COSTANTINO da Carrara
Nacque a Carrara, forse nel 1506.Appare per la prima volta negli Acta capitularis Canonicorum regularium Congregationis Lateranensis per l'anno 1531:in quest'anno il giovane canonico regolare viene promosso all'ufficio di predicatore: funzione che gli viene riconfermata per l'anno 1534. Il suo nome riappare il 17 giugno 1540 tra quelli di venticinque canonici che partecipano al capitolo tenuto in quella data nel monastero di S. Maria in Porto in Ravenna sotto il priorato di Francesco Musti de' Landi da Vicenza. Nel 1541 è autorizzato ad accogliere confessioni femminili, ed è vicario di Desiderio da Lucca, priore del monastero di S. Giuliano in Imola. Nel corso dello stesso anno diventa egli stesso priore, "prepositus Imolae" e in questa veste è presente al capitolo generale del suo Ordine nel maggio del 1542.
Dopo questo capitolo è trasferito a Lucca, dove giunge, probabilmente all'inizio di giugno, contemporaneamente a Pietro Martire Vermigli: in veste di priore (successore di Gregorio da Cremona) di S. Maria della Fregionara o Fregionaia, mentre Vermigli lo è di S. Frediano. Che entrasse in questo periodo in rapporto con Celio Secondo Curione, fosse addirittura "devoto a Curione", come sosteneva G. K. Brown (Italy and the Reformation, Oxford 1933, p. 161) non possibile dimostrare, mentre sono indubitabili i suoi legami con Pietro Martire Vermigli. Nell'estate del 1542 C. venne denunciato a Roma come fautore di luteranesimo da due domenicani del monastero di S. Romano, P. Bernardini e F. Franciotti, che il 3 agosto avevano rilevato, in una discussione con lui, una serie di proposizioni ereticali: sulla supremazia dei Concilio, sulla libertà di lettura dell'opera di Lutero, sulla Chiesa che "Constat ex veris fidelibus tantum". Il 26 agosto il cardinale B. Guidiccioni scrisse ai Signori di Lucca chiedendo l'arresto di Costantino. Non conosciamo i passaggi successivi della vicenda: C. comunque non fu arrestato. Fuggì: forse a Pisa per Roma. Non certo a Ginevra, come si è continuato a ripetere per lungo tempo. Sta di fatto che, come ha accertato il Mc: Nair, C. "riappare come Priore di S. Maria di Fregionaia nel Capitolo Generale del 1543. Ancora più sorprendente è il fatto che i suoi colleghi canonici in quell'occasione lo elessero all'influente priorato di S. Vito in Mantova. E in questa veste egli assistette al Capitolo Generale del 1544"; il suo nome appare ancora, con la designazione di socius nel 1545.
Resta chiarito dunque un elemento che aveva sempre suscitato perplessità tra gli studiosi della diaspora ereticale lucchese: l'assenza di ogni traccia dell'esilio di Costantino. Questi non esulò, né a Ginevra né in altra terra di Riforma. Egli certamente seppe purgarsi di ogni accusa dinanzi ai superiori della sua Congregazione (forse nel capitolo di Genova) e dinanzi alla Congregazione dei cardinali. Va rilevato che una parte delle proposizioni ereticali che gli erano state addebitate vertevano sul tema delle rispettive autorità del pontefice e del concilio: un tema che era in quegli anni ben presente all'attenzione del cardinale lucchese Bartolomeo Guidiccioni. È anche ovvio supporre che, come soleva accadere nel rapporto inquisitoriale, il canonico abbia confermato il suo pentimento con rivelazioni sul movimento religioso di cui egli era stato parte in Lucca.
Dopo il 1545 si perdono le sue tracce e si ignora l'anno di morte.
Fonti e Bibl.: Il nome di C. fu sottoposto all'attenzione degli studiosi della Riforma con la pubblicazione della lettera di B. Guidiccioni da parte di C. Minutoli nell'App. documentaria a G. Tommasi, Storia di Lucca, in Arch. stor. ital., X (1847), p. 165. Per la biografia di C., v.G. Sforza, C. da C., in Il Carrarese, 1887, nn. 24-31; Id., Un episodio poco noto della vita di Aonio Paleario, in Giorn. stor. della lett. ital., XIV (1889), pp. 5°-71; C. da C. e la Riforma a Lucca, in Giorn. lig. di archeol., storia e lett., XXII (1897), 11-12, pp. 439-42. Cfr. inoltre G. Spini, Alcuni episodi della Riforma lucchese nel XVI sec. (da docum. medicei del R. Archivio di Stato fiorentino), in Boll. della Soc. di studi valdesi, LVII (1938), 70, pp. 82-91; A. Pascal, Da Lucca a Ginevra (Studi sull'emigr. religiosa lucchese a Ginevra nel sec. XVI), in Riv. stor. ital., XLIX (1932), pp. 149-168; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1965, pp. 411 ss.; Ph. Mc Nair, Pietro Martire Vermigli in Italia, Un'anatomia di apostasia, Napoli 1972, pp. 241 ss., 259-62.