CRESCENZIO de Caballo Marmoreo
Nacque probabilmente a Roma nella prima metà del secolo X: apparteneva ad una famiglia della nobiltà cittadina.
A lungo si è discusso su eventuali discendenze di C. da omonimi ricordati in documenti della prima metà del secolo. Il Bossi ed il Cecchelli avevano avanzato l'ipotesi di una sua diretta discendenza da quel giudice Crescencius, citato fra coloro che nel 901 assistevano l'imperatore Ludovico III nel rendere giustizia in S. Pietro (Schiaparelli, Diplomi di Ludovico III, pp. 19 s.). IlKölmel suppose capostipite della famiglia il senatore Giovanni, compagno di Teofilatto nel 915 nella conclusione di un'alleanza contro i Saraceni. L'ipotesi sembra non dispiacere al Brezzi, il quale peraltro, sulle orme del Cecchelli, vede in C. il possibile fratello del duca Giovanni, padre di Crescenzio de Theodora. In questa ridda di ipotesi di parentele, possibili ma difficilmente dimostrabili, gli studiosi sembrano ormai riconoscere in C., come afferma il Toubert, "l'aieul du préfet Crescenzio, chef de file des Crescenzi Stefaniani" (p. 1223).
La regio caballi marmorei, da cui C. prese il nome, comprendeva l'altura del colle Quirinale. Origine del toponimo i giganteschi cavalli (inglobati oggi al centro della piazza nella fontana del Quirinale), provenienti dalle terme costantiniane sui cui resti, con ogni probabilità, erano stati eretti i palazzi della famiglia.
Le notizie su C. fornite dalle fonti, benché molto scarse, consentono comunque di individuare la posizione da lui assunta all'interno della nobiltà romana durante il regno di Ottone I. Egli è ricordato per la prima volta da Liutprando tra i molti "ex primatibus romanae civitatae" che parteciparono al sinodo riunito dall'imperatore il 6 nov. 963 per giudicare il giovane pontefice Giovanni XII, figlio e successore di Alberico II, sinodo che si concluse con la deposizione dello stesso pontefice.
Con tale sinodo Ottone si proponeva di eliminare il monopolio del potere che sul Papato e sulla città da anni avevano i discendenti diretti di Teofilatto. In questa sua azione egli trovò il sostegno di numerosi membri dell'aristocrazia romana, i quali videro nell'iniziativa imperiale l'occasione per sbarazzarsi della supremazia della potente famiglia e per iniziare a svolgere direttamente un ruolo di primo piano nel governo del Papato e della città.
C. era dunque un esponente dei gruppi aristocratici vittoriosi nel novembre 963. Le ulteriori notizie chiariscono meglio i suoi legami politici.
La deposizione di Giovanni XII segna l'inizio di una nuova fase nella storia di Roma, caratterizzata dalla mancanza di una stabile leadership nell'aristocrazia e dalla lotta tra gruppi di famiglie nobili. In un primo tempo Ottone I cercò di imporre sul trono pontificio un suo fedele - Leone VIII - che, pur essendo romano, non apparteneva all'aristocrazia cittadina. Ma l'opposizione di questa a Leone finì per convincere l'imperatore della necessità di tener conto della nuova situazione politica di Roma. Perciò, alla morte di Leone VIII, egli accettò l'elezione di Giovanni XIII (ottobre 965), il quale due anni prima era stato uno dei principali accusatori di Giovanni XII e che apparteneva - secondo la genealogia di recente ricostruita dal Toubert - ad un ramo secondario della famiglia discendente da Teofilatto. Si trattava di una vittoria della nobiltà romana contro il tentativo imperiale di disporre del soglio pontificio. Ma questa aristocrazia, concorde nel rifiutare la politica ottoniana, era divisa all'interno in vari gruppi, tra loro in contrasto per il controllo della città e del Papato. Giovanni XIII era sostenuto dalle famiglie delle sorelle e del fratello, Crescenzio (I), nonché da altri nobili: a sua volta egli favorì a Roma e nel Lazio i propri fedeli.
Tra questi troviamo Crescenzio. Subito dopo la sua consacrazione, infatti, Giovanni XIII fece sposare il nipote Benedetto, figlio di sua sorella Stefania, con Teodoranda, figlia di C.; successivamente investì Benedetto della contea di Sabina. L'alleanza di C. e della sua famiglia con il papa trova ulteriore conferma negli avvenimenti successivi. Nel dicembre 965 i nobili romani contrari al pontefice, sotto la guida del prefetto della città Pietro, del conte di Campagna Roffredo e del vestiarario Stefano e appoggiati forse da Bisanzio - il cui ruolo nelle vicende romane di questo periodo non è da sottovalutare -, si sollevarono e fecero prigioniero Giovanni XIII. Trasferirono, quindi, il papa in Campagna e rimasero padroni della città. Ma nell'autunno 966, alla notizia di una nuova discesa in Italia di Ottone I, i nobili che sostenevano Giovanni XIII si ribellarono. Li guidava il figlio di C., Giovanni, il quale uccise di propria mano, secondo le cronache il conte Roffredo (Herim. Aug. Chronicon, p. 116).
Non si hanno altre notizie su C. ed è probabile che la sua morte sia da collocare non molto dopo questi eventi e certamente entro la seconda metà del sec. X.
Fonti e Bibl.: Herimanni Augiensis Chronicon, in Monum. Germ. Hist., Scriptores, V, a cura di G. H. Pertz, Hannoverae 1844, p. 116; Liudprandi Liber de rebus gestii Ottonis. ibid., Scriprores rerum Germanicarum in usum scholarum, XLI, a cura di E. Dümmler, Hannoverae 1877, p. 129; Chronicon Farfense di Gregorio da Catino, a cura di U. Balzani, Roma 1903, I, p. 62; II, p. 79; Dipl. di Ludovico III, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1919, pp. 19 s.; F. Gregorovius, St. della città di Roma nel Medioevo, Roma 1900, II, pp. 40, 50, 64, 66; G. Bossi, ICrescenzi. Contributo alla storia di Roma e dintorni dal 900 al 1012, in Atti della Pont. Acc. di arch., Dissertazioni, s. 2, XII (1915), pp. 53 s., 59; Id., I Crescenzi di Sabina Stefaniani e Ottaviani, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XLI (1918), pp. 112, 158; O. Gerstenberg, Die Politische Entwicklung des römischen Adels im 10. und 11. Jahrhundert, Berlin 1933, pp. 3 s.; W. Kölmel, Rom und der Kirchenstaat im 10. und 11. Jahrhundert bis in die Anfänge der Reform..., Berlin 1935, pp. 25 s. n. 71; C. Cecchelli, Note sulle famiglie romane fra il IX e il XII sec., in Archivio della società romana di storia patria, LVIII (1935), pp. 77 s.; Id., I Crescenzi. I Savelli. I Cenci., Roma 1942, pp. 7 s., P. Brezzi, Roma e l'Impero medievale, Bologna 1947, pp. 134, 143, 146, 149 s.; C. G. Mor, L'età feudale, Milano 1952, 1, pp. 321, 36, 392 n. 10, 395 n. 23; P. Toubert, Les structures du Latium médiéval, Rome 1973, II, p. 1027 n. 1, 1223 n. 2.