FERRARI, Costante
Nacque a Reggio Emilia (all'epoca Reggio di Modena) il 5 genn. 1785 da Maddalena Messori e da Francesco, agiato commerciante di idee liberali. Sin dalla tenera età aveva mostrato passione per lo scontro fisico e per le armi, sicché, quando nel 1796 le armate francesi al comando del generale Ch.-P.-F. Augerau entrarono nella sua città natale e il conte V. Bolognini organizzò il battaglione di volontari "La Speranza", all'insaputa della famiglia e appena dodicenne, il F. riuscì ad aggregarvisi, ottenendo il grado di caporale.
Entrò così giovanissimo in quella nutrita schiera di italiani che, infiammati dalle idee liberali ed egualitarie propagate in tutta Europa dalle armate francesi, accorsero in prima persona ad ingrossarne le fila, con un atto che per molti di loro segnò l'intera esistenza.
I parenti riuscirono, inextremis, a ricondurlo a più miti consigli, ma nulla poterono l'anno seguente, quando proprio suo padre organizzò una compagnia di milizie cittadine e le condusse al combattuto assedio del forte di Montrucoli, che per il giovane F. fu la prima impresa militare. Il 25 febbr. 1802, con altri coetanei reggiani, si recò a Modena aggregandosi in quella "mezza brigata leggera" comandata dal colonnello A. Fontanelli. Incorporato poi nell'esercito della Repubblica Italiana, ed in seguito in quello del Regno Italico, partecipò alla parata del campo di Boulogne, agli assedi di Colberg e di Stralsund, alla spedizione di Napoli, e dal 1808 al 1813 combatté con onore in Spagna, guadagnandosi la decorazione della Corona ferrea (10 marzo 1811) e, pochi mesi dopo, il grado di tenente (3 ag. 1811).
Lasciò la Spagna con la consapevolezza della disfatta francese e, tornato in Italia, assistette in Lombardia nel 1814 allo sfacelo del Regno Italico. Dopo aver rifiutato di aggregarsi all'esercito austriaco, scelse di battersi per la causa dell'indipendenza nazionale agli ordini di Gioacchino Murat re di Napoli. Lasciata Modena il 21 febbr. 1815, si unì a Sulmona alle truppe del Murat. Dopo la sconfitta napoletana, si imbarcò da Napoli per la Francia. Di qui, decise di recarsi in Turchia, avendo saputo che il pascià di Giannina andava organizzando un esercito "all'europea". A Costantinopoli però dovette verificare l'inattendibilità della notizia, e vano fu il tentativo di offrire la propria esperienza militare allo scià di Persia. Stretta amicizia nel frattempo con A. Codazzi, già sottufficiale di artiglieria nell'esercito del Regno Italico, con lui attraversò la Grecia, la Moldavia, la Valacchia, la Polonia, la Prussia e la Danimarca per giungere in Olanda, salpando da Anversa alla volta di Baltimora. Da lì i due si trasferirono in Florida, dove il F. fu capo battaglione di forze armate non meglio identificate. Parteciparono successivamente alle guerre di liberazione in Messico, nel Sudamerica settentrionale e nelle Antille. Nel 1822 il F. decise di tornare in Italia, sempre col fidato amico Codazzi.
Giunti a Reggio Emilia nel dicembre del 1822, col denaro messo da parte combattendo in America meridionale i due acquistarono a Massa Lombarda (a poca distanza da Lugo, in provincia di Ravenna) una vasta tenuta agricola - villa Serraglio - un tempo feudo dei marchesi Albergati Capacelli di Bologna. Il F. restava però sostanzialmente un uomo d'armi e d'azione. Sicché, non molto tempo dopo, si imbarcò per la Grecia, insorta contro l'Impero ottomano alla ricerca della propria indipendenza nazionale. Munito di una lettera di presentazione per lord Byron, fu raggiunto a Corfù dalla notizia della tragica scomparsa del poeta inglese. E da un incontro avuto con A. Maurocordato s'avvide che gli insorti greci mal tolleravano la presenza dei volontari stranieri, accorsi in gran numero a combattere contro i Turchi sulla spinta propagandistica svolta dai numerosi movimenti filellenici sorti un po' in tutta Europa. Si decise pertanto, sia pure a malincuore, a tornare all'attività di agricoltore, cui attese per sei lunghi anni, mentre il Codazzi, persi i propri beni, preferiva nel 1826 tornarsene in America latina, dove diede inizio alla sua fortunata carriera di militare e di scienziato cartografo.
Nel 1831, allo scoppio dell'insurrezione dell'Italia centrale, il F. offrì subito i propri servizi alla causa liberale. L'8 febbr. 1831 la Commissione provvisoria di governo di Imola lo nominò comandante in capo della forza nazionale della città, conferendogli dieci giorni dopo il grado di colonnello. Partito alla testa di un ristretto manipolo di volontari romagnoli alla volta di Roma, dovette desistere dal suo intento per la capitolazione di Ancona.
Lasciata l'Italia per sfuggire all'arresto e alla prigionia, riparò a Marsiglia e si fermò in Francia vagando tra Maçon e Lione, ed entrando così in contatto con la numerosa comunità di esuli italiani che risiedevano nella regione in attesa di un evento politico o militare che schiudesse loro la via del ritorno. Rientrato in patria dopo l'amnistia generale del 1833, nell'ottobre dell'anno successivo si imbarcò alla volta dell'America per riabbracciare l'amico Codazzi. Ma la lunga separazione, il nuovo indirizzo di vita ed i diversi interessi avevano raffreddato l'antica amicizia, sicché il F. ritornò mestamente nella tenuta di Villa Serraglio, divenuta nel frattempo interamente sua.
Seguirono anni di inconcludente inoperosità: il possedimento era troppo grande per le sue risorse, ed egli era un amministratore incapace ed un ancor peggiore agricoltore. A trarlo dal grigiore furono i gloriosi trascorsi militari che gli valsero, nell'ottobre del 1847, la nomina a comandante del battaglione civico di Imola da parte del governo pontificio. Alcuni mesi dopo assunse il comando di un battaglione di volontari che, tra le truppe agli ordini del gen. G. Durando, combatté nella campagna del Veneto, prendendo parte alla resistenza di Vicenza all'assedio austriaco. Dopo la capitolazione della città (11 giugno 1848) il F. ed i suoi uomini si concentrarono a Bologna, dove furono coinvolti negli scontri che portarono alla cacciata degli Austriaci. Tornato infine al quieto isolamento di Villa Serraglio, l'ultimo periodo di vita fu travagliato dalla prematura scomparsa del suo unigenito Augusto. Ultimo suo atto politico fu, nell'aprile del 1849, l'adesione alla vibrante, ma sterile, protesta contro la spedizione francese su Roma. A partecipare alla difesa della città fu impedito dall'età e dagli acciacchi.
Il F. si spense nel suo possedimento di Villa Serraglio a Massa Lombarda il 30 apr. 1851
Fonti e Bibl.: C. Ferrari, Mem. postume, Rocca San Casciano 1855 (poi a cura di M. Menghini, Milano 1942); Mem. inedite di A. Codazzi, a cura di M. Longhena, Milano 1930, pp. 164-180e passim (poiMilano 1960;per il Codazzi cfr. Diz. biogr. d. Ital., XXVI, Roma 1982, pp. 570 ss.); F. Bonvicini, Commemor. del col. G. F., con note e documenti in parte inediti, Imola 1895; N. Peruzzo, C. F. compañero... de Codazzi, Caracas 1954;M. Longhena, C. F. e A. Codazzi, in La Piè, XXXIII (1959), pp. 160-165.