CRIPTOPORTICO (dal gr. κρυπτός "nascosto" e dal lat. portĭcus)
Sebbene il nome sia in parte greco e significhi portico coperto, tuttavia l'applicazione di questo edificio, se non pure l'invenzione, è prettamente romana e presuppone l'uso completo della vòlta in muratura. Infatti il c. si costruiva per metà, o per tre quarti, sotterraneo, come sostegno di un terrapieno, con lo scopo di fornire un luogo di passeggio, fresco nell'estate e riparato nell'inverno: era illuminato per mezzo di feritoie ricavate nel fianco della vòlta e affacciate generalmente sopra un giardino. I Romani lo usarono molto per sostruzione di terrazze; specialmente nelle ville in collina, oppure come mercato coperto nelle città a clima molto freddo (Aosta). Poteva essere formato da un sol braccio rettilineo, lungo talvolta fino a 300 m, come quello della villa di Domiziano a Castel Gandolfo, oppure da due bracci ad angolo retto, e allora si chiamava porticus o cryptoporticus in gamma, ed è questo il caso di molte ville di età repubblicana; oppure per tutti i quattro lati di un rettangolo, al di sotto di un peristilio o pergolato: si ricordino fra gli altri quello della Casa del C. a Pompei e i due della Villa Adriana (uno di età sillana e l'altro adrianeo) che avevano il pavimento a mosaico e le vòlte con pitture e mosaici. Un grandioso c. è venuto in luce sotto l'area del Vescovado a Vicenza.
(G. Lugli)
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(B. Conticello)