COSTABILI CONTAINI, Giovanni Battista
Nacque a Ferrara da Luigi Costabili e da Anna Containi il 29 genn. 1756. Rimasto orfano all'età di sei anni di entrambi i genitori, il C. venne allevato dallo zio materno Francesco Containi che lo lasciò erede dei suoi averi e del suo cognome per cui egli assunse quello di Costabili Containi.
In un momento di rinnovato fervore per le possibilità di sviluppo dell'agricoltura e seguendo le sollecitazioni provenienti dalla sua educazione illuministica, il C. si appassionò ai problemi connessi con il rinnovamento degli strumenti di lavoro e con le nuove tecniche agricole. Si occupò personalmente della coltivazione delle sue terre e fondò con altri amici che ne condividevano gli interessi una specie di accademia dove si studiava la botanica, l'agricoltura, la fisica. Cominciò la vita pubblica al tempo della legazione pontificia, assumendo alcune cariche cittadine: fu preside dell'Ospedale di S. Anna e membro della congregazione dei "lavorieri", addetta alla manutenzione delle strade e dei canali della provincia.
Con l'arrivo dei Francesi a Ferrara nel giugno del 1796 iniziò per il C. un periodo di intensa presenza politica. Allontanato il cardinal legato F. M. Pignatelli, il generale Bonaparte ordinò che a Ferrara, come a Bologna, i poteri fossero assunti dai preesistenti organi comunali, vale a dire dal Consiglio dei centumviri e dal Magistrato dei savi, legati da un giuramento di fedeltà alla Repubblica francese. Nell'ottobre del '96 si formò un'amministrazione centrale del Ferrarese che estendeva la propria giurisdizione anche alla provincia, tra i cui membri si trovava il Costabili. Nello stesso mese, Modena e Reggio si ribellarono alla reggenza estense costituendo un comitato di governo sotto la protezione francese. Il 16 ottobre si riunì a Modena un congresso dei governi provvisori di Bologna, Modena, Reggio e Ferrara che statuì la fondazione di una Confederazione cispadana. L'intento primitivo era quello di costituire una lega militare, sull'esempio di quella lombarda d'età comunale, ma nel secondo congresso, tenuto a Reggio tra il dicembre del '96 e il gennaio del '97 e al quale partecipò come delegato il C., venne proclamata all'unanimità la Repubblica Cispadana. Dotata di una costituzione approvata dal Bonaparte e che ricalcava quella francese del 1795, la Repubblica ebbe vita breve, poiché, con un decreto del luglio 1797 si sanciva l'unione di Ferrara, Bologna e la Romagna alla Repubblica Cisalpina. Tra i deputati fautori di questa risoluzione fu il C. che assurse ad una posizione di primo piano, quando, tra l'elaborazione di una costituzione e la sua approvazione, venne eletto nel Direttorio esecutivo formato da cinque membri a cui era affidato il governo della Repubblica.
Dopo lo scioglimento del Direttorio nel 1798, il C. fu designato a ricoprire la carica di ministro delle Finanze, ma egli rifiutò e ritornò a Ferrara, dove svolse una più modesta attività nell'ambito municipalistico: fu commissario straordinario ai confini e riformatore dello Studio ferrarese.
Nel 1800, con il ritorno degli Austriaci, il C. venne esiliato a Legnago, ma dopo Marengo fu reintegrato nelle cariche che ricopriva a Ferrara. Con la ricostituzione della Repubblica Cisalpina, si formò un governo provvisorio composto da un esecutivo di nove membri e da un legislativo formato da una Consulta di cinquanta tra i quali ritroviamo il Costabili. Le nomine, decise dal Bonaparte, esprimevano il carattere moderato di una scelta politica che escludeva sia gli elementi decisamente reazionari sia i democratici di stampo giacobino. Privilegiava quindi la borghesia emergente e l'aristocrazia che si era messa al passo con la strategia politica napoleonica. Quindi la nomina del C. alla Consulta può illuminarci sul carattere del suo indirizzo politico. Quando fu deciso di eleggere una Consulta di cinquecento delegati, che a Lione avrebbero formulato e discusso il testo della costituzione cisalpina, il C. venne eletto tra i deputati ferraresi insieme con il Cicognara. La costituzione della Repubblica italiana nel 1802 permise al C. di ricoprire posti importanti quali quello di consultore di Stato, membro del Collegio elettorale nell'ordine dei possidenti e commissario speciale delle Acque per il dipartimento del Basso Po.
La fedeltà alla politica napoleonica venne in seguito premiata da una carriera rapidissima sotto il Regno italico. La creazione del Regno italico nel 1805, diretta conseguenza della trasformazione della repubblica consolare francese in Impero avvenuta nel 1804, segnò l'apice delle fortune politiche del C., ininterrotte fino alla caduta dell'Impero nel 1814: intendente generale dei beni della Corona, venne nominato consigliere di Stato e presidente della commissione sul governo dei comuni. Nel 1812 venne eletto presidente dell'Assemblea dei collegi elettorali del dipartimento del Basso Po. Al potere politico si aggiunsero anche i riconoscimenti ufficiali che l'imperatore Napoleone elargiva per accrescere il prestigio della nuova classe dirigenziale per portarla al livello dell'aristocrazia dell'ancien régime. Il C. fu decorato con la grand'aquila (gran cordone) della Legion d'onore ed ebbe la carica di gran dignitario della Corona ferrea; infine nel 1809 diventò conte dell'Impero.
Amico del viceré Eugenio, al momento del crollo dell'Impero rassegnò nelle mani del Bellegarde la sua carica d'intendente e di tesoriere del Senato. La carriera politica del C. non finì però con il crollo napoleonico: ritornato a Ferrara, ricoprì ancora cariche municipali e nel 1836 fu addirittura creato marchese da Gregorio XVI.
Si dedicò sempre più attivamente alla costituzione della sua biblioteca e della quadreria. Celibe, designò erede dei suoi beni il pronipote Giovanni, da lui educato personalmente.
Il C. morì nella città natale il 17 marzo 1841.
La costituzione della celebre quadreria e dell'imponente biblioteca del C. fu facilitata dalle circostanze politiche, legate alla prima discesa dei Francesi in Italia. Il pagamento delle spese di guerra venne in parte finanziato mediante prestiti forzosi addossati per lo più ai detentori delle rendite fondiarie e all'attiva classe emergente borghese dedita, nel Ferrarese, alle nuove lucrose attività dello sfruttamento della terra con l'introduzione di nuove coltivazioni e nuovi metodi. Questi prestiti avvennero mediante l'emissione di cedole di credito garantite dall'ipoteca dei beni nazionali, la cui vendita permise ai più ricchi e ai più introdotti nel nuovo regime l'investimento di ingenti somme. L'espropriazione dei patrimoni ecclesiastici e di quelli delle arti e delle confraternite laiche, che comprendevano numerose opere d'arte, permise la costituzione di grandi collezioni private. I fruitori non furono solo gli alti funzionari francesi in Italia (si pensi al caso macroscopico del Sommariva), ma anche alcuni facoltosi italiani, come il Costabili.
Questi approfittò della situazione, non solo per investire le sue ricchezze ma per un insieme di spirito municipalistico e di sincero amore verso le arti. Non è certo se per la quadreria esistesse un nucleo originale di opere ereditato dal C., ma è sicuro che gli acquisti vennero oculatamente fatti non solo al momento della vendita dei beni ecclesiastici, ma anche in occasione dell'estinzione di famiglie nobili ferraresi. Nell'acquisto dei dipinti il C. era consigliato da due personaggi di grande perizia e acume quali Ubaldo Sgherbi, direttore della quadreria, e soprattutto dal critico Camillo Laderchi. Quest'ultimo indirizzò l'interesse del C. verso la pittura di scuola ferrarese, cosicché, nel momento di massima espansione, la raccolta Costabili su un insieme di seicentoventiquattro tele, contava ben trecentottantacinque dipinti "ferraresi". Pur essendo imbevuto di cultura neoclassica - e la sua amicizia con Vincenzo Monti ne è una riprova -, il C. seppe quindi realizzare un tipo di collezionismo non comune al suo tempo, raccogliendo in modo organico, accanto alle testimonianze più prestigiose dell'arte italiana in generale, i dipinti prodotti da una scuola regionale allora non certamente apprezzata. Accanto ai nomi sommi di Ercole de' Roberti e Cosmé Tura, si trovano "primitivi" quattrocenteschi, quali gli anonimi del S. Maurelio ora nella Pinacoteca nazionale di Ferrara e del ritratto di Borso d'Este, passato probabilmente nella collezione Trivulzio di Milano, e non è un caso che, come osserva Lionello Venturi (Il gusto dei primitivi, Bologna 1926, pp. 137 ss.), la riscoperta dei primitivi, almeno fino a certi pittori del Quattrocento, avvenisse principalmente per opera di Leopoldo Cicognara, concittadino e compartecipe delle idee politiche del Costabili. Ma l'attenzione del C. dalla scuola ferrarese si spostò anche verso le opere di altri autori di maggiore o minore fama, sempre però coerenti con il suo programma di illustrazione di una scuola: così nella collezione si ritrovano accanto ai Costa e ai due Dossi, epigoni della grande prima generazione cosmesca, Garofalo e Gerolamo da Carpi, il Mazzolino o il Coltellini. Lo smembramento della quadreria fu lento e inesorabile. Cominciò già con l'erede delle fortune del C., il marchese Giovanni Costabili che dopo alcune vendite preliminari di quadri alla National Gallery di Londra negli anni 1858 e 1866, organizzò nel 1870, insieme al figlio Alfonso, la vendita all'asta della galleria (G. Giordani, Catalogo dei quadri della Galleria Costabili in Ferrara, Bologna 1871) e proseguì fino ai primi anni del '900, esaurendosi con l'estinzione della famiglia Costabili Containi.
Sorte peggiore ebbe la biblioteca, che al tempo della sua costituzione fu affidata dal C. a Girolamo Negrini. Di certo si sa che per le difficoltà economiche del primo erede del C., la biblioteca venne messa in vendita in quattro lotti nel 1858 a Parigi. Preziosa testimonianza della qualità di questa raccolta è il catalogo curato dall'Antonelli, che già di per sé è un esempio insigne di catalogazione. Abbondavano nella raccolta Costabili le cinquecentine e i manoscritti, prevalentemente di carattere letterario. Certamente la biblioteca non aveva un valore neppure paragonabile con quello della quadreria, né la sua importanza era pari a quella della raccolta che Leopoldo Cicognara vendette alla Biblioteca Vaticana, ma anche nella composizione di questa raccolta è possibile rintracciare quel filo costituito di un interesse verso la cultura ferrarese (e veneta) che così solidamente legava il percorso pittorico della Galleria.
Fonti e Bibl.: C. Laderchi, Descr. della Quadr. Costabili, Ferrara 1838-41; G. Petrucci, Elogio stor. del marchese G. B. C. C., Novi 1841; G. Antonelli, Catalogo della prima parte della Biblioteca appartenuta al sign. marchese C. di Ferrara..., Bologna 1858, pp. VI-XI; V. Malamani, Memorie del conte L. Cicognara, I, Venezia 1888, pp. 164 ss.; V. Monti, Epist., a cura di A. Bertoldi, I, Firenze 1929, p. 199 e ad Ind.; E. Biondi, Una volgarizzazione dell'Evangelio nel frammento di un codice del sec. XIV, Fano 1929, pp. 25 s.; C. Frati, Dizionario bio.-bibl. ..., Firenze 1933, pp. 183 s.; G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, I, Milano 1956, p. 229; L. Benini, Descrizione della quadreria Costabili, in Musei ferraresi, VIII (1977), pp. 79-96; Diz. del Risorg. nazionale, II, p. 769.