PATRIZI NARO, Costantino
PATRIZI NARO, Costantino. – Nacque a Siena il 4 settembre 1798 dal marchese Giovanni e da Cunegonda, figlia del principe Saverio di Sassonia.
Appartenente a una famiglia di antica nobiltà senese trasferitasi da tempo a Roma, egli nacque a Siena poiché lì i genitori si erano rifugiati per sottrarsi alla Repubblica romana. Anche la successiva invasione napoleonica trovò i Patrizi Naro sul fronte antifrancese. Dopo il rifiuto di inviare due figli nel collegio militare di La Fleche, Giovanni subì la confisca dei beni e la deportazione a Fenestrelle, nei pressi di Torino, dove fu compagno di prigionia del cardinale Bartolomeo Pacca, che lo ricorda nelle sue memorie. Nel frattempo il resto della famiglia aveva abbandonato Roma per farvi ritorno agli inizi del 1814. Nel luglio dello stesso anno Patrizi Naro ricevette la prima tonsura e nel 1821 fu ordinato sacerdote. Dottore in utroque iure e protonotario apostolico nel 1819, iniziò la sua carriera nei gradi intermedi della burocrazia ecclesiastica, cumulando numerose cariche (ponente del Buon Governo, reggente del tribunale della Penitenzieria apostolica, referendario di entrambe le Segnature, uditore di Rota).
I legami familiari con la grande nobiltà romana, all’interno della quale venivano ancora selezionati molti membri dell’alta gerarchia della Chiesa, e l’appartenenza a determinati circoli ecclesiastici molto influenti nella corte pontificia, come quello del cardinale tradizionalista Paolo Polidori a cui apparteneva anche Giovanni Maria Mastai Ferretti, il futuro Pio IX, gli consentirono una rapida carriera. Appena trentenne fu consacrato arcivescovo in partibus di Filippi (1828) per essere subito dopo scelto come nunzio apostolico in Toscana (1829), carica che non assunse a causa della morte di Leone XII, che ve lo aveva chiamato. Fu Gregorio XVI a volerlo nella ristretta cerchia dei collaboratori del papa, nominandolo maggiordomo e prefetto dei Palazzi apostolici (1832); in questa veste riordinò musei e gallerie della Casa pontificia e ne riformò le cerimonie. Sempre Gregorio XVI lo scelse come cardinale in pectore (1834), nominandolo cardinale presbitero del titolo di S. Silvestro in Capite l’11 luglio 1836.
Entrato nel Sacro collegio, iniziò una rapida ascesa che lo portò ai vertice dei principali dicasteri della Curia romana. Dal 1839 al 1841 fu prefetto della Congregazione dei vescovi e regolari; nel dicembre del 1841 fu nominato cardinal vicario. In questa veste fu estensore del Regolamento provvisorio di procedura criminale pel Tribunale del Vicariato (1842), per mezzo del quale fu amministrata la giustizia criminale nel Tribunale diocesano di Roma. Nel 1846 entrò nel conclave che portò all’elezione di Pio IX, conservando fino alla votazione decisiva un certo numero di suffragi. Ciò non gli impedì di divenire uno dei principiali collaboratori del nuovo papa, che lo mantenne alla guida del Vicariato di Roma nonostante le numerose incombenze a cui lo chiamò nel corso di tre decenni del pontificato.
Dal 1854 fu prefetto della Congregazione dei riti. Nel 1856, come rappresentante del papa si recò a Parigi per tenere a battesimo il figlio di Napoleone III. Resse la Congregazione del S. Uffizio, come segretario, dal 1860 alla morte; fu prefetto della Congregazione per la residenza dei vescovi, della Visita apostolica e degli Studi; fu membro della Congregazione concistoriale, del concilio, della disciplina dei regolari, dello stato dei regolari, dell’esame dei vescovi in teologia e diritto canonico. Fu, inoltre, cardinale protettore di numerosi ordini religiosi, confraternite, accademie ecclesiastiche e laiche, istituzioni ecclesiali di varia natura.
Anche la sua attività pastorale, come arciprete, abate e vescovo residenziale fu intensa. All’inizio degli anni Trenta fu abate dell’abbazia nullius dei Ss. Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane, incarico che mantenne fino al 1844. Nel 1845 divenne arciprete della basilica di S. Maria Maggiore e, dal 1867, anche della basilica di S. Giovanni in Laterano. Nel 1849 fu nominato cardinale vescovo della diocesi suburbicaria di Albano, titolo poi trasferito nella diocesi di Porto e Santa Rufina (1860) e, in seguito, nelle altre due diocesi suburbicarie di Ostia e Velletri (1870), che resse fino alla morte.
Patrizi Naro fu un tipico esponente della cattolicità ottocentesca, allineato alle posizioni maggioritarie nella Curia. In questo senso fu un collaboratore ideale di papa Mastai, di cui era considerato intimo. Le sue competenze spaziarono dagli ambiti finanziari a quelli più propriamente amministrativi e politici. Un ruolo centrale lo ricoprì nei passaggi più delicati che precedettero il ritorno del papa da Gaeta dopo la Repubblica romana del 1849. A lui si devono i provvedimenti per il ristabilimento dei monasteri romani, la riorganizzazione della presenza religiosa negli ospedali, il riordino degli studi nei seminari, il recupero della centralità del clero nella vita cittadina. Fu anche il regista della ‘riconsacrazione’ della città dopo gli eventi rivoluzionari, secondo gli auspici del papa, attraverso novene, preghiere di riparazione, esercizi spirituali, assistenza religiosa alla popolazione (in particolare nei rioni considerati ‘a rischio’ come Trastevere) che, secondo una sua valutazione, aveva raggiunto in pieno i suoi obiettivi. Uguale zelo impiegò nel contrasto al proselitismo protestante, comparso a Roma nel periodo repubblicano e da lui affrontato non come problema religioso ma di ordine pubblico. Sia all’interno delle varie congregazioni cardinalizie per gli affari ecclesiastici speciali sia nei dicasteri ordinari, Patrizi Naro, senza particolari spunti di originalità, fu fedele interprete del punto di vista del pontefice e puntuale esecutore delle sue direttive. Così, ad esempio, fu tra coloro che diedero assenso preventivo all’elaborazione del dogma dell’Immacolata; presiedette la congregazione preparatoria del Concilio Vaticano I (1865), da lui considerato un passaggio necessario per rinsaldare i vincoli di fedeltà al pontefice; coordinò la commissione cardinalizia che elaborò il testo da proporre ai padri conciliari sull’infallibilità del papa.
Al di là di una personale e sincera amicizia che lo legò al pontefice, alla base di questa sintonia vi fu una formazione e un sentire religioso comuni, oltre che un’identica visione del ruolo e della missione della Chiesa. Tutto ciò emerge chiaramente nelle scelte devozionali, nella personale religiosità, nell’attività pastorale di Patrizi Naro. Come prefetto della Congregazione dei riti fu il principale fautore dei processi di canonizzazione dei santi tipici dell’intransigentismo cattolico e propagatore di culti e devozioni della restaurazione cristiana del XIX secolo. Al suo contributo determinante si deve l’ascesa agli altari di Margherita Maria Alacoque, Leonardo da Porto Maurizio, Paolo della Croce, dei martiri giapponesi, che rimandano a culti e devozioni altrettanto tipiche del secolo della ‘riconsacrazione’ della società portato avanti dal cattolicesimo intransigente a cominciare da quel culto del Sacro Cuore di Gesù di cui Patrizi Naro fu acceso sostenitore e che contribuì a diffondere nelle sue diocesi e nella Francia del secondo impero. Anche la devozione mariana, nella sua accezione di protezione della Chiesa dai ‘mali della modernità’ e artefice dei trionfi della religione sugli errori del mondo contemporaneo, fu da lui costantemente proposta. In questo senso può essere interpretata la cerimonia con cui intese solennizzare la conversione al cattolicesimo dell’ebreo Alfonso Ratisbonne verificatasi, secondo il decreto emanato da Patrizi Naro, per intercessione di Maria.
Patrizi Naro morì a Roma il 17 dicembre 1876. Fu sepolto nella basilica romana di S. Apollinare al cui seminario, annesso alla chiesa, aveva dedicato una particolare attenzione.
Più pastore che politico, più uomo di Curia che intellettuale, Patrizi Naro non ha lasciato un corpus di scritti, se si escludono quelli prodotti nei decenni della sua attività (regolamenti, pastorali, avvisi sacri, notificazioni, circolari ecc). In compenso il suo carteggio, in primo luogo con Pio IX ma anche con vari esponenti della Chiesa (ad esempio con il vescovo intransigente di Mondovì Tommaso Ghilardi) rappresenta la vera cifra della sua opera, che potrà essere meglio chiarita solo dopo uno studio approfondito di questa inedita produzione epistolare.
Fonti e Bibl.: In molteplici fondi dell’Archivio segreto Vaticano si trova testimonianza documentaria del rapporto tra Patrizi Naro e Pio IX; si rimanda soprattutto all’Archivio particolare di Pio IX; sempre in Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Spoglio di cardinali, Patrizi Naro Costantino, bb. 1, Speciale; Patrizi-Montoro, B, tomi 41, 103, 432, 453. Ulteriori indicazioni di fonti sono in I. Annibali, I cardinali vicari. Cronologia bio-bibliografica, in Rivista diocesana di Roma, V (1962), pp. 291 s.
G. Martina, Pio IX, I, 1846-1850, Roma 1974; II, 1851-1866, Roma 1986; III, 1867-1878, Roma 1990, ad indices; F. Jankowiak, La curie romaine de Pie IX à Pie X: le gouvernement central de l’Église et la fin des États pontificaux. 1846-1914, Roma 2007, ad indicem.