CAFARO, Costantino
Di famiglia d'origine genovese, nacque intorno al 1600 a Cava dei Tirreni, dove il padre Gian Leonardo, capitano nel corpo degli ingegneri militari dell'esercito napoletano, si era momentaneamente rifugiato per sfuggire a una pestilenza che minacciava la capitale. Indirizzato nell'adolescenza dapprima alla carriera militare, ed entrato poi per breve tempo nel convento dei camaldolesi di Napoli, seguì infine gli studi giuridici nell'università di Napoli, dove ottenne la laurea nel 1630 (non nel 1622, come vuole il Giustiniani).
Durante gli studi il C. non trascurò di coltivare interessi storici e letterari e curiosità antiquarie, che gli valsero fama di uomo dotto presso i contemporanei. La sua stessa raccolta di questioni forensi testimonia di simili inclinazioni, per il frequente impiego di una erudizione in cui trovava un posto particolare il ricordo e l'ammirazione per Dante, il suo poeta prediletto. Del resto, pubblicando postuma nel 1665 la sua opera principale, i figli Nicola e Francesco sottolineavano come egli avesse compiuto il "cerchio" delle "humanitates" e come avesse trascorso lunghe veglie sui testi di filosofia.
Al contrario, quasi nulla sappiamo delle sue conoscenze tecniche e matematiche, che comunque gli consentirono di esercitare per molti anni la professione di architetto e di ingegnere regio. Per questo suo ufficio è ricordato dal Toppi, e con la carica di ingegnere regio risulta infatti almeno sino al 1631. Dové lasciare però tale professione, per dedicarsi all'avvocatura, già prima del 1633, quando il suo nome mancava all'elenco dei regi ingegneri (di cui il padre appariva decano), contenuto nella prammatica VI "de magistris artium".
Nell'attività forense conseguì successi notevoli, grazie alla sua "sapientia dicendi", né abbondante né troppo schiva. Raccolse in tal modo una cospicua fortuna, che superò certamente senza gravi rovesci i sequestri di beni comminati nel 1654 contro i Genovesi e i nativi del Regno di tale origine. Morì alla fine dell'anno 1663.
Per la divisione delle sue vistose sostanze non mancarono le liti e le controversie all'apertura del testamento, nel gennaio del 1664. Tra i suoi eredi era, fra gli altri, un Melchiorre Cafaro, in possesso di untitolo ducale di recente acquisto, che testimonia del tipo di mobilità sociale e della propensione per investimenti feudali nel ceto dei forensi.
Del C. si legge a stampa un'Apologiaall'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Duca di Alcalà, Napoli 1631, singolare scritto di argomento araldico in cui, appoggiandosi alle più varie fonti ermetiche e platonizzanti, si dimostrava l'accordo fra l'antica sapienza ebraica o egizia e l'interpretazione di motti ed imprese. Ancora a stampa fu posta una sua "allegazione", dal titolo Proclamatio ad Regis Domini nostri tranquillum, dulce, leve, latum, atque suave demanium fidelissimae Civitatis Lanciani, Neapoli 1656, che si riferisce ad una delle frequenti contese iniziate contro i baroni dalle "università" per sottrarsi ai loro "abusi" e rifugiarsi sotto la protezione della Corona. Di altre novantuno, sue "allegazioni", oggi forse perdute, dà notizia il Giustiniani, che ricordava di averle viste in casa Grimaldi. Il suo lavoro maggiore, una raccolta di questioni forensi, fu pubblicato postumo dai figli, sotto il titolo: Speculum peregrinarum quaestionum forensium decisarum.Neapoli 1665. Esso riflette processi successivi tutti all'anno 1648 e conserva anche numerose notizie sull'ambiente dei magistrati napoletani della metà del secolo.
Fonti e Bibl.: Un profilo biografico del C. è tracciato da L. Giustiniani, Mem. istor. degli scrittori legali del Regno di Napoli, Napoli 1787, II, pp. 145-147. Solo un cenno è in N. Topipi, De origine tribunalium urbis Neapolis, II, Neapoli 1659, p. 386; Id., Biblioteca Napoletana, Napoli 1678, p. 68a; come pure in R. Trifone, Uno sguardo agli scritti dei giuristi napoletani del Seicento, in Scritti minori, Bari 1966, p. 381. La data di laurea risulta da [G. L. Torrese], Diligentissima: Neapolitanorum Doctorum nunc viventium nomenclatura, Neapoli 1653, p. 68. In qualità di ingegnere regio il C. è citato nella Pragmatica VI, de Magistris artium seu artificibus, in B. Aldimari, Pragmaticae, Edicta, Decreta, Regiaeque Sanctiones Regni Neapolitani, Nealpoli 1715, II, pp.106b e 107a. Per le doti di avvocato è ricordato invece in C. A. De Rosa, Civilis decretorum Praxis, Nealpoli 1750, p. 164a.