MORALES, Cristóbal
Musicista, nato a Siviglia non il 2 giugno 1512, come propose R. Mitjana, ma più probabilmente nell'ultimo decennio del sec. XV, secondo l'opinione di F. Pedrell. A Siviglia, fu allievo di P. Fernández de Castilleja, maestro di cappella della cattedrale. Dal 1526 al 1530 il M. occupò il posto di maestro di cappella ad Ávila; dopo, per alcuni anni, ci mancano sicure notizie. Recatosi, nel frattempo, a Roma, il 1° settembre 1535 risulta "ammissus in Cantorem" nella cappella pontificia. Nel 1538, a richiesta personale di Paolo III, il M. fu prescelto per celebrare la tregua conclusa a Nizza fra Carlo V e Francesco I, e in questa occasione scrisse un mottetto a sei voci, che già preannuncia quel carattere "ufficiale" di cantata che doveva diventare tipico delle analoghe composizioni polifoniche della seconda metà del sec. XVI. Gli fu quindi commesso l'incarico di comporre un altro mottetto per l'assunzione del seggio cardinalizio di S. Maria in Aquiro da parte di Ippolito d'Este. Ritornato in patria (1545), fu nominato maestro di cappella a Toledo, ove rimase sino alla primavera del 1547; di nuovo mancano sicure notizie sino al 1550. Il 22 ottobre di quest'anno il M. firma la lettera pubblicata da Juan Bermudo in testa al suo Libro de declaración de instrumentos, in cui questo teorico designa il musicista maestro di cappella del duca d'Arcos a Marchena, carica che, secondo alcuni biografi, forse poté tenere senza abbandonare l'ufficio della cattedrale di Toledo.
Il 27 novembre 1551 il M. s'insediò a Malaga come maestro di cappella. Per malattia ottenne quindi il permesso di allontanarsi dal suo ufficio, senza perderne i benefici, per recarsi al suo paese; la morte del M. avvenne probabilmente in viaggio, a Siviglia o a Marchena, tra il 14 giugno e il 7 ottobre 1553.
Numerose opere del M. giacciono manoscritte negli archivî e nelle biblioteche spagnole, nonché alla cappella Sistina; quelle pubblicate sono: la collezione dei Magnificat, Roma 1541 (più volte ristampata: Venezia 1542, Wittemberg 1544, Venezia 1545, 1562, 1575 e 1614); I libro dei Mottetti a 4 voci (Venezia 1543); I libro dei Mottetti a 5 voci (ivi 1543); I libro di Messe, dedicato a Paolo III (Roma 1544) più volte ristampato; II libro di Mottetti a 4 voci (Venezia 1546); Lamentazioni a 4, 5 e 6 voci (Venezia 1564); innumerevoli composizioni sono sparse in raccolte del tempo e in adattamenti successivi per vihuela, organo, ecc.
Da quando Felipe Pedrell mise in luce il valore della scuola polifonica spagnola del sec. XVI, il M. è considerato fra i primi e più significativi rappresentanti di essa. Già ad A. W. Ambros non era sfuggita l'importanza del M. in quanto musicista che pur essendosi formato, secondo lui, al rigore dello stile polifonico fiammingo, sapeva mettere in rilievo una severa e ardente espressione "sentimentale"; al Pedrell è toccato il merito di avere indicato il carattere originale e indipendente della scuola spagnola, carattere che altri studiosi hanno poi meglio precisato nei suoi artisti maggiori: Morales, F. Guerrero, J. B. Cómes e T. L. da Victoria. Il M. costituisce così uno degli elementi più importanti della scuola andalusa e l'autonomia del suo stile va messa in stretto rapporto con il momento storico in cui s'è affermata, e cioè col periodo pre-palestriniano della prima metà del sec. XVI. Di natura melanconica e severa, il M. mostrò la pienezza della sua arte nel genere religioso, ch'egli seppe compenetrare della sua grave e meditativa austerità; non soltanto nelle messe, ma più nei mottetti, nei magnificat e nei responsorî il M. diede prova di saper illustrare la varietà del testo, pur restando nei limiti della sua personale commozione religiosa. In relazione con questa sua disposizione spirituale preponderante dev'essere rilevato subito un elemento tipico e fondamentale del suo stile: la semplicità della tecnica contrappuntistica improntata a quel carattere forse più tradizionale che scolastico, detto ab antiquo more hispano, fedelissimo all'atmosfera dei modi ecclesiastici. Su tale semplicità si appoggia, nelle pagine migliori, l'intensità espressiva di cui il M. stesso era consapevole quando dichiarava di voler dare all'anima della sua musica nobiltà e austerità di atteggiamenti, in questa cura spontanea egli affermava la coscienza nazionale della sua arte, lontana dagli artifizî fiamminghi. Composizioni come i mottetti O crux ave spes unica, Lamentabatur Jacob e come il responsorio Emendemus in melius palesano con maggior evidenza il perfetto equilibrio raggiunto fra la severità dell'ispirazione liturgica e il misticismo religioso, in cui è da riconoscere il tratto più originale della personalità del Morales.
Bibl.: A. W. Ambros, Geschichte der Musik, III, Lipsia 1893; F. Pedrell, Hisp. Scholae Musica Sacra, I, Barcellona-Lipsia 1894; R. Mitjana, Estudios, Madrid 1918; id., C. de M., Estudio crítico-biogeráfico, Madrid 1920; P. R. Piqueras, Música y músicos toledanos, Toledo 1922; J. B. Trend, C. M., in Music and Letters, 1925.