COSTANTINO IX, Monomaco, imperatore d'oriente
Pervenne al trono per essere stato scelto come sposo dall'imperatrice Zoe, già vedova di due mariti e vecchia di sessantadue anni. Lo stato aveva bisogno in quel momento di un uomo di polso e di guerra: C. non pare avesse esperienza politica e certo non era un guerriero, ma piuttosto un gaudente e un raffinato cultore di studî. Sul trono tuttavia non fece triste figura e dalle dilficoltà che gli si pararono dinnanzi seppe trarsi con abilità se non sempre con onore. Pochi mesi dopo il suo avvento (febbraio 1043) dovette domare la ribellione del generale Maniace. L'anno seguente scoppiò un'insurrezione in Costantinopoli, apparentemente provocata dal fatto che il sovrano aveva imposto la sua amante Sclerena alla corte ed elevato ad alta dignità il di lei fratello Romano Scleros. Zoe e la sorella Teodora associata al trono riuscirono a far ritornare la calma nel popolo. Una rivolta più grave fu quella del generale armeno Leone Tornicio, il quale, proclamatosi imperatore, con le truppe che erano ai suoi ordini venne ad assediare Costantinopoli, ma C. seppe difendere la capitale e alla fine riuscì a guadagnarsi l'esercito insorto. Tornicio fu fatto prigioniero e accecato (dicembre 1047).
Anche nella lotta contro i nemici esterni C. fu fortunato. Ricorrendo, invece che alle armi, agl'intrighi diplomatici, riuscì a rendere effettiva la sottomissione dell'Armenia, invano tentata dai suoi predecessori: l'Armenia fu occupata dalle milizie bizantine e trasformata in provincia dell'Impero (1045). Anche l'irruzione dei Turchi Selgiūqidi ai confini orientali della nuova provincia (1048) fu respinta, grazie al sistema di fortificazioni che, a partire dal 1021, Basilio II aveva fatto innalzare a difesa del confine orientale del Vaspuracan. Solo la ricca e splendida città di Arzen, presso Erzerum, gl'invasori poterono prendere e saccheggiare; ma in una battaglia campale, combattutasi nelle vicinanze di Erzerum, i Turchi furono sconfitti e ricacciati indietro. Sul fronte balcanico nel medesimo tempo si dovettero fronteggiare i Russi e i Pecceneghi, ma gli uni e gli altri furono vinti e il confine bizantino rimase immutato. Solo nell'Italia Meridionale i Bizantini non furono più in grado di fronteggiare i Normanni e dovunque dovettero indietreggiare. C. nominò allora catapano il figlio di Melo, Argiro, ma nel 1053 egli fu sconfitto; i Normanni occuparono allora altre terre nella Puglia e nella Calabria. A peggiorare la situazione dei Bizantini si aggiunse l'anno seguente lo scisma religioso tra Bisanzio e Roma. La guerra normanna e l'intervento del papa Leone IX nell'Italia Meridionale contro i Normanni avevano fatto intuire a C. Monomaco di quanta importanza sarebbe stato, per la difesa degli interessi greci in Italia, un accordo con la Santa Sede; ed egli scrisse in questo senso al pontefice. Leone IX rispose favorevolmente all'invito del basileus; ma poiché in quei giorni si era rinnovata l'eterna controversia intorno alle differenze dottrinali fra cattolici e ortodossi e ai diritti giurisdizionali della sede di Roma e del patriarcato di Bisanzio, il papa pose come condizione preliminare e assoluta per l'accordo che in Costantinopoli si accettasse la dottrina e la supremazia di Roma nella chiesa universale. C., per ragioni politiche, si mostrò proclive a trattare, ma il contegno sprezzante e altezzoso dei legati pontifici inviati a Costantinopoli e la provocante intransigenza del patriarca Michele Cerulario portarono a una clamorosa e definitiva rottura. Il 17 luglio 1054 (Leone IX era morto l'aprile precedente) i legati romani, scomunicati solennemente Cerulario e i suoi aderenti, abbandonarono la capitale bizantina. Pochi giorni dopo, con la sanzione dello stesso imperatore, il patriarca lanciò alla sua volta la scomunica contro la Santa Sede.
L'azione personale di Costantino IX più che nella politica esterna fu sensibile nella politica interna. Fu suo indiscutibile merito quello di avere non solo promosso la cultura, istituendo una nuova scuola superiore di diritto nella quale insegnarono uomini di grande dottrina come Giovanni Xifilino, Michele Psello, Giovanni Mauropo, Niceta di Bisanzio, ma anche di avere provveduto alla fondazione di opere di assistenza per i poveri e per i vecchi aprendo ricoveri e ospedali. Egli, inoltre, favorì l'arte dedicando notevoli somme all'abbellimento di Santa Sofia e alla costruzione della chiesa di S. Giorgio a Mangana. Condusse anche a termine la ricostruzione della chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme, che era stata iniziata da Basilio II. Sopravvisse all'imperatrice Zoe (morta nel 1050) governando in buon accordo con Teodora. Prima di morire, tuttavia, per suggerimento di alcuni cortigiani, tentò di trasmettere il potere al generale Niceforo Briennio, ma Teodora mandò a vuoto il suo disegno e riprese l'intera sovranità. C. morì l'11 gennaio 1055.
Bibl.: G. Schlumberger, Les Porphyrogénètes Zoé et Theodora, Parigi 1905; C. Diehl, Zoé la Porphyrogénète, in Figures byz., s. 1ª, Parigi 1920.