GAETANI, Costantino
Nacque a Siracusa nel 1568 (come dimostrato da J. Ruysschaert contro quanti fissavano la data al 1560) dal marchese di Sortino, Barnaba, senatore della città, e da Girolama Perni. Tre suoi fratelli, Ottavio, Paolo e Alfonso, furono gesuiti.
Fu accolto nell'Ordine benedettino il 29 ott. 1586, nel monastero catanese di S. Nicola dell'Arena. Nel 1603 era all'abbazia di Montecassino, quando fu chiamato a Roma da Clemente VIII, tramite il cardinale Cesare Baronio, per servire la Sede apostolica. In particolare, gli venne richiesto di preparare per la stampa le opere di s. Pier Damiani. In seguito, in una supplica a Urbano VIII del 1641, il G. precisò che per tale stampa aveva speso 1200 scudi "di Casa sua paterna" (Bibl. apost. Vaticana, Barb. lat. 3150, II, c. 352).
A Roma il G. collaborò, per cinque anni, con il cardinal Baronio alla preparazione dei volumi XI e XII degli Annales ecclesiastici e di altri documenti della congregazione dei Riti. Fu consultore della congregazione di Propaganda Fide e da Urbano VIII ottenne il priorato di S. Maria Latina, in Sicilia. A quel papa il G. dedicò nel 1623 l'opera Del dominio temporale et patrimonio del pontefice romano, contenuta nel Barb. lat. 4489 della Bibl. apost. Vaticana.
Numerose fonti affermano che fu custode della Biblioteca Vaticana, ma ciò non risulta dagli elenchi ufficiali; l'Armellini cita lettere del 1612 in cui viene definito "archivista apostolico", mentre la dedica del 1617 di una sua opera stampata nel 1618, … Pro Ioanne Gersen abbate Vercellensi librorum De imitatione Christi auctore…, è firmata "Ex Vaticanis aedibus apostolicis", che in altre opere (v. Ruysschaert, 1974, p. 219) viene precisato in "a sacris litterarum monumentis". Nella serie dei "Ruoli" della corte pontificia il G. appare tra il personale pagato dal palazzo pontificio, sotto la voce "Diversi della Corte", in vari anni tra il 1611 al 1638, senza l'indicazione del suo titolo ufficiale.
Da Paolo V fu nominato abate dell'antica abbazia benedettina di S. Baronto, nella diocesi di Pistoia (di sicuro tenne la carica tra il 1606 e il 1638, come risulta dalle sue opere stampate nelle quali inserì il titolo sotto il suo nome nel frontespizio). Il 18 maggio 1621 istituì a Roma la prima fondazione di studi destinata ai religiosi del suo Ordine, in particolare agli stranieri che venivano a soggiornare nella città. L'istituzione fu chiamata Collegium Gregorianum de Urbe e si trovava in Trastevere, nel luogo abitato anticamente dalla famiglia romana degli Anici dai quali il G. faceva discendere s. Benedetto, sostenendo che la casa paterna del santo si trovava presso la sede del collegio da lui fondato. Il collegio divenne la preoccupazione costante della vita del G., che si dedicò sino alla morte ad assicurarne la sopravvivenza. Dal 1622 iniziò a inviare lettere circolari agli abati non italiani, per sollecitare un appoggio finanziario, ma le risposte furono negative. Nel 1629 fece un accordo con i benedettini inglesi, che poterono alloggiare al collegio quelli di loro che soggiornavano a Roma. In seguito, il 3 marzo 1640, il G. tentò un'altra iniziativa per ottenere fondi, scrivendo a Richelieu e a Mazzarino per proporre la trasformazione dell'istituzione in casa di studi francesi, che avrebbe funzionato insieme da seminario e da scuola di archeologia. Anche questa idea non fu accolta. Il G. trovò allora un'altra soluzione: fece dono del collegio alla congregazione di Propaganda Fide il 31 luglio 1641. Il carattere benedettino dell'istituzione, che si chiamò Collegium Gregorianum de Propaganda Fide, fu conservato. Otto anni dopo la morte del G. il collegio passò alla Congregazione benedettina inglese.
Il G. si prese cura di dotare il collegio di una notevole biblioteca, che chiamò Aniciana, per le ragioni suddette. Da annotazioni sui manoscritti si evince che il suo inizio possa essere fatto risalire al 1595, anno nel quale ne è fatto cenno da un monaco belga suo amico, Arnold Wion, nella sua opera Lignum vitae (Venetiis 1595). La costituzione della biblioteca impegnò il G. in una grande attività di ricerca di manoscritti, una parte dei quali erano copie da originali appartenuti a biblioteche ecclesiastiche di tutta Italia, mentre a volte il G. si procurò o acquistò l'originale stesso. Si avvaleva di copisti, tra i quali si conosce, per ricorrere con particolare frequenza, il nome di Johann Geyer.
La ricerca e l'acquisto di opere da parte del G. era attenta e spesso mirata. Molto ricca e importante era la collezione di testi agiografici; tuttavia, la biblioteca, pur centrata sulle scienze religiose e sulla spiritualità, in particolar modo benedettina, presentava anche testi profani, soprattutto manoscritti storici e persino trattati di medicina. Accanto ad autori di grande importanza se ne trovavano di minori, come i testi dei corsi universitari del tempo al Collegio Romano e all'Università di Padova. L'Aniciana conteneva poi parecchie opere del G. medesimo, tra le quali un saggio su alcuni uomini illustri di Sicilia, un'orazione per le esequie di Filippo II tenuta a Siracusa, un'opera intitolata "Cassinensis Congregationis res", una sulla famiglia Caetani (Roma, Bibl. univ. Alessandrina, 104) e alcuni suoi sermoni (Bibl. apost. Vaticana, Chig. C.V. 132).
Nel 1619 G. donò a Paolo V tredici suoi manoscritti (Vat. lat. 5838-5847 e Vat. gr. 1676, più due perduti). In seguito inviò una supplica a Urbano VIII per ottenere un appoggio finanziario nella quale traccia un profilo della sua carriera al servizio della S. Sede sotto ben sei papi (Barb. lat. 3150, pt. II, cc. 352-353).
Dopo la morte del G., la biblioteca passò per breve tempo alla congregazione di Propaganda, per andare poi a far parte, nel 1666, della Biblioteca Alessandrina, allora in formazione presso l'Università "La Sapienza". Alessandro VII, che ne aveva deciso la nuova destinazione, tenne però presso di sé due casse di manoscritti e una di documenti. Tra i manoscritti passati all'Alessandrina, in alcuni volumi miscellanei (Mss. 89-104) si trovano i materiali di studio del G. stesso. Altri manoscritti scomparvero, anche a causa di furti che la biblioteca subì nel 1636 e nel 1650, o presero altre vie, trovando ospitalità in abbazie benedettine (S. Callisto, S. Nicola dell'Arena a Catania). Nel Vat. lat. 7927, alle cc. 302-313, esiste un catalogo per materia dei manoscritti della biblioteca, anteriore ai suoi spostamenti.
Il G. scrisse un gran numero di opere (l'Armellini ne elenca 27 stampate e una sessantina rimaste manoscritte). Sono per lo più di carattere agiografico, ma tra esse brillano le edizioni critiche, soprattutto quella delle opere di s. Pier Damiani, che furono edite più volte (Roma 1606-15, Lione 1623, Parigi 1642 e 1743, Bassano 1783), oltre a un volume di lettere dello stesso (Parigi 1610) e la Vita di Gelasio II scritta da Pandolfo Pisano e dal G. edita e pubblicata nel 1638.
Il G. partecipò poi attivamente alla discussione sull'attribuzione del De imitatione Christi, opera ascetica medievale uscita anonima, sostenendo, con altri e sulla base di manoscritti italiani, che era da attribuire a Giovanni Gersen, benedettino, figura di cui nulla si sa di certo, forse abate di S. Stefano di Vercelli tra il 1220 e il 1240, negando le attribuzioni a Jean Gerson e a Tommaso da Kempis, quest'ultima sostenuta soprattutto da Heribert Rosweyde. Il Rosweyde rispose alla polemica con la sua opera del 1617 Vindiciae Kempenses, dove rivendicò la paternità dell'opera a Tommaso da Kempis, a cui seguirono ancora le confutazioni del G. nel 1618 e nel 1644.
Il G. fu al centro delle polemiche del tempo; scrittori francesi e tedeschi lo contestarono violentemente, con accuse, reciproche, di falsificazioni. Addirittura il Naudé tentò di certificare le falsificazioni del G., ma la critica moderna non dà credito a tale iniziativa. La certificazione è riportata in Mss. 290 della Bibliothèque Sainte-Geneviève di Parigi, cc. 84-89: "Copie du certificat donné par Gabriel Naudé et autres, en présence du cardinal [Jean François] Bangi, qui prouve la corruption des manuscrits de l'abbé Costantin Cajetan en faveur de Gerson; Rome, 31 janvier 1641" (è chiaro che non si tratta di Jean Gerson, ma di Giovanni Gersen). La discussione sull'attribuzione dell'opera è ancora viva oggi, con sostenitori di Gersen, di Tommaso da Kempis, di Jean Gerson e di altri, o a favore di una composizione multipla dell'opera.
Un'altra sua opera, De religiosa s. Ignatii sive s. Enneconis fundatoris Societatis Iesu per benedictinos istitutione, deque libello exercitiorum eiusdem ab exercitario Cisneri desumpto, provocò la polemica risposta del gesuita G. Rho, con uno scritto intitolato Achates ad d. Costantinum Cajetanum. A questa polemica mise fine, almeno per qualche tempo, un decreto della congregazione dell'Indice del 18 dic. 1646.
Il G. collaborava, come tanti, all'Italia sacra di F. Ughelli, e conosceva bene Luca Wadding. Godeva della considerazione, oltre che dei citati Baronio, Wadding e Ughelli, del Possevino e del Bellarmino tra i maggiori. Altri lo avversavano, soprattutto criticando quella posizione di "vindex benedectinus" che aveva voluto assumere e che a volte lo avrebbe portato a deduzioni fantasiose. Il G. morì a Roma il 7 (17, secondo Mongitore) sett. 1650.
Fu sepolto in S. Benedetto in Piscinula, dove l'epigrafe riportata dall'Armellini recita che la sua morte fu "accelerata" da un familiare, che, in quell'anno, aveva rubato diversi codici dalla sua biblioteca. Un suo busto si trova presso l'abbazia benedettina di S. Girolamo a Roma.
Fonti e Bibl.: A. Mongitore, Bibliotheca Sicula…, I, Panormi 1707, pp. 143-145; M. Armellini, Bibliotheca Benedectino-Casinensis, I, Assisi 1731, pp. 123-136; F.M. Renazzi, Storia dell'Università degli studi di Roma, III, Roma 1805, pp. 135, 253; J. Léonard, Deux lettres de dom C. G., fondateur du premier collège bénédictin de Rome, à Richelieu et Mazarin, in Revue Mabillon, XIV (1924), pp. 32-40; P. Bonardi - T. Lupo, L'imitazione di Cristo e il suo autore, Torino 1964, I, pp. 86 s., 101, 136, 254 s., 271, 274, 280, 286; II, 360 s.; J. Ruysschaert, C. Gaetano, O.S.B. chasseur de manuscrits. Contribution à l'histoire de trois bibliothèques romaines du XVIIe s., l'Aniciana, l'Alessandrina et la Chigi, in Mélanges E. Tisserant, VII, 2, Città del Vaticano 1964, pp. 261-326; A. Ampe, L'imitation de Jèsus-Christ et son auteur, Roma 1973, pp. 14, 28, 64, 82-87, 90, 94 s., 98, 101, 113; J. Ruysschaert, Trois notes pour une biographie du bénédictin C. Gaetano, in Benedictina, XXI (1974), pp. 215-223; P. Palazzini, Ascetismo giansenista ed edizione delle opere di s. Pier Damiani, in Ascetismo cristiano e ascetica giansenista e quietista nelle regioni d'influenza avellanita, Fonte Avellana 1977, pp. 9-25; D. Balboni, L'abate C. G.…, ibid., pp. 111-125; A.M. Adorisio, Contributo alla storia degli studi gioachimiti: C. G.… e la documentazione da lui raccolta, in L'età dello spirito e la fine dei tempi in Gioacchino da Fiore e nel gioachinismo medievale. Atti del II Congresso internazionale, S. Giovanni in Fiore… 1984, a cura di A. Crocco, San Giovanni in Fiore 1986, pp. 301-318.