Poeti italiani del primo Novecento (S. Corazzini, M. Moretti, F.M. Martini, G. Gozzano, C. Govoni e A. Palazzeschi della prima maniera ecc.) i quali, più che costituire un vero e proprio movimento poetico, condivisero una sensibilità o un atteggiamento del gusto. Ebbero a guida i decadenti francesi e belgi, il Poema paradisiaco di G. D’Annunzio e G. Pascoli; espressero in una poesia prosastica e toni dimessi, tra malinconia e ironia, l’amore per le piccole cose, per gli ambienti provinciali, come i più vicini alla loro incapacità di grandi ideali e alla loro sazietà di magniloquenti gesti e parole. Poesia che non ebbe una precisa poetica, né si riconobbe in questa definizione, che rimase in sede di critica e di cultura come estensione, peraltro felice (da cui la sua fortuna), di quell’immagine di zona umbratile, di ‘crepuscolo’, usata per primo da G.A. Borgese (in un articolo pubblicato su La Stampa del 1910) per indicare lo spegnersi (a suo avviso), dopo D’Annunzio, della ‘luce meridiana’ della grande tradizione lirica cominciata con G. Parini.