COSTA (Costa de Beauregard), Giuseppe Enrico, marchese di Saint-Genis di Beauregard
Nacque il 20 aprile 1752 nel castello di Beauregard, situato sulle rive del lago Lemano, secondogenito di sei figli ed unico ad aver discendenza, dal marchese Giuseppe Alessio Bartolomeo e da Enrichetta Caterina Genoveffa d'Auberjon de Murinais, sposata nel 1749.
I Costa, patrizi genovesi, si erano stabiliti in Savoia all'inizio del sec. XVII. Il casato, che potrebbe ricollegarsi a Rustico Costa, feudatario del vescovo di Genova nel sec. XIII per la terra di San Massimo nella Riviera di Levante, è attestato con certezza dagli inizi del XV secolo con Vincenzo Costa, d'una famiglia imparentata con dogi e proprietaria dei feudi di Garlenda, Paravena, Cosenti, Foggia e San Martino, presso Rapallo. I Costa dettero alla Repubblica di Genova ambasciatori e militari, e strinsero ben presto relazioni con la casa di Savoia.
Giovan Battistas Costa (Genova 1593-Chambéry 1663) fu presentato al duca Carlo Emanuele I dal cugino Pier Francesco vescovo di Savona; gentiluomo della casa ducale e naturalizzato savoiardo, si stabilì in Savoia nel 1625. Gentiluomo del principe Tommaso di Savoia Carignano, divenne presidente della sovrana Camera dei conti di Chambéry e controllore generale delle Finanze di qua dai Monti (1626), presidente del Consiglio di Stato (1631), sovrintendente generale delle Finanze (1632).Nel 1647 acquistò la signoria di Villard della Novalesa, eretta in contea lo stesso anno in suo favore.
I Costa s'innalzarono rapidamente tra le prime famiglie del ducato per la loro ricchezza, i legami col mondo giudiziario del Senato di Chambéry, gli impieghi militari al servizio della dinastia di Torino, come anche di quella di Baviera e dell'Impero. Giovan Battista Costa [IV] (Chambéry 1656-ivi 1722) acquistò le terre di Saint-Genis e di Beauregard, erettegli in marchesato nel 1701. Il nipote Giuseppe Alessio Bartolomeo Costa di Beauregard (Chambéry, 17 luglio 1726-ivi 15 giugno 1797), emerito agronomo e pioniere delle teorie fisiocratiche, introdusse nella lingua francese il termine "assolement" [rotazione] e pubblicò, nel 1744, un Essai sur l'amélioration de l'agriculture dans les pays montueux et particulièrement dans la Savoye.
Il C. sarà immortalato col nome "l'homme d'autrefois" dalla biografia scritta dal bisnipote Carlo Alberto Maria Costa di Beauregard (La Motte-Servolex, 24 maggio 1835-Parigi, 15 febbr. 1909), membro dell'Accademia francese e storico del re Carlo Alberto.
Passò i primi anni, con il fratello Telemaco (1761-1828), poi cavaliere di Malta e tenente colonnello di fanteria, e con le quattro sorelle, nell'atmosfera familiare, semplice e patriarcale del castello di Villard. Fin dai primi anni manifestò una vera passione per la letteratura e soprattutto le belle arti, e nel 1767 partiva per Parigi, in compagnia di uno zio, il cavaliere de Murinais, ufficiale francese.
L'anno di soggiorno nella capitale francese, che descrisse in lettere piene di spirito, fece una profonda impressione sul C. quindicenne. Visitò Versailles e l'alta società, sottopose i suoi quadri all'apprezzamento di Greuze, vide il pittore Boucher, incontrò Marmontel e Diderot, e fu ricevuto nei salotti di madame de Choiseul e di madame Geoffrin.
Il periodo dal 1767 al 1789 fu pieno di pace e di felicità. All'inizio del 1770 il C. fece col padre un viaggio in Italia giungendo fino a Roma, dove fu ammesso in Arcadia. Al ritorno in Savoia, rinunciò alla pittura ed intraprese il servizio militare nel corpo dei topografi della legione d'alloggio, allora in corso di costituzione. Ufficiale il 17 giugno 1771, fu di guarnigione a Torino e fece lavori di rilevazione sulle Alpi. Il 12 maggio 1777 sposava la cugina germana Carlotta Genoveffa d'Auberjon de Murinais, il cui padre, un gentiluomo del Delfinato, ufficiale dei gendarmi inglesi della casa reale, era stato ucciso nel 1759 nel corso della battaglia di Minden. Dall'unione, che a dire della moglie fece del C. "le plus tendrement aimé des maris depuis Adam", nacquero tra il 1778 ed il 1785 quattro figli, dei quali Alessio Luigi Maria Eugenio (1778-1794), che dimostrò presto d'avere una intelligenza brillante e precoce, entrò come luogotenente nei granatieri reali.
Il C. lasciò il servizio col grado di capitano e ricevette il titolo di gentiluomo di camera del re. Visse nella sua proprietà di Beauregard, per poi stabilirsi a Ginevra per completare l'educazione dei figli. Attaccatissimo alla monarchia e alla religione, legato da stretta amicizia con J. de Maistre, era tuttavia aperto alla cultura del tempo, e nel 1778 riportava il primo premio d'eloquenza bandito dall'Accademia di Besançon con un saggio, edito l'anno seguente, sul tema Combien l'éducation des femmes pourrait contribuer à rendre les hommes meilleurs (Besançon 1779).
Ai primi avvenimenti del 1789 il C., ammiratore di Necker e le cui opinioni sull'evoluzione della Francia divergevano da quelle del Maistre, si lasciò inizialmente sedurre dalle riforme della "rivoluzione borghese". Nell'aprile del 1792, alle crescenti voci di guerra tra Francia e Sardegna, riprese volontariamente servizio nella legione d'alloggio, nella quale il figlio Eugenio era ufficiale. Addetto presso l'armata del generale Lazary, che difendeva la Savoia, segnalò invano al suo capo la minaccia francese che sfociò poi nell'invasione del 22 sett. 1792 e nell'occupazione del ducato. Il C. segui la legione d'alloggio nella ritirata in Piemonte, attraverso le montagne dei Bauges, la Tarantasia e la Val d'Aosta.
La moglie si rifugiò a Losanna, dove visse molto modestamente, a fianco degli emigrati francesi e savoiardi tra cui J. de Maistre, mentre i castelli di Villard e di Beauregard venivano devastati e saccheggiati. Il potere rivoluzionario costituitosi in Savoia aveva ingiunto agli ufficiali che servivano nelle truppe sarde di raggiungere la loro provincia, annessa alla Francia, sotto pena d'essere dichiarati emigrati. Il C. rifiutò perché, scrisse, "il est de la morale de tous les temps et de tous les pays de ne point abandonner en temps de guerre les drapeaux auxquels on a été attaché et que l'on a suivis en temps de paix. J'encourrais la mésestime de ceux-là mêmes qui me rappellent si je faisais violence à mes principes. Mais après avoir motivé ainsi que je le fais le parti que je prends de différer mon retour, parti dans lequel n'entrent pour rien l'ambition, le ressentiment ou l'orgueil, je déclare que je rejoindrai mes foyers dès que je pourrai le faire avec honneur".
Dopo la ritirata in Piemonte, la legione d'alloggio fu sciolta e gli effettivi ripartiti in un reggimento di pionieri e un reggimento di granatieri reali, nel quale il C. e il figlio Eugenio furono incorporati. Decapitato Luigi XVI (21 genn. 1793), contro la Francia si costituì una coalizione europea, e le truppe sarde furono poste sotto il comando supremo del generale austriaco barone de Vins. Al colle del Piccolo San Bernardo i granatieri reali si prepararono all'offensiva che doveva riconquistare la Savoia, collegata con una insurrezione dei monarchici di Annecy e dei contadini della Val di Thónes. Ma il cattivo coordinamento tra rivolte locali e attacco delle forze piemontesi fece fallire, nell'agosto 1793, la spedizione del marchese de Sales contro l'alto Faucigny, il cui comando era stato rifiutato al C. dal duca del Monferrato. Tergiversazioni del comando piemontese in Tarantasia permisero, nell'ottobre 1793, alle truppe di Kellermann, ristabilita ormai l'autorità della Convenzione a Lione, di respingere sulle basi di partenza del Piccolo San Bernardo gli Austro-sardi scesi in Tarantasia. Il C. era stato impedito da malattia a prender parte effettiva ai combattimenti.
Dopo essere rimasti ad Asti negli alloggiamenti invernali fino al 15 genn. 1794, i granatieri reali furono impegnati nelle Alpi marittime con l'armata comandata dal barone Colli, nei settori di Saorge e dell'Authion. Gli Austro-piemontesi, presi alle spalle dal territorio della Repubblica di Genova, dovettero indietreggiare precipitosamente davanti ai Francesi (aprile 1794). Il 27 aprile, nello scontro della Saccarella, al fianco del C. il figlio Eugenio veniva ferito, e moriva il 16 maggio a Torino, dove era stato trasportato.
La tragica scomparsa di questo giovane di sedici anni e la fermezza d'animo dimostrata negli ultimi momenti ispirarono J. de Maistre l'ammirevole Discours à madame la marquise de C. sur la vie et la mort de son fils Alexis Louis Eugène de C. lieutenant au Corps des Grenadiers royaux de S. M. le Roi de Sardaigne, stampato a Torino nel 1794. In seguito a questa morte, Vittorio Enrico Maurizio Giuseppe (Le Villard, 20 dic. 1779-La Motte-Servolex, 19 giugno 1836) prendeva il posto del fratello nell'esercito.
A richiesta del generale Colli il C., ufficiale volontario senza impiego stabile né soldo, ricevette il grado di maggiore, ed il figlio Vittorio quello di sottotenente. Il re gli conferì l'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, ed egli venne addetto, come quartiermastro generale con le funzioni di capo di Stato Maggiore, presso l'armata dei Colli. All'indomani dell'offensiva francese che, dal 26 aprile al 15 maggio 1794, aveva ricacciato i Piemontesi ai bordi delle Alpi costringendoli ad abbandonare la contea di Nizza, il C. redasse il rapporto sulle operazioni della sua unità. Nel febbraio 1795 il barone Colli diveniva comandante supremo delle forze piemontesi, e il C., quartiermastro generale, promosso colonnello, fece del suo meglio per riorganizzare le truppe, tra l'indifferenza di gran parte delle alte sfere della capitale, gli intrighi e le concussioni, che gli ispiravano queste righe disincantate: "C'est ici à Turin le conseil des rats autour de Raminagrobis; on n'a pas idée des tripotages dont on va s'occupant; l'un n'est pas sûr de ne pas être général dans quinze jours; l'autre doute s'il le sera encore à cette époque".
Dopo le vittorie del Bonaparte sulle forze austro-sarde, comandate dal barone de Beaulieu, nella campagna della primavera del 1796, re Vittorio Amedeo III designò, il 26 aprile, il luogotenente generale barone de La Tour e il C. a concludere un armistizio.
In una relazione scritta per il conte di Salmatoris, proprietario della villa di Cherasco dove si svolse l'incontro, che durò l'intera notte dal 26 al 27 aprile, il C. ha tracciato una avvincente descrizione del generale vittorioso. Conversò a lungo col Bonaparte che respinse le obiezioni dei negoziatori: "Ma République en me confiant le commandement d'une armée m'a cru assez de discernement pour juger de ce qui'convient à ses intérêts, sans que j'aie à recourir aux conseils de mon ennemi", e interrogò i suoi interlocutori sulla situazione materiale e morale del Piemonte. Bonaparte parlò dei suoi progetti, ed aggiunse, a proposito di se stesso: "Il est presque indispensable d'être jeune pour commander une armée: il faut, pour cette tache éminente, tant de bonheur, d'audace et d'orgueil". La relazione del C. costituisce uno dei primi ritratti del generale, allora sconosciuto, di cui coglie personalità e genio con una intuizione profetica. "Général - gli disse lasciandolo - que ne peut-on vous aimer autant qu'on est forcé de vous admirer et de vous estimer". Da parte sua, nel Memoriale di S. Elena, Napoleone si espresse in questi termini sul suo interlocutore savoiardo: "Le colonel la Coste [sic], natif de la Savoie, était dans la force de l'âge; il s'exprimait avec facilité, avait de l'esprit et se montra sous des rapports avantageux".
All'indomani della pace di Parigi (15 maggio 1796) che sanzionava la cessione alla Francia della Savoia, nulla era stato previsto per gli emigrati della provincia passati al servizio della monarchia sarda. Il C. restò addetto allo Stato Maggiore del duca d'Aosta, e redasse da solo una relazione sulle operazioni dell'armata del Colli. Raggiunse poi la famiglia a Losanna; da qui, traversando clandestinamente il Lemano col de Maistre, fece una visita straziante a Beauregard, che trovò in un desolante stato di abbandono e rovina. Le condizioni economiche del C. erano molto precarie. Sovvenne ai bisogni della famiglia dando qualche lezione di disegno, fino a quando poté recuperare 20.000 franchi dal principe di Baviera, resti di un enorme debito contratto nel 1701 dall'elettore Massimiliano col suo ciambellano Bartolomeo Tommaso Costa (1665-1743).
Nel gennaio 1797 il nuovo re Carlo Emanuele IV lo richiamò in servizio come quartiermastro generale, col compito di riorganizzare lo Stato Maggiore e il corpo degli ingegneri topografi, mettendogli al fianco il figlio Vittorio come sottotenente aggiunto. Questa attività venne interrotta dalla unione del Piemonte alla Francia e dall'esilio della corte in Sardegna. Il C. rimase ancora qualche tempo a Torino, su ordine del re. Minacciato d'essere arrestato e trasferito in Savoia come emigrato, fu salvato dall'offensiva austrorussa del 1799. Riprese allora i suoi incarichi e fu nominato membro del Consiglio di reggenza, ma i nuovi successi del Bonaparte in Italia e la vittoria di Marengo lo costrinsero a ripassare le Alpi. Alla fine dell'anno 1800 si stabilì dapprima nel Delfinato, presso il cognato marchese de Murinais; poi radiato dalla lista degli emigrati e ritornato in Savoia, visse appartato durante tutto il periodo dell'Impero, dedicandosi al riordinamento del patrimonio, alle cure della famiglia ed ai suoi lavori storici.
Dopo il 1814 fu richiamato a Torino e incaricato, per la terza volta, di riorganizzare il corpo dello Stato Maggiore generale e del genio topografico, cui dette come emblema una freccia e il motto "La piuma guida il ferro". Gli si affidò anche la direzione della Scuola dei cadetti che sceglievano il servizio topografico, erede dell'ex legione d'alloggio. Promosso a titolo effettivo quartiermastro generale, general maggiore e gran croce dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro nel 1817, si congedò nel 1821. "L'homme d'autrefois", che dall'ancien régime alla Restaurazione aveva traversato tante vicissitudini, si spense nel castello di La Motte-Servolex il 29 nov. 1824.
Scritti: Mémoires historiques sur la Maison Royale de Savoie et sur les pays soumis à sa domination, depuis le commencement du XI siècle iusqu'à 1796 inclusivement, I-III, Torino 1816; IV, Chambéry 1988; Mélanges tirés d'un portefeuille militaire, ibid. 1817(l'opera contiene: Catalogue raisonné des livres propres à composer la bibliothèque, de l'Etat-major; Indication des cartes et des plans propres aux étudès militaires; Siège et délivrance de Turin, en 1706; Essai sur le dessin militaire topographique; Fragment sur l'invasion de l'Egypte, en juillet 1798; Coup d'oeil général sur les événements militaires et politiques en Italie, depuis l'armistice entre la France et la Sardaigne, signé le 27 avril 1796, jusqu'à la paix de Leoben, le19 avril 1797; Esprit des lois de la guerre; Campagne de 1799; Campagne de 1800; Mémoire sur les levés à vue; Essai historique sur les Etats-majors généraux en France et en Autriche; Premiers aperçus des opérations militaires dans la Belgique, du 15 au19 juin 1815; De la morale des guerriers).
Fonti e Bibl.: Chens sur Léman (Alta Savoia), Arch. del castello di Beauregard; G. B. Peri, Famiglia Costa. Attestationi d'alcuni carichi e imprese della nobilissima famiglia Costa, Genova 1653; Quelques détails sur la suspension d'armes signée à Cherasco dans la nuit du 26 au 27 avril 1796, entre le général Bonaparte et les commissaires du Roi de Sardaigne, Chambéry 1854; A. de Foras, Armorial et nobiliaire de Savoie, II, Grenoble 1863, ad vocem;P. Costa de Beauregard, Mémoire sur la famille Costa, rédigé en 1864, Chambéry 1864; A. Costa de Beauregard, Un homme d'autrefois. Souvenirs recueillis par son arrière-petit-fils, Paris 1878; Ch. de Mazade. Un gentilhomme de Savoie pendant la Révolution. Le marquis Henry C. de B., in La Revue des Deux Mondes, XLVIII (1878), pp. 365-394; P. E. Schazmann, Les peintures du marquis Henry C. de B., in Journal de Genève, 14 febbr. 1963.