CUMANO, Costantino
Nacque a Trieste il 15 apr. 1811, figlio di Gian Paolo, medico veneziano (di famiglia originaria di Candia) e di Antonia Perusini. Compì i suoi studi a Verona, al collegio di S. Anastasia dove ebbe compagno A. Aleardi, quindi alla facoltà di medicina nelle università di Pavia e di Padova. Ancora studente, nel 1830 era accorso a Praga, da dove si richiedevano volontari per combattere l'epidemia del colera, e vi meritò una medaglia di riconoscimento. Laureatosi nel 1842 a Padova, con due tesi pubblicate a stampa, era presto succeduto al padre come medico e poi come primario chirurgo all'ospedale civico di Trieste. Si acquistò buona fama nella professione e come uomo di cultura, versato negli studi storici e letterari, fautore d'ogni iniziativa di progresso. Fece parte del circolo formatosi intorno a La Favilla del Madonizza, e fu amico di A. Gazzoletti che gli dedicò un sonetto riconoscente; quindi entrò nella Società di Minerva e collaborò con lo storico P. Kandler nella ricerca e nella pubblicazione di documenti inediti. Diede parecchi articoli a L'Istria del Kandler e fornì pure alcuni atti per il Codice diplomatico istriano.
Nel 1848 ebbe parte nei moti, collaborò a Il Costituzionale e fu prescelto a capitanare la 4ª compagnia del III battaglione della guardia nazionale; gli erano colleghi il Gazzoletti, P. Valussi, M. D'Angeli, F. Hermet ed altri. Nella Società dei Triestini, sorta il 30 maggio per sostenere i diritti dei cittadini in concorrenza con gli interessi forestieri, il Kandler fu eletto presidente ed il C. suo sostituto. Egli rivendicò i diritti di Trieste nei confronti dell'Austria e della Confederazione germanica in ogni occasione, ed entrò con N. De Rin nella Commissione provvisoria municipale. Poiché i consiglieri liberali erano in minoranza, essi diedero in un primo tempo le dimissioni, che poi ritirarono per poter denunciare le umiliazioni patite dalla cittadinanza sotto un regime assoluto.
Coraggioso nel denunciare gli arbitri e le deficienze governative, il C., imperversando ormai la reazione ostile ad ogni rivendicazione nazionale, partì alla fine del 1849 per un viaggio in Grecia e soggiornò ad Atene per circa un anno. Ritornato nel '50, preferì dimorare in Friuli, a Cormons, dove attese agli studi prediletti e alle sue terre, in cui introdusse nuove culture viticole. Raccolse pure nella sua villa libri, monete, quadri di valore e mobili appartenuti ai Bonaparte. La polizia austriaca, che nel '52 l'aveva considerato caldo simpatizzante "alla causa delle riforme italiche", ma moderato nelle espressioni, tanto da non poter essere incriminato, lo teneva sotto sorveglianza. Nel '59, sperando nell'imminente liberazione del Veneto, il C. fu al centro di attività antigovernative e nel maggio promosse dimostrazioni politiche in occasione delle rappresentazioni della compagnia di G. Zacconi. Scoppiata la guerra, l'atteggiamento del C. diede adito ai sospetti delle autorità di Gorizia e della luogotenenza di Trieste, che lo consideravano "promotore di dimostrazioni antiaustriache". Perciò il comando del I corpo d'armata chiese alla luogotenenza di procedere all'arresto del patriota e di allontanare dal suo posto il capo distretto di Cormons, troppo tollerante nei suoi confronti. Fermato dai gendarmi il 3 maggio, il C. fu trasferito a Trieste come "politicante compromesso" e imputato di alto tradimento venne confinato a Graz, dove rimase per quattro mesi. Solo alla stipulazione dell'armistizio, che stabiliva il rilascio dei compromessi politici, egli venne liberato e poté quindi fare ritorno a Trieste.
Riconosciute dal diploma d'ottobre (1860) le funzioni delle Diete provinciali e le autonomie comunali, all'inizio del '61 il C. partecipò alla campagna dei liberali per l'elezione del nuovo Consiglio comunale (con funzione di Dieta). Un rapporto di polizia del marzo riferiva che la maggioranza del Consiglio, ispirata da Arrigo Hortis, "dava espressione pubblica alle sue simpatie per la causa italiana". Il C. vi era stato eletto a grande maggioranza e venne designato come vicepresidente del Consiglio accanto al podestà S. de Conti.
Annunciò subito la sua rinuncia all'assegno di rappresentanza; il 22 aprile tenne un importante discorso sulla necessità che nelle scuole comunali s'insegnasse solo in lingua italiana; entrò come membro autorevole in numerose commissioni (Istruzione e culto, Ospedali, Acqua, Igiene, Mercati, Monte di pietà). Nell'ottobre fece approvare la proposta d'inviare un rappresentante del comune in Egitto, per seguirvi la progettazione del canale di Suez. Ma all'inizio del '62, il Consiglio, da cui s'erano levate proteste contro le dichiarazioni del ministro Schmerling sulla lingua d'insegnamento nelle scuole di Trieste e richiedenti l'istituzione d'un ginnasio italiano, venne sciolto "per atteggiamenti sovversivi".
Le nuove elezioni si tennero l'11 nov. 1862, mentre il C. si trovava a Pisa per assistervi il figlio gravemente ammalato. Egli venne rieletto nel Consiglio, nonostante i sospetti della polizia (il direttore di questa, Krauss, era a conoscenza d'un suo incontro con Garibaldi e delle sue affermazioni di dover tenere un contegno opportunistico, "non potendosi attendere nulla per il momento dall'Italia"). Fondò nel '62 l'Archivio diplomatico dei comune, cui fu preposto, e da questo trasse copie di numerosi documenti che spedì ad E. Solferini a Torino, perché servissero a sostenere negli studi di S. Bonfiglio le istanze autonomistiche di Trieste nei confronti della Confederazione germanica (1865).
Ebbe in questi anni amichevole consuetudine con l'arciduca Massimiliano d'Asburgo, che cercò pure di dissuadere dall'accettare il titolo d'imperatore del Messico, dove avrebbe trovato nel '67 tragica fine: al C. vengono attribuiti i versi indirizzati a Massimiliano ("Massimiliano, non ti fidare / non ti partire da Miramare") e la stesura d'un indirizzo di saluto di cittadini all'arciduca (1863).
Nel '65, il C., cui era morto l'unico figlio maschio, si trasferì a Faro (Portogallo) presso il fratello Giustino. Qui aperse un ambulatorio gratuito e si rese benemerito per la generosità e la bravura con'cui prestò la sua opera a malati provenienti,da ogni parte del paese. Solo nel '68, sofferente di cuore, fece ritorno a Cormons, dove attese agli studi (pubblicò, tra l'altro, un volumetto di Vecchi ricordi cormonesi), fu generoso di aiuti verso giovani studenti meritevoli e prestò disinteressata assistenza di medico a quanti ricorrevano a lui.
Nella villa materna di Cormons (Gorizia) egli venne a morte il 3 dic. 1873.
Al cordoglio per la sua morte si unì il Tommaseo (la lettera è pubblicata nelle Pagine friulane, IV [1891], 4, p. 49) e ai solenni funerali partecipò F. Consolo in rappresentanza del comune di Trieste. Le sue raccolte d'arte vennero acquisite dallo stesso comune, mentre la cittadina di Faro d'Algarve (Portogallo) gli eresse un monumento commemorativo.
Fonti e Bibl.: Necr. di P. Valussi, in Giorn. di Udine, 22 dic. 1873; C. Kunz, Le collez. Cumano, in Archeografo triestino, n. s., V (1877-1878), pp. 418-30; VI (1879-1880), pp. 36-57; G. Caprin, Tempi andati, pagine della vita triestina (1830-1848), Trieste 1891, pp. 416-19; A. Benedetti, Dal carteggio tra il prof. M. Petronio e il co. S. Rota, in Pagine istr., s. 4, XII (1962), pp. 234 s., 238, 244 s.; A. Madonizza, Lett. dalla Costit. austriaca del 1848-49, a cura di G. Quarantotti, Venezia 1966, pp. 17, 144 s.; A. Tamaro, Storia di Trieste, Roma 1924, II, pp. 326, 337, 354, 358, 389, 406, 421-424, 432, 601; G. Pagnini, La Guardia nazionale di Trieste nel 1848, in La Venezia Giulia e la Dalmazia nella rivoluz. nazionale del 1848-1849, Udine 1949, I, pp. 56-58, 71; L. Gasparini, C. C., in Cormons nel Risorgimento, Cormons 1966, pp. 61-78 (con lettere inedite); G. Perusini Antonini, Un secolo nella memoria, Trieste s. d. [1974], p. 71-75; M. Grillandi, E. Treves, Torino 1977, pp. 18, 39.