CRISTALLO
. Lavorazione. - Col nome di cristallo si designò, fino al sec. XVI, il cristallo di rocca, che veniva soprattutto intagliato come una gemma. Già di sant'Eligio (morto nel 659) sappiamo che aveva un sigillo intagliato in tal materia, sigillo che scomparve durante la rivoluzione francese dalla cattedrale di Noyon dove fino allora era stato conservato; ma specialmente nel periodo carolingio rifiorì l'intaglio in cristallo: lo dimostra il sigillo di Lotario II (855-869), ora montato su una croce nel Tesoro della cattedrale di Aix-la-Chapelle, e il cristallo inscritto col nome di Lotario, istoriato con la leggenda di Susanna (Londra, British Museum), un capolavoro della glittica carolingia. Ebbe grande fortuna nell'arte musulmana, specie in Egitto (sec. X-XI), e forse anche in Sicilia, ricavando dal cristallo lavorato alla mola, vasi e anse rettilinei, cilindrici, piriformi, coppe su piede, ampolle, lampade, piedi di candelabro e pezzi per il gioco degli scacchi. I vasi erano ornati a rilievo con figure di animali, con tralci, con iscrizioni cufiche. Il nucleo forse più cospicuo di oggetti in cristallo di rocca di arte musulmana è quello del Tesoro di San Marco a Venezia (vi è specialmente notevole un'idria decorata con due leoni affrontati, che l'iscrizione accerta eseguito tra il 975 e il 996), ma anche in altri tesori di chiese non è infrequente l'esempio di vasetti di tal genere adoperati come reliquiarî.
A Venezia già nel sec. XIII si lavorava il cristallo, come provano i candelieri donati da Carlo II d'Angiò al duomo di Bari, il pastorale del duomo di Gorizia in cristallo a torciglione, la croce di San Niccolò di Pisa e quella del duomo di Atri (Toesca): e l'uso continuò fino al Rinascimento, soprattutto per grani di collane e altri piccoli oggetti. In Germania già nel tardo gotico del '400 appaiono nei tesori principeschi vasi di cristallo a pareti lisce; appartengono a questo gruppo il bicchiere di Carlo l'Ardito di Borgogna, montato in oro (Vienna, Hofmuseum), il doppio boccale offerto da Norimberga all'imperatore Federico III nel 1484 (Vienna, Hofmuseum), e un vaso a boccale nel Tesoro dell'Ordine teutonico (pure a Vienna). Ma il gusto dei grandi vasi di cristallo fiorì soprattutto nel Rinascimento che amò includerli in montature sontuose. In Italia prima, poi in Germania e in genere al nord delle Alpi si ebbe allora un risorgimento vero e proprio dell'incisione in pietre fini e quindi anche di quella in cristallo di rocca, con una ricca produzione sia d'intagli alla maniera degli antichi, che si trovano riprodotti anche in targhette metalliche, sia di vasi e arredi in cristallo inciso o in cui questo era il principale elemento di decorazione. Quantunque tale elemento avesse preso le mosse da Firenze, gl'incisori in cristallo furono prevalentemente settentrionali, e fiorirono soprattutto intorno a Padova e a Venezia: di fiorentini si può citare solo Domenico di Polo, detto dei Vetri, di cui un intaglio col ritratto di Alessandro de' Medici è nella Bibliothèque Nationale di Parigi. Invece gli artisti settentrionali non si limitarono agl'intagli, destinati, per esempio, a oggetti di devozione o a cofanetti, ma lavorarono anche in fortissimo rilievo, facendo della scultura vera e propria; e veneziano è quel busto di Lucrezia, della raccolta Lederer a Vienna, che può considerarsi il capolavoro della glittica del primo '500. Gian Giacomo Caraglio, Valerio Belli e Giovanni Bernardi sono i più insigni intagliatori di quel tempo; e se del primo poco conosciamo, benché abbastanza per valutarne la rara perizia anche in questa tecnica (intaglio con l'Adorazione di Gesù alla Bibliothèque Nationale di Parigi e ritratto di Bona Sforza all'Ambrosiana), la fama degli altri due è raccomandata a parecchi lavori in cristallo ancora conservati, tra i quali ricordiamo del Belli il cofanetto (Firenze, Museo degli Argenti) per un dono di Clemente VII a Francesco I, e del Bernardi la cassetta Farnese (Napoli, Museo Nazionale). Nell'opera del Bernardi si può anche ritrovare uno dei primi esempî di quella moda dei piatti e vasi di cristallo che di lì a poco dovrà predominare, nel piatto con l'Arca di Noè (Firenze, Museo degli Argenti); in tal genere di lavori si esercitò anche Francesco Tortorino, più del Bernardi accademico nelle composizioni, di cui si conoscono due coppe su piede con baccanali, divinità marine e putti (una a Firenze al Museo degli Argenti) e un vaso con coperchio, decorato di scene di caccia (Madrid). Dipende invece più direttamente dal Bernardi nei suoi intagli il milanese Giulio Taverna. La moda dei vasi d'apparato in cristallo di rocca si affermò soprattutto nella seconda metà del sec. XVI, e dall'Italia si diffuse anche, specialmente, nei paesi tedeschi. Pregiati per la limpidissima trasparenza della materia, questi vasi furono dapprima sobriamente ornati con elementi logicamente coordinati alle loro forme; ma ben presto le ornamentazioni ne divennero sempre più ricche e originali; accanto alla tecnica dell'intaglio apparve anche quella del rilievo, e nella pur generale uniformità della disposizione grande fu la varietà dei motivi (v., per esempio, il gruppo dei vasi di cristallo del Museo degli Argenti, a Firenze). Le decorazioni, prima limitate a strisce parallele all'orlo e a poche figure nel campo centrale, finirono con l'invadere tutto il corpo del vaso e col prevalere assolutamente sul criterio dell'uso cui il vaso stesso era destinato: alle grottesche classicheggianti e agli arabeschi orientalizzanti succedono le scene figurate, prima contenute in campi separati, poi in strisce, infine liberamente espandentisi su tutta la superficie dell'oggetto. Gli argomenti di queste scene furon tolti dalla mitologia o dalla Bibbia, o più genericamente furono baccanali, vendemmie, paesaggi, ecc. Anche le forme, che subivano l'influsso di quelle predominanti nei vetri (brocche, coppe semplici e doppie), divennero sempre più bizzarre e complicate in vista del carattere di ostentazione e non pratico degli oggetti; anse, beccucci e piedi vennero lavorati a parte e ricongiunti mediante le montature; né mancarono le forme grottesche e scherzose (animali reali o fantastici, carri, galere talvolta sormontate da un coperchio) in cui la plastica prevale assai sulla decorazione incisa. Centro principale di produzione di questi oggetti fu Milano, donde gli artisti si sparsero per le varie corti d'Italia e d'Europa (i Carrioni in Toscana, i Miseroni a Praga alla corte di Rodolfo II, i Saracchi in Baviera, e altri a Mantova, a Torino e a Madrid). Fra essi è anche Annibale Fontana, cui si debbono la cassetta Albertina (Monaco, Reichskapelle) e alcuni vasi nel Tesoro di corte a Monaco, e al Louvre. Più ricca di ogni altra la produzione della famiglia dei Saracchi di cui si hanno esempî a Dresda e a Berlino, all'Escurial, a Vienna, a Monaco, a Firenze; quella dei Miseroni, fra cui si distinsero soprattutto Dionisio (piramide e vasi a Vienna) e Ferdinando Eusebio, diede origine a una scuola aulica d'incisori in cristallo che fioriva ancora a Praga nella seconda metà del sec. XVII. In questo secolo, accanto alla produzione italiana, che adoprava il cristallo oltre che per i vasi anche come ornamento di mobili, lampadarî e altri oggetti, si accrebbe la produzione tedesca di cristalli incisi, che ebbe i suoi centri oltre che a Praga, ad Augusta e a Monaco, e che già nel '500 aveva contribuito a ornare di qualche bel pezzo le tavole principali (idria montata in oro smaltato e pietre preziose al British Museum). Durante il periodo barocco essa diffuse i suoi lavori anche all'estero, per esempio in Francia, dove pure si adoperava ancora il cristallo per lampadarî a corona, e trasmise alla produzione vetraria la tecnica dell'incisione e lo stile decorativo.
Col sec. XVI il nome di cristallo fu dato al vetro bianco incoloro e trasparente che si era da poco cominciato a fabbricare a Venezia (la tradizione ne attribuisce il merito ad Angelo Barovier [v.] e al figlio Marino) e che presto fu imitato in tutta Europa.
Decadde così a poco a poco il gusto degli oggetti in cristallo di rocca, e per questa ragione se ne produssero in numero sempre più limitato; uno dei pochi tentativi moderni di risuscitare questa tradizione artistica è rappresentato dal candelabro di Froment-Maurice in cristallo di rocca e argento, per Napoleone III, del 1867. (V. tavole CLXXI-CLXXIV).
Bibl.: A. P. Giulianelli, Mem. degli intagliatori... dal sec. XV fino al sec. XVIII, Livorno 1753; V. Gay, Gloss. archéol. du Moyen-âge et de la Renaiss, I, Parigi 1884; G. Lehnert, Illustr. Gesch. des Kunstgewerbes, Berlino s. a.; British Museum, Guide to Mediaeval Antiquities, Londra 1924, pp. 56, 68, 102; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, Torino 1927, pagina 1147, n. 60; G. Migeon, Manuel d'art musulman, 2ª ediz., II, Parigi 1927, pp. 104-16; W. Holzhausen, Studien zu dem Schatz d. Lorenzo il Magnifico im Palazzo Pitti, in Mitteil. d. Kunsthist. Inst. in Florenz, 1929, p. 114 segg.; E. Kris, Meister und Meisterwerke der Steinschneidekunst in der italienischen Renaissance, Vienna 1929; id., Zur Mailander Glyptik der Renaiss., in Pantheon, 1930, pp. 548-52; O. v. Falke, Gotisch oder Fatimitsch?, ibid., 1930, pp. 120-29; S. E. Pazaurek, Mittelalterlicher Edelsteinschliff, in Belvedere, IX (1930), pp. 145-57, 185-94; C. J. Lamm, Mittelalt. Gläser-u. Steinschnittarb. aus dem nahen Osten, Berlino 1928 e 1930, 2 voll.
Arte vetraria. - Il graduale progresso della tecnica vetraria volle che il nome di cristallo fosse a mano a mano attribuito alla qualità di vetro che maggiormente somigliava al cristallo di rocca, il cristallo per eccellenza: così dapprima al vetro incoloro, qualunque ne fosse stata la composizione (oggi vetro comune), poi al vetro calcico-potassico di Boemia e infine al vetro piombico-potassico, un trovato inglese del sec. XVII. Nell'odierna tecnica si dice cristallo unicamente il vetro a base di piombo; ma nel gergo del commercio si persiste a distinguere i seguenti prodotti:
1. Cristallo, detto anche vero cristallo, cristallo inglese o cristallo francese, che è un cristallo piombico fuso, costituito da miscela di carbonato potassico, minio e sabbia, generalmente nella proporzione di 1 : 2 : 3 in peso; talora si aggiunge acido borico e ossido di zinco per aumentare lo splendore del prodotto. Si hanno cristalli più o meno resistenti alla mola, a seconda che maggiore o minore ne sia il contenuto percentuale di potassa.
2. Semicristallo o mezzo cristallo, detto anche cristallo speciale: è costituito da miscela di soda, potassa, calce, barite, ossido di zinco, minio, sabbia; ne risulta che, rispetto al vero cristallo, una parte di potassa, generalmente la metà, è sostituita da soda, e una gran parte di minio dal gruppo calce, barite, ossido di zinco. A paragone del vero cristallo il semicristallo tende leggermente, talvolta in modo appena percettibile, al giallognolo.
3. Cristallo di Boemia; è vetro calcico potassico che per certi aspetti rivaleggia col cristallo inglese; di questo è più leggiero, più duro, di pulimento più resistente; è una miscela di potassa, calce, barite, ossido di zinco, sabbia.
4. Semicristallo di Boemia; per vetri che non richiedono assoluta assenza di colorazione; è di più facile fusibilità che il precedente per virtù della contemporanea presenza di soda e potassa, la miscela delle quali fonde più facilmente che non ciascuna di queste basi presa a sé; è composto di soda, potassa, calce, sabbia.
Le materie prime che servono a fabbricare tutti questi tipi di vetri devono essere il più possibilmente pure. Il cristallo inglese o francese (per gli altri v. vetro) è caratterizzato da trasparenza, lucentezza e potere rifrangente grandi; è perfettamente incoloro, denso, facile alla molatura, d'alto coefficiente di elasticità e perciò sonoro come bronzo se posto in vibrazione. Non era noto agli antichi, contrariamente a quanto taluno afferma, perché i vetri assai ricchi di piombo delle loro imitazioni di pietre preziose non erano che silicati di piombo, cioè semplici fusioni di sabbia e abbondante piombo calcinato. Nel cristallo è l'ossido di piombo che, accoppiato alla potassa in misura moderata perché non faccia ingiallire il prodotto, conferisce le ottime caratteristiche sopra accennate. Il contenuto percentuale piombico è nei giusti limiti quando il cristallo riesce di consistenza tale da non portare (per eccesso) a un rapido svanire delle brillanti superficie lavorate e d'altra parte da non compromettere (per deficienza) la caratteristica di prestarsi, meglio che tutte le altre qualità di vetro, alla molatura e all'incisione. Sono quest'ultime proprietà infatti che, nel metterne in massimo risalto la dote di elevata rifrazione e quindi d'effetto decorativo, ne determinano le numerose applicazioni alla produzione artistica di vasi, lampadarî, vetrerie di lusso in genere, e specialmente di mensa, nota sotto il nome generico di cristalleria fina. Sono rinomate le cristallerie di Birmingham, St. Louis, Baccarat, Val Saint-Lambert.
Per istrumenti d'ottica di precisione si adopera il flint-glass (da flint "pietra focaia"), cristallo che per massima purezza o epurazione delle materie prime e per i progressi realizzati nella fabbricazione (v. lenti; vetro) è certamente oggi la materia vitrea più bella che si sappia produrre. Prodotto per la prima volta in Inghilterra (1750), esso, a differenza delle altre varietà, abbonda di ossido di piombo (40-45%) con corrispondente diminuzione di silice e di potassa (per es., silice 43%, allumina 1,8%, ossido di piombo 43%, ossido di calcio 0,5%, ossido di potassio 11,5%, con eventuale aggiunta, ma sempre in minima quantità, di borace, salnitro, anidride arseniosa, biossido di manganese). Un altro cristallo che, se incoloro, si avvicina al flint e si presta particolarmente all'imitazione del diamante è lo strass, così chiamato dal nome del suo inventore Strasser, un gioielliere del sec. XVIII. Mediante l'aggiunta di piccole dosi di ossidi metallici, lo strass si presta anche all'imitazione di quasi tutte le pietre preziose, senza però averne mai la durezza. Nella composizione dello strass il minio predomina, avendosi, p. es., in percentuali: sabbia 32, minio 54, potassa 10,8; borace 3,1, anidride arseniosa 0,1.
In Italia, la produzione del cristallo (a base di piombo) s'iniziò nel 1928, in fabbriche di Murano; essa si è andata estendendo anche in Toscana e nella Campania. Si producono tutti gli articoli di cristallo (tipo Val Saint-Lambert) e cioè articoli lisci, incolori o tinti in pasta e articoli decorati.