CRETA
(gr. Κϱήτη)
Isola della Grecia, situata a S-E del Peloponneso, C. entrò a far parte dell'Impero romano nel sec. 1° a.C. come provincia unita a quella di Cirenaica; in seguito alla riforma dioclezianea divenne entità amministrativa autonoma, con capitale Gortyna, e sotto questo statuto passò in seguito all'impero bizantino. Nel sec. 7° sede di un tema autonomo diviso in eparchie, resistette a numerose incursioni degli Arabi, che la conquistarono solo nell'823-824. Tornata sotto l'amministrazione bizantina nel 961 per opera del futuro imperatore Niceforo II Foca (963-969), l'isola rimase legata all'impero fino alla quarta crociata (1204), quando, dopo una breve contesa con Genova, passò definitivamente sotto il controllo veneziano, che si protrasse fino alla conquista turca del 1671.Con il precoce affermarsi del cristianesimo e dell'organizzazione ecclesiastica si ebbe l'istituzione di sedi vescovili in tutte le grandi città dell'area di Erakleion, a eccezione di Gortyna, sede del primo vescovo Tito e in seguito del metropolita. Le chiese di questa prima fase sono tutte a pianta basilicale a tre navate, senza transetto e con copertura lignea. Gli scavi archeologici a Gortyna, Lebena, Cnosso, Chersoneso, Gulediada (nell'eparchia di Rethymnon), Eleunda, Sughia, Almirades hanno riportato alla luce, oltre alle strutture architettoniche, anche diversi mosaici pavimentali decorati con motivi geometrici, grandi croci, come quella della basilica di Almirades, ed elementi simbolici (pesci, pavoni, tralci di vite), nonché parti della decorazione scultorea, comprendente capitelli a foglie d'acanto, plutei e parti di ambone.Partiti architettonici diversi da questa tipologia dominante si incontrano a Kastri - dove l'abside semicircolare è affiancata da pastophória, secondo il modello siriaco - e a Gortyna, dove è attestata l'unica chiesa a triconco dell'isola, forse eretta sulla tomba dei dieci martiri vittime della persecuzione di Decio, con mosaici pavimentali decorati da motivi vegetali e zoomorfi che rivelano un modellato plastico e uno stile impressionistico che li ricollegano alla tradizione classica e ne lasciano ipotizzare una datazione al 5° secolo. L'unica chiesa a pianta centrale di quest'epoca è quella di Episkope (Kisamo), oggetto in epoche successive di rifacimenti e aggiunte.La chiesa di S. Tito a Gortyna, di cui rimane ben conservata solo la parte absidale, costituisce uno dei più importanti edifici religiosi dell'epoca protobizantina e presenta una struttura architettonica peculiare, che sembra fondere alcuni elementi basilicali con altri propri di un impianto cruciforme: nella parte occidentale infatti un nartece dà accesso a un corpo basilicale a tre navate, che a sua volta si apre in uno spazio cruciforme, originariamente cupolato, i cui bracci nord e sud, coperti a botte, si concludono in absidi poligonali aggettanti; la terminazione orientale presenta un presbiterio a triconco affiancato da due pastophória. Peculiare appare anche la tecnica edilizia, a conci di pietra accuratamente squadrati e posti in opera, che richiama la tradizione costruttiva della Siria settentrionale.Lo sviluppo dell'attività artistica nel periodo che va dalla fine del sec. 6° agli inizi del 9° è poco noto: l'unica testimonianza è costituita dai resti delle pitture murali di epoca iconoclasta nella chiesa di S. Nicola a Haghios Nikolaos, raffiguranti croci, motivi geometrici e vegetali.L'unica testimonianza della dominazione araba a C. è costituita dalle monete, che hanno permesso di ricostruire la successione cronologica degli emiri che governarono l'isola.La riconquista bizantina del 961 e l'opera missionaria di Nicone Metanoeite (925-998) e di Giovanni Xenos (ca. 970-1027) determinarono un rafforzarsi dei rapporti tra C. e Costantinopoli e l'inizio di una fase di fioritura artistica nell'isola, sostenuta anche dalla committenza degli esponenti dell'amministrazione civile e militare dell'impero, a partire dallo stesso Niceforo II Foca che, secondo l'Historia di Michele Attaliate (CSHB, XXIX, 1853, p. 226), fondò e fece riccamente decorare la chiesa del monastero di Maghistru Chandaka, presa poi a modello per molte altre realizzazioni.Le chiese del periodo mediobizantino, che adottano tutte lo schema a croce greca inscritta con cupola, si sono conservate solo nei distretti periferici dell'isola, mentre sono andate completamente distrutte nei grandi centri urbani. Importanti edifici di questo periodo si trovano a Phodele (Malevizi), a Haghios Demetrios (Rethymnon), a Stylos (Apokoronas), ad Alikianu (Kydonia) e a Rukani (Temenos); in quest'ultima chiesa le pareti esterne sono traforate da aperture ad arco e modulate da archeggiature cieche a doppia e a tripla ghiera, che richiamano da vicino le contemporanee realizzazioni costantinopolitane.Per quanto riguarda la pittura murale, i frammenti pervenuti sono scarsi, ma sufficienti a fornire un quadro abbastanza preciso dell'arte cretese in questo periodo. Le pitture dell'abside della chiesa mononave cupolata di S. Eutichio a Chromonasteri presentano solo volti di santi dipinti in uno stile linearistico, bidimensionale e fortemente espressivo, che ricorda la tecnica pittorica della Cappadocia del 9° secolo. Dello stesso stile e della stessa qualità pittorica sono i dipinti della chiesa di Kera (Pedias), mentre gli affreschi della Panaghia Limiotissa di Episkope (Pedias), di cui si conservano pochi frammenti nella conca absidale, sono espressione di una tecnica più alta, forse da collegare all'influsso della capitale, che si può cogliere anche negli affreschi della Panaghia di Phodele.È pervenuta quasi integra la decorazione pittorica del katholikón del monastero Myriokephala (Rethymnon), fondato da s. Giovanni Xenos, cui si deve anche la chiesa di S. Giovanni ad Alikianu. Nella cupola compare Cristo in trono, nel tamburo le figure stanti e frontali dei profeti, mentre sulle pareti della chiesa spiccano figure isolate di santi e di evangelisti.Solo a partire dal sec. 12° la decorazione delle chiese cretesi acquisì un programma canonico che prevedeva nella cupola Cristo Pantocratore attorniato da arcangeli e profeti, nel catino absidale la Vergine e nel naós, in corrispondenza dei punti nodali del sistema architettonico, scene legate all'opera salvifica di Cristo, ordinate nel ciclo delle Dodici feste; sui muri d'ambito dell'edificio si sviluppavano invece teorie di santi. Questo programma iconografico non rimase statico, ma andò progressivamente arricchendosi di temi secondari, con l'inserimento di scene tratte dalle feste dell'anno liturgico e in seguito, nei secc. 13°-14°, di scene tratte dai sinassari e dalle Scritture.Tuttavia lo sviluppo dell'iconografia nei cicli pittorici si coglie già nei frammenti di affreschi databili al sec. 12° in corrispondenza con l'affermarsi delle nuove tendenze artistiche di epoca comnena. Nella chiesa di S. Nicola a Haghios Nikolaos, modificata con l'aggiunta di una cupola, si conservano affreschi, nei quali si coglie un passaggio a figure finemente modellate, dalle proporzioni delicate e dai movimenti ritmici, sottolineati dall'allungamento dei tratti e dall'accentuazione delle linee di contorno.Verso la fine del secolo questa tendenza linearistica sfociò in una sorta di manierismo calligrafico, testimoniato per es. dagli affreschi della chiesa di S. Giorgio a Kurnas (Apokoronas) e di quella dedicata allo stesso santo a Kalamos (Mylopotamos), dove quanto resta delle pitture del bema denuncia una qualità superiore, collegabile alla tradizione pittorica costantinopolitana.L'arte comnena segnò profondamente anche i successivi sviluppi della pittura cretese, perpetuandosi nel sec. 13° sia in una versione aulica sia in una versione più popolare e ricca di espressività, che affonda le radici nella tradizione pittorica locale. Testimone di tale duplicità è la grande diversità qualitativa che è possibile riscontrare negli affreschi del 13° secolo. Le poche pitture superstiti della chiesa di S. Panteleimone a Galypha (Pedias), come pure quelle del secondo registro del katholikón del monastero di Myriokephala, costituiscono un esempio della tradizione pittorica dell'ultimo periodo comneno: nelle scene dell'Entrata a Gerusalemme, del Tradimento di Giuda, del Compianto e della Risurrezione le figure presentano linee marcate nei contorni e nei panneggi e leggere ombreggiature nei volti e nelle membra. Nelle teorie di santi che decorano l'abside si colgono altri motivi caratteristici tanto nella posizione delle figure, rivolte verso il centro, quanto nelle espressioni dei volti, con moti di interna inquietudine evidenziati dal contrarsi delle sopracciglia e delle bocche, soprattutto in alcuni affreschi della fine del 12° secolo.Con la conquista veneziana degli inizi del sec. 13° C. rimase tagliata fuori dal mondo bizantino, priva di contatti anche con i nuovi centri artistici creatisi dopo l'occupazione latina di Costantinopoli. Gli affreschi di S. Giorgio a Kumeni (Kisamo), del 1284, di S. Giovanni a Haghios Basileios (Pedias), del 1291, e ancora quelli di S. Giorgio a Sklavopula (Selino), del 1291, costituiscono esempi caratteristici della pittura cretese della fine del sec. 13°, ancora strettamente legata allo stile della fase precedente. La sopravvivenza di questo stile arcaizzante all'inizio del sec. 14° viene testimoniata dagli affreschi della chiesa di S. Paolo a Haghios Ioannes (Pyrghiotissas), del 1303-1304, che conservano ancora elementi del manierismo calligrafico della fine del sec. 12°, nonché nelle decorazioni pittoriche di numerose chiese, tra cui quella della Panaghia a Kritsa (Meravello).Molto diversa si presenta la decorazione pittorica della chiesa di S. Nicola a Kyriakosellia (Apokoronas), che, pervenuta quasi integra, permette di analizzare il programma iconografico e la disposizione delle scene, conformi alla tradizionale gerarchia dei cicli collegati con il valore dogmatico e simbolico della struttura dell'edificio ecclesiastico. Le tendenze innovative che si riscontrano in alcune figure consentono di datare queste pitture al terzo decennio del sec. 13°, epoca in cui le truppe dell'imperatore Giovanni III Ducas Vatatze (1222-1254), insediate nel castello di Kyriakosellia, ove appunto si trova la chiesa, tentavano di riprendere l'isola ai Veneziani per riunirla all'impero di Nicea.A una fase più avanzata della pittura nicena si ricollega anche parte degli affreschi della cupola della Panaghia di Phodele, databili tra il 1261 e il 1265, in coincidenza con la rivoluzione cretese contro i Veneziani, sostenuta dall'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo (1259-1282); le pitture parzialmente conservate nella conca absidale sono invece di uno stile assai diverso, che si riallaccia alle nuove tendenze della pittura greca.Per quanto riguarda l'architettura, va sottolineato che a C. nel sec. 13° si affermò un tipo di chiesa a navata unica coperta a volta, di probabile origine orientale, il cui impiego si protrasse lungo tutto il periodo dell'occupazione veneziana. Per adattare la decorazione delle tradizionali chiese cupolate alle ridotte superfici murarie di questi edifici i programmi furono sottoposti ad alcune importanti variazioni. Il Pantocratore, inserito in una Déesis, andò a occupare la calotta absidale, nei registri inferiori vennero collocate scene liturgiche, mentre sull'arco absidale furono inseriti Abramo e i tre angeli o il mandýlion, sull'arco trionfale l'Ascensione e la Pentecoste, sui muri laterali del bema figure di santi in posizione frontale, talora accompagnate dal Sacrificio di Abramo nella parete settentrionale. Le volte del naós vennero scandite in registri e riquadri con le raffigurazioni delle feste principali, alle quali si aggiunsero, in epoca paleologa, scene dei Miracoli e della Passione derivate da modelli della Cappadocia. Complemento necessario del programma iconografico sono le scene della vita del santo cui è dedicata la chiesa, tratte dai relativi sinassari e poste nelle due strette pareti che sorreggono l'arco absidale. Il ciclo agiografico era completato dalle teorie di santi sulle pareti laterali del naós, mentre nella controfacciata erano di norma rappresentati il Giudizio universale o la Dormizione della Vergine; nelle piccole chiese del sec. 13° la parete occidentale era occupata dalla Crocifissione.Parallelamente alla tipologia architettonica ampiamente diffusa, continuarono a essere adottati i modelli caratteristici della tradizione bizantina: a tre navate con volte a vela (S. Panteleimone di Bizariano, Pedias), a croce inscritta con cupola (cattedrale della Mikre Episkope, Monophatsi), a navata unica con cupola (Kera, Panaghia Limniotissa di Episkope), a croce libera sormontata da cupola (monastero della Panaghia Guberiniotissa a Potamies, Pedias; Panaghia Gorgoepikos Pigadakion, Kainurghio), a croce coperta a tetto (Arcangelo Michele di Arkalochori, Monophatsi).Nonostante la lunga dominazione veneziana, nell'architettura cretese si riscontrano pochi e secondari elementi di matrice occidentale, quali l'arco a sesto acuto, i particolari decorativi in calcare e le finestre di tipo veneziano, abilmente inseriti nelle strutture architettoniche bizantine. Allo stesso modo nella pittura l'introduzione di elementi iconografici di derivazione occidentale, per es. nell'abbigliamento delle figure, non altera i caratteri sostanzialmente orientali delle immagini.L'arte paleologa penetrò gradualmente a C. a partire dagli inizi del sec. 14°, introducendo una nuova visione estetica che superava la tradizionale ieraticità dei secoli precedenti. La ricerca di una plastica rappresentazione della figura umana associata a una più ricca gamma cromatica e a un più sciolto senso di movimento nelle composizioni si coglie nelle pitture della chiesa di S. Giorgio nel villaggio di Haghia Triada (Pyrghiotissa), databili al 1303. Allo stesso filone appartengono gli affreschi dei primi due decenni del sec. 14°, per es. quelli della chiesa di Asomatos Archanes (Temenos), del 1316, dove si trovano a convivere lo stile lineare caratteristico dell'arte locale e il nuovo indirizzo introdotto dai Paleologhi.Nella pittura di quest'epoca fecero la loro comparsa anche nuovi motivi iconografici di carattere drammatico, quali la Vergine svenuta o gli angeli che si celano il volto con le mani. Ciò non è privo di riscontri anche sul piano dello stile, come dimostra per es. la ricerca di un'accentuata tensione conferita al corpo di Cristo nella scena della Crocifissione, fattore che trova confronto nelle opere di scuola macedone del 13° e 14° secolo.La stessa commistione di stili pittorici diversi è presente anche in altre chiese degli inizi del sec. 14°, come quella del Salvatore di Meskla (Kydonia), del 1303, dove operarono due diversi artisti. Il primo, Teodoro Daniele, continuò la tradizione arcaizzante, mentre il secondo, il nipote Michele Veneris, si accostò a quei nuovi stilemi pittorici che si ritrovano compiutamente impiegati nella chiesa di Drymiskos (Haghios Basileios), del 1317, e nella decorazione della navata del S. Costantino di Pyrgos (Monophatsi), del 1314. Nella stessa linea si collocano anche gli affreschi, di poco posteriori, della piccola chiesa di S. Giorgio a Cheliana (Mylopotamos), del 1319, quelli di Haghia Mamanta (Mylopotamos), del 1321, e quelli di S. Fanurio a Ghenna (Amari), del 1329, caratterizzati da un'impronta realistica tanto nella composizione quanto nella resa dei tratti somatici dei personaggi.Un caso particolare in questa fase di graduale accettazione dell'arte paleologa, senza rinunciare ai valori tradizionali della pittura cretese, è rappresentato dall'opera di Giovanni Pagomenu, che nell'arco di diciotto anni (1314-1331) decorò sette chiese della parte occidentale di C., dando vita a un'originale espressione di un'arte popolare di forte realismo.Visto nel complesso, il ricco corpus della pittura cretese di quest'epoca, che annovera oltre quattrocento cicli decorativi di piccole chiese rurali, denuncia caratteri comuni alla contemporanea pittura macedone: composizioni piene di vitalità, di brillante policromia, arricchite da temi tratti dai vangeli apocrifi e dai sinassari; figure robuste rese plasticamente, il cui volume viene esaltato dall'ampia gamma coloristica, collocate in uno spazio architettonico tridimensionale e impostate a un páthos accentuato dal movimento e dall'espressione dei volti. La pittura della chiesa di S. Giovanni a Krustas (Merabello), del 1345, mostra lo sviluppo di quest'arte alla metà del 14° secolo.La qualità stilistica pone questi affreschi in stretto rapporto con alcuni importanti centri artistici cretesi dell'epoca; utili confronti possono essere istituiti con la decorazione del parekklésion della chiesa di S. Andrea nel monastero dell'Odighitria (Kainurghio), databile al terzo decennio del sec. 14°, come pure con il parekklésion del monastero della Panaghia Guberniotissa a Potamies. Ai cicli pittorici di quest'ultimo monumento si ricollega anche un'altra corrente stilistica, fiorita nel decennio centrale del sec. 14° e attestata da un numero relativamente esiguo di chiese nell'area dell'eparchia di Pedias, in cui grande enfasi è posta nell'illustrazione dei Miracoli e della Passione di Cristo.Nell'ultimo ventennio del sec. 14° si colloca la committenza della potente famiglia feudale dei Kallerghi, alla quale si deve ricondurre la decorazione di numerose piccole chiese edificate in alcune aree del settore occidentale dell'isola direttamente sottoposte al loro controllo.Uno stretto rapporto con le tendenze classicheggianti della pittura costantinopolitana si coglie in una serie di monumenti edificati nei territori occupati dai Veneziani. Grande importanza in questo panorama riveste la decorazione del katholikón del monastero di Brontisi, sulle pendici del monte Psiloriti (Kainurghio), nel cui ciclo compare per la prima volta nella pittura murale di C. il tema della Cena in Emmaus nella conca absidale.
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