crisi
Nella storia delle idee il termine indica il momento in cui una dottrina non appare più sostenibile, suscitando per ciò stesso l’esigenza di cercare una dottrina nuova con cui sostituirla. Si è discusso, soprattutto sull’onda del libro di Th. Kuhn, la Struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962), se le c. cui va soggetta una teoria siano lente o improvvise, e di fatto la storia delle idee offre argomenti per sostenere entrambe le tesi. Si può affermare con una certa sicurezza, in ogni caso, che la c. è un momento fisiologico per ogni teoria. Secondo le tesi di Popper, anzi, la c. di una teoria va in qualche modo continuamente provocata, perché il suo banco di prova consiste proprio nella capacità di resistere a tutti i tentativi di metterla in discussione. Una vera e propria teoria delle c. venne proposta da uno dei maggiori esponenti del positivismo francese, Saint-Simon, che nella Introduzione ai lavori scientifici del 19° secolo (1807) sostenne che la storia procede attraverso età organiche ed età critiche, caratterizzate da profonda stabilità le prime, e da continue trasformazioni le seconde. Questa tesi venne ripresa da Comte nel Discorso sullo spirito positivo (1844), secondo il quale l’età moderna è caratterizzata da uno stato di c. permanente. La parola crisi, nella filosofia novecentesca, si lega soprattutto all’opera di Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (➔), dove indica essenzialmente la rottura dei fondamenti teoretici del sapere provocata dalla scienza galileiana e dai suoi epigoni. Tale rottura o c. consiste specificamente nella perdita di senso dell’attività scientifica, danno al quale solo la fenomenologia potrà mettere riparo.