CPA (Chirped pulse amplification)
Processo nel quale un impulso di radiazione elettromagnetica viene amplificato mediante tre diverse fasi: in una prima fase la durata temporale dell’impulso viene dilatata facendo uso di un sistema ottico dispersivo (reticoli e fibre ottiche) in cui le diverse componenti cromatiche (le diverse frequenze) che compongono l’impulso percorrono cammini ottici di diversa lunghezza. Questo processo separa i vari colori all’interno dell’impulso, che risulta quindi chirped, cioè con una frequenza che varia tra il fronte e la coda. A parità di energia contenuta nell’impulso, questo stiramento risulta in un allungamento dell’impulso e in una corrispondente riduzione dell’ampiezza dei campi elettromagnetici, il che permette nella seconda fase un efficiente processo di amplificazione. È solo in questa seconda fase che l’energia dell’impulso viene amplificata in un opportuno mezzo materiale (per es., nel caso di impulsi laser in un cristallo cui viene appropriatamente fornita energia dall’esterno). Nella terza fase, l’impulso così amplificato ripercorre a ritroso il percorso fatto nella prima fase; questo porta a un accorciamento dell’impulso amplificato e, di nuovo a parità di energia, a un corrispondente aumento dell’intensità dei campi. In altre parole, il processo di decompressione e di compressione permette di variare la potenza a energia costante. La tecnica degli impulsi con chirp è stata inizialmente utilizzata nelle applicazioni radar. Nell’ultimo decennio ha trovato importantissime applicazioni nel campo dei laser di potenza, dove permette di amplificare impulsi ultrabrevi – fino a durate dell’ordine delle decine di femtosecondi (10−15 s) e con lunghezze d’onda dell’ordine dei micrometri – fino a potenze dell’ordine dei petawatt (1015 W). L’applicazione della CPA ai laser è dovuta a Gèrard Mourou e Donna Strickland e, a partire dalla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, ha fatto superare il difficile ostacolo rappresentato dalla non linearità della risposta di un mezzo materiale a campi elettromagnetici di grande intensità. Riducendo l’ampiezza dei campi stirando l’impulso, fino a renderlo anche centomila volte più lungo, si possono infatti evitare questi effetti che, in caso contrario, danneggerebbero il materiale usato per amplificare l’impulso. La riduzione dell’ampiezza dei campi elettromagnetici di un impulso dilatandone la lunghezza può essere anche applicata a un diverso metodo di amplificazione, detto Optical parametric chirped-pulse amplification (OPCPA), in cui si fa uso di processi parametrici nel materiale dove l’impulso viene amplificato a scapito dell’energia di un secondo impulso laser che fa da pompa.
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