CRISPOLTO di Polto
Figlio di Polto da Bettona (Perugia) nacque presumibilmente nella prima metà del sec. XV fu intagliatore e intarsiatore attivo soprattutto nella vicina Perugia.
È ricordato per la prima volta nel 1468, in un pagamento per la fornitura di tavole e altre opere di legname nel coro della chiesa inferiore di S. Francesco ad Assisi insieme con C. lavorarono altri maestri, ovvero Polimante della Spina, Andrea da Montefalco, Liberatore da Foligno e Tommaso da Firenze, tutti sottoposti ad Apollonio da Ripatransone al quale l'impresa era stata affidata con un contratto in data 20 dicembre 1467. La partecipazione di C. all'esecuzione del coro a due ordini di sedili, che si protrasse fino al 1471, non appare individuabile all'interno dell'opera collettiva, che oltrettutto dovette essere condizionata dallo schema preesistente di Paolino da Ascoli, cui era stato in precedenza commesso l'intero coro.
Il carattere complessivamente arcaizzante dell'arredo denunzia un progetto di modi ancora gotici, specialmente nelle formelle rettangolari degli stalli superiori ornate di meandri vegetali stilizzati in acuto rilievo se ne differenziano invece i sedili dell'Ordine inferiore, che hanno intarsiati nei dossali motivi di vasi e fiori più propri della decorazione umanistica. Nei braccioli divisori, incavati in un'ansa profonda dalla forma quasi di mezza luna, sono intagliate a tutto tondo figurette fantastiche ed animali.
Sempre in Assisi, il Fratini (1882)attribuì senza fondamento a C. l'edificio della nuova infermeria nel chiostro di S. Francesco, della cui costruzione il cardinale Albornoz aveva preso l'iniziativa già nel 1353, nonché il pulpito nella piazza del Comune, opera egualmente trecentesca.
La seconda, e più importante, impresa alla quale i documenti associano il nome di C. è la collaborazione al coro della basilica di S. Domenico a Perugia, che secondo le testimonianze dei pagamenti fu eseguito nel lungo arco cronologico di oltre venti anni, dal 1476 al 1498. Insieme con C. ne risultano autori Polimante della Spina (che garantiva il lavoro con la propria casa, appunto a Spina) e Giovanni Schiavo a questi ultimi due fu affidata la parte sinistra del coro, a C. la metà destra. Non è noto l'artista cui si deve il disegno generale del coro lo Scalvanti (1903) propose di riconoscerlo in Agostino di Duccio, ma sembra verosimile che lo schema fosse elaborato nella bottega degli stessi maestri di legname, anche in considerazione dell'esito complessivo di scarsa coerenza.
L'ordine inferiore degli stalli si articola in dossali rettangolari, braccioli divisori ad ansa con animali diversi e fronde a tutto rilievo l'ordine superiore consiste in un'alta spalliera scandita da paraste corinzie scanalate, sopra la quale corre una trabeazione con un fregio di teste di cherubini in rilievo alternate a palmette. Tra uno scanno e l'altro si ripete a mo' di bracciolo la figura fantastica di una sfinge, dal modellato robusto. Nell'accostamento dissonante tra la regolarità classicistica del partito architettonico superiore e la varietà di stampo tardogotico degli stalli inferiori, verso la fine dell'impresa si inserì una terza componente: le tarsie del giovane Antonio Bencivenni da Mercatello, che esordiva qui nella sua fortunata carriera d'intarsiatore.
Nell'opera del coro di S. Domenico è riconoscibile per l'unica volta un carattere individuale dell'arte di C., che si rivela nelle testine angeliche nel fregio della metà destra del coro: a differenza di quelle a sinistra, di Polimante e Giovanni Schiavo, esse mostrano nella varietà di pose e di espressioni, non di rado al confine del grottesco, e nel modellato gonfio e compresso dei volti sodi una interpretazione originale del plasticismo robusto di Donatello e dei suoi seguaci in particolare si può supporre che C. fosse influenzato da Urbano da Cortona, autore del monumento Baglioni nel duomo perugino (1451).
Una stima parziale del coro di S. Domenico fu compilata nel 1498 da Giovanni di Cristofano da Siena e da Alessio di Stefano da Firenze. Il grande arredo ligneo fu restaurato nel 1903 (da Wenceslao Morelli: cfr. L'Arte, VI ([1903], p. 399) e nel 1978.
Nel 1491 C. compare, ancora in compagnia di Polimante, a stimare il coro intagliato e intarsiato dal fiorentino Domenico Del Tasso nel duomo di Perugia. Morì nel 1512, "decrepito", dopo aver fatto testamento.
Fonti e Bibl.: [A. Rossi], Maestri e lavori di legname in Perugia nei secoli XV e XVI, in Giornale di erudizione artistica, I (1872), pp. 71, 97 s. G. Milanesi, Sulla storia dell'arte toscana, Siena 1873, p. 346 G. Fratini, Storia della basilica e del convento di S. Francesco in Assisi, Prato 1882, p. 188 G. Magherini Graziani, L'arte a Città di Castello, Città di Castello 1897, p. 292 O. Scalvanti, Di alcuni monum. d'arte nell'Umbria, in Rassegna d'arte, III (1903), p. 171 G. Cristofani, Per la storia dell'arte del legno nell'Umbria, in Augusta Perusia, III (1908), pp. 33 s. L. Fumi, Spigolature dall'Archivio della basilica di S. Francesco d'Assisi, in Boll. d. R. Deputaz. di storia patria per l'Umbria, XIV (1908), pp. 578 s. U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, pp. 111 s.