GUASTELLA, Cosmo
Nacque a Misilmeri, in provincia di Palermo, il 28 genn. 1854 da Vincenzo, farmacista, e da Marianna Piazza. Compì gli studi secondari nel regio liceo Vittorio Emanuele di Palermo per poi iscriversi alla facoltà di giurisprudenza, più per assecondare i desideri del padre che per vocazione. Preside della facoltà era allora G. Bruno, professore di economia politica, con il quale il 13 luglio 1878 il G. si laureò discutendo la tesi Il principio della legge della domanda e dell'offerta. Subito dopo si chiuse in un ventennio di solitudine a causa del quale non è possibile tracciare l'evoluzione intellettuale che lo portò al passaggio dallo studio delle scienze sociali alla filosofia. Nel 1897 comparve a Palermo per i tipi dell'editore Sandron il primo dei suoi saggi sulla teoria della conoscenza, Sui limiti e l'oggetto della conoscenza a priori.
Dedicato all'analisi e alla confutazione del metodo metafisico, fondato sul presupposto della conoscenza a priori, in luogo della quale il G. proponeva l'esperienza come criterio della verità e l'induzione come metodo di ricerca e di prova. La sua "vocazione ad ammazzare la metafisica", come la definiva G. Amato Pojero in una lettera a G. Vailati del 1° sett. 1899, era tesa a offrire una visione positiva della realtà, in linea con l'orientamento della cultura europea contemporanea dominata dalla concezione naturalistica e dalla filosofia dell'esperienza, che aveva come massimi rappresentanti H. Spencer, A. Comte e J.S. Mill.
Nel 1898 il G. divenne direttore didattico delle scuole elementari di Misilmeri, ma nel 1900 la nuova amministrazione lo sollevò dall'incarico. Il 20 giugno dello stesso anno conseguiva la libera docenza in filosofia teoretica presso l'Università di Palermo. Intanto aveva preso a partecipare agli incontri organizzati da Amato Pojero che aveva trasformato la sua villa nel cenacolo della Biblioteca filosofica di Palermo dove furono accolti numerosi studiosi stranieri e, tra gli italiani, G. Vailati, B. Croce, G. Gentile, P. Carabellese, F. Orestano.
Al 1901, anno in cui il ministero gli affidò l'insegnamento di filosofia presso il liceo Garibaldi di Palermo, risale l'incontro del G. con F. Brentano; di poco successiva è la supplenza di filosofia morale (mesi di marzo-giugno) conferitagli dalla facoltà di lettere a Palermo; del 1903 sono invece l'insegnamento di filosofia nel liceo di Acireale e la libera docenza di filosofia teoretica nella scuola di magistero. Nel frattempo, la partenza di A. Faggi, chiamato dall'Università di Pavia, fece sì che al G., nominato professore straordinario, fosse affidata la cattedra di teoretica: quando di lì a poco la cattedra fu messa a concorso, il G. fu preferito a B. Varisco e al giovane G. Gentile.
Nel 1905 apparve, sempre presso l'editore Sandron, il secondo saggio, Filosofia della metafisica.
"Questo saggio - così lo presentava l'autore - avrà due parti, nell'una delle quali studieremo l'origine e lo sviluppo dei concetti metafisici relativi alla quistione delle vere cause, e nell'altra di quelli relativi alla quistione del mondo esteriore, delle cose in sé. A queste due parti sarà necessario aggiungerne una terza, che studierà la metafisica nelle scienze dello spirito: nella psicologia, nell'etica, nella filosofia del diritto" (p. 8).
Relativamente alla seconda parte la promessa fu, pur se in altra forma, mantenuta; non così relativamente alla terza parte, perché, fatta eccezione per il corso di filosofia morale tenuto per incarico e dedicato all'utilitarismo e all'esame della concezione metafisica di bene assoluto, e tranne qualche cenno in altri scritti, il G. non ritornò più su queste materie.
Il 13 genn. 1907 il G. conseguì presso l'Università di Palermo l'ordinariato in filosofia teoretica. Nel 1912 pubblicò, nell'Annuario della Biblioteca filosofica di Palermo, uno studio sull'infinito, riprodotto poi per intero nel III volume della sua ultima opera. Nel 1915 fu favorevole all'intervento italiano nella prima guerra mondiale, che lo colpì in prima persona con la perdita di un nipote.
Intanto andava mutando l'orizzonte culturale europeo. Ormai il positivismo soccombeva alle posizioni spiritualistiche e idealistiche, e accanto al G., nella stessa Università di Palermo, occupava la cattedra di storia della filosofia G. Gentile, il quale raccoglieva larghi consensi tra i giovani. La metafisica era rinata, era perciò necessario assumere una posizione difensiva: si spiega così il titolo dato dal G. alla sua ultima opera, Le ragioni del fenomenismo, circa duemila pagine precedute dal motto leibniziano: "è una grande scienza sapere ciò che si sa". Era da poco uscito il secondo volume, quando, l'11 sett. 1922, il G. fu stroncato a Palermo da un attacco di angina pectoris. A pochi mesi di distanza l'editore Priulla, assolvendo gli impegni assunti, licenziava il terzo volume.
Nel 1922, G. Marchesini si accinse a scrivere, per una storia della filosofia in più volumi diretta da F. Orestano, una Storia del positivismo in Italia. Egli aveva chiesto a un certo numero di filosofi e di studiosi positivisti di inviargli una sintesi del loro pensiero, insieme con una essenziale bibliografia dei loro scritti. Nello scritto predisposto per l'occasione il G. definiva il proprio sistema filosofico "fenomenismo", e invitava a non confonderlo con altri sistemi così chiamati, come quello di C. Renouvier, R. Avenarius, E. Mach e H. Bergson. Il suo fenomenismo consisteva in due proposizioni fondamentali: 1) non si può affermare altra esistenza che quella dei fenomeni, e non vi è altra scienza possibile che quella delle uniformità di successione, di esistenza e di somiglianza dei fenomeni stessi; 2) il fenomeno è il fatto di esperienza, ed esso non esiste che in quanto se ne ha esperienza. Non si possono ammettere altre esperienze che quelle di soggetti senzienti uniti a un corpo organico. Il G. riconosceva che il fenomenismo, così inteso, fosse "un sistema rivoltante", in quanto il più contrario alle credenze naturali; tuttavia, doveva essere ammesso e non, come i sistemi metafisici, perché seducente, ma perché fondato su prove assolutamente rigorose.
I concetti metafisici in generale sono considerati delle pseudo-idee, le quali consistono nello sforzo di riunire, in una sola, due o più idee reciprocamente incompatibili. I sistemi metafisici mancano del tutto di prove; essi derivano da certe evidenze intrinseche fallaci (idola tribus), di cui il G. ha studiato i processi psichici donde si originano e quelli per cui esse hanno origine nelle varie illusioni metafisiche (idola theatri). Con un termine ripreso da J.S. Mill, queste evidenze intrinseche fallaci sono definite "sofismi a priori", inferenze incoscienti, le cui conclusioni si impongono come verità evidenti di per se stesse. Essi si formano attraverso il processo di assimilazione di tutti i fenomeni (e delle idee su di essi) ai fenomeni e alle idee che ci sono familiari. I sofismi a priori più importanti, che si trovano alla base dei sistemi metafisici sono, secondo il G., l'idea di causa efficiente, l'idea di cosa in sé e alcuni principî, come, ad esempio, "l'essenza delle cose non può cambiare". Il G. definisce metafisico anche l'apriorismo kantiano: infatti, egli scrive, "uno degli aspetti più caratteristici del modo di pensare metafisico è lo sforzo di conoscere il reale a priori, di costruirlo; anzi, possiamo dire, d'una maniera generale, che a priorismo è il sinonimo di metafisica, come empirismo è il sinonimo di positivismo - almeno del vero positivismo, cioè quello che non ammette, rigorosamente, che i fatti, i fenomeni, e le loro relazioni" (Sui limiti e l'oggetto della conoscenza a priori, p. 3). Lo spazio non è una forma a priori della sensibilità, lo spazio è un dato empirico, è un nome astratto per designare un carattere delle sensazioni visive. Proprio alludendo a I. Kant, nella breve sintesi del suo pensiero, il G. scriverà: "Il sistema che io ammetto sarei tentato di chiamarlo "Nuova critica della ragion pura" (cioè indipendente dall'esperienza)". Nell'intenzione dell'autore essa avrebbe dovuto mostrare anche quale fosse l'etica più conforme ai principî del fenomenismo, "confutando i sistemi di metamorale e deducendoli dalla sofistica a priori della nostra intelligenza" (Riv. critica di storia della filosofia, XXXVII [1982], pp. 443-453).
Opere del G.: Saggi sulla teoria della conoscenza, I, Sui limiti e l'oggetto della conoscenza a priori, Palermo 1897; II, Filosofia della metafisica, Parte prima: La causa efficiente, ibid. 1905; L'infinito, in Annuario della Biblioteca filosofica di Palermo, II (1912), 1; Le ragioni del fenomenismo, Palermo 1921-23; Opere complete, a cura di F. Orestano, Milano 1940; Opera omnia, con introd. e a cura di C. Dollo, I-II, Padova 1972-73.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero Pubblica Istruzione, Direz. gen. istruzione superiore, Personale insegnante, II versamento, s. I, b. 75; G. Tarozzi, necr. in Riv. di filosofia, IV (1923), pp. 81-84; E. Troilo, Una filosofia estremista: il fenomenismo, in Nuova Antologia, 16 ott. 1922, pp. 301-316; F. Albeggiani, Empirismo e conoscenza nella filosofia di C. G., in Giorn. critico della filosofia italiana, IV (1923), 1, pp. 47-61; C.A. Sacheli, Fenomenismo, Genova 1925, pp. 15-19; F. Albeggiani, Il sistema filosofico di C. G., Firenze 1927; V. Cento, Tra il "fenomenismo" del G. e il "realismo" del Troilo, in Id., I viandanti e la meta, Torino 1927, pp. 95-122; E. Di Carlo, Il primo scritto di C. G., in Logos, 1933, n. 4, pp. 9 s.; F. Borino, L'infinito attuale nel pensiero di C. G., in Riv. di filosofia neoscolastica, XXXII (1940), pp. 590-594; E. Troilo, C. G., Padova 1941; R. Gradi, Il positivismo di Roberto Ardigò e di C. G., in Rass. di scienze filosofiche, VII (1954), 3-4, pp. 256-286; F. Borino, Il pensiero di C. G., in Filosofia e vita, IV (1963), 2, pp. 40-56; 3, pp. 64-78; A. Omodeo, Lettere 1910-46, Torino 1963, p. 490 n.; Lettere di Giovanni Vailati a C. G. e a G. Amato Pojero, a cura di A. Brancaforte, in Riv. critica di storia della filosofia, XXXIII (1978), pp. 405-417; XXXIV (1979), pp. 35-69; C. Dollo, Un inedito di C. G. sul principio dell'offerta e della domanda (1878), in Arch. stor. per la Sicilia orientale, LXXVII (1981), pp. 209-276, 491-528; G. Marchesini, Dalla storia del positivismo in Italia, a cura di M. Quaranta, I, Preliminari; II, C. G., Il fenomenismo, in Riv. critica di storia della filosofia, XXXVII (1982), pp. 443-453; Enc. cattolica, VI, s.v.; Diz. Bompiani dei filosofi contemporanei, Milano 1990, ad nomen.