Costantino nelle mostre dal XX secolo
Un imperatore e la sua immagine
A un secolo di distanza dalle iniziative promosse da papa Pio X in occasione del XVI centenario dell’editto di Milano, fra le quali l’erezione della basilica di Santa Croce in via Flaminia e della chiesa di S. Elena fuori porta Prenestina a Roma1, è di nuovo in preparazione un fitto calendario di eventi culturali e religiosi e di mostre per ricordare, questa volta, i 1700 anni dalla promulgazione dell’editto. Una prima osservazione è che ancor oggi, così come nel 1913, non si è adeguatamente riflettuto sull’inconsistenza – o non esistenza – di un simile editto qua talis, messa in luce già nel 1891 da Otto Seeck, la cui dimostrazione impeccabile suscitò interesse e conferme nella storiografia coeva, anche di lingua italiana2. Si celebra dunque, di fatto, la memoria non tanto dell’editto, quanto della più lunga tradizione a esso relativa.
In Europa e specialmente in Italia, fra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, la questione costantiniana si inserì in un aspro clima di contrapposizione fra pensiero laico e cattolico, «tra schieramenti che invocavano come suprema virtù l’intransigenza e che a questa sacrificavano la ricerca storica disinteressata»3. Ne danno testimonianza gli interventi di eminenti studiosi cattolici – come gli ‘archeologi’ Felice Grossi Gondi, Orazio Marucchi e Bartolomeo Nogara, futuro direttore dei Musei Vaticani – all’incontro di studi tenuto a Roma, nel 1913, presso il Palazzo della Cancelleria e pubblicati quindi in volume4. Negli anni seguenti il tema perse interesse in Italia (la celebre biografia di Luigi Salvatorelli, Costantino il Grande, risale solo al 1928)5, ma non in ambito internazionale: un agile esame dei principali aspetti trattati dalla storiografia costantiniana è opportuna premessa a intendere il clima in cui, volta a volta, la figura dell’imperatore e la sua attività politica sono state analizzate in successive rassegne di scopo e taglio diverso: da quelle incentrate sulla storia di Roma e di Bisanzio alle vere e proprie mostre monografiche sul sovrano allestite soltanto nel nuovo millennio.
Fra i contributi destinati a orientare a lungo i percorsi espositivi su Costantino e il suo tempo, è doveroso ricordare anzitutto il libro di un bizantinista e storico inglese, Norman H. Baynes, Constantine the Great and the Christian Church, del 1929, e l’ancora essenziale studio di un archeologo, numismatico e romanista ungherese, Andreas Alföldi, The Conversion of Constantine and Pagan Rome, uscito a Oxford nel 1948 (in seconda edizione nel 1969), che mette acutamente a profitto l’iconografia monetale per definire il problema della conversione dell’imperatore, ritenendola avvenuta già nel 312. Poco più tarde sono le importanti monografie di Hermann Dörries, Das Selbstzeugnis Kaiser Konstantins, e di Heinz Kraft, Kaiser Konstantins religiöse Entwicklung, pubblicate rispettivamente a Gottinga nel 1954 e a Tubinga nel 1955, che pongono l’accento, caratteristico della storiografia di lingua tedesca, sull’evoluzione religiosa del sovrano e la progressiva sua adesione alla fede cristiana. Su una linea non diversa si colloca assai più tardi Jochen Bleicken con il suo Constantin der Große und die Christen. Überlegungen zur konstantinischen Wende, edita a Monaco nel 1992, per cui non sarebbe legittimo parlare di una vera e propria conversione di Costantino nel 312 o negli anni immediatamente successivi; e nell’articolo Die konstantinische Wende, del 1995, Klaus Bringmann sostiene che, se non può essere messa in discussione la piena conversione già nel 312, l’iniziale esitazione di Costantino ad abbandonare il paganesimo può spiegarsi considerando la situazione politica, tale da imporgli un’accorta linea d’azione6. Per quanto riguarda gli scritti più recenti, e forse influenti, rispetto alle mostre più o meno direttamente legate a Costantino, si devono qui menzionare almeno due volumi di Timothy D. Barnes, Constantine and Eusebius e The New Empire of Diocletian and Constantine, rispettivamente del 1981 e del 19827; il libro di Lucio De Giovanni, L’imperatore Costantino e il mondo pagano, del 19838; e soprattutto due monografie di Arnaldo Marcone, Costantino il Grande e Pagano e cristiano. Vita e mito di Costantino, pubblicate nel 2000 e nel 2002, che in maniera chiara e sintetica ripercorrono le tappe della vita del sovrano e fanno il punto sulla situazione degli studi, offrendo naturalmente ampia materia alle rassegne costantiniane prodotte poi, non a caso, in Italia: a Rimini nel 2005, Costantino il grande. La civiltà antica al bivio tra Occidente e Oriente, in assoluto la prima monografica, e a Milano nel 2012, Costantino 313 d.C. L’Editto di Milano e il tempo della tolleranza.
Nel corso del Novecento, inoltre, le indagini filologiche hanno dimostrato l’autenticità della Vita di Costantino scritta da Eusebio di Cesarea, già impugnata dal bizantinista belga Henri Grégoire negli anni Trenta e in seguito oggetto di varie critiche da parte di altri studiosi9. Dal testo, ormai concordemente considerato attendibile, scaturisce un’idea del sovrano – prescelto da Dio come nuovo legislatore «per salvare l’umanità dall’errore del paganesimo e per farsi garante della morale cristiana»10 – divenuta poi inscindibile dall’immagine che di lui hanno proposto, non sempre criticamente, le mostre dedicate in tutto o in parte a Costantino e il dibattito storico-artistico svoltosi intorno a esse. Perché, come già si è detto, solo nell’ultimo decennio, ossia a far tempo dall’evento di Rimini del 2005, il ‘primo imperatore cristiano’ è stato oggetto di specifiche occasioni espositive.
Mostre e convegni dedicati all’età tardoantica, a Bisanzio e al Medioevo, e dunque anche a Costantino, non sono certo mancati nell’ultimo secolo, consentendo anzi di far luce su alcuni dei temi più dibattuti: dalla tetrarchia alle vittorie di Costantino su Massenzio e Licinio e al momento e ai modi della conversione, dalla fondazione della nuova capitale in Oriente alla coesistenza tra paganesimo e cristianesimo e all’evoluzione di forme e iconografie in ambito artistico11. Vengono così in primo piano, con le molte rassegne che fanno più o meno ampia parte a Costantino e all’età costantiniana, i manufatti o i ‘fossili guida’ che dell’imperatore e del suo mondo – fra Oriente e Occidente – hanno diffuso l’immagine oggi più conosciuta.
Oltre alle effigi su monete e medaglie, il ritratto forse più celebre di Costantino veicolato dalla maggior parte delle mostre del Novecento è la testa in bronzo conservata dal 1900 al Narodni Muzej di Belgrado (inv. 79/iv), rinvenuta a Niš, l’antica Naissus, nell’Illirico, la città d’origine dell’imperatore, che vi era nato il 27 febbraio del 272 o 273. La magnifica testa, con tracce di doratura, apparteneva originariamente a una statua monumentale che del sovrano doveva suggerire un’impressione carismatica e autoritaria. La scultura mostra i tratti tipici della ritrattistica romana e, segnatamente, costantiniana: l’accentuata mascella squadrata, il naso aquilino, la bocca piccola e i grandi occhi a mandorla, con le iridi anticamente dorate, fortemente marcati dalle palpebre; la folta capigliatura è acconciata con un andamento dal retro verso la fronte, con una fila di ciocche ripiegate all’interno e distribuite paratatticamente sui due lati. Il pezzo può datarsi grazie al diadema, impreziosito da gemme, che l’imperatore cinge sul capo: il tipo appare sulla monetazione a partire dal 324/325 – una datazione armonica con lo stile del pezzo.
Questo ritratto è stato esposto in più d’una mostra, a partire da quella del 1958, Masterpieces of Byzantine Art, allestita prima al Royal Scottish Museum di Edimburgo e poi al Victoria and Albert Museum di Londra12. L’opera è stata quindi presente, con altre effigi di Costantino, all’esposizione Age of Spirituality. Late Antique and Early Christian Art – Third to Seventh Century, organizzata al Metropolitan Museum of Art di New York, dal 19 novembre 1977 al 12 febbraio 1978. Magistralmente curata da Kurt Weitzmann, la mostra newyorkese rimane ancor oggi insuperata per la salda direzione scientifica e le spiccate finalità didattiche. Con altre due splendide esposizioni del Metropolitan, The Glory of Byzantium: Arts and Culture of the Middle Byzantine Era, A.D. 843-1261, del 1997, e Byzantium: Faith and Power (1261-1557), del 2004, essa forma un ‘trittico’ dedicato all’arte bizantina, di cui Costantino e il suo tempo rappresentano, per unanime consenso degli studiosi, il fondamento assoluto e la prima età ‘classica’ (a tali mostre può accostarsi, non solo a integrazione della sequenza diacronica, quella recentissima, sempre del Metropolitan, su Byzantium and Islam: Age of Transition, del 2012, che insegue la varia fortuna del classicismo bizantino nelle tradizioni artistiche delle province meridionali dell’Impero dal VII al IX secolo)13.
Fra i ritratti di Costantino esposti nel 1977 va senz’altro ricordata la scultura in marmo entrata nelle collezioni del Metropolitan nel 1923 per lascito di Mary Clark Thompson (inv. 26.229)14. Il pezzo, che presenta alcune integrazioni di restauro, si ispira alla ritrattistica delle precedenti dinastie imperiali, in particolare alle effigi di Traiano, evocando così il tema dell’optimus princeps15.
Una copia del ritratto di Belgrado è stata anche inclusa nella mostra Milano capitale dell’Impero romano. 286-402 d.C., curata da Gemma Sena Chiesa e allestita a Milano, a Palazzo Reale, nel 1990: oggetto della rassegna era il periodo compreso fra la metà del III e i primi decenni del V secolo, con un’indagine su cause e conseguenze della posizione di prestigio assunta dalla nuova sede imperiale in un’epoca segnata da presenze barbariche nella Pianura padana e, successivamente, dall’invasione dei goti di Alarico16.
L’originale della testa bronzea di Costantino da Niš ha avuto nuovamente un posto di rilievo non solo nelle grandi mostre monografiche sull’imperatore ordinate a Rimini nel 2005, Costantino il grande. La civiltà antica al bivio tra Occidente e Oriente, e a Treviri nel 2007, Konstantin der Grosse – Imperator Caesar Flavius Constantinus17, delle quali ci occuperemo in dettaglio, ma anche nelle ampie rassegne sulle arti di Bisanzio tenutesi alla Royal Academy of Arts di Londra nel 2008, Byzantium. 330-1453, e al Grand Palais di Parigi nel 2010, De Byzance à Istanbul. Un port pour deux continents18, come già in quella, decisamente confusa, ordinata in Palazzo Grassi da Venezia nel 2008, Roma e i Barbari19. Recentemente l’opera ha figurato in un’altra mostra monografica di grande risonanza, soprattutto mediatica: Costantino 313 d.C. L’Editto di Milano e il tempo della tolleranza, realizzata ancora a Milano, in Palazzo Reale, nel 201220.
Il bronzo di Belgrado – che dell’imperatore trasmette non a caso un’immagine decisamente giovanile e ‘occidentale’, più colloquiale che ieratica – ha avuto così ampia circolazione tra il grande pubblico italiano e francese: è stato anche riprodotto in copertina al catalogo della mostra di Rimini del 2005 e di quella di Parigi del 2010, della quale è anzi divenuta l’emblema. Davanti all’ingresso del Grand Palais campeggiava lo stendardo con l’immagine, posta anche sulla copertina del catalogo, simbolo dell’evento: il ritratto di Costantino sovrapposto e affiancato a quello di Mehmet II il Conquistatore, eseguito dalla scuola di Gentile Bellini ai primi del Cinquecento ed esposto in mostra nella copia del Museo d’arte islamica di Doha (inv. pa.10.2007)21.
Allestita a Castel Sismondo da Angela Donati e Giovanni Gentili22, la mostra di Rimini costituisce dunque, in assoluto, la prima grande rassegna incentrata completamente sulla figura di Costantino, sulla sua famiglia e sulla ricca produzione artistica e architettonica a lui coeva. Con l’occasione, fu esposta una straordinaria quantità di oggetti: sculture e mosaici, avori e oreficerie, oggetti d’uso quotidiano e splendidi vetri, nonché una serie di monete che documentava l’evoluzione del ritratto del sovrano durante il suo regno. Fra le tante immagini di Costantino adunate in mostra si segnalavano il ritratto giovanile in marmo bianco, realizzato intorno al 312 e conservato al Museo dell’abbazia di Grottaferrata (inv. 1149)23, e l’effige del sovrano intagliata in una piccola ametista di squisita fattura proveniente da Istanbul, già in collezione Lederer a Berlino e dal 1924 nell’Antikensammlung degli Staatliche Museen di questa città (inv. ant. 30931). Il ritratto, di profilo e vòlto a sinistra, presenta tratti giovanili e un’acconciatura caratterizzata da ciocche fitte e ordinate; i lineamenti sono fortemente individuati: l’arcata sopraccigliare è ampia e l’occhio grande, il naso lungo e aquilino e la mascella massiccia e squadrata. Sul capo è il diadema a doppio filo di perle fissate su una fascia: elemento che permette una datazione del pezzo successiva al 326 (comunque entro il termine del terzo decennio del IV secolo), anno in cui tale diadema fu adottato dal sovrano in sostituzione della tradizionale corona laureata24. È degno di nota che la gemma figurasse anche tra i pezzi della citata Age of Spirituality, ma come ritratto di Costanzo II, posticipandone quindi la datazione al 350-360 circa25.
Nell’ottobre 2012 è stata inaugurata al Palazzo Reale di Milano la mostra, già ricordata, su Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, a cura di Paolo Biscottini e Gemma Sena Chiesa, intesa dichiaratamente a rilevare la svolta religiosa «che portò al primo insediarsi di un cristianesimo libero nella complessa vita dell’Impero»26. Fra gli innumerevoli pezzi esposti, relativamente nuovi sono due dei cinque famosi pendenti in oro al centro dei quali è un doppio solido di Costantino, che reca il ritratto di profilo del sovrano – in costume militare e con corona radiata – al recto e l’imperatore e i due figli Crispo e Costantino II in abiti consolari al verso. Quattro dei gioielli che compongono la serie dei pendenti sono stati venduti da Christie’s a Londra nel 1970: due medaglioni di forma esagonale, oggi al British Museum di Londra (inv. p&e 1984.5-1.1)27 e, rispettivamente, alla Byzantine Collection di Dumbarton Oaks, Washington, D.C., che conserva anche uno dei due pendenti di forma circolare (inv. bz.1975.6 e inv. bz.1970.37); l’altro è nella raccolta del Département des Antiquités grecques, étrusques et romaines del Musée du Louvre di Parigi (inv. Bj 2280). Tutti i manufatti presentano un gancio tubolare di sospensione, un bordo eseguito in opus interassile con girali fitomorfe in filo d’oro che disegnano motivi cuoriformi e circolari e sei medaglioni pieni con altrettanti piccoli busti realizzati in altorilievo. Un quinto pendente, di forma ottagonale e con otto busti in altorilievo, è stato acquisito nel 1994 dal Cleveland Museum of Art (inv. 1994.98.1) insieme a due piccole colonne e a una chiusura ornata da pietre semipreziose; questi oggetti unitamente agli altri quattro medaglioni erano parte di una collana realizzata tra il 324, data di emissione delle monete più recenti, e il 326, anno dell’arresto e dell’esecuzione di Crispo28.
Tra le più significative opere d’arte suntuaria che la mostra ha permesso di apprezzare compiutamente è il cosiddetto Cammeo di Belgrado, conservato al Narodni Muzej u Beogradu (inv. 06/iv) e proveniente da Kusadać, presso Mladenovać. In sardonica a tre strati (bruno, bianco, grigio-blu), il pezzo è un capolavoro di glittica di eccezionali dimensioni, che costituisce però il frammento di un manufatto ancor più grande: la riduzione, tuttavia, non è imputabile a rottura accidentale, ma a una precisa scelta testimoniata dai segni di uno strumento da taglio29. L’opera presenta al centro un cavaliere, con lorica e paludamentum, che avanzando sovrasta i nemici sconfitti. Il protagonista, raffigurato in atto di scagliare una lancia con la destra e reggere le redini con la sinistra, ha il capo cinto da un diadema di tipo ellenistico, una striscia di stoffa annodata sopra la nuca: questo dettaglio iconografico e i tratti somatici dell’effigiato inducono a riconoscervi Costantino ritratto in occasione della celebrazione dei suoi vicennalia, come attesta anche la serie di solidi coniati nel 325-326 in cui egli è rappresentato con un diadema di foggia ellenistica, probabile richiamo ad Alessandro Magno30.
Fra i piccoli oggetti raffiguranti Costantino ed eseguiti intagliando gemme semipreziose è stato presente in varie mostre il celebre busto in calcedonio bianco del Cabinet des Médailles della Bibliothèque nationale de France (inv. Camée 309), tradizionalmente ritenuto un ritratto del primo basiléus di Bisanzio31, e già utilizzato come parte del coronamento del bastone cantorale in ebano della Sainte-Chapelle di Parigi32. Prima del 1368 il piccolo busto con lorica e paludamentum è stato inserito in una montatura in argento dorato che lo completa degli arti superiori: la mano destra regge la corona di spine e la sinistra impugnava una croce patriarcale a doppia traversa oggi non più presente33 – elementi allusivi alle due reliquie acquisite da Luigi IX e, al tempo stesso, probabile riferimento alla conversione di Costantino alla religione cristiana, come sottolineato anche dalla croce grossolanamente incisa in un secondo momento sulla lorica in sostituzione del preesistente gorgoneion. Delle diverse occasioni in cui l’opera è stata esposta si ricordano due importanti mostre allestite al Musée du Louvre: Byzance. L’art byzantin dans les collections publiques françaises, del 1992-1993, a cura di Jannic Durand, e Le trésor de la Sainte-Chapelle, del 2001, ordinata dallo stesso Durand e da Marie-Pierre Laffitte34.
Rientrano tra i manufatti di piccolo formato esposti in diverse occasioni anche due piccoli pesi bronzei in forma di statua di Costantino seduto, uno di proprietà della Sammlung C.S. di Monaco (inv. 693), datato al V secolo35, e l’altro dell’Art Museum della Princeton University (inv. y1955-3257), datato fine V-VI secolo36. Sempre in bronzo e di piccole dimensioni è la statuetta equestre rinvenuta nel XIX secolo presso l’antica Altinum, a nordest di Padova, probabilmente di produzione locale, oggi custodita nell’Antikensammlung del Kunsthistorisches Museum di Vienna (inv. vi 119). Esposta alla mostra Aurea Roma. Dalla città pagana alla città cristiana, curata da Serena Ensoli ed Eugenio La Rocca e tenutasi al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 2001, essa raffigura un cavaliere con la testa leggermente sollevata, lo sguardo rivolto verso l’alto, e cinta da una corona radiata; il cavallo è rappresentato al passo, con la zampa anteriore sinistra alzata, e presenta la criniera e la coda acconciate secondo l’uso delle cerimonie37. L’identificazione del personaggio maschile con Costantino è stata unanimemente accettata dalla critica in base alle immagini del sovrano assimilato a Sol Invictus38, così come nel celebre multiplo di nove solidi coniato nella zecca di Ticinum (Pavia) nel 313, di cui un esemplare ben conservato è a Parigi, presso il Département des Monnaies, médailles et antiques della Bibliothèque nationale de France (inv. Beistegui 233). Più volte esposto, fino alla recentissima mostra di Milano, il pezzo vede effigiati al dritto i due busti sovrapposti di Sol Invictus radiato (o meglio Alessandro Magno, comunque assimilato a Sol Invictus) e Costantino con una corona d’alloro, e una lancia nella mano destra e uno scudo nella sinistra; questo è decorato dalla quadriga del Sole (ovvero di Alessandro), rappresentata frontalmente, affiancata a sinistra dalla Terra e a destra dall’Oceano, e, più in alto, da una stella e dalla luna calante. Al rovescio, Costantino figura in abito militare a cavallo, preceduto da una Vittoria e seguito da un soldato, mentre saluta con la destra e regge una hasta nella sinistra39.
Sotto il profilo ‘numismatico’, il pezzo forse più rappresentativo per lo studio della ‘svolta’ cristiana di Costantino è senza dubbio la medaglia argentea coniata dalla zecca di Ticinum molto probabilmente in occasione dei decennalia dell’imperatore. Sul recto il sovrano è ritratto loricato, con elmo e scudo e la testa di un cavallo dietro la spalla destra; sul verso egli appare circondato da un gruppo di soldati, nella tradizionale cerimonia dell’adlocutio. Al centro dell’elmo è ben visibile il cristogramma con la sovrapposizione delle lettere greche chi e rho, principio del nome Christós. La medaglia è nota in tre differenti esemplari40, il più celebre e meglio conservato dei quali è oggi nella Staatliche Münzsammlung di Monaco di Baviera (inv. 86 627)41. Fu per primo Alföldi, nel citato suo libro, a rilevare l’importanza che tale medaglia riveste per la storia della conversione costantiniana; in seguito, negli anni Cinquanta, Konrad Kraft avrebbe confermato che il racconto della visione di Costantino era già noto prima di Lattanzio42. L’uso di adornare l’elmo con il chi-rho costantiniano è attestato da decorazioni in bronzo e argento dorati datate al IV secolo; ne sono esempio i tre esposti alla mostra di Rimini e provenienti da collezioni ungheresi: due dal Magyar Nemzeti Múzeum di Budapest (inv. 83.3.1 e inv. 98.9.1) e uno dal Savaria Múzeum di Szombathely (inv. 97.1.1); le prime due sono state inserite nella mostra milanese del 201243. Particolarmente interessante, data la rarità del pezzo, è la seconda: una lamina d’argento dorato proveniente dagli scavi effettuati nel 1991 presso la porta occidentale della fortezza di Alsóhetény, nell’Ungheria sudoccidentale, che costituiva la copertura del nasale di un elmo decorata al centro con un cristogramma sbalzato44.
Al cristogramma, come allo staurogramma, inteso quale signum salutis è dedicata, sempre nella mostra milanese, un’apposita sezione: Il Chrismon simbolo di fede, che vede esposta una ricca serie di manufatti – oreficerie, oggetti d’uso quotidiano e liturgico e sculture – attestanti il largo impiego del simbolo a partire dal IV secolo45.
Le mostre sull’età costantiniana non hanno mancato di prendere in esame uno dei monumenti coevi maggiormente studiati: l’arco onorario eretto a Roma dal Senato per celebrare la vittoria di Costantino su Massenzio, del 28 ottobre 312, e inaugurato il 25 luglio 315 in occasione dei decennalia dell’imperatore. Nell’iscrizione dedicatoria si fa cenno alla megalopsychía (mentis magnitudine), la ‘grandezza d’animo’ tipica dei sovrani dell’età ellenistica, e a un’ispirazione divina (instinctu divinitatis), con due formule intenzionalmente ambigue che possono interpretarsi come velata allusione all’aiuto assicurato, secondo la tradizione, dal Dio dei cristiani e valgono insieme come preciso richiamo alla imitatio Alexandri costantiniana46. Negli studi novecenteschi l’arco di Costantino è stato spesso analizzato quale esempio cospicuo della nuova sensibilità formale del IV secolo: è qui opportuno ricordare almeno i contributi di Bernard Berenson, L’arco di Costantino o della decadenza della forma, pubblicato nel 1952, a pochi anni dalla morte, come parte iniziale di un complesso progetto di studio, intrapreso nel 1941, che avrebbe dovuto prendere in esame l’arte «eurasiatica» prodotta nei dodici secoli circa «che vanno da Costantino il Grande a Carlo V»47; e di Ranuccio Bianchi Bandinelli, Roma. La fine dell’arte antica, del 1970, un testo ancora fondamentale per lo studio dell’arte romana nel delicato passaggio dall’età classica alla medievale48. L’arco dichiara Costantino continuatore della tradizione classica ed erede diretto dei ‘buoni imperatori’ del II secolo: Traiano, Adriano e Marco Aurelio. Lo stile esecutivo dei rilievi costantiniani, posti accanto a elementi di reimpiego, appare idoneo a comunicare con chiarezza un efficace messaggio politico. Infine, la scelta di creare composizioni tendenti alla rigida frontalità, l’allineamento paratattico e l’impostazione gerarchica delle figure, nonché la volontà di rimarcare la sacralità dell’immagine dell’imperatore, sono elementi che troveranno poi largo impiego nell’arte bizantina, di cui numerose rassegne additano qui i primi incunaboli. Alla Mostra augustea della Romanità, organizzata in occasione del bimillenario della nascita di Augusto, sotto la direzione di Giulio Quirino Giglioli, e aperta dal 23 settembre 1937 al 23 settembre dell’anno successivo presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma (che per l’occasione vide la sua facciata trasformata dall’architetto Alfredo Scalpelli in un edificio in stile romano), compariva addirittura un modello in scala 1:20 dell’arco riprodotto da Ermenegildo Luppi, esposto poi nuovamente nel 2001 alla già ricordata mostra Aurea Roma49. La figura di Costantino ebbe ampio rilievo alla Mostra augustea, grazie a sculture e monete, in particolare nelle sale xxiv, La difesa dell’impero, e xxv, Il Cristianesimo: nella prima fu esposta una grande copia del rilievo della facciata meridionale dell’arco con la rappresentazione della battaglia di ponte Milvio. Giova qui ricordare che Costantino era stato in precedenza rievocato anche nella composita Esposizione internazionale di Roma, organizzata nel 1911 per celebrare il cinquantenario dell’Unità d’Italia50.
Alle rassegne dedicate interamente a Costantino, dopo Rimini, Treviri e Milano, si deve aggiungere quella di York, Constantine the Great. York’s Roman Emperor, del 2006, ideata per celebrare il 1700° anniversario della proclamazione di Costantino imperatore, avvenuta dopo la morte del padre proprio a York il 25 luglio 306. Il catalogo, riccamente illustrato, ricostruisce attraverso una grande varietà di reperti l’immagine di Costantino e dell’Impero romano, in particolare d’Occidente, con speciale attenzione al passaggio dall’età classica al mondo medievale e dal paganesimo al cristianesimo51. Il pezzo più significativo era qui naturalmente il ritratto marmoreo dell’imperatore, riprodotto anche sulla copertina del catalogo, dalla collezione dello Yorkshire Museum (YORYM: 1998.23), probabilmente uno dei primi noti dell’imperatore, rinvenuto avanti il 1823 a Stonegate, vicino al sito dei principia della fortezza di Eboracum, nell’area dell’odierna cattedrale52. La scultura, in parte rovinata dall’erosione dovuta all’acqua, ritrae l’imperatore con il capo cinto da una corona di foglie di quercia, la corona civica, e mostra alcune caratteristiche tipiche delle opere tardoantiche, come l’impiego del trapano per disegnare gli angoli degli occhi e della bocca o l’uso di robusti volumi, in particolare nel collo. L’opera fu forse scolpita in Britannia, da un abile artista che verosimilmente si formò nei laboratori imperiali operanti sul continente.
Ancora in tempi recenti è stato scoperto un ritratto ulteriore di Costantino, di grandi dimensioni: la testa in marmo di Carrara rinvenuta sotto il colonnato meridionale del Foro di Traiano a Roma, in un canale di scolo delle acque colmato da un riempimento nel Medioevo (Musei Capitolini, inv. ft 10337). Appartenente forse a una statua colossale lavorata in più parti, l’opera è stata restaurata ed esposta per la prima volta nel 2006, insieme a ritratti di Costantino e manufatti a lui coevi, alla mostra Konstantin in Berlin, organizzata presso l’Altes Museum di Berlino per la visita ufficiale in Germania del presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi53. Questo ritratto di Costantino ha partecipato l’anno successivo alla mostra Petros eni – Pietro è qui, curata in Vaticano da Antonio Paolucci e intesa a celebrare il quinto centenario della fondazione della nuova basilica Vaticana voluta da Giulio II in sostituzione dell’antico edificio costantiniano54; e poi alla mostra Konstantin der Grosse allestita a Treviri nel 200755 – senza dubbio la più importante rassegna costantiniana realizzata finora.
Dislocata in tre sedi espositive: Herrscher des Römischen Imperiums al Rheinisches Landesmuseum Trier, Der Kaiser und die Christen al Bischöfliches dom– und Diözesanmuseum e Tradition und Mythos allo Stadtmuseum Simeonstift, la mostra si avvale di uno splendido catalogo a cura di Alexander Demand e Josef Engemann. La città di Treviri è stata scelta perché antica sede della prima residenza imperiale di Costantino di ritorno dalla Britannia con il titolo d’imperatore; qui egli sposò Fausta, figlia di Massimiano, e da qui partì con le truppe alla volta di Roma per sconfiggere Massenzio, nella battaglia di ponte Milvio, e riunire l’Impero d’Occidente. Dal 10 al 15 ottobre 2005, nelle sale dell’Università di Treviri, si è prima tenuto un convegno internazionale a latere sull’opera politica dell’imperatore che ha visto coinvolti i più autorevoli studiosi di storia romana56.
Nelle mostre dedicate a Costantino e all’età costantiniana è stata ovviamente affrontata anche la questione dell’edilizia religiosa, per meglio comprendere la posizione del sovrano nei confronti del cristianesimo. A questo tema è dedicata, in particolare, una mostra del 2000, Christiana loca. Lo spazio cristiano nella Roma del primo millennio, organizzata a Roma nel complesso di S. Michele, all’interno del fitto programma di eventi connessi al giubileo del 2000, per cura di Letizia Pani Ermini57.
Diversi gli aspetti trattati nella rassegna: al fine di rispettare la sensibilità del Senato romano, i cui membri erano ancora in prevalenza pagani, le costruzioni furono avviate su terreni di proprietà dell’imperatore, di competenza sua e della sua famiglia, o ancora in zone confiscate, come nel caso dei Castra nova equitum singularium, la caserma che ospitava i cavalieri scelti della guardia imperiale schieratisi al fianco di Massenzio nella battaglia ai Saxa Rubra. Dopo la sconfitta, il corpo fu sciolto e l’area della caserma, rasa al suolo, fu destinata all’erezione della cattedrale dedicata al Santissimo Salvatore, oggi più nota come S. Giovanni in Laterano58. Fra le altre aule di culto allora costruite sono ricordate le basiliche cimiteriali extraurbane come il martyrium di S. Pietro in Vaticano, la basilica dei Ss. Marcellino e Pietro ad Duas Lauros e, probabilmente, S. Sebastiano sulla via Appia, già basilica Apostolorum. Costantino diede poi inizio all’edificazione delle basiliche di papa Marco sulla via Ardeatina, di S. Lorenzo sulla via Tiburtina e forse di quella di S. Paolo fuori le mura aureliane, sulla via Ostiense59. La figlia Costanza promosse l’erezione della basilica di S. Agnese e dell’attiguo mausoleo, sulla via Nomentana, mentre la madre Elena favorì la trasformazione di un’aula del palazzo imperiale del Sessorium nella basilica detta Hierusalem, nota oggi come Santa Croce in Gerusalemme, che secondo il Liber Pontificalis era il luogo deputato ad accogliere le reliquie della vera croce tradizionalmente ritrovate dalla stessa Elena in Terrasanta (dove Costantino aveva fatto erigere tre importanti edifici sacri: la basilica del Santo Sepolcro con l’annessa rotonda dell’Anastasis, la basilica sul monte degli Ulivi e quella della Natività a Betlemme)60. Non minore fortuna hanno avuto gli edifici a carattere civile: prima fra tutti la basilica Nova nella zona della Velia a Roma, il monumento di maggiori dimensioni nell’area del Foro, sebbene la porzione ancora in piedi sia meno di un terzo della struttura originaria. La costruzione fu iniziata da Massenzio e portata a termine da Costantino con la sostanziale modifica nell’orientamento. Solenne e grandiosa, la basilica ospitava nell’abside occidentale il grande acrolito di Costantino realizzato entro il 330 e rinvenuto nel 1486, i cui resti fanno oggi parte della collezione dei Musei Capitolini e sono esposti nel cortile del palazzo dei Conservatori. Con la grande scultura policroma l’imperatore, rappresentato seduto, offriva di sé l’usuale immagine distante dei sovrani tardoantichi, eredi della ‘regalità cosmica’ di tradizione ellenistica, propria più tardi dei sovrani bizantini. Una grandiosa ricostruzione tridimensionale dell’acrolito è stata elaborata per la mostra di Treviri61.
Proprietà dei Musei Capitolini sono anche i frammenti della statua colossale in bronzo con tracce di doratura provenienti dall’area antistante il palazzo Lateranense. Questi pezzi, donati al palazzo dei Conservatori da Sisto IV nel 1471 e oggi esposti nell’esedra di Marco Aurelio, figuravano nella mostra Aurea Roma: della scultura originale, che rappresentava l’imperatore grande circa cinque volte il vero, restano la testa (inv. mc1072), la mano sinistra con parte dell’avambraccio (inv. mc1070) e il globo (inv. mc1065), a cui fu aggiunto il puntale nel 1692 (l’identità dell’effigiato è assicurata dal confronto dei tratti somatici e della peculiare capigliatura con le parti corrispondenti di ritratti sicuri su medaglie e gemme incise)62.
Si è visto come le mostre appositamente dedicate a Costantino siano acquisto recente, dell’ultimo decennio: alla monografica di Rimini, del 2005, sono seguite quelle di York, del 2006, e di Treviri, del 2007, e infine di Milano, del 2012-2013 – a celebrare la ricorrenza di un ‘editto’ che non è mai esistito63. Alla luce degli studi e degli eventi espositivi di questi anni, e della loro reciproca integrazione, Costantino appare non solo come simbolo delle contraddizioni culturali e religiose del suo tempo, ma anche come emblema di convergenza fra Occidente e Oriente. La selezione delle opere esposte ha cercato di far conoscere, anche storicamente, al gran pubblico le diverse immagini di un sovrano, tutto sommato, abbastanza sfuggente: dalle più realistiche, come il bronzo di Belgrado, alle più fortemente idealizzate, come le grandi teste dell’acrolito già nella basilica Nova o dell’ambiguo colosso dei Musei Capitolini.
Desidero ringraziare il prof. Gianfranco Fiaccadori per i preziosi consigli e l’attenta rilettura del testo.
1 Costruita su progetto dell’architetto Aristide Leonori tra il 1912 e il 1913 e subito inaugurata, la basilica di Santa Croce fu consacrata solo nel 1918. La chiesa dedicata a sant’Elena, su disegno dell’architetto Giuseppe Palombi, fu invece realizzata tra il 1913 e il 1914, aperta al culto nel 1914 e solennemente consacrata nel 1916.
2 O. Seeck, Das sogenannte Edikt von Mailand, in Zeitschrift für Kirchengeschichte, 12 (1891), pp. 381-386.
3 A. Marcone, Pagano e Cristiano. Vita e mito di Costantino, Roma 2002, p. 190.
4 Letture Costantiniane. Promosse dal Consiglio superiore nominato da S.S. Pio X e dal Comitato Romano per il XVI centenario della proclamazione della pace della Chiesa, a cura di A. Casamassa, Roma 1914. In occasione delle celebrazioni del 1913, fu anche dato alle stampe, dalla Tipografia della S. Lega Eucaristica, un piccolo volumetto firmato Arelchi, Il Decimosesto Centenario dell’Editto di Costantino. Illustrazione storico-popolare, Milano 1913.
5 L. Salvatorelli, Costantino il Grande, Roma 1928.
6 K. Bringmann, Die konstantinische Wende. Zum Verhältnis von politischer und religiöser Motivation, in Historische Zeitschrift, 260 (1995), pp. 21-47.
7 T.D. Barnes, Constantine and Eusebius, Cambridge (MA)-London 1981; Id., The New Empire of Diocletian and Constantine, Cambridge (MA)-London, 1982.
8 L. De Giovanni, L’imperatore Costantino e il mondo pagano, Napoli 1983.
9 H. Grégoire, Eusèbe n’est pas l’auteur de la Vita Constantini dans sa forme actuelle et Constantin ne s’est pas ‘converti’ en 312, in Byzantion, 13 (1938), pp. 516-583. Per un esame dei pareri critici intorno alla Vita di Costantino si veda Eusebio di Cesarea, Sulla vita di Costantino, a cura di L. Tartaglia, Napoli 1984, pp. 13-20.
10 L. Franco, Introduzione, in Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino, a cura di Id., Milano 2009, pp. 5-39, in partic. 13.
11 Fra le più recenti e comprensive esposizioni d’arte paleocristiana si ricorda almeno La rivoluzione dell’immagine. Arte paleocristiana tra Roma e Bisanzio (Vicenza, Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, 8 settembre-18 novembre 2007), con l’omonimo catalogo curato da F. Bisconti, G. Gentili, Cinisello Balsamo 2008.
12 Si veda sch. n. 2, The Emperor Constantine, in Masterpieces of Byzantine Art, catalogue of exhibition (Edinburgh, Royal Scottish Museum, August 23-September 12 1958; London, Victoria and Albert Museum, October 1-November 9 1958), ed. by D. Talbot Rice, Edinburgh 1958, pp. 11 e 97, fig. 1.
13 Si veda Age of Spirituality. Late Antique and Early Christian Art – Third to Seventh Century, catalogue of the exhibition (New York, The Metropolitan Museum of Art, November 19 1977-February 12 1978), ed. by K. Weitzmann, New York 1979; The Glory of Byzantium: Arts and Culture of the Middle Byzantine Era, A.D. 843-1261, catalogue of the exhibition (New York, Metropolitan Museum of Art, March 11-July 6 1997), ed. by H.C. Evans, W.D. Wixom, New York 1997; Byzantium: Faith and Power (1261-1557), catalogue of the exhibition (New York, Metropolitan Museum of Art, March 23-July 4 2004), ed. by H.C. Evans, New York 2004; Byzantium and Islam: Age of Transition (New York, Metropolitan Museum of Art, March 14-July 8 2012), ed. by H.C. Evans with B. Ratliff, New York 2012. Cfr. anche, in tal senso, le presenze costantiniane nel recente catalogo della mostra Das Königreich der Vandalen. Erben des Imperiums in Nordafrika (Karlsruhe, Badischen Landesmuseum Schloss Karlsruhe, 24. Oktober 2009-21. Februar 2010), hrsg. vom Badischen Landesmuseum Karlsruhe, Mainz 2009, pp. 34-36 e 54-55, nn. 22 e 29.
14 Nella scheda della mostra il ritratto era datato agli anni 325-330, mentre la datazione ora proposta è più ampia, al 325-370: J.D. Breckenridge, sch. n. 9, Head of Constantine I, in Age of Spirituality, cit., pp. 15-16. Il pezzo è attualmente esposto in museo nella Gallery 169.
15 M. Radnoti-Alföldi, Die constantinische Goldprägung. Untersuchungen zu ihrer Bedeutung für Kaiserpolitik und Hofkunst, Mainz-Bonn 1963, pp. 57-69.
16 Si veda C. Saletti, sch. n. 1b.3d, Ritratto di Costantino, in Milano capitale dell’impero romano. 286-402 d.C., catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 24 gennaio-22 aprile 1990), a cura di G. Sena Chiesa, Milano 1990, p. 33. Nella mostra milanese fu inserito un gran numero di riproduzioni, come evidenziato in sede di recensione da B. Agosti, Milano capitale dell’impero romano, in Osservatorio delle Arti, 4 (1990), pp. 108-109.
17 C. Parisi Presicce, sch. n. 9, Ritratto di Costantino, in Costantino il grande. La civiltà al bivio tra Occidente e Oriente, catalogo della mostra (Rimini, Castel Sismondo, 13 marzo-4 settembre 2005), a cura di A. Donati, G. Gentili, Cinisello Balsamo 2005, p. 213; N. Hannestad, Die Porträtskulptur zur Zeit Konstantins des Grossen, in Konstantin der Grosse – Imperator Caesar Flavius Constantinus, Ausstellungskatalog (Trier 2. Juni-4. November 2007), hrsg. von A. Demandt, J. Engemann, Mainz 2007, pp. 96-117, in partic. 115, n. i.8.3, con la scheda di J. Kondić, Bronzeporträt Konstantins, nel CD allegato.
18 J. Kondić, sch. n. 5, Head of Constantine I, the Great, in Byzantium. 330-1453, Catalogue of the exhibition (London, Royal Academy of Arts, 25 October 2008-22 March 2009), ed. by R. Cormack, M. Vassilaki, London 2008, fig. 5 p. 55 e p. 378; De Byzance à Istanbul. Un port pour deux continents, catalogue d’exposition (Paris, Grand Palais, 10 octobre 2009-25 janvier 2010), éd. par N. Ölcer, Paris 2009, p. 71, fig. 3.
19 Y. Rivière, La riorganizzazione dell’Impero: dai tetrarchi a Costantino, in Roma e i Barbari. La nascita di un nuovo mondo, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Grassi, 26 gennaio-20 luglio 2008), a cura di J.-J. Aillagon, con il coordinamento scientifico di U. Roberto e J. Rivière, Milano 2008, pp. 176-193 (pp. 176 -193 e 619-620), in partic. 188, n. ii.2; cfr. p. 684 e fig. 142.
20 E. Calandra, sch. n. 149, Ritratto di Costantino, in Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 25 ottobre 2012-17 marzo 2013; Roma, Colosseo e Curia Iulia, 27 marzo-15 settembre 2013), a cura di G. Sena Chiesa, Milano 2012, p. 247.
21 De Byzance à Istanbul, cit., p. 185, fig. 3.
22 L’idea della mostra fu suggerita da Marco Bona Castellotti in seguito alle cinque lezioni sull’arco di Costantino tenute da Federico Zeri all’Università Cattolica di Milano dal 20 al 24 novembre 1989, pubblicate in trascrizione nel volume, postumo, F. Zeri, L’Arco di Costantino. Divagazioni sull’antico, a cura di N. Criscenti, Milano 2004.
23 I. Romeo, sch. n. 6, Ritratto di Costantino, in Costantino il grande, cit., p. 208.
24 G. Gentili, sch. n. 31, Intaglio con il ritratto di Costantino, in Costantino il grande, cit., p. 222 e fig. 31 a p. 223, con bibliografia, cui si aggiunga la sch. n. 211, Gemma con ritratto di Costantino, redazionale, in Aurea Roma. Dalla città pagana alla città cristiana, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 22 dicembre 2000-22 aprile 2001), a cura di S. Ensoli, E. La Rocca, Roma 2000, p. 556 (nella fotografia l’opera è però riprodotta in controparte).
25 J.D. Breckenridge, sch. n. 17, Gem with bust of Constantius II, in Age of Spirituality, cit., pp. 24-25.
26 G. Sena Chiesa, Costantino, Mediolanum e il tempo della tolleranza. La testimonianza delle immagini, in Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, cit., pp. 5-15, in partic. 6.
27 L’opera fu acquistata dal British Museum con l’aiuto del National Art-Collections Fund: C. Entwistle, sch. n. 2, Gold coin-set pendant, in Byzantium. Treasures of Byzantine Art and Culture from British Collections, ed. by D. Buckton, London 1994, pp. 26-27.
28 C. Giroire, sch. n. 161, Medaglione monetario, in Costantino il grande, cit., pp. 306-307.
29 Si veda A. Krug, The Belgrade Cameo, in ‘Gems of Heaven’: Recent Research on Engraved Gemstones in Late Antiquity, c. AD 200-600, Proceedings from the Byzantine Conference at the British Museum (London, British Museum, 28-31 May 2009), ed. by C. Entwistle, N. Adams, London 2011, pp. 186-192.
30 E. Gagetti, sch. n. 158, Cammeo di Belgrado, in Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, cit., p. 251, con bibliografia anteriore.
31 L’identificazione del sovrano effigiato con Costantino non è universalmente condivisa: sono stati proposti anche i nomi di Valentiniano III, Domiziano e Caligola; e si è anche avanzata l’ipotesi che possa trattarsi di un ritratto rilavorato in uno o più interventi successivi: E. Gagetti, Preziose sculture di età ellenistica e romana, Milano 2006, pp. 218-221, n. A42 (Busto di imperatore con lorica e paludamentum) e tav. xvii, con bibliografia. F. Betti, Glyptica, in La parola del passato, 63 (2008), pp. 458-473, 464-467, fig. 2, ha però nuovamente sostenuto la più probabile identificazione dell’imperatore con Costantino I e proposto una datazione del pezzo agli anni 327-330 d.C.
32 M.-L. Vollenweider, sch. n. 33, Sommet du bâton cantoral de la Sainte-Chapelle, in Byzance. L’art byzantin dans les collections publiques françaises, catalogue d’exposition (Paris, Musée du Louvre, 3 novembre 1992-1° février 1993), éd. par J. Durand, Paris 1992, pp. 84-85.
33 Questi elementi sono già riprodotti nell’illustrazione a corredo della Histoire de la Ste-Chapelle Royale du Palais, enrichie de planches, par M. Sauveur-Jérôme Morand, chanoine de ladite église, présentée à l’Assemblée-Nationale, par l’Auteur, le I Juillet 1790, Paris 1790, p. 56, ove l’autore proponeva di riconoscere nel sovrano ritratto Valentiniano III (p. 57).
34 M.-L. Vollenweider, sch. n. 33, cit.; M. Avisseau-Broustet, D. Gaborit Chopin, sch. n. 56, Sommet du bâton cantoral de la Sainte-Chapelle, in Le trésor de la Sainte-Chapelle (Paris, Musée du Louvre, 31 mai-27 août 2001), éd. par J. Durand, M.-P. Laffitte, Paris 2001, pp. 207-210.
35 E. Schilbach, sch. n. 11, Laufgewicht, in Die Welt von Byzanz – Europas östliches Erbe. Glanz, Krisen und Fortleben einer tausendjährigen Kultur, Katalog zur Ausstellung (München, Archäologische Staatssammlung München – Museum für Vor- und Frühgeschichte, 22. Oktober 2004-3. April 2005), hrsg. von L. Wamser, München 2004, p. 42.
36 J.D. Breckenridge, sch. n. 13, Weight in the form of a statuette of Constantine I, in Age of Spirituality, cit., pp. 20-21.
37 S. Ensoli, sch. n. 238, Statuetta equestre di Costantino I, in Aurea Roma, cit., p. 570.
38 A questo proposito è opportuno ricordare che la città di Termesso, in Panfilia, eresse intorno al 324 una statua equestre di Costantino rappresentato come Nuovo Sole: G. Fowden, Constantine’s Porphyry Column: the Earliest Literary Allusion, in Journal of Roman Studies, 81 (1991), pp. 119-131, in partic. 129 nota 95, con bibliografia (la statuetta ora a Vienna potrebbe però essere non contemporanea al modello ufficiale, ma un esemplare bronzeo appartenente a una serie di manufatti che ebbe fortuna nel tempo).
39 J. Engemann, sch. n. I.13.103, Goldenmedallion Konstantins des Groβen im Werte von 9 Solidi, in Konstantin der Grosse, cit., fig. 14 a p. 205; E.A. Arslan, sch. n. 52, Multiplo di Costantino I, in Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, cit., p. 201. Sull’evoluzione dei ritratti di Costantino su monete e medaglie cfr. D.H. Wright, The True Face of Constantine the Great, in Dumbarton Oaks Papers, 41 (1987), pp. 493-507.
40 Un altro esemplare è conservato al Münzkabinett del Kunsthistorisches Museum di Vienna (inv. n. mk rö 32344): cfr. E.A. Arslan, sch. n. 49, Medaglione in argento di Costantino, in Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, cit., pp. 199-200.
41 L’esemplare di Monaco è stato esposto anche alla mostra dedicata ai rapporti tra Roma e Bisanzio organizzata nel 1998 al Bayerisches Nationalmuseum; si veda B. Overbeck, Das Haus Konstantins I., 1. Medallion Konstantins I. (324-337), in Rom und Byzanz. Schatzkammerstücke aus bayerischen Sammlungen, Katalog zur Ausstellung (München, Bayerisches Nationalmuseum, 20. Oktober 1998-14. Februar 1999), hrsg. von R. Baumstark, München 1998, pp. 97-98 figg. 1av e 1rv.
42 A. Alföldi, Costantino tra paganesimo e cristianesimo, Roma-Bari 1976, p. 40 e nota 34 (l’autore intravedeva, erroneamente, anche l’immagine di una croce con globo sulla spalla di Costantino, in realtà uno scettro analogo al così detto ‘Scettro di Massenzio’ rinvenuto al Palatino); Id., Das Kreuzszepter Konstantins des Großen, in Schweizer Münzblätter, 4 (1954), pp. 81-86, in partic. 85. Cfr. anche K. Kraft, Das Silbermedaillon Constantins des Großen mit dem Christusmonogramm auf dem Helm, in Jahrbuch für Numismatik und Geldgeschichte, 5/6 (1954-1955), pp. 151-178: qui lo studioso prendeva le distanze dalla tesi di Grégoire sul racconto della ‘visione’ offerto da Eusebio nella Vita di Costantino.
43 L. Kocsis, sch. n. 49 a-b, Decorazioni di elmo, in Costantino il grande, cit., p. 235; E. Gagetti, sch. n. 132, Decorazione di elmo con cristogramma, in Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, cit., p. 238.
44 Cfr. E. Gagetti, sch. n. 131, Nasale di elmo con cristogramma, in Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, cit., p. 238.
45 F. Bisconti, Il vessillo, il Cristogramma: i segni della salvezza, in Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, cit., pp. 60-64.
46 Si veda G. Fiaccadori, The Tomb of Alexander the Great. An outline for an essay, in La parola del passato, 47 (1992), pp. 128-131, in partic. 129-130; Id., Sembrouthes ‘gran re’ (DAE IV 3 = RIÉth 275). Per la storia del primo ellenismo aksumita, ivi, 59 (2004, ma 2005), pp. 103-157, in partic. 140; in generale, G. Pugliese Carratelli, L’imitatio Alexandri costantiniana, in Felix Ravenna, 4a s., 118 (1979) pp. 81-91.
47 B. Berenson, L’arco di Costantino, o della decadenza della forma, a cura di L. Vertova, Milano 2007, p. 11.
48 R. Bianchi Bandinelli, Roma. La fine dell’arte antica, Milano 1970. Anni prima, nel 1936, Bianchi Bandinelli aveva steso la voce Roma. Arti figurative per l’Enciclopedia italiana, XXIX, Roma 1936, pp. 729-745: riportato il giudizio secondo cui i rilievi costantiniani dell’arco sono «la pietra sepolcrale dell’arte antica», egli affermava già acutamente che «più che una fine sono però da considerare un inizio», di un «periodo nel quale si compie la trasformazione del mondo classico mediterraneo in mondo medioevale europeo», anche grazie agli influssi dell’arte orientale (p. 743). Si veda G. Agosti, Qualche simpatia giovanile di Ranuccio Bianchi Bandinelli, in Quaderni di storia, 23 (1986), pp. 49-69. Nel 1939 Bianchi Bandinelli conobbe Bernard Berenson e divenne uno dei frequentatori della villa ‘I Tatti’, come ricorda N. Mariano, Quarant’anni con Berenson, Firenze 1969, p. 279. Per il rapporto di Bianchi Bandinelli con Berenson si veda M. Barbanera, Ranuccio Bianchi Bandinelli. Biografia ed epistolario di un grande archeologo, Milano 2003, pp. 173-193.
49 Sch. n. 54, Arco di Costantino a Roma, in Mostra augustea della Romanità, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 23 settembre 1937-23 settembre 1938), a cura di R. Vighi, Roma 1938, p. 385; C. D’Amato, sch. n. 212, Arco di Costantino, in Aurea Roma, cit., pp. 556-558 (il plastico in gesso dell’arco è nelle raccolte del Museo della Civiltà Romana di Roma, inv. m.c.r. 501).
50 Nel 1911 fu organizzata nelle sale del nuovo Museo delle Terme di Diocleziano una Mostra archeologica, sotto la direzione di Rodolfo Lanciani: si veda D. Mancioli, La mostra archeologica del 1911 e le Terme di Diocleziano, in Roma capitale (1870-1911). Dalla mostra al museo. Dalla Mostra archeologica del 1911 al Museo della Civiltà Romana, Venezia 1983, pp. 29-32. Più in generale sull’Esposizione internazionale di Roma, cfr. Esposizione internazionale di Roma. Guida generale delle mostre retrospettive in Castel Sant’Angelo, Bergamo 1911.
51 Constantine the Great. York’s Roman Emperor, catalogue of the exhibition (York, Yorkshire Museum, Museum Gardens, 31 March-29 October 2006), ed. by Av. Cameron, E. Hartley, J. Hawkes, York 2006.
52 I.A. Richmond, Three Fragments of Roman Official Statues, from York, Lincoln, and Silchester, in The Antiquaries Journal, 24 (1944), pp. 1-9, in partic. 1-5; S. Rinaldi Tufi, sch. n. 131, Ritratto di Costantino, in Costantino il grande, cit., pp. 288-289; Id., sch. n. 9, Head of Constantine, in Constantine the Great, cit., p. 120.
53 L. Del Buono, C. Sembenelli, Konstantin in Berlin, Austellungskatalog (Berlin, Altes Museum, 29. März-31. Mai 2006), Milano 2006.
54 C. Parisi Presicce, sch. n. iii.1, Testa semicolossale dell’imperatore Costantino, in Petros eni – Pietro è qui, catalogo della mostra (Città del Vaticano, Braccio di Carlo Magno, 11 ottobre 2006-8 marzo 2007), a cura di M.C. Carlo-Stella, P. Liverani, M.L. Polichetti, Roma 2006, pp. 150-151.
55 N. Hannestad, Die Porträtskulptur zur Zeit Konstantins des Grossen, cit., p. 105, n. i.8.10, con la scheda di C. Parisi Presicce, Überlebensgroßes Porträt Konstantins des Großen, nel CD allegato.
56 Konstantin der Grosse – Imperator Caesar Flavius Constantinus. Geschichte, Archäologie, Rezeption, Internationales Kolloquium (Trier, Universität Trier, 10.-15. Oktober 2005), hrsg. von A. Demandt, J. Engemann, Trier 2006.
57 In occasione della mostra sono stati stampati due volumi: il primo contiene una serie di saggi e il secondo il vero e proprio catalogo. Si veda Christiana loca. Lo spazio cristiano nella Roma del primo millennio, catalogo della mostra (Roma, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Complesso di S. Michele, 5 settembre-15 novembre 2000), a cura di L. Pani Ermini, 2 voll., Roma 2000.
58 R. Luciani, Il complesso episcopale, in Christiana loca, cit., I, pp. 107-122, in partic. 109. Si veda già R. Krautheimer, Tre capitali cristiane. Topografia e politica, Torino 1987, p. 21. Dalla caserma degli equites singulares, che sorgeva sull’area del Celio, e fu demolita poco dopo la sconfitta di Massenzio, sembrerebbero provenire i rilievi traianei con le scene delle guerre daciche, reimpiegati per la decorazione scultorea dell’arco di Costantino: P. Barceló, Una nuova interpretazione dell’arco di Costantino, in Costantino il grande. Dall’Antichità all’Umanesimo, Colloquio sul Cristianesimo nel mondo antico (Macerata 18-20 dicembre 1990), a cura di G. Bonamente, F. Fusco, I, Macerata 1992, pp. 105-114.
59 Cfr. Christiana loca, I, cit., passim.
60 M. Cecchelli, Le chiese devozionali, in Christiana loca, I, cit., pp. 203-210, in partic. 204 e fig. 2; cfr. M. Barbera, La fase del “Sessorio” nel complesso di Santa Croce in Gerusalemme, in Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, cit., pp. 141-144.
61 Per la ricostruzione dell’acrolito di Costantino si veda C. Parisi Presicce, Konstantin als Iuppiter. Die Kolossalstatue des Kaisers aus der Basilika an der Via Sacra, in Konstantin der Grosse, cit., pp. 117-131.
62 S. Ensoli, I colossi di bronzo a Roma in età tardo antica: dal Colosso di Nerone al Colosso di Costantino. A proposito dei tre frammenti bronzei dei Musei Capitolini, in Aurea Roma, cit., pp. 66-90, in partic. 71 e figg. 14-17 a pp. 72-76, di cui F. Betti, Glyptica, cit., p. 467 e nota 19.
63 Si veda ora anche A. Marcone, L’editto di Milano: dalle persecuzioni alla tolleranza, in Costantino 313 d.C. L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, cit., pp. 42-47, in partic. 46-47 e nota 13.