COSTANZA d'Aragona, regina di Cipro e di Gerusalemme, poi regina d'Armenia
Nacque nel 1304, figlia primogenita del re di Sicilia Federico II (o III) d'Aragona e della regina Eleonora d'Angiò. Il nome, che le venne imposto in onore della nonna paterna, era un richiamo alla tradizione di grande significato politico, per essere appartenuto, oltre che alla vedova di Pietro III d'Aragona e figlia del re Manfredi, a Costanza d'Altavilla, figlia di Ruggero II e moglie di Enrico VI di Svevia, le due regine, cioè, attraverso le quali i sovrani aragonesi facevano discendere il loro contestato diritto alla corona siciliana.
Già nel 1307, alla Curia pontificia si iniziò a considerare e trattare il suo matrimonio. Nel 1310, su suggerimento dell'arcivescovo di Palermo, Bartolomeo di Antiochia, all'insaputa forse di re Federico, furono proposte le nozze di C. con un fratello del re di Castiglia, Filippo. L'andamento delle trattative era seguito dal re d'Aragona, lo zio Giacomo II, che ne veniva informato dall'arcivescovo di Monreale e che sembra vi si opponesse. Al messo giunto in Sicilia per il matrimonio, Federico II dette dapprima una risposta interlocutoria. Nel gennaio 1311 rispose però negativamente ai sovrani castigliani, perché C. (aveva appena sette anni) era ancora troppo giovane e Federico dichiarava di voler comunque lasciare liberi i propri figli di scegliere tra il matrimonio e la vita monastica.
C. non era tuttavia destinata ad entrare in convento. Nel 1317 andò infatti in sposa al re di Cipro e di Gerusalemme, Enrico II di Lusignano.
La conclusione del matrimonio rispondeva ad interessi politici ed economici, che si nutrivano nei confronti di Cipro tanto alla corte di Barcellona, quanto a quella di Palermo. Era in gioco la successione sul trono cipriota. L'isola, dopo la caduta di Acri, aveva visto crescere grandemente la propria importanza politica, strategica ed economica e conseguentemente l'interessamento di tutte le potenze marinare e la presenza di mercanti, principalmente veneziani e genovesi, ma anche catalani. Già nel 1315, due anni prima dell'unione di C. con Enrico II, l'interesse aragonese per Cipro aveva trovato manifestazione e concretizzazione in un altro matrimonio, tra lo stesso re d'Aragona, Giacomo II, e Maria di Lusignano, sorella maggiore del re cipriota.
C. giunse nell'isola di Cipro scortata da sei galee siciliane e accompagnata dal vescovo di Limassol, che era andato a prendere la sposa in Sicilia. Il 4 ott. 1317 sbarcava nel porto di Famagosta. Accolta con grande magnificenza e festeggiamenti in tutta l'isola, il 9 ottobre raggiungeva Nicosia. Il 16 veniva celebrato il matrimonio. C. venne incoronata regina di Cipro a Nicosia, e a Famagosta regina di Gerusalemme.
Nel novembre 1324 C. rimase vedova. Dall'anziano marito non avrebbe avuto figli, anzi, secondo la tradizione siculo-aragonese, il matrimonio non sarebbe stato consumato. Secondo un'altra fonte, avrebbe invece avuto un figlio, che sarebbe però morto poco dopo la nascita. Alla propria, delicata situazione personale, nella quale venne a trovarsi a Cipro dopo la morte del re Enrico, C. aveva subito interessato anche lo zio re d'Aragona. Su richiesta della nipote, Giacomo II si rivolse infatti in suo favore al nuovo re cipriota, Ugo IV. Anche Federico II e il figlio Pietro II, già nel dicembre 1324, interessarono Giacomo ai problemi creati dalla vedovanza di C., inviandogli allo scopo lo stesso confessore della regina, il domenicano Domenico Turpini, che sappiamo attivo alla corte aragonese ancora dopo il maggio 1326. C. era stata intanto chiesta in sposa da un nobile cipriota, Manfredi de Monfort. Verso l'aprile del 1325 gli ambasciatori ciprioti alla Curia avignonese chiesero la dispensa pontificia per il matrimonio, dato il rapporto di affinità esistente in terzo grado. La dispensa fu però negata da Giovanni XXII su pressione del re di Napoli Roberto d'Angiò, perché, secondo gli accordi conclusi dai Ciprioti con Federico II per ottenerne il consenso al matrimonio, il dotalizio annuo, che la regina godeva a Cipro, sarebbe stato assegnato al re siciliano, il quale si temeva se ne sarebbe servito per finanziare la guerra contro gli Angioini.
Il 2 marzo 1326 C. si imbarcò a Famagosta per tornare in Sicilia. Nel 1328 le veniva proposto un nuovo matrimonio, col cugino Pietro d'Aragona, conte d'Ampurias, un figlio di Giacomo II. Ancora una volta Giovanni XXII negò recisamente la dispensa matrimoniale, nonostante le sollecitazioni di Giacomo e poi le insistenze del successore Alfonso IV, il quale si spinse fino a minacciare di fare celebrare ugualmente il matrimonio, anche senza dispensa pontificia. Si pensò allora alle nozze con un parente dell'imperatore Ludovico il Bavaro. Infine, nel 1331, C. sposò il re di Armenia, Leone V, dal quale i Siciliani ottennero, il 24 novembre, un privilegio commerciale. Fu con lui incoronata regina nella città di Tarso. Nemmeno da questo matrimonio ebbe figli. Cessavano così le speculazioni matrimoniali sul suo conto, che ne avevano accompagnato la vita fin dalla primissima giovinezza, mentre su di lei si perdono le notizie.
Fonti e Bibl.: Acta Aragonensia, a cura di H. Finke, Berlin-Leipzig 1908-1922, I, pp. 415, 440, 443; II, pp. 702 s.; Recueil des histor. des croisades. Docum. arméniens, I, Paris 1869, pp. XCIX, 671, 758; II, ibid. 1906, p. 20; F. Giunta, Cronache sicil. ined. della fine del Medioevo, in Docc. per servire alla st. di Sicilia, s. 4, XIV, Palermo 1955, pp. 90, 107; Acta Siculo-Arag., II, Corrisp. tra Federico III di Sicilia e Giacomo II d'Aragona, a cura di F. Giunta-A. Giuffrida, ibid., s.1, XXVIII, Palermo 1972, pp. 88, 216 s.; S. V. Bozzo, Note stor. siciliane del secolo XIV. Avveni menti e guerre che seguirono il Vespro dalla pace di Caltabellotta alla morte di Federico II l'Aragonese (1302-37), Palermo 1882, pp. 106, 455 s., 568 ss.; G. Golubovich, Biblioteca bio-bibiliogr. della Terra Santa e dell'Oriente francescano, II, Quaracchi 1913, pp. 172 s., 188; 111, ibid. 1919, p. 188; V, ibid. 1927, p. 161; E. Martinez Ferrando, Jaime II de Aragón. Su vida familiar, Barcelona 1948, I, pp. 164, 273; II, pp. 258, 290; F. Giunta, Aragonesi e Catalani nel Mediterraneo, II, Palermo 1972, p. 170.