CERIOLI, Costanza Onorata (suor Paola Elisabetta)
Nacque a Soncino (Cremona) il 28 gennaio del 1816, sedicesima figlia del conte Francesco e di Francesca Corniani. Appartenente a una famiglia agiata, proprietaria di vasti possedimenti agricoli nella zona e di una filanda di seta, non ebbe un'infanzia felice. Allevata con severità eccessiva, che talvolta sconfinava nella durezza, dalla madre, una donna bigotta, ligia a una concezione del cattolicesimo rigida ed esteriore, essa crebbe tra continue mortificazioni. Costretta a una vita di isolamento, che ebbe come risultato di forgiarle un carattere timido e un corpo delicato e leggermente curvo, la C. ai giochi mostrò presto di preferire le visite in chiesa, la lettura di libri di pietà e la contemplazione di immagini devote.
Ricevuta in casa la prima istruzione, a dieci anni fu inviata nel collegio delle visitandine di Alzano Lombardo. Qui, in un ambiente aristocratico e sottoposto alle regole ispirate all'insegnamento di s. Francesco di Sales e di Giovanna de Chantal, rimase sei anni, distinguendosi, oltre che nei normali studi, per la sua abilità nella musica, nella pittura e nel ricamo. Rientrata in famiglia nel 1832, fece per alcuni anni una vita ritiratissima, divisa tra il lavoro al telaio e le letture della Sacra Scrittura e di altri libri edificanti. Grazie a una perfetta conoscenza della lingua francese, poté conoscere profondamente le opere di s. Teresa di Gesù e di s. Francesco di Sales.
Nel 1835 i genitori decisero di darla in sposa al vedovo sessantenne Gaetano Buzecchi, ricco possidente senza figli, che al proprio patrimonio aveva aggiunto quello della defunta moglie Teresa Tassis. Dopo qualche esitazione, dovuta alla ritrosia a lasciare lo stato verginale, la C. lo sposò il 30 apr. 1835, trasferendosi a Comonte. Dal matrimonio nacquero tre figli: Carlino (20 ott. 1837-16 genn. 1854), Raffaele (9 nov. 1838-6 ag. 1839) e un terzo, nato il 22 nov. 1842 e morto lo stesso giorno.
La C., nella vita familiare, riverso ogni cura affettuosa verso il figlio Carlino, mentre per il marito, ormai troppo anziano e di carattere bizzarro e scontroso, nutriva sentimenti di devozione filiale, dettati più che altro da un rigoroso senso del dovere. Nel 1854, perso prima il figlio, e poi, il 25 dicembre, il marito, la C., diventata proprietaria di un vastissimo patrimonio, cominciò a versare molte delle sue sostanze in opere di beneficenza, elemosine e messe di suffragio per i suoi defunti. Era ancora incerta sulla via da prendere. In un primo tempo redasse un testamento, che destinava una cospicua rendita per la fondazione di un orfanotrofio maschile da intitolare al figlio; poi, in un successivo testamento, stabilì che i beni di Comonte sarebbero andati a una congregazione di missionari e quelli dotali di Soncino a un istituto di fanciulle orfane e traviate da affidarsi alle figlie del Sacro Cuore. Frattanto regalava tutti i suoi gioielli alla Vergine del Miracolo nel santuario di Desenzano e molte suppellettili di valore a varie chiese dei dintorni.
Dopo aver tentato anche di dedicarsi alla vita monastica, trascorrendo un periodo di ritiro nel convento delle figlie del Sacro Cuore di Gromo e un altro presso le monache canossiane, rientrò nella sua casa, dove iniziò a raccogliere orfanelle e ad organizzare una scuola rurale. Confortata nell'iniziativa dal vescovo di Bergamo, monsignor Speranza, la C. proseguì la sua iniziativa che sfociò nella fondazione dell'istituto della Sacra Famiglia con lo scopo di allevare le orfane e di istruirle nell'agricoltura. Fissate delle prime regole per l'istituto, la C. prese i voti l'8 febbr. 1857 e l'8 dicembre dello stesso anno nacquero ufficialmente le suore della Sacra Famiglia.
Le regole, fissate in un Direttorio composto dalla C. tra il 1860e il 1862, furono approvate dal vescovo di Bergamo il 27 giugno 1862,lodate da Pio IX il 15 luglio 1868e approvate definitivamente da Leone XIII il 22 sett. 1896.Lo scopo dell'opera obbediva a esigenze eminentemente conservatrici in campo sociale: esaltare la superiorità della semplice vita dei campi nei confronti del modello di vita più libero introdotto nelle città in conseguenza della rivoluzione industriale e prevenire e combattere la penetrazione delle idee "socialiste" nelle campagne. Le fanciulle, secondo le parole della C., dovevano essere istruite "in un'arte sì ricca e feconda di tanti vantaggi quale è quella di coltivare i campi, educate nella semplicità e nell'innocenza, con massime e sentimenti conformi alla loro professione" in modo "da spargersi un giorno nel mondo quale semente caduta dal Cielo e restituire con l'amore alla fatica ed il gusto alla vita campestre l'innocenza dei costumi la semplicità delle maniere la buona fede delle parole l'abbondanza e la pace nelle famiglie e così arrivare a quell'unica felicità campestre da tutti sì decantata, ma che gli uomini sono sì lungi dal possedere..." (Federici, p. 166).
All'apertura della casa di Comonte seguì nel 1862 quella di un'altra casa a Soncino nella sua proprietà di Villa Campagna, cui si aggiunse nel 1863 l'ex convento di S. Maria delle Grazie già dei frati carmelitani. La C. ritenne necessario nel 1862 promuovere anche la fondazione di un'opera maschile, in quanto affermava che "la riforma della classe contadina è più necessaria agli uomini che alle donne, perché è l'uomo che deve stare a capo della famiglia" (Federici, p. 237). Aiutata da un laico, Giovanni Capponi, poté aprire il primo istituto maschile a Villa Campagna il 3 nov. 1861, la cui direzione sarà assunta dal sacerdote monsignor Valsecchi. Nello stesso 1863 si aprì una nuova casa e scuola femminile a Leffe (Bergamo) e nel 1868 a Martinengo si aprirà la casa madre dell'istituto maschile. Ma la C., malata di artrite provocata da una deformazione scheletrica, morì per un grave scompenso cardiaco il 24 dic. 1865 a Comonte di Seriate (Bergamo).
Lasciò numerosi scritti inediti: Epistolario; Direttorio; Catechismo e lezioni di storia sacra per le orfanelle; Modo di apparecchiare le ragazze alla confessione; Piccole meditazioni e riflessioni per le Figlie di S. Giuseppe; Due parole ad una alunna nel giorno del suo matrimonio; e un'opera edita, le Memorie ad una allieva la vigilia di sua partenza per entrare al servizio d'una casa privata (Bergamo 1866), in cui si trovano esempi significativi dei fini dell'educazione impartita dalla C.: "Riconosci nei tuoi padroni l'autorità di Dio; sii ad essi obbediente, fedele e sottomessa in tutto ... Ricordati che sei nata povera, povera fosti allevata, e povere furono sempre le tue occupazioni...".
Il processo ordinario per l'introduzione della causa di beatificazione, iniziato dal vescovo di Bergamo, Guindani, si concluse nel 1919. Il 14 marzo 1919 Benedetto XV firmò il decreto di introduzione della causa. Il 2 luglio 1939Pio XIIemanò il decreto sull'eroismo delle virtù della C. e la proclamò venerabile. Nel 1950 la C. fu proclamata beata.
Bibl.: G. Boni, Suor Paola Elisabetta, al secolo nob. C. C. vedova Busecchi Tassis, Bergamo 1934; E. Federici, Suor Paola Elisabetta C. vedova Buzzecchi-Tassis, fondatrice degli Istituti della Sacra Famiglia di Bergamo, Isola del Liri 1948; Enciclopedia cattolica,III, col.1320; Dizionario degli Istituti di perfezione, II, coll. 771 s. (con ulter. bibl.).