RUGGIERI, Costantino
– Nacque a Sant’Arcangelo di Romagna, nella diocesi di Rimini, l’8 giugno 1714 da Francesco e da Anna Maria Teresa Rastelli di nobile famiglia perugina trasferitasi a Montegridolfo nella medesima diocesi riminese. Dopo studi di latino con un maestro di retorica, nell’ottobre 1729 si trasferì a Perugia conseguendo dopo tre anni il dottorato in giurisprudenza. Si spostò quindi a Roma nel dicembre 1732 per continuare gli studi giuridici, ma presto si interessò anche di antiquaria, di antichi documenti e, in particolare, di libri frequentando Giusto Fontanini, che dal 1697 si occupava della biblioteca del cardinale Giuseppe Renato Imperiali, importante figura curiale e collezionista di cui si ricorda la lunga prefettura della congregazione del Buon Governo.
In questo periodo Ruggieri conobbe personaggi importanti della cultura romana che gravitavano intorno al cardinale Imperiali. Inoltre l’interesse per la diplomatica lo portò a frequentare la biblioteca del cardinale Pietro Ottoboni, cancellarius di Santa Romana Chiesa, che gli affidò alcuni studi. Ruggieri si guadagnò la stima del cardinale, grande collezionista, che lo nominò direttore della sua biblioteca intorno agli anni 1735-37. A seguito di tale nomina Ruggieri dedicò al suo protettore due operette De Portuensi Sancti Hippolyti Episcopi & Martyris Sede, che ebbe una certa fortuna (apprezzata da Benedetto XIV e da Tommaso M. Mamachi) venendo poi pubblicata a cura di Achille Ruschi a Roma nel 1771, e Disquisitio de Albanensi Sancti Innocentii I Patria (Romae 1751).
Dopo la morte di Ottoboni nel 1740, la biblioteca ottoboniana fu incorporata per acquisto alla Vaticana da parte di Benedetto XIV nel 1749. In quell’anno Ruggieri scrisse le Memorie istoriche della Biblioteca Ottoboniana (pubblicate in Memorie istoriche degli archivi della Santa Sede e della Biblioteca Ottoboniana ora riunita alla Vaticana, a cura di A. Mai, Roma 1825, pp. 40-51). Intanto, già nel 1747, dovendo trovarsi un nuovo posto, Ruggieri aveva sfruttato la raccomandazione del pontefice Benedetto XIV, che lo considerava suo familiare affidandogli moltissime ricerche e lo aveva ammesso alle riunioni delle accademie ecclesiastiche che si svolgevano presso il Quirinale, per succedere all’abate Luca Nicola Recchi, nominato vescovo di Ripatransone, come direttore della biblioteca Imperiali con uno stipendio di 10 scudi mensili, carica che tenne fino alla morte.
L’ottima reputazione di cui godeva nell’ambito della famiglia Imperiali lo portò in contatto anche con la congregazione de Propaganda Fide attraverso il cardinale Giuseppe Spinelli, nominato prefetto della medesima (5 settembre 1756) e nipote del cardinale Imperiali. Spinelli, rientrato a Roma dopo la lunga esperienza di cardinale arcivescovo di Napoli, affidò a Ruggieri vari studi, ad esempio Le Osservazioni critiche sopra il Monasterio di S. Maria Vallis Iosaphat dei benedettini di Cosenza oppure La Dissertazione intorno al monastero di Bursfeld, stato di Brunswich. Come prefetto di Propaganda, Spinelli era responsabile anche per la Tipografia (o Stamperia) della congregazione, che pubblicava libri nelle lingue orientali e di tutto il mondo, e d’accordo con Niccolò Maria Antonelli (anch’egli erudito che aveva guidato la Tipografia dal 1730 ma che era stato designato segretario di Propaganda nel 1756) nominò Ruggieri soprintendente della Tipografia nel 1758.
Una delle prime attività di Ruggieri fu quella di scrivere l’importante Relazione sull’origine, regolamento e stato presente della Stamperia (Roma 1759), per la quale utilizzò i manoscritti del primo segretario della congregazione Francesco Ingoli, che era stato il più efficace promotore e sostenitore della Stamperia presso i cardinali di Propaganda.
In questo testo egli rievoca le fasi della fondazione della Tipografia (1626) con i tipografi che vi hanno lavorato, le difficoltà a stabilire una sede e l’opera di raccolta di punzoni attraverso donazioni e acquisti. Lo scritto non è affatto apologetico, anzi presenta le difficoltà dovute alla imperizia dei suoi predecessori. Ruggieri mostra ammirazione per il ruolo decisivo nel rilancio dell’istituzione da parte del primo segretario di Propaganda Ingoli (in carica dal 1622 al 1649) quando alcuni cardinali volevano chiuderla. Mostra anche la sua competenza tecnica discutendo la qualità della carta, la gettatura dei caratteri e le relative spese. Un’ultima parte illustra ampiamente l’imponente sviluppo delle tipografie che le potenze protestanti – Inghilterra, Olanda, Danimarca, Stati tedeschi – avevano finanziato in Europa e nelle loro colonie e lo paragona alle difficoltà della Stamperia di Propaganda di cui rivendica comunque il grande patrimonio tipografico di caratteri di stampa e la relativamente modesta spesa per tenerlo aggiornato e all’altezza della concorrenza protestante.
Rispondendo a sollecitudini di Antonelli, curò la stampa di opere in greco e in armeno. Inoltre migliorò la sistemazione della Tipografia, acquisendo caratteri nuovi tramite donazioni o prelevandoli da altre tipografie meno attive come la Vaticana o dalla fonderia di Urbino. Acquistò nuovi torchi e fece restaurare gli antichi punzoni arabi e indiani. La Tipografia di Propaganda arrivò a disporre di 27 tipi di caratteri e conobbe un momento di grande ripresa, in particolare rispetto alle lingue dell'India, che dopo Ruggieri proseguì con Giovanni Cristoforo Amaduzzi, che fu anche il suo biografo. Sotto la preziosa guida di Ruggieri mosse i primi passi nella Tipografia di Propaganda Giambattista Bodoni, giunto a Roma nel 1758 dalla natia Saluzzo, specializzatosi nell’incisione e nella composizione di alfabeti delle lingue orientali, che studiò pur superficialmente alla Sapienza.
Malgrado l’indubbio successo e la fama, in Ruggieri iniziò a manifestarsi quella 'melancholia' che si aggravò dopo la morte di Spinelli (12 aprile 1763) attraverso debolezza di corpo e di mente. Consigliato dagli amici di fare un viaggio per riprendere energie e spirito, partì nell’ottobre 1763 insieme all’amico Agostino Antonio Giorgi, frate agostiniano che nel 1759 aveva scritto l’introduzione a un alfabeto tibetano. Recatosi a Todi presso il vescovo, il nobile riminese Francesco Maria Pasini, passò poi a Perugia e ad Assisi dove incontrò numerosi conoscenti. Tuttavia ad Assisi ebbe delle crisi di vomito e di debolezza dovuta al non trattenere il cibo. Fu deciso di tornare a Roma dove Ruggieri arrivò l’8 novembre, in pessime condizioni fisiche e mentali, come constatò personalmente Amaduzzi il giorno seguente.
Morì l’11 novembre 1763 suicidandosi con un colpo di pistola alla gola nella campagna subito fuori Roma. Soccorso da un servo di casa Imperiali, assistito spiritualmente da sacerdoti che vi vivevano e visitato forse anche da Bodoni, visse una breve agonia durante la quale, pur semincosciente, si pentì dei suoi peccati e ricevette l’assoluzione. La notizia del suicidio circolò rapidamente per Roma e stupì per il modo in cui un uomo stimato e ritenuto un buon cristiano si fosse dato la morte. Il giorno dopo la cerimonia funebre fu tenuta nella basilica dei Santi XII Apostoli dove la salma fu tumulata.
Nella sua vastissima produzione, a volte sotto lo pseudonimo di Niceta Alethofilo, non è facile trovare un filo conduttore, dall’edizione di manoscritti greci alle curiosità antiquarie, da dettagliate analisi di specifici episodi storici a studi su vite dei santi fino a erudite Osservazioni sopra l’uso e la forma degli ombrelli appresso gli antichi, tanto gentili, quanto Cristiani indirizzata al teatino Paolo Maria Paciaudi in risposta a un suo testo. Il dato comune di questi studi è l’analisi dei documenti e la loro pubblicazione che fa emergere la vocazione di archivista e bibliotecario di Ruggieri. Dal testo di Amaduzzi ricaviamo anche una descrizione fisica che evidenzia la sua miopia e la posizione della testa reclinata verso sinistra dovute all’incessante attività di lettura. Per la triste fine, Amaduzzi lo annovera «in seriem Infelicium Litteratorum», pur se nomina in una lista lunghissima (1770, pp. 86-93) i numerosissimi amici e ammiratori tra cardinali (oltre ai veri e propri protettori come Ottoboni, Spinelli e lo stesso Benedetto XIV), quali Domenico Passionei, Alberico Archinto, Fortunato Tamburini; presuli e laici nobili e molti membri di ordini regolari e eruditi secolari (Ludovico Antonio Muratori, Johann Joachim Winckelmann, Tommaso Maria Mamachi, Giuseppe Garampi, Paolo Maria Paciaudi, Anselmo Costadoni). A conferma dell’impressione che la morte suicida di Ruggieri produsse nell’ambiente romano c’è la testimonianza immediata di Winckelmann che fornisce anche una descrizione assai vivace del suo carattere, lontana da uno stereotipo di mite e riservato erudito bibliotecario: «Ricevo […] la trista notizia che uno dei migliori amici ch’avessi al mondo, e il migliore certo in Roma, è uscito di questa vita alla maniera degli inglesi, dandosi una pistolettata fuori di città. Egli è l’abate Ruggieri […] uomo che parlava molto e con assai fuoco. La mia amicizia per lui era una vera passione, e non credo che si possa essere amico più di quello che io gli era. A lui mi legavano il cuore e l’intelletto; ed il mio spirito al ritrovarlo volavagli incontro. La sua amicizia eguagliava la mia» (lettera di Winckelmann a un amico zurighese, scritta il 12 nov. 1763, cit. in Romani, 2013 p. 80.)
Fonti e Bibl.: Fondamentale per la biografia di Ruggieri resta G.C. Amaduzzi, Commentarius in vitam viri cl. Constantini Ruggerii civis archangeliani, et Romae Imperiali Bibliothecae Praefecti (1767), in Nuova raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, XX, Venezia 1770, pp. 47-104, nella quale vengono elencate in extenso e descritte le varie opere di Ruggieri. Dati bio-bibliografici anche in Biografia universale antica e moderna, IL, Venezia 1829, pp. 359 s. (che tuttavia riporta una data di morte sbagliata di Ruggieri, il 1766, già presente nella versione francese della Biographie universelle ancienne et moderne, IL, Paris 1825, pp. 291-293 e rimasta fino a oggi nel sito della Biblioteca nazionale di Parigi: https://data.bnf.fr/fr/10535437/costantino_ruggieri/ (18 giugno 2019). Inoltre, Lettere d’uomini illustri a cura di G. Nardinocchi, in Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti, 1841, vol. 90, pp. 327-330; 1842, vol. 91, pp. 255-317 e vol. 92, pp. 236-258 (si tratta delle lettere di Ruggieri ad Anselmo Costadoni); Lettere inedite di Ludovico Antonio Muratori all’abate C. R., a cura di G. Ghinassi, Faenza 1864; W. Henkel, Die Druckerei der Propaganda Fide im Dienste des Glaubensverbereitung (II), in Communicatio Socialis, IX (1976), 4, pp. 218-220; W. Henkel, Der Bericht C. Ruggeris über die Druckerei der Propaganda Fide von 1759, in Id., Der Druckerei der Propaganda Fide. Eine Dokumentation, Padernborn 1977, pp. 67-106; F. Cancedda, Figure e fatti intorno alla biblioteca del cardinale Imperiali, mecenate del ‘700, Roma 1995, pp. 53, 60 s., 91, 99, 100, 122, 126-134; V. Romani, L’Oratio Dominica di Giambattista Bodoni, in Bibliothecae.it, II (2013), 2, pp. 80 s., che cita J.J. Winckelmann, Opere, X, Prato 1833, pp. 18 s. (prima ed. italiana).