COSTANZA di Francia
Nata dalle seconde nozze di Filippo I re di Francia con Berta, figlia di Fiorenzo conte di Olanda, come la maggior parte delle donne del mondo medievale, non entra in una dimensione storica che al momento del suo matrimonio. Non conosciamo la data della sua prima unione con Ugo (I) conte di Troyes (1093, secondo M. Bur; 1097, secondo A. Fliche: date ambedue puramente ipotetiche), ma soltanto che da essa non ebbe figli. Questa fu verosimilmente la ragione per cui il padre della giovane la sottrasse al suo sposo e chiese l'annullamento del matrimonio. Il motivo invocato fu la consanguineità; C. e Ugo erano effettivamente parenti di quarto grado secondo il diritto canonico, cosa che non era certo ignota alla Chiesa quando essi si erano sposati, comunque l'unione fu annullata il Natale del 1105.
C. non restò tuttavia a lungo nubile. Le difficoltà incontrate dallo Stato poco prima fondato ad Antiochia le procurarono un secondo marito. Il principe Boemondo figlio di Roberto il Guiscardo duca di Puglia, Calabria e Sicilia, arrivato in Francia alla fine del febbraio 1106 per reclutare truppe fresche destinate a consolidare il suo principato, le fu dato come sposo a Chartres, in una data situabile fra il 25 marzo del 1106, giorno di Pasqua, e il 26 maggio, quando venne tenuto un concilio a Poitiers. Boemondo era molto più anziano di C. essendo nato fra il 1051 e il 1058. Dal loro matrimonio nacquero due figli: il maggiore, Giovanni, morì "ante annos militie" (Suger); il secondo, Boemondo (II), di poco minore del primo, fu concepito prima dell'ottobre 1107, data della partenza del padre per la sua impresa contro Bisanzio, che si concluse sfortunatamente a Durazzo e lo costrinse nel settembre del 1108 al trattato di Deabolis con l'imperatore Alessio Commeno.
Abbandonando al basileus i resti della sua armata, Boemondo rientrò in Puglia, dove doveva rimanere fino alla sua morte, sopravvenuta a Canosa il 7 marzo 1111. C., secondo le ultime volontà del defunto marito, si assunse allora il compito di amministrare i possedimenti italiani del principe d'Antiochia, come tutrice del figlio di tre anni ("Boamundi invictissimi Antiocheni principis... auctoritate agens plenariam potestatem et vicem filii mei aduc pueri" si legge nell'atto con cui C. confermò una donazione all'arcivescovo di Bari nel 1117: Cod. dipl. barese, V, n. 64, p. 111). Non si conosce quali affari la condussero alla corte bizantina, ma il primo dei documenti che ci sono pervenuti di "Constancia regis Francorum filia et quondam illustris viri Boamundi Antioceni principis uxor" è datato al dicembre 1112 da Costantinopoli. È tuttavia molto probabile che la debole situazione in cui si trovavano i suoi possedimenti e il desiderio di potenza dei feudatari locali l'avessero spinta a richiedere l'aiuto dell'imperatore d'Oriente e forse anche il ritorno degli antichi commilitoni di suo marito, rimasti dopo il 1108 al servizio di Bisanzio. Questi passi ebbero scarso successo, poiché nei primi giorni del 1113 i cavalieri di Bari si sollevarono e si dettero per capo l'arcivescovo della città, dopo essersi impadroniti di Sichelgaita, madre di Roberto, conte di Conversano.
Il potente comitato di Conversano, che, con Bari e la penisola salentina, costituiva il dominio lasciato nel 1088 dal duca Ruggero al fratellastro Boemondo, sembra proprio essere stato la causa delle difficoltà cui dovette far fronte Costanza. La reazione alla rivolta di Bari non venne infatti da lei, né dal duca di Puglia Guglielmo, bensì da Roberto, conte di Conversano. Bisogna dunque dedurre che erano state le iniziative illegittime di quest'ultimo che portarono l'arcivescovo di Bari ad assumersi la responsabilità del movimento di protesta, visto che nessuna delle autorità costituite si decideva ad opporsi all'azione del conte.
È soltanto all'inizio del 1116 che C. prese l'iniziativa di una campagna militare nella parte meridionale dei suoi Stati. Al conte Roberto, morto poco dopo gli avvenimenti del 1113, era successo il fratello cadetto, Alessandro, che il cronista Romualdo di Salerno qualifica "comes Barensis". Fu lui che C. affrontò, con lo aiuto dello stesso fratello di Alessandro, Tancredi, conte di Brindisi, di Goffredo il Bretone, connestabile ducale, e Onfredo di Gravina. In un primo momento l'avventura volse male per C., che fu fatta prigioniera e detenuta alcune settimane da Alessandro. Ma alla fine del 1116 C. recuperò tutti i suoi diritti su Bari, dopo averne concesso la quarta parte a Tancredi in ricompensa del suo aiuto (così risulta nel già ricordato atto del 1117 in Cod. dipl. barese, V, n. 64, pp. 111 s.): due documenti del gennaio e del settembre 1118 confermano la sua sovranità sulla capitale pugliese (ibid., I, nn. 39-402 pp. 73-78). Ma nei mesi immediatamente successivi la situazione di Bari mutò profondamente. Nella lotta tra le fazioni cittadine prevalse quella guidata da Grimoaldo Alferanite che si proponeva di porre fine al dominio normanno. A tal fine Grimoaldo doveva cacciare C.: si alleò allora con i suoi nemici, in primo luogo con Alessandro di Conversano. Nell'agosto del 1119, per il tradimento di una fazione di abitanti di Giovinazzo, C. cadeva prigioniera del conte di Conversano e di Grimoaldo di Bari; ci volle l'intervento personale di Callisto II perché ella recuperasse la libertà nel corso del novembre 1120 (Annales Ceccanenses, in Monumenta Germ. Hist., Scriptores, a cura di G. H. Pertz, XIX, Hannoverae 1866, p. 282). Frattanto il conte Alessandro aveva lasciato che Grimoaldo e la milizia urbana dei cittadini di Bari si sottraessero alla tutela normanna. Ormai, per più di dieci anni, la città doveva restare sotto il potere del "principe" Grimoaldo Alferanite con la benevola complicità del conte di Conversano, senza reazione alcuna da parte di Guglielmo o di Costanza.
Costei si stabilì a Taranto, da dove amministrò ancora per qualche anno quanto aveva potuto conservare dei possedimenti italiani di Boemondo. La sottoscrizione che ella apponeva nel settembre del 1124 a un documento del figlio Boemondo (II), divenuto maggiorenne, in favore del monastero di S. Elia di Carbone, è l'ultima sua testimonianza che ci sia pervenuta. In un atto del gennaio 1126, diretto al medesimo monastero, il giovane principe affermò che "mossa da un pio desiderio, ella si era portata a Gerusalemme, dove era spirata". Il Necrologium del Cod. Casin. 62 data la sua morte a un 14 settembre, che conseguentemente si deve situare nel 1125.
Di C. sono rimasti gli atti di alcune donazioni in favore dei vescovi di Bari e di Giovinazzo e di chiese dell'Italia meridionale. Si ricordano quella del 1113 in favore della cattedrale di Giovinazzo, quella del 27 ag. 1113 e del 30dic. 1116 per l'arcivescovo di Bari, quella dell'aprile 1114 a S. Benedetto di Montecassino, del febbraio 1115 a S. Lorenzo di Aversa, del marzo dello stesso anno a S. Maria di Nardò, dell'ottobre 1118 a S. Pietro della Magna Isola di Coradi e dell'ottobre 1122 alla SS. Trinità di Cava.
Fonti e Bibl.: Anonyrnus Barensis, Chronicon, in L. A. Muratori, Rerum Italic. Script., V, Mediolani 1724, col. 155; Excerpta ex martyrologio et necrologio Casinensi, ibid., VII, ibid. 1725, col. 945; Romualdi Salernitani Chronicon, in RerumItalic. Script., 2 ediz., VII, 1, a cura di C. A. Garufi, pp. 206, 208, 210; E. Gattola, Ad historiam abbariae Cassinensis accessiones, Venetiis 1734, pp. 231 s.; Chronicon Cavense, in Monum. Germaniae Hist., Scriptores, a cura di G. H. Pertz, III, Hannoverae 1939, p. 191; Ordericus Vitalis Historia eccles., a cura di A. Le Prevost, Parisiis 1838-1855, II-IV, ad Ind.; R. Neapol. Archivii Monum., VI, Neapoli 1900, pp. 1-3; P.Guillaurne, Essai historique sur l'abbaye de Cava, Cava 1877, App., pp. XXVI s.; H. F. Delaborde, Chartes de Terre Sainte..., Paris 1880, p. 25; Codice diplom. barese, a cura di F. Nitti di Vito, I, Bari 1897, pp. 72-78; II, ibid. 1899, p. 205; V, ibid. 1902, pp. III s.; Annales de St-Aubin d'Angers, a cura di L. Halfen, in Recueil d'annales angevines et vendómoises, Paris 1903, p. 44; Annales dites de Renaud, ibid., p. 89; Annales de St-Serge, ibid., p.94; Suger, Vie de Louis VI le Gros, a cura di H. Waquet, Paris 1929, pp. 49-51; G. Guerrieri, I conti normanni di Nardò e di Brindisi, in Arch. stor. per le prov. nap., XXVI(1901), pp. 310 s.; F. Tanzi, L'Archivio di Stato di Lecce, Lecce 1902, pp. 136-138; A. Fliche, Le règne de Philippe Ier roi de France, Paris 1912, p. 86; G. Robinson, History and Cartulary of the Greek Monastery of St. Elias and St. Anastasius of Carbone, in Orient. Christ., XV (1929), pp. 246-250, 257-261; A. Di Meo, Annali critico-diplom. del Regno di Napoli della mezzana età, IX, Napoli 1804, pp. 179, 217 s.; F. Carabellese, L'Apulia e il suo Comune nell'alto Medio Evo, Bari 1905, pp. 396-398; F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, I-II, Paris 1907, ad Indicem; S.La Sorsa, Storia di Puglia, II, Bari 1953, pp. 200, 207; M. Burg, La formation du comté de Champagne, Lille 1977, pp. 273-274.