CRATETE di Tebe
Filosofo cinico, scolaro di Diogene di Sinope, vissuto dagli ultimi decennî del secolo V fino alla seconda metà del sec. IV a. C. Prima scolaro dell'Accademia, fu attratto dal fascino di Diogene e, sbarazzatosi delle sue considerevoli sostanze, si convertì al cinismo, avendovi per seguace Metrocle di Maronea, che pure era stato prima scolaro dell'Accademia e del Peripato. La sorella di questi, Ipparchia, divenne la consorte di C., realizzando un'unione in cui volle manifestarsi tutta l'indifferenza cinica al costume sociale, e che suscitò quindi largo scandalo. Nel suo temperamento C. doveva attenuare con una certa grazia e nobiltà nativa la tipica rudezza cinica, ma nella sua posizione dottrinaria il suo cinismo era schietto e rigoroso: svalutazione totale della realtà di fronte alla coscienza di sé, unico punto fermo in mezzo al divenire; negazione di ogni valore politico e sociale; vangelo dell'adiaforia e dell'autarchia (v. cinici). A questo spirito negativo erano intonate anche le sue composizioni poetiche, di carattere satirico e parodistico, di cui restano alcuni frammenti.
Bibl.: Ediz. dei framm. in Diels, Poetarum philos. fragm., Berlino 1901, p. 217 segg. Su C.: E. Schwartz, Charaterköpfe aus der antiken Literatur, II, 3ª ed., Lipsia 1919, pp. 16-22; J. Stenzel, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, coll. 1625-31. Cfr. pure F. Ueberweg, Grundr. d. Gesch. d. Philos., I, 12ª ed., Berlino 1926, p. 160 del testo e 64 dell'appendice.