COSTANTINO Africano
Gli unici dati relativi alla vita di questo monaco cassinese, traduttore di molti testi di medicina arabi in latino, risalgono alla seconda metà del sec. XI, ultimo periodo della sua esistenza, e sono forniti da lui stesso nell'introduzione di alcune sue traduzioni.
C., infatti, si qualifica di solito come "Constantinus Africanus Cassinensis monachus" oppure come "monachus Montis Passiani". Dedicò due delle sue opere a due suoi contemporanei illustri: la Pantegni a Desiderio suo abate a Montecassino, che governò l'abbazia dal 1058 al 1086, e il Liber de stomacho al suo protettore, l'arcivescovo di Salerno Alfano, che era famoso come medico e traduttore dal greco di opere di medicina.
La biografia del monaco esotico prima del suo ingresso nel monastero fornì ben presto lo spunto per molte illazioni e leggende. Pietro Diacono, monaco e bibliotecario a Montecassino dal 1110 al 1153c., che dedicò a C. una delle biografie più lunghe nel suo De viris illustribus Cassinensis coenobii, riferisce che C. nacque a Cartagine, ma non indica il suo nome arabo. Secondo Pietro Diacono C. avrebbe viaggiato per ben trentanove anni in tutto l'Oriente per compiere e perfezionare i suoi studi: prima si sarebbe recato al Cairo per studiare grammatica, dialettica, retorica, geometria, aritmetica, matematica, astronomia, negromanzia, musica e fisica dei Caldei, Arabi, Persiani e Saraceni; poi avrebbe proseguito il viaggio per l'India e l'Etiopia, per tornare nuovamente in Egitto, sempre con l'obiettivo di istruirsi meglio nelle scienze e nelle tecniche di quei paesi. Tornato a Cartagine la sua grande erudizione l'avrebbe reso sospetto ai suoi conterranei e sarebbe addirittura nato il progetto di assassinarlo. Per questo motivo sarebbe fuggito di nascosto a Salerno, dove sarebbe stato riconosciuto dal fratello del re di Babilonia (cioè il califfo fatimidico del Cairo) e raccomandato al duca normanno Roberto il Guiscardo, il quale lo avrebbe colmato di onori.
Al tempo dell'abate Desiderio si sarebbe poi fatto monaco a Montecassino donando al monastero la chiesa di S. Agata presso Aversa regalatagli dal principe Riccardo I di Capua (1057-1078). A Montecassino egli avrebbe tradotto numerosi libri da varie lingue in latino. Pietro Diacono ne elenca ventitré con i relativi titoli.
Ma anche se la prima parte della biografia sembra alquanto fantasiosa, la seconda che descrive il soggiorno e l'attività di C. a Salerno e a Montecassino pare piuttosto attendibile. Si ha anche notizia della chiesa di S. Agata presso Aversa che viene ricordata in un privilegio di Riccardo II di Capua del 1098 come una donazione del nonno di questo principe, Riccardo I, a Montecassino, senza che tuttavia venga menzionato il nome di Costantino. Un'altra versione della biografia di C. prima del suo passaggio in Italia risale alla tradizione della scuola medica di Salerno. In una glossa del magister Matteo F. (forse Ferrarius) alle Diaetae universales conservata in un manoscritto dell'Italia meridionale del sec. XIII (Erfurt, Wissenschaftliche Bibliothek, Amplon. Oct. 62ª ff. 49-50) si dice che C. era un saraceno venuto a Salerno per la prima volta come mercante.
Qui egli avrebbe conosciuto il fratello del principe, un noto medico, con il quale avrebbe discusso, con l'aiuto di un interprete, di questioni di medicina (dell'orina). Saputo che a Salerno c'era penuria di testi di medicina, sarebbe tornato per tre anni in Africa per raccogliervi tali libri e portarli a Salerno. Una parte di questi libri, tra cui la parte pratica della Pantegni, sarebbe tuttavia andata distrutta presso Capo Palinuro durante il naufragio della nave che stava riportando C. in Italia. A Salerno C. avrebbe imparato l'italiano e il latino e cominciato a tradurre i testi portati dall'Africa. L'arcivescovo Alfano, cui avrebbe dedicato il Liber stomachi, si sarebbe dichiarato disposto ad indennizzarlo per le spese che avrebbe sostenuto per sostituire i libri perduti della parte pratica della Pantegni. Una terza versione della vita di C. conservata in un manoscritto del sec. XV (London, British Library, Sloane 2426) è sicuramente leggendaria. Secondo questa versione C. sarebbe stato catturato da pirati salernitani e venduto a Salerno come schiavo. Avrebbe poi guarito il principe di Salerno da una grave malattia, ponendo però la condizione di essere liberato subito. Purtroppo, allo stato attuale delle nostre conoscenze, è impossibile risolvere tutte le contraddizioni contenute nelle varie vite. Ciò vale, ad esempio, per il momento della venuta di C. in Italia. In base ai dati forniti da Pietro Diacono, bisognerebbe presumere che sia arrivato a Salerno dopo la conquista della città da parte del duca normanno Roberto il Guiscardo, cioè dopo il 1076; le altre vite parlano invece di un principe che allora avrebbe regnato a Salerno. Si può trattare quindi soltanto di Gisulfo II (1053-1076), ma dei quattro fratelli di Gisulfo conosciuti nessuno sembra essere stato medico o soltanto chierico. Ma nonostante questo è molto probabile che C. sia effettivamente arrivato prima del 1076 a Salerno, perché quando il principe di Capua, morto nel 1078, gli regalò la chiesa di S. Agata egli doveva già avere una certa fama.
La moderna bibliografia identifica C. a volte con il protasecretis Costantino di Reggio Calabria, cui viene attribuita in alcuni manoscritti medievali la traduzione greca del Kitāb zād al-musāfir wa-qūt al-ḥāḍir di Abū Ǧa‛far Aḥmad ibn Ibrāhīm ibn abī Hālid al-Ǧazzār, un testo tradotto da C. in latino con il titolo di Viaticum. Le due traduzioni sono però abbastanza differenti sia tra di loro sia rispetto all'originale arabo - ad esempio, per quel che riguarda tagli nel testo, e la scelta delle ricette - e mentre nel testo greco viene ricordato il nome dell'autore arabo, C. fa passare la sua versione latina come opera propria. Infine nessuna delle biografie di C. parla di un periodo della sua vita passato a Reggio al servizio bizantino. D'altronde sembra molto plausibile che un protasecretis imperiale della Calabria conoscesse così bene la lingua della vicina Sicilia da essere in grado di tradurre in greco testi scientifici arabi. L'identificazione dei due Costantini è quindi priva di fondamento, tanto più se si considera che il nome Costantino era ugualmente comune in Oriente e in Occidente.
Quando C. giunse a Salerno la città già godeva di una certa fama in Europa come centro di medicina pratica. Trattati classici di medicina tradotti più tardi da C. dall'arabo in latino, come ad esempio gli Aforismi e i Prognostica di Ippocrate con i relativi commenti di Galeno erano già noti in Italia essendo stati tradotti in latino dal greco. Ma con le sue traduzioni C. fu il primo a far conoscere in Occidente le grandi opere classiche della medicina araba. C. non fu un traduttore perfetto. Il suo latino era sostanzialmente corretto, ma spesso il lessico medico latino non bastava a tradurre in modo adeguato i testi arabi. Per questo motivo C. traslittera in alcuni casi semplicemente le parole arabe: ad esempio soda (mal di testa), siphac (peritoneo) ed altre parole del genere. Varie volte adattò anche il testo per l'uso occidentale riassumendo descrizioni particolareggiate di sintomi e di terapie, parafrasando in modo impersonale esperienze personali descritte dai medici arabi ed eliminando del tutto ricette con droghe e medicinali specificamente arabi che forse a Salerno erano difficilmente reperibili. Infine gli fu rimproverato già nel Medioevo da professori di medicina e da traduttori non solo di tradurre in modo impreciso, ma anche di far passare sotto il proprio nome opere di autori arabi. Non ha molto senso soffermarsi su queste accuse di plagio, perché la concezione medievale della proprietà letteraria era diversa da quella odierna, e i confini tra redattore, compilatore ed autore erano molto labili. C. del resto afferma ripetutamente di attingere a fonti arabe, anche se non sempre fa esplicitamente il nome dell'autore, e i suoi primi biografi - Pietro Diacono e il magister Matteo - lo ritenevano traduttore e non autore dei trattati da lui personalmente redatti. Questo giudizio corrisponde probabilmente anche all'idea che di lui avevano i contemporanei.
Ma la funzione mediatrice di C. non dovrebbe essere sottovalutata: le traduzioni sono tra i testi scientifici maggiormente copiati nel Medioevo. A Salerno C. diventò nel sec. XII un autore scolastico. È significativo che nella cosiddetta Articella, il manuale di medicina di origine salernitana rimasto in uso fino al sec. XV, gli Aforismi e i Prognostica di Ippocrate con i commenti di Galeno non sono citati nella vecchia e ben nota traduzione dall'originale greco, ma nella versione dall'arabo approntata da Costantino.
Non esistono prove o indicazioni che C. abbia praticato l'arte medica a Salerno o che vi abbia insegnato. Gli unici suoi allievi noti, Attone e Giovanni Afflacio (quest'ultimo probabilmente di origine araba) furono entrambi, come il loro maestro, monaci a Montecassino, ma non è chiaro se abbiano seguito C. nel monastero o siano diventati suoi allievi nel monastero stesso. C. dedicò loro alcuni trattati.
Secondo fonti cassinesi C. sarebbe morto un 22 dicembre in età molto avanzata; ma l'anno preciso non è noto. La data del 1085 o del 1087 indicata di solito nella bibliografia storico-medica non è in nessun modo avvalorata dalle fonti. Poiché C. nelle sue opere non menziona mai l'abate Oderisio, successore di Desiderio, se ne è dedotto che C. fosse morto prima che Oderisio assumesse la guida del monastero.
All'attuale stato della documentazione è impossibile compilare un elenco pienamente attendibile degli scritti e delle opere di C., perché di quasi nessuna delle sue opere esiste un'edizione critica che tenga conto dell'originale arabo e si basi contemporaneamente su una collazione accurata dei manoscritti del testo latino. Perciò la base documentaria più importante per un elenco della produzione di C. resta ancora il catalogo delle sue opere compilato da Pietro Diacono a circa cinquant'anni dalla sua morte, a Montecassino, là dove C. aveva lavorato fino alla morte. Secondo l'ordine dato da Pietro si tratta delle opere seguenti:
1) Pantegni (Theorica) in dieci libri: si tratta della traduzione della parte teorica del Kitāb al-malakīdi 'Alī ibn 'Abbās al Mağūsī (X sec.) che ancora oggi è considerato il prospetto generale più chiaro della medicina medievale che si possegga. C. dedicò il libro al suo abate Desiderio. Edizioni: Omnia opera Ysaac, II, Lugduni 1515, ff. I-LVII; Constantini Africani... Opera, II, Basileae 1539, pp. 1-347; M. T. Malato-U. de Martini, Costantino l'Africano, L'arte universale della medicina, I, Roma 1961 (contiene soltanto il primo libro con la traduzione italiana); V. Angrisani, Il libro di anatomia di Costantino Africano, Roma 1968 (contiene soltanto il secondo e il terzo libro con la traduzione italiana). Si veda anche L. Thorndike-P. Kibre, A Catalogue of Incipits of Medieval Scientific Writings in Latin, Cambridge, Mass., 1963, cc. 348, 918, 1011.
2) Pantegni (Practica) in dieci libri: è la traduzione della parte pratica della stessa opera, della quale tuttavia C. sembra aver tradotto soltanto i primi due o tre libri (Berol. 898; Erfurt, Amplon. Oct. 62ª; Bamberg, L. III. 9), mentre la traduzione degli altri libri pare sia opera del suo allievo Giovanni Afflacio. L'opera fu tradotta nel 1127 meglio e in modo più preciso dal pisano Stefano di Antiochia che nella sua prefazione polemizza violentemente contro Costantino. Edizione: Opera omptia Ysaac, II, ff. LVIII-LXXVIII, LXXXVICXLIII. Alcuni titoli registrati da Pietro Diacono come scritti singoli sono in realtà libri della Pantegni Practica: ad esempio, il libro V, De Passionibus interiorum membrorum indicato da Pietro Diacono come la settima opera di C. con il titolo De interioribus membris; illibro X, Antidotarium (Pietro Diacono, n. 14) e il libro IX, Chyrurgia (Pietro Diacono, n. 22), edito a cura di J. Pagel, Eine bisher unveröffentliciite Version der Chirurgie der Pantegni nach einer Handschrift der königl. Bibliothek von Berlin, in Archiv für klinische Chirurgie, LXXXI (1906), n. 1, pp. 735-786, e da M. T. Malato-L. Loria, in Costantino l'Africano, Chirurgia, Roma 1960 (con traduzione italiana). Si veda anche Thorndike-Kibre, cc. 743, 1221, 1297.
3) Liber graduum: sitratta della traduzione del Kitāb al-I 'timād fī 'l-adwiya almufrada ("La sicurezza per quel che riguarda i farmaci semplici") di Abū Ǧa ‛far Alḥmed ibn Ibrāhīm ibn abī Hālid al-Gazzār di Qayrawān (morto nel 1004 circa). Edizioni: Opera omnia Ysaac, II, ff. LXXVIII-LXXXVI; Constantini Africani... Opera, I, pp. 342-387. Si veda anche Thorndike-Kibre, cc. 11, 115, 1303.
4) Dieta ciborum:si tratta della traduzione della grande opera di dietetica di lshāq ibn Sulaymān al Isrā'īlī (Isaac ludaeus, morto verso la metà del sec. X), nota con il titolo Liber diaetarum universalium o Liber diaetarum particularium. Edizioni: Opera omnia Ysaac, I, ff. XII-CIII, CII-CLV. Si veda anche Thorndike-Kibre, cc. 239, 1184, 1252.
5) Liber febrium: traduzione del Kitāb al-hummayāt di Isaac Iudaeus. Il testo è molto abbreviato rispetto all'originale arabo. C. lo dedicò all'allievo Giovanni il quale scrisse un proprio trattato sullo stesso tema. Edizione: Opera omnia Ysaac, I, ff. CCIII-CCXXVI. Si veda anche Thorndike-Kibre, cc. 500, 552, 820, 1010, 1304; J. D.Latham, Isaac Israeli's "Kitāb al-hummayāt" and the Latin and Castilian Texts, in Journal of Semitic Studies, XIV (1969), pp. 80-95.
6) Liber urinae:traduzione abbreviata del Kitāb al-bawl di Isaac Iudaeus, un testo che dipende largamente da Galeno. Edizioni: Opera omnia Ysaac, I, ff. CLVI-CCII; E. Fontana, Il libro delle urine di Isacco l'Ebreo tradotto dall'arabo in latino da Costantino Africano. Testo latino e traduzione italiana, Pisa 1966. Un trattato più breve sullo stesso argomento viene attribuito in alcuni manoscritti a C., in altri invece al suo allievo, il monaco Giovanni. Edizioni: Constantini Africani... Opera, I, pp. 208-24; J. Peine, Die Harnschriften des Isaac Judaeus, Diss., Leipzig 1919. Si veda anche Thorndike-Kibre, cc. 1607 s.
7) De interioribus membris:si veda sopra quanto si è detto a proposito di Pantegni Practica.
8) De coitu:alcuni trattati con questo titolo vengono attribuiti nella tradizione manoscritta a Costantino. La loro provenienza è rimasta sconosciuta finora, ma essi derivano probabilmente da un originale arabo non ancora identificato. Edizioni: Constantini Africani... Opera, I, pp. 299-307; M. T. Malato-U. de Martini, in Costantino l'Africano, Il trattato di fisiologia e igiene sessuale, Roma 1962 (con traduzione italiana). Si veda anche Thorndike-Kibre, cc. 273, 1184, 1263.
9) Viaticum: traduzione dell'opera molto popolare nel Medioevo Kitāb zād al-musāfir wa-qūt al-hādir ("Le provviste del viaggiatore e l'alimentazione del sedentario") del medico arabo, tradotto da C. anche in altre occasioni, Abū Ǧa‛far Aḥmed ibn Ibrāhīm ibn abī Ḥālid al-Ǧazzār. Nella prefazione C. sottolinea che prepone all'opera, di cui non menziona l'autore arabo, il proprio nome per impedire che fosse plagiato da altri. Edizioni: Opera omnia Ysaac, II, ff. CXLIII-CLXXI; Constantini Africani... Opera, I, pp. 1-167.
10) Expositio Aforismi: traduzione dei Liber Aphorismorum di Ippocrate con il commento di Galeno dalla traduzione araba di Hunayn ibn Isḥāq al-‛Ibādī (Bagdad 808-877). Non è tuttavia del tutto chiaro se C. abbia effettivamente tradotto il testo di Ippocrate come è indicato nella maggior parte dei manoscritti. Dedicò il commento all'allievo Attone. In alcuni manoscritti si legge tuttavia invece del nome di Attone quello di Glaucone, cioè del filosofo cui Galeno dedicò alcune opere. Il commento di Galeno è stato tradotto dal greco nel sec. XII anche da Burgundione da Pisa e nonostante che già nel Medioevo sia stato riconosciuto che il testo fornito da Burgundione fosse migliore, si continuò a usare quello più noto di Costantino. Edizione: in Articella, Venetiis, Iohannes et Gregorius de Gregoriis, 1500, capp. 4-5, ff. 1-38. Si veda anche P. Kibre, Hippokrates Latinus: Repertorium of Hippocratic Writings in the Latin Middle Ages, II, in Traditio, XXXII (1976), pp. 260, 279-289; P. O. Kristeller, Bartholomäus Musandinus and Maurus of Salerno and Other Early Commentators of the "Articella" with a Tentative List of Texts and Manuscripts, in Italia medioevale e umanistica, XIX(1976), pp. 66 s.
11) Tegni:si tratta probabilmente della traduzione della Τέχνη ἰατική (Ars parva)di Galeno chiamata così in un frammento di una lettera dell'arcivescovo Alfano di Salerno all'abate Desiderio di Montecassino. Sotto questo titolo passa anche nell'Articella. Edizione: Articella, cap. 10, ff. 1-49. Si veda anche Thorndike-Kibre, cc. 856, 1585; Kristeller, Bartholomäus, pp. 59 s.
12) Megategni:traduzione di un rifacimento arabo della Θεραπευτικὴ μέϑοδσς di Galeno dedicato da C. al suo allievo Giovanni. Ediz.: Opera omnia Ysaac, II, ff. CLXXXIX-CCIX. Si veda anche L. R. Lind, A New Fragment of Constantinus Africanus' "Compendium Megatechne Galeni", in Classical Studies presented to B. E. Perry, Urbana-Chicago-London 1969, pp. 103-113.
13) Microtegni:è probabilmente identica alla Tegni. Esiste però anche un trattato medievale anonimo Liber Microtegni qui a quibusdam intitulatus de spermate che non ha niente a che fare con il trattato di C. De coitu. Edizione: V. Tavone Passalacqua, Microtegni seu de spermate, Roma 1959.
14) Antidotarium:si veda quanto si è detto a proposito della Pantegni Practica.
15) Disputatio Platonis et Hippocratis in sententiis:probabilmente si tratta della traduzione di un rifacimento arabo del De placitis Hippocratis et Platonis, anche se finora non sono stati identificati né il testo arabo né la traduzione.
16) De simplice medicina:traduzione dell'opera di Isaac Iudaeus Kitāb al-adwiya al-mufrada wa'l-agdiya ("Sulle medicine semplici e sulla dieta"). Edizione: Opera omnia Ysaac, II, ff. CLXXXVI-CLXXXIX. Si veda anche Thorndike-Kibre, cc. 29, 1034.
17) De gynecia: finora non identificato. Il trattato pubblicato con il titolo De mulierum morbis in Constantini Africani... Opera, I, pp. 321-324 è probabilmente di Niccolò da Reggio (sec. XIV).
18) De pulsibus:non è stato ancora identificato.
19) Pronostica: si tratta del Prognostikon di Ippocrate inserito insieme con il commento di Galeno nell'Articella, oppure forse solamente del commento di Galeno. Edizione: Articella, cap. 6, pp. 40-65. Si veda anche Thorndike-Kibre, c. 1002; B.Alexanderson, Die hippokratische Schrift Prognostikon. Überlieferung und Text, Göteborg 1963, pp. 170-173;Kristeller, Bartholomdus, p. 68.
20) De experimentis: non ancora identificato.
21) Glossae herbarum et specierum: non ancora identificato. Forse un rifacimento del Dioskurides. Si veda anche Bloch, Montecassino, I, p. 133.
22) Chirurgia:vedi quanto si è detto sopra a proposito della Pantegni Practica.
23) Liber de medicamine oculorum:si tratta della traduzione di un trattato di Hunayn che deriva per la maggior parte da Galeno. C. l'ha dedicata alllallievo Giovanni. Edizioni: P. Pansier, Constantini monachi Montiscassini libri de oculis, Paris 1933, pp. 167-208; traduzione tedesca e commento: D. Haefeli Till, Der "Liber de oculis" des Constantinus Africanus, Zürich 1977. Si veda anche Thorndike-Kibre, cc. 53, 506, 977, 1012, 1145, 1687.
Oltre alle opere ricordate da Pietro Diacono vengono attribuiti a C. nella tradizione manoscritta altri trattati, scritti, se effettivamente sono suoi, forse ancora prima del suo ingresso a Montecassino:
1) Liber de stomacho: quest'opera sembra essere una compilazione fatta da C. stesso sulla base di alcune fonti arabe e dedicata al suo protettore Alfano di Salerno di cui si dice che abbia sofferto di disturbi di stomaco. Edizioni: Opera omnia Ysaac, II, ff. CLXXVIII-CLXXXVI; Constantini Africani... Opera, I, pp. 215-274. Si veda anche Thorndike-Kibre, cc. 756, 1012, 1357.
2) Libri II de melancholia: traduzione di un trattato di Isḥāq ibn ‛Imrān (prima metà del sec. X), che deriva in gran parte dal trattato del medico tardoantico Rufo. Edizione: Isḥāq ibn ‛Imrān, Maqāla fī l-mālīéūliyā. Vergleichende kritische arabisch-lateinische Parallelausgabe (Abhandlung über die Melancholie): Constantini Africani libri II de melancholia, a cura di K. Garbers, Hamburg 1977; R. e W. Creutz, Die "Melancholia" bei Constantinus Africanus, in Archiv für Psychiatrie und Nervenkrankheiten, XCVII (1932), pp. 244-269 (traduzione tedesca con ampio commento); M. T. Malato-U. de Martini, in Constantino l'Africano, Della Melancholia, Roma 1959 (traduzione italiana con commento); Si veda anche B. Ben Yahia, Les origines du "De melancholia" de Constantin l'Africain, in Rev. de l'histoire des sciences, VII (1954), pp. 156-162.
Dubbia è invece l'attribuzione a C dei trattati seguenti: De animalibus, ThorndikeKibre, c. 1343; De elephantia, ibid., cc. 1212, 1267; De natura humana, ibid., c. 201; De oblivione, ibid., c. 1037; Liber pauperum, ibid., c. 186; De flebotomia, ibid., cc. 564, 1010, 1142; Liber de ponderibus, ibid., c. 1058; Receptarium, ibid., c. 1599; De regimine sanitatis, ibid., c. 308; De saporibus, ibid., c. 828; De victus raitione variorum morborum, ibid., c. 428; De semine, ibid., c. 1521, e della traduzione del trattatello filosofico di Isaac Iudaeus De definitionibus, ibid., c. 233.
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