Costa Rica
(XI, p. 639; App. I, p. 482; II, i, p. 707; III, i, p. 447; IV, i, p. 540; V, i, p. 747)
Geografia umana ed economica
di Elio Manzi
Popolazione
Nel corso degli anni Novanta la C.R. ha confermato di essere il paese centro-americano più stabilmente e velocemente avviato verso i livelli socioeconomici caratterizzanti i paesi sviluppati. Questa tendenza è sottolineata dal particolare andamento di alcuni indicatori: l'analfabetismo supera di poco il 5% e il PIL per abitante - 2640 dollari USA nel 1997 - assieme a quello di Panamá, è il più elevato dell'America Centrale.
Fra il 1984 e il 1998 la popolazione costaricana è passata da 2.416.809 a 3.841.000 unità, mentre nel 1970 era di 1.700.000 ab., con una crescita rapida ma tendenzialmente in calo: infatti il tasso di accrescimento medio annuo del 24‰ è sceso al 21‰, valore che secondo le previsioni diminuirà ulteriormente nel primo decennio del Duemila. Anche i tassi di natalità e mortalità hanno subito, nello stesso periodo, una diminuzione attestandosi (1996) il primo al 23,3‰ e il secondo al 4‰; in flessione la mortalità infantile, che secondo stime del 1996 è intorno al 12‰.
Il fenomeno di crescente urbanizzazione avviatosi negli anni Ottanta non ha mostrato cedimenti: la popolazione urbana ha ormai raggiunto la soglia del 50% con un incremento medio annuo che nella prima metà del decennio si è attestato intorno al 2,2%. La popolazione è distribuita sul territorio nazionale con una densità media di 75 ab./km², ma tale valore cresce notevolmente nella Meseta Central e in particolare nella provincia di San José (241 ab./ km²), la quale con il 10% dell'intera superficie territoriale, ospita oltre il 30% degli abitanti; vi si trova l'omonima capitale, che continua a costituire il maggior polo di attrazione e concentrazione demografica: San José nel 1970 superava di poco i 200.000 ab., mentre nel 1997 ne contava 329.200; l'intera area metropolitana della capitale costaricana è ormai prossima al milione di abitanti.
Lo scenario economico ha mostrato nei primi anni Novanta una rinnovata vitalità dopo che, nel decennio precedente, il paese aveva attraversato un periodo di ristagno e incertezza, connessi principalmente alla forte dipendenza dai mercati internazionali, in particolare da quello statunitense. Tra i segni di ripresa appariva significativo il contenimento dell'inflazione.
Tale crescita economica, tuttavia, ha registrato un andamento non molto costante: così l'aumento del PIL, che nel 1992 era stato, in termini relativi, del 7,2% rispetto all'anno precedente, è sceso al 6% nel 1993, al 3,5% nel 1994 e nel 1995, per precipitare a −0,7% nel 1996 e ritornare di segno positivo nel 1997 (3,2%). Tale situazione, malgrado la politica governativa di austerità e i tagli della spesa pubblica, non è ancora oggi sostanzialmente migliorata: frena qualsiasi rilancio economico l'eccessivo indebitamento pubblico e quello estero, che alla fine del 1996 aveva raggiunto la cifra di 3454 milioni di dollari.
La distribuzione della popolazione attiva (39% del totale nel 1996) per settori di attività economica negli ultimi anni ha mostrato una flessione del primario a favore degli altri due comparti: attualmente i servizi assorbono il 54,3% del totale e l'industria il 23,9%. L'agricoltura è legata alle colture da esportazione, essendo la C.R. il nono produttore mondiale di banane, nonché un notevole produttore di caffè (un settore in contrazione da alcuni anni a causa della flessione dei prezzi sui mercati internazionali), e di cacao (coltivato sul litorale atlantico); notevoli sono anche l'allevamento bovino e lo sfruttamento delle risorse forestali.
Un contributo sostanziale all'economia del paese giunge dal settore turistico (805.300 presenze nel 1997), il cui recente sviluppo è stato reso possibile anche dalla consolidata stabilità politica della C.R., unico esempio di paese di lunga tradizione democratica, nonché smilitarizzato, dell'America Centrale.
A fronte di molti indicatori che collocano la C.R. vicino ai paesi sviluppati, quali l'elevata speranza di vita, l'accesso all'istruzione (quella primaria è garantita al 97% dei bambini) e ai servizi igienico-sanitari e altri già ricordati, il paese presenta ancora contraddizioni e disarmonie, come dimostra la non trascurabile percentuale di famiglie che vive in povertà (circa un sesto del totale). Notevoli enclave di arretratezza persistono lungo la costa pacifica meridionale e anche lungo quella atlantica. Altre difficoltà derivano dalla presenza di numerosi rifugiati provenienti dal Nicaragua (nel 1992 erano pari a 113.000 unità). Un problema non risolto è poi quello della sostanziale condizione di emarginazione delle popolazioni indigene, sebbene si tratti di una piccola minoranza rispetto alla dominante popolazione bianca. Non meno cruciale risulta il versante delle emergenze ambientali, rappresentate soprattutto dal degrado e dall'erosione dei suoli, agricoli e non, fenomeni legati in particolare all'abuso di sostanze chimiche nelle piantagioni nonché all'eccessivo sfruttamento delle risorse forestali di cui il paese è ricco.
Sebbene circa un terzo del territorio nazionale sia ancora coperto da foreste tropicali umide, il tasso di deforestazione presenta un indice elevato e preoccupante. La superficie forestale è consistentemente diminuita dal 1970 a oggi (dal 52% al 32% della superficie totale) e continua a contrarsi. Le superfici disboscate vengono in gran parte destinate ai pascoli, che infatti si possono stimare aumentati dal 25% della superficie territoriale al 46%. La deforestazione è un problema grave e comune in gran parte dell'America Centrale, certamente in rapporto indiretto con l'aumento della popolazione. Tuttavia, in C.R. esistono una trentina di aree nazionali protette, che coprivano il 12,8% della superficie nel 1994, cioè un rapporto già elevato rispetto a molti altri Stati latino-americani.
Nell'ultimo decennio sono stati avviati diversi programmi di conservazione e valorizzazione delle risorse ambientali e si protegge circa un quinto del territorio grazie alla costituzione o all'ampliamento dei parchi naturali che, peraltro, rappresentano una delle principali risorse turistiche del paese.
bibliografia
V. Bulmer-Thomas et al., Central American integration. Report for the Commission of the European community, Miami (Fla.) 1992.
Development programme for displaced persons, refugees and returnees in Central America, Le strategie e i metodi di un programma di sviluppo umano per la pace e la democrazia in America Centrale, Roma 1995.
UNDP (United Nations Development Programme), Rapporto sullo sviluppo umano. Il ruolo della crescita economica, Torino 1996.
A. Nygren, Environment as discourse: searching for sustainable development in Costa Rica, in Environmental values, 1998, 2, pp. 201-22.
Storia
di Alfredo Romeo
Priva di un esercito permanente, dotata di solide tradizioni democratiche, di un alto livello di scolarizzazione e di un sistema di garanzie sociali relativamente esteso, la C.R. ha rappresentato un'eccezione nel tormentato scenario centro-americano sino alla fine degli anni Ottanta del 20° secolo. Al contrario di Guatemala, El Salvador e Nicaragua, il paese non ha infatti conosciuto il dramma della guerra civile, anche se l'instabilità diffusa ai suoi confini ha inevitabilmente avuto conseguenze all'interno (tra le altre, la presenza di numerosi rifugiati politici, in particolare nicaraguensi, che hanno creato notevoli problemi di sicurezza). Dall'inizio degli anni Novanta il clima sociale della C.R., tradizionalmente improntato a grande armonia, ha conosciuto un rapido peggioramento: tanto le amministrazioni di centro-sinistra quanto quelle conservatrici hanno cercato di rispondere al costante deterioramento delle condizioni economiche seguendo le indicazioni degli istituti internazionali di credito, con misure di austerità che hanno provocato un progressivo smantellamento del sistema di welfare inaugurato negli anni Cinquanta, un aumento della disoccupazione e una preoccupante impennata della criminalità, legata soprattutto al traffico di stupefacenti.
In carica dal maggio 1990, l'amministrazione presieduta da R.A. Calderón Fournier, del conservatore Partido Unidad Social Cristiana (PUSC), rafforzò i legami economici con Stati Uniti e Messico, avviò un contestato programma di privatizzazioni e inasprì le misure di austerità introdotte dal governo precedente, riuscendo a ridurre il tasso d'inflazione (superiore al 25% alla fine degli anni Ottanta, intorno al 9% nel 1993) senza interrompere la crescita del PIL. Tali risultati furono però conseguiti a spese di un grave peggioramento della situazione sociale, con una sensibile contrazione delle spese per la sanità e l'istruzione pubbliche. La decisa opposizione del socialdemocratico Partido de Liberación Nacional (PLN) alle privatizzazioni e alla progettata ristrutturazione del pubblico impiego (con un taglio di 25.000 dipendenti) fu premiata dall'elettorato nelle elezioni svoltesi nel febbraio 1994, che portarono alla presidenza J.M. Figueres Olsen (figlio di J. Figueres Ferrer, ex presidente e di fatto artefice della moderna C.R.).
Smentendo le posizioni assunte in campagna elettorale, l'amministrazione del PLN concordò un nuovo programma di aggiustamento strutturale con il Fondo monetario internazionale e con la Banca mondiale, impresse a partire dal 1995 un'accelerazione al programma di privatizzazioni e propose una revisione del sistema pensionistico duramente contestata, con scioperi e manifestazioni di protesta, dalle organizzazioni sindacali. Tali proteste costrinsero nel corso del 1996 il presidente a una serie di rimpasti nel governo e a rivedere parzialmente i suoi programmi di politica economica.
Le elezioni generali del febbraio 1998, caratterizzate da un aumento dell'astensionismo e dalla sostanziale identità dei programmi dei due partiti tradizionali, registrarono la vittoria dei conservatori del PUSC, il cui candidato, M.A. Rodríguez Echeverría, fu eletto alla presidenza della Repubblica, assumendo la carica nel maggio 1998. Nei rapporti internazionali, entrò in vigore (genn. 1995) un accordo di libero scambio tra Messico e C.R.; nel settembre 1997 quest'ultima, Belize, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama e Repubblica Dominicana sottoscrissero la 'Dichiarazione di Managua', finalizzata alla creazione di istituzioni politiche comuni.
Bibliografia
J.A. Booth, Costa Rica: a quest for democracy, Boulder (Colo.) 1998; B.M. Wilson, Costa Rica: politics, economics and democracy, Boulder (Colo.) 1998.