cosmologia
Studio della struttura e della storia dell’Universo nel suo insieme. In questa accezione il termine è moderno, e venne usato per la prima volta da Kant nella terza parte della Critica della ragion pura (1781). Tuttavia l’interesse per la genesi e la struttura del cosmo – o del ‘Cielo’, intendendo tale termine come sinonimo di cosmo – ha sempre caratterizzato il pensiero umano, e in Occidente nasce già coi filosofi naturalisti greci, i quali avanzarono varie teorie in proposito, per lo più restando sul piano delle cause fisiche.
L’esigenza di introdurre un principio intelligente sorse soprattutto con Anassagora, e venne fatta propria da Platone, che nel Timeo individua tale principio in un dio, il ‘demiurgo’ o ‘fabbricatore’ del cosmo. L’opera, che appartiene all’ultimo periodo della produzione platonica, valse a Platone il titolo di ‘Mosè attico’ per la sua evidente somiglianza con il Genesi biblico, e in età tardo antica e rinascimentale diventò la sua opera più commentata e più famosa, al punto che La scuola d’Atene di Raffaello la mette in bella mostra fra le sue mani. Il Timeo descrive il modo in cui il demiurgo fa passare tutto ciò che fino a quel momento si muoveva in modo caotico dal disordine all’ordine. A tale scopo il dio, mosso dal principio del bene, introduce nella materia refrattaria numeri e figure geometriche, facendola così diventare un ‘cosmo’ nel senso letterale del termine, cioè una manifestazione di bellezza e di armonia. La stessa ‘anima del mondo’, senza la quale il cosmo non potrebbe vivere, viene generata tramite una serie numerica, al punto che Senocrate poté definirla «un numero che muove se stesso». In tal modo il cosmo, benché generato, viene definito da Platone ‘incorruttibile’. Aristotele criticò il Timeo sotto varie angolature. In primo luogo, egli osserva, il mondo non può essere allo stesso tempo eterno e generato, perché le cose generate non sono esenti da corruzione. In secondo luogo, Aristotele critica l’idea stessa di anima del mondo, che Platone priva di qualsiasi sollievo intellettuale, incatenandola per l’eternità al cosmo che ella ha il compito di muovere, come Issione legato alla sua ruota. Aristotele contrappone alla visione platonica la sua, facente perno su un motore immobile che pensa sé stesso, e fa muovere tutto in quanto tutto muove verso di lui. Di Platone, tuttavia, Aristotele conserva due importanti principi cosmologici. In primo luogo quello della perfezione del moto circolare. Tale principio, che regnerà incontrastato fino a Keplero, ha costituito nei secoli un forte ostacolo allo sviluppo dell’astronomia, generando due sistemi planetari, quello omocentrico e quello eccentrico, che sebbene diversi nella forma erano identici nella sostanza, vale a dire nella predilezione per le figure circolari. In secondo luogo l’idea della ‘differenza ontologica’ fra materia celeste e materia sublunare, per cui non esiste una sola fisica del cosmo, ma due, una per il Cielo e una per la Terra.
A questa visione, alla quale sostanzialmente aderiva anche la fisica stoica, si opponeva nell’antichità una sola filosofia, quella atomistica, non a caso recuperata in età moderna dai promotori della rivoluzione scientifica. Per la filosofia atomistica, ripresa da Epicuro e Lucrezio, esiste una sola fisica, valida sia per il Cielo sia per la Terra. Esistono infiniti mondi, che si formano senza il concorso di un disegno intelligente, ma a causa dell’incontro fortuito degli atomi, il moto dei quali non necessita di alcuna spiegazione, perché è eterno. Nell’Universo non esiste un centro, né un alto e un basso assoluti, come non esistono moti naturali, perché tutti i moti sono ‘violenti’, cioè frutto di collisioni reciproche e casuali.
Nelle opere in lingua araba del periodo medievale nelle quali vengono elaborate dottrine cosmologiche, si tenta in genere una conciliazione tra le tesi tolemaiche (espresse soprattutto in Ipotesi e Almagesto), il De caelo di Aristotele e le teorie emanatiste del neoplatonismo che da Aristotele venivano fatte derivare (Metafisica, libro 12°; rielaborazioni arabe delle Enneadi di Plotino e degli scritti di Proclo) in ultima istanza. Fra i maggiori autori vanno menzionati al-Fārābī (che concepisce un mondo di nove sfere, la prima essendo la sfera anastra, cioè «priva di stelle», sovrastate e ordinate da nove intelligenze; la decima è preposta al mondo sublunare) e Avicenna che al principio puramente intellettuale del moto (le intelligenze) ne aggiunge uno psichico (le anime).
Galileo sarà tra i primi a riprendere i concetti della fisica atomistica elaborando, dopo la scoperta delle macchie lunari, una fisica valida sia per il Cielo che per la Terra. Anche se non in modo esplicito, Cartesio seguirà questi stessi principi, che poi Newton metterà esplicitamente al centro del suo sistema del mondo. Di anima del mondo e di finalismo non si parlerà più nel corso di due secoli, e Kant, insieme a Laplace, elaborerà la prima ipotesi scientifica sulla formazione dell’Universo, basata sull’idea dello sviluppo successivo di una nebulosa primordiale. Lo stesso Kant, nella discussione delle antinomie cosmologiche nella Dialettica trascendentale, precisò i limiti entro i quali tale modo di procedere dell’intelligenza umana fosse ammissibile e utile. Quella che è stata definita «la reazione idealistica contro la scienza» si sviluppa in Germania con il romanticismo e con l’idealismo classico, e vede fra i principali protagonisti Goethe, Schelling e Hegel. Goethe avversò la teoria dei colori di Newton, Schelling ed Hegel recuperarono l’anima del mondo e praticamente l’intero impianto dottrinale del Timeo platonico. Hegel, in particolare, se ne servì nella dissertazione sulle Orbite dei pianeti. Tuttavia questo tentativo di reazione rimase un fenomeno circoscritto, e nel resto dell’Europa e nella stessa Germania gli scienziati continuarono a sviluppare l’ipotesi di Kant-Laplace. William Herschel, in particolare, fondò su questa base la moderna astronomia stellare, scoprendo l’esistenza di altre nebulose che confermavano la fruttuosità di quella ipotesi. Il figlio, John Herschel, continuò l’opera del padre rilevando l’esistenza di 1700 nebulose e 70000 stelle. J.C. Kapteyn e successivamente H. Shapley posero le premesse per un modello di Via Lattea che resta ancora oggi accettabile. Ma il decisivo passo in avanti nell’elaborazione della c. teorica moderna avvenne nel 1917, quando Einstein applicò la teoria generale della relatività all’Universo intero. Le successive elaborazioni di A.A. Friedmann e E.P. Hubble confermarono l’idea di Kant della galassia come una unità nella struttura dell’Universo. Nel 1929 il red shift dimostrò l’espansione dell’universo e permise l’elaborazione della legge di Hubble (le galassie si allontanano con velocità proporzionale alle reciproche distanze). La c. diventò quindi lo studio sperimentale e teorico dell’Universo in espansione.