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COVONI, Covone

di Franco Cardini - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)
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COVONI, Covone

Franco Cardini

Figlio di Naddo di Iacopo, personaggio ricco e cospicuo della fine del sec. XIII, nacque a Firenze in data non conosciuta ma da collocarsi, comunque, entro l'ultimo ventennio del secolo XIII o pochi anni prima. Dovette divenire giudice in giovane età poiché - come rileva il Sapori - in tutti gli atti pubblici nei quali è nominato compare con questo titolo. A partire dal 1315 fino alla sua morte il C. fu titolare di pubblici uffici; ed è notevole - anche se questi uffici non sempre furono di primissimo piano - che egli riuscisse in tal modo a superare illeso le non poche bufere della vita pubblica fiorentina di quegli anni. Fu capitano di Orsammichele nel 1315, priore per il sesto di Porta San Piero nel 1317, sindaco per conto del Comune di Firenze al fallimento dei Cerchi nel 1321, gonfaloniere di Giustizia nel 1326-27 (cioè nel delicato momento che, dopo la sconfitta contro Castruccio Castracani, vide la signoria di Carlo di Calabria), di nuovo priore nel 1329, membro del Collegio dei buonomini nel 1330-31, gonfaloniere di Compagnia nel 1332, ancora dei Buonomini nel 1333, di nuovo priore nel 1334, gonfaloniere di Compagnia nel 1335, nel 1337 (due volte) e nel 1338, anno nel quale fu di nuovo priore.

Accanto all'attività politica, il C. svolse una discreta attività diplomatica; nel 1332 fu a Verona presso gli Scaligeri nel quadro della lega contro l'imperatore Ludovico il Bavaro, e nello stesso anno ad Avignone per convincere il papa a revocare l'interdetto lanciato contro Firenze per essersi opposta con le armi al cardinale Orsini, che con l'appoggio papale aveva inteso sostituire i Buondelmonti nei loro diritti patronali alla pieve dell'Impruneta. Ancora, nel 1334-35, lo si inviò a Pistoia per proporre a quel Comune, a nome di quello fiorentino, alleanza in vista della conquista di Lucca; e nel 1336 fu scelto per il delicato compito di far pace con gli Aretini che aiutavano Mastino della Scala, allora in guerra con la Repubblica; cioè, in pratica, di staccare sia Arezzo sia Pier Saccone de' Tarlati dall'alleanza con gli Scaligeri. La diplomazia connessa alla guerra antiscaligera lo coinvolse completamente: Firenze non poteva perdonare ai della Scala l'intromissione nelle cose lucchesi, dal momento che troppo pressanti erano le sue mire su Lucca stessa. Il C. fu a Colle Val d'Elsa, a San Gimignano, a Volterra, per sollecitare aiuti in uomini e in denaro, e raggiunse pare, con una certa larghezza, quanto meno il secondo obiettivo. A Volterra tornò di nuovo nel 1339 per risolvere un problema di confinazione.

qMentre curava assiduamente questi affari pubblici, il C. non trascurava i suoi privati interessi, come ci viene puntualmente documentato dai protocolli di Rucco di ser Giovanni da Rondinaia: nel maggio 1324 comprava per 140 fiorini d'oro appezzamenti di terra nel "popolo" di San Martino a Mantignano nel Valdarno inferiore; nel 1331 acquistava un altro pezzo di terra nel "popolo" di San Piero in Ferrano al prezzo che sembra modesto (ma ignoriamo la reale entità dell'acquisto) di sette fiorini d'oro, ed è molto probabile che ci speculasse, o tale era comunque il parere della venditrice; sempre nel 1331 pare si decidesse a disfarsi dell'appezzamento acquistato nel 1324, con prospettive che ancora una volta indicano un programma d'investimenti, tanto più che poco dopo, nel 1337, lo vediamo acquistare per 200 fiorini d'oro alcune case da Gherardino Cavalcanti a Montecalvi. Ma il suo colpo più grosso o almeno più vistoso lo vediamo nel settembre 1339, allorché il C. e suo cugino Piero di Guasco divengono proprietari del palazzo dei Cerchi sito nel "popolo" di San Procolo: l'intero immobile valeva 2.000 fiorini d'oro ed era, allora, in parte proprietà di Bartolomea di Pacino de' Cerchi, prima moglie del C., in parte di Simone e Pigello, fratelli di Bartolomea medesima.

Né trascurava, intanto, gli affari della compagnia, nata forse per iniziativa diretta sua, forse invece grazie a suo zio Lapo di Iacopo. All'inizio di essa vi troviamo associato Francesco Tommasi, il quale però dovette esserne estromesso nel 1336: tra 1336 e 1340, la compagnia risultava formata da "Covone di Naddo, Giovanni di Guasco, Nappo, Sandro, Filippo, figlioli di Lapo, e da tutti i Covoni". Il capitale della "seconda compagnia" Covoni fu diviso in quattro parti uguali di 1.687 fiorini spettanti per un quarto al C., per un quarto a Giovanni e per due quarti ai tre figli di Iacopo.

Il C. si sposò due volte: la prima con Bartolomea di Pacino de' Cerchi, la seconda con Tessina di Lippo Corbizzi, vedova di Cino Rinuccini e madre di Francesco Rinuccini. Da Bartolomea egli ebbe cinque figli: Tommaso, nato nel 1318 e morto nel 1348, che sposò Andrea di Nerozzo degli Alberti; Caterina, che si fece monaca e morì nel 1350; Ginevra, che sposò Agnolo di Giano degli Albizzi; Bice, che sposò Donato Velluti, il diarista, e morì nel 1341; Bartola, dando alla luce la quale la madre morì, e che sposò Stefano di Piero Stefani e poi Francesco di Lippo Antinori. Dalle seconde nozze, ancora, il C. ebbe: Bernardo, che nacque prima del 1335 e sposò Cicilia di Bartolomeo Siminetti; Bettino; Costanza, che si maritò prima con Piero di Neri Mazzetti e in seconde nozze con Zanobi di Gherardo Visdomini; infine Isabetta o Lisabetta, sposa di Cione del Bonazza. Secondo altre fonti, il C. ebbe ancora Giovanni e Migliore, che sarebbe poi stato cavaliere di Rodi.

Il C. morì a Firenze, nel 1340, durante un'epidemia, e fu sepolto in S. Croce.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, Passignano, 1339 sett. 5; Ibid., Notarile Antecosimiano, R 316, III, 1324 maggio 11; IV, 1331 nov. 23; Ibid., Carte Sebregondi, nn. 1856, 1857, 1859; Firenze, Bibl. naz., Carte Passerini, 8, c. 84r; 46, pp. 81-167; 156, inserto n. 6; Ibid., Poligrafo Gargani, n. 684; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, pp. 151, 164, 177, 187; I libri di commercio dei Peruzzi, a cura di A. Sapori, Milano 1934, pp. 342, 425; D. Velluti, Cronica domestica, a cura di I. del Lungo-G. Volpi, Firenze 1944, pp. 160, 292 s., 295 s.; Libro giallo della compagnia dei Covoni, a cura di A. Sapori, Milano 1970, pp. XIII, XV, XXIII, XXXI, XXXII, XXXIV, XL, 42, 185, 211, 324, 333, 361; V. Coppi, Annali, memorie ed huomini illustri di Sangimignano, Firenze 1695, p. 249; A. Ademollo, Marietta de' Ricci, Firenze 1840, II, p. 1995; D. Herlihy-C. Klapish Zuber, Les Toscans et leurs familles, Paris 1978, p. 595.

Vedi anche
patrono Nella liturgia cattolica, il santo (o la santa) che una regione, diocesi, città, comunità religiosa o altro gruppo di fedeli onora con speciale culto quale particolare intercessore e protettore presso Dio. Lucca Città della Toscana (185,5 km2 con 83.228 ab. nel 2008), capoluogo di provincia. Sorge nella pianura del Valdarno Inferiore fra i Monti d’Oltreserchio e il M. Pisano, a breve distanza dalla sponda sinistra del Serchio. Il suo abitato è circondato dalla cinta delle mura (4 km) iniziate nei primi anni ... cardinale Titolo di alta dignità ecclesiastica. Storicamente, i cardinale sono i più importanti e stretti collaboratori del pontefice. ● La nomina dei cardinale spetta esclusivamente al pontefice e la sua scelta deve cadere su uomini che siano già stati nominati sacerdoti e che eccellano per dottrina, moralità, ... papato Nella Chiesa cattolica, suprema istituzione che esercita le funzioni di governo, dottrina e culto trasmesse da Gesù Cristo all'apostolo Pietro e ai suoi successori, quali suoi vicari. papato - approfondimento di Raffaele Savigni Nella Chiesa cattolica, il papa è il vescovo di Roma e il capo del collegio ...
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covóne
covone covóne s. m. [prob. der. del lat. cavus «incavato, vuoto»]. – Ciascuno dei fasci di spighe di grano, avena e sim. fatti dai mietitori, che vengono poi legati e lasciati sul campo isolati o accatastati nelle biche. ◆ Dim. covoncino,...
accovonare
accovonare v. tr. [der. di covone] (io accovóno, ecc.). – Accumulare il grano in covoni.
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