COSTANTINO (Gosantine, Gantine) di Torres
Secondo di questo nome, nacque, in data che non è possibile precisare, da Barisone II giudice di Torres e da Preziosa de Orrubu. Salì al trono tra il 1181 ed il 1191, in seguito all'abdicazione del padre. A detta del Fara C. avrebbe sposato, in data non conosciuta, una catalana di nome Druda, la quale morì poco dopo esser giunta in Sardegna. Successivamente sposò un'altra catalana di nome Prunisinda.
Il regno di C. - che dalle fonti risulta essersi comportato spesso in modo tirannico - si svolse in un periodo particolarmente complesso della storia sarda caratterizzato dal rapido inasprirsi della lotta di predominio tra Genova e Pisa; guerre, paci, invasioni e colpi di scena si susseguirono incessantemente coinvolgendo non solo i giudicati, ma anche l'Impero e il Papato, numerosi Ordini religiosi ed illustri famiglie liguri e toscane, protesi, tutti, ad affermare od a difendere pretesi diritti o a procacciarsi terre o privilegi nell'isola. Gli accordi del 1175, voluti dall'imperatore Federico I per ristabilire la pace tra Genova e Pisa, avevano sanzionato la piena parità di diritti delle due Repubbliche in Sardegna, una parità puramente teorica e destinata quindi ad infrangersi di fronte ai maneggi subito intrapresi per allargare, ciascuno, la propria influenza. Negli anni che precedono l'ascesa al trono di C., Genova controllava di fatto i giudicati di Torres e d'Arborea e Pisa quelli di Cagliari e di Gallura. Ma alla morte di Barisone I d'Arborea nel 1185 Pisa riprese la sua politica espansionistica cercando d'imporre sul trono di questo giudicato Pietro de Serra, nato dal primo matrimonio di Barisone. All'elezione si oppose Genova che sostenne le ragioni della seconda moglie di Barisone, la catalana Agalbursa, e quindi la successione del nipote di questa Ugone di Bas, detto Poncio o Poncet, che era stato associato al trono dallo stesso Barisone. Mentre i contrasti si acuivano, il giudice di Cagliari Pietro di Torres si strinse in alleanza con Genova, ed espulse tutti i pisani dai suoi territori. La reazione non tardò. Nel 1189 una squadra navale pisana al comando di Oberto di Massa sbarcò nel Cagliaritano, mise in fuga il giudice Pietro e insediò sul trono il figlio di Oberto, Guglielmo I di Massa. Nel corso della campagna, il giudice di Torres - non si sa se Barisone II oppure C. - andò in aiuto del giudice Pietro di Cagliari ma fu sconfitto e dovette piegarsi ad una pace il cui contenuto è rimasto sconosciuto.
Le preoccupazioni sue e di Genova per il corso favorevole a Pisa delineatosi in Sardegna, dovettero essere notevoli così da indurre entrambi alla stipula di un nuovo trattato, firmato il 10 giugno 1191, che ampliò notevolmente gli accordi che già dai tempi di Barisone II legavano il giudicato di Torres alla Repubblica ligure. È questo il primo documento che menzioni come giudice C; e tutto lascia ritenere che il trattato sia di poco posteriore alla sua ascesa al trono. Oltre a imporre la pace tra il giudicato di Torres e quello di Cagliari, il trattato stabiliva l'obbligo per ciascun contraente di proteggere nel proprio territorio i cittadini dell'altra parte, di accordar loro piena libertà di commercio senza pagamento di dazi, di assegnar loro locali idonei per abitarvi ed esercitare la mercatura, di rendere loro, sempre, la dovuta giustizia; stabiliva, inoltre, l'obbligo dell'aiuto reciproco nelle guerre contro i Pisani e qualsiasi altro nemico che operasse nell'isola e segnatamente contro il giudice d'Arborea, ed infine in tutti i trattati di pace che ciascuno dei due contraenti stipulasse con dinasti cristiani o saraceni.
Consolidata così la sua posizione nel giudicato di Torres, Genova insistette nell'Arborea e riuscì a far accettare una soluzione di compromesso in virtù della quale Pietro de Serra ed Ugone di Bas vennero proclamati giudici condomini d'Arborea. La soluzione non piacque né a Guglielmo di Cagliari né a C. i quali, vantando propri diritti di priorità nella successione e disconoscendo quelli dei due condomini, invasero di comune accordo l'Arborea. Ugone si salvò con la fuga, Pietro cadde nelle mani di Guglielmo; il giudicato venne diviso tra questi e Costantino. L'accordo durò poco; spalleggiato da Genova, C. mosse guerra a Guglielmo ma, sconfitto, chiese la pace, proponendo anzi una più stretta alleanza. Il giudice cagliaritano diede a vedere di accettare la proposta; invece penetrò in territorio nemico ed occupò il castello del Goceano dove si trovava la moglie di C., che fu fatta prigioniera.
Un tentativo di porre pace tra C. e Guglielmo fu fatto dall'arcivescovo di Pisa. I preliminari prevedevano la consegna nelle mani del prelato del castello del Goceano da parte di Guglielmo e di adeguati pegni da parte di C.; ma questo, prima ancora che le trattative potessero concludersi, occupò il castello conteso e, nonostante le insistenze dell'arcivescovo, non volle restituirlo e fu perciò scomunicato. Un secondo tentativo di pace fu promosso successivamente dallo stesso C.; nel marzo del 1196 un suo inviato andò a Pisa e pregò i consoli di promuovere una trattativa con Guglielmo articolata su tre punti: restituzione da parte del giudice di Cagliari di Prunisinda e delle altre donne con lei catturate; consegna da parte di C. del castello del Goceano o di quello di Montiverro; versamento da parte di C., entro l'agosto successivo, di cinquantamila bisanti d'oro per riottenere il castello caduto. Ma anche questo tentativo fallì.
Due anni dopo, mentre Guglielmo continuava a spadroneggiare in Arborea, C. si ammalò gravemente e sentendosi vicino alla fine chiamò l'arcivescovo di Torres perché lo assolvesse dalla scomunica. Morì prima che l'arcivescovo arrivasse e, come scomunicato, fu sepolto fuori del cimitero della chiesa giudicale di Ardara. Soltanto alcuni anni dopo, per intercessione del fratello e successore Comita, gli fu concessa regolare sepoltura. Nel frattempo anche la moglie del C. Prunisinda era morta, mentre era ancora prigioniera del giudice Guglielmo di Cagliari.
C. ebbe una sorella, Susanna, che andò sposa ad Andrea Doria, col quale inizia la rapida penetrazione della casata ligure nel Logudoro, e due fratelli Ittocorre e Comita. Secondo il Baudi di Vesme, a C. succedette dapprima Ittocorre, morto pochi mesi dopo in battaglia; ma la notizia non è documentata. Comita riprese la guerra, ma, battuto, fu costretto dalla difficile situazione a piegarsi ad una pace in base alla quale dovette giurare fedeltà a Pisa e rinunciare, a favore di Guglielmo di Cagliari, ad ogni diritto o pretesa sul giudicato d'Arborea nonché sul Goceano e sulle altre terre perse nel corso della guerra. A suggellare la pace, il figlio di Comita, Mariano, sposò la figlia di Guglielmo, Agnese, che portò in dote allo sposo il Goceano e le altre terre turritane occupate dal padre, mentre questi rimase giudice unico d'Arborea.
Fonti e Bibl.: P. Tola, Codex dipl. Sardiniae, Augustae Taur. 1861, sec. XII, nn. 135, 148; G. Bonazzi, Il condaghe di San Pietro di Silki, Sassari 1900, nn. 3, 284, 347 s., 350, 363, 367, 373, 399; E. Besta-A. Solmi, I condaghi di S. Nicola di Trullas e di S. Maria di Bonarcado, Milano 1937, n. 146; A. Sanna, Libellus iudicum Turritanorum, Cagliari 1957, p. 50; Docum. ined. relativi ai rapporti economici tra la Sardegna e Pisa nel Medioevo, a cura di F. Artizzu, I, Padova 1961, n. 3; G. F. Fara, De chorographia Sardiniae libri duo. De rebus Sardois I. quatuor, a cura di L. Cibrario, Augustae Taur. 1835, p. 227; G. Manno, Storia di Sardegna, I, Milano 1835, pp. 334 ss.; B. Baudi di Vesme, Guglielmo di Cagliari e l'Arborea, in Archivio storico sardo, I (1905), pp. 22 ss.; E. Besta, La Sardegna medioevale, I, Palermo 1908, pp. 159, 165; D. Filia, La Sardegna cristiana, Sassari 1913, II, pp. 52, ss; D. Scano, Serie cronol. dei giudici sardi, in Arch. stor. sardo, XXI (1939), 3-4, p. 99.