ma, come altri, deve appartenere a gruppi più antichi (1570-74?), quando le registrazioni non erano precise come in seguito.
La raccolta, imitatissima, fu proseguita fino al 1840 e conta oggi quattrocentonovantadue pezzi; il nucleo iniziale, tutto opera di C., è di duecentottantadue, esclusi i doppioni. Gli originali sono tutti su tavola, ma le repliche documentate sono sia su tavola sia su tela: ve ne sono diverse nei depositi delle Gallerie fiorentine, probabilmente ritornate da Roma con Ferdinando I, ma la loro esatta consistenza è ancora da indagare.
C., che abitava in borgo Pinti, morì a Firenze il 21 sett. 1605 e fu sepolto nella chiesa di S. Pier Maggiore.
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L a 7; Guardaroba 34 (Conti della galleria 1590-91), ins. 2 a 2; Guardaroba 185 (Conti della galleria 1592-97), ins. 1 a 12; Guardaroba 203 (Debit. e credit. della guardaroba 1597-98), cc. 9 destra, 35 sin. e destra; Medici e Speziali 254 (Registro dei morti 1591-1607), c. 88v; Morti della grascia 9 (Libro Quarto Nero de' Morti 1601-1626), ad vocem; G. Vasari, Le Vite... [1568], a cura di G. Milanesi, VII, Firenze 1881, pp. 608-610; VIII, ibid. 1882, p. 374; A. Lamo, Discorso... intorno alla Scoltura et Pittura..., Cremona 1584, p. 53; F. Bocchi-G. Cinelli, Le bellezze della città di Firenze, Firenze 1677, p. 106; F. Baldinucci, Notizie dei Professori del disegno... [1681-1728], I-V, Firenze 1845-47, v. Indice nell'ediz. anastatica, VII, Firenze 1975; L. Lanzi, La Real Galleria di Firenze..., in Giornale de' letterati, XLVII (1782), pp. 22-25; Id., Storia Pittor. della Italia [1809], a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 154; G. Bottari-S. 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