BONVICINO, Costanzo Benedetto
Nacque a Centallo (Cuneo), da genitori agiati, nel 1739. Laureatosi in medicina a Torino nel 1765, entrò nel Collegio dei medici nel 1778, il che non gli impedì di dedicare la maggior parte della sua attività alla chimica, nella quale fu istruito da G. B. Beccaria, da M. Carburi e soprattutto dal cognato V. A. Gioanetti. Nel 1800 fu nominato professore di chimica farmaceutica e di storia naturale dei medicamenti nell'università di Torino: fu il suo primo insegnante di chimica, e dalla cattedra diffuse la nuova nomenclatura chimica francese.
In quel periodo gli studi di chimica in Italia languivano, la maggior parte dei chimici continuando a seguire la teoria del flogisto, senza interessarsi alle nuove idee di A. Lavoisier. Il B. ebbe quindi il merito di esser tra i primi a recepirne, meditatamente, le teorie.
Fin dal 1783 il B. era stato nominato socio della R. Accademia di Torino; fu anche presidente della R. Società agraria, direttore del Museo di storia naturale (che a lui deve molti dei suoi esemplari), membro del comitato di vaccinazione del dipartimento del Po; come tale, curò la diffusione della vaccinazione antivaiolosa in Piemonte. Ebbe vari incarichi pubblici, fra cui quelli di deputato al Corpo legislativo per il dipartimento della Stura e di presidente della municipalità di Torino (14 apr. 1799).
Morì a Torino il 25 genn. 1812.
Le ricerche sperimentali del B. riguardano soprattutto la chimica inorganica, sia preparativa sia analitica. Nel 1784 lesse all'Accademia di Torino (Mémoires de l'Académie des Sciences, VI, 1784-851, pp. 321-340) una comunicazione Sur la dépuration de l'acide phosphorique tiré des os; in questa occasione osservò che l'acido ossalico non precipita il calcio da soluzioni fortemente acide per acidi minerali. L'anno seguente descrisse, per primo, la preparazione e le caratteristiche del fosfato d'ammonio, successivamente studiato a fondo dal Lavoisier e da L. N. Vauquelin; trattò anche la formazione del fosfato ammonico magnesiaco. Descrisse poi la preparazione del ferrocianuro di potassio e le modalità da seguire per il suo impiego nella ricerca analitica del ferro in presenza di calcio, magnesio, ecc., come si trova, per es., nelle acque minerali.
Eseguì anche analisi di acque minerali, assai accurate per quell'epoca: notevoli quelle, effettuate con M. Donaudi, delle acque di Aix-les-Bains, in cui determinò i componenti gassosi (anidride carbonica, acido solfidrico) e, mediante l'uso di opportuni solventi e reattivi, i componenti salini; a una delle fonti di Aix sostituì il nome di eau de St.-Paul a quello di eau d'alun, perché vi aveva accertata l'assenza di allume, erroneamente riscontrato, invece, da precedenti analisti. Altre ricerche di analisi chimica applicata riguardano le acque naturali, il sale da cucina di varia provenienza e i saponi.
Al B. va soprattutto, però, il merito di avere segnalato i principali prodotti minerari del suolo piemontese e di avere formulato proposte concrete per la loro utilizzazione.
Egli fu uno dei primi a pubblicare notizie sulle rocce delle valli di Lanzo, d'Aosta e di altre valli delle Alpi piemontesi, in cui rinvenne grafite e minerali di cobalto, manganese, bismuto, titanio; fu tra i primi a trovare il titanio in minerali italiani nella val d'Aosta (1808). Descrisse anche alcuni minerali da lui trovati in Piemonte, e che denominò peridoto-idocrasio, mussite, alalite e topazolite Journal de Physique, LXII [1806], pp. 409-428). Ai suoi studi mineralogici si ricollega l'analisi della turchese orientale, il cui colore verde-azzurro trovò essere dovuto al rame; riuscì anzi a preparare una specie di turchese, incorporando un sale di rame in un minerale incolore che aveva trovato in Piemonte e analizzato: l'idrofane.
Il B. fu tra i primi, col Gioanetti, a descrivere il fenomeno della soprafusione: avendo fatto cristallizzare e successivamente fondere acido acetico molto puro, ottenuto dall'acetato di rame, notò che si manteneva fuso fino a −2º C, cioè parecchi gradi al di sotto del suo punto di fusione (17 ºC), ma cristallizzava non appena si apriva la bottiglia in cui era contenuto. Altri lavori riguardano sostanze vegetali: la tintura di petali di malva (che usò come reattivo per i bicarbonati dei metalli alcalino-terrosi), la materia albuminosa dei petali di centaurea, l'olio di noce, le sostanze contenute nella segale cornuta, ecc.
In altri scritti, brevi e di minor impegno, il B. si occupò di problemi agronomici, utilizzando anche i risultati che nella pratica di coltivatore andava facendo il fratello Angelo a Centallo. Nel Saggio sulle cagioni recenti della minor produzione in bozzoli e in sete nel Piemonte e sui mezzi di rimediarvi (in Mem. d. Soc. centr. di Agricoltura, 1801, parte II, pp. 76-86), riferendosi alla preoccupante diminuzione di raccolto accusata negli ultimi tempi dai bachicultori dell'Italia settentrionale, tentava d'individuarne le cause nella recente diffusione di una nuova specie di gelso, importata dalla Spagna. Così ancora in un Saggio sulla Meliga (in Calend. georgico, 1811, pp. 44-48) rivelava una preoccupazione di ordine pratico, quando raccomandava un certo tipo di coltura della meliga, avendo rilevato come, a causa di ciò, la specie cambiasse notevolmente le sue caratteristiche; non si soffermava sulle cause profonde di questa trasformazione, ma questo sarebbe stato pensiero prematuro per la scienza biologica del tempo. In Storia di quattro persone che morirono avvelenate dai funghi..., ibid., 1798, pp. 149-163, è presente il carattere dello sperimentatore che aveva cercato di isolare il principio velenoso contenuto in Amanita phalloides, e probabilmente in parte vi era riuscito anche se, per una più chiara indicazione in questo senso, si dovranno attendere gli studi del Vittadini nel 1835 e del Robert nel 1891.
Il B. lasciò anche pubblicazioni di carattere medico: una riguarda un'epizoozia che aveva fatto strage di bovini in Piemonte (Pensieri sulla cura dell'epizoozia che regna ora in Piemonte, Torino 1805), un'altra la vaccinazione antivaiolosa in Piemonte (Observations relatives aux progrès de la vaccination en Piémont, in Mémoires de l'Académie des Sciences di Torino, XVI [1807], p. XCVIII), Fu il primo a impiegare l'acido acetico per uso esterno come vescicatorio, nel mal di denti e in varie altre affezioni, fra cui il cancro (1788-1789).
Le memorie sugli argomenti sopra ricordati e su altri studi sono pubblicate, quasi tutte in francese sotto il nome di Bonvoisin, nelle Mém. de l'Acad. des Sciences di Torino (dal 1784 al 1811); alcune anche in Annalen der Chemie, Journal de Physique e Journal des Mines. Il B.pubblicò inoltre a Torino, tra il 1804 e il 1810, i due volumi Elementi di chimica farmaceutica e di istoria naturale e preparazione de' rimedi, ad uso della Scuola speciale di Medicina di Torino, in cui sono trattati non solo prodotti di interesse farmaceutico, ma anche altri d'interesse merceologico e industriale; la loro descrizione è intercalata con notizie varie di storia naturale: l'opera viene considerata (Guareschi) come il primo trattato di chimica italiano che meriti di essere ricordato.
Bibl.: G. G. Bonino, Biografia medica piemontese, II, Torino 1825, pp. 585-596 (con elenco delle pubblicaz.); S. De Renzi, Storia della medicina ital., V, Napoli 1848, pp. 41, 88, 107 s., 237, 535, 679, 810, 901; I. Guareschi, Supplemento annuale alla Encicl. di chimica, XXVI, Torino 1910, pp. 447-453 (con elenco delle pubblicazioni).