COSMETICI (dal gr. κοσμέω "orno")
Comprendono tutte le preparazioni adoperate per curare il corpo (viso, mani, capelli, unghie), per mantenerne e metterne in rilievo la bellezza, ovvero per procurare a chi fa uso di essi una bellezza artificiale.
Oriente. - L'uso dei cosmetici si trova diffuso presso quasi tutti i popoli delle antiche civiltà orientali, favorito dal fatto che in Oriente crescevano la maggior parte degl'ingredienti vegetali e minerali adoperati a scopo di toletta, come olî, profumi, tinture, dal naturale amore del fasto e della cura del corpo, proprio di tali civiltà, e in parte anche da motivi igienici, come è il caso delle unzioni d'olio sulla pelle in paesi caldi, ad evitare l'eccessiva traspirazione. I favolosi "profumi d'Arabia", cioè dell'Arabia Felice (Yemen) e della Palestina orientale, che le carovane trasportavano sino alla costa della Siria, l'antimonio, l'olio profumato, gli unguenti, prima di diffondersi nella civiltà greco-romana venuta a contatto con l'Oriente, furono già in gran favore presso Egiziani, Medi (è noto l'aneddoto del giovane Ciro in presenza del nonno Astiage, bistrato e carico di belletto), Fenici, Ebrei. Per questi ultimi la Bibbia abbonda di allusioni e testimonianze circa l'uso di ungersi e profumarsi, specie dall'epoca di Salomone in poi (basti ricordare il cantico dei Cantici); e i notissimi episodî evangelici della peccatrice e di Maria Maddalena che aspergono d'olio profumato e di nardo i piedi e il capo di Gesù documentano un uso già per quell'epoca influenzato da costumi greco-romani, ma intimamente connesso con l'antica predilezione orientale per i cosmetici.
Antichità classica. - L'uso dei cosmetici, penetrato dall'Oriente nella Grecia e di lì nel mondo romano, ci appare molto diffuso fra i popoli dell'antichità classica e rispondente a esigenze varie della toletta maschile e femminile.
Poiché l'uso del sapone, come detersivo, era sconosciuto (sapo è una tintura per i capelli), gli antichi usavano a questo scopo la soda (nitrum), ovvero della creta finissima, o anche farina di fave (lomentum); in Roma le signore e i giovani eleganti si lavavano col latte d'asina che aveva la proprietà, dicevano, di rendere bianca e morbida la pelle. Plinio racconta (XI, 238) che Poppea quando era in viaggio si faceva accompagnare da 500 asine. L'uso dell'unguento deriva dalla consuetudine, che data da tempi remoti, di spalmarsi con olio d'oliva il corpo dopo il bagno. Si credeva che tale unzione giovasse alla salute e preservasse dalle infreddature (Plin., XV, 4). Anche gli eroi omerici e le loro donne dopo il bagno si ungevano d'olio. Dall'uso di correggere con essenze l'odore dell'olio derivarono le molte specie di unguenti che si ricordano: di rosa, di gelsomino, di nardo, prezioso profumo arabico, ecc. Questi unguenti venivano usati a profusione durante il massaggio che si praticava dopo il bagno e durante i banchetti; i commensali se ne profumavano senza risparmio testa e capelli. In commercio ve n'erano di due tipi: liquidi (olea) e solidi (odores). Come da noi, le donne e gli uomini usavano altresì, per nascondere la canizie, delle tinture per capelli; in Roma, poi, le donne brune che avevano la smania di passare per bionde ottenevano questo scopo servendosi di certi saponi (sapo, spuma Batava, pilae mattiacae) che davano alle chiome un bel colore rosso acceso. Paste depilatorie (psilothrum, dropax) a base di olio, pece, resina e sostanze caustiche, servivano a liberare dai peli e a rendere liscia la pelle. Col nome generico di splenia s'intendevano dai Romani le applicazioni d'una pasta rosea che si stendeva sulla pelle per nascondere bruciature e abrasioni. Anche gli schiavi divenuti liberi e ricchi, se avevano da nascondere un marchio infamante impresso sulla fronte, ricorrevano agli splenia. I raffinati, poi, se ne facevano dei nei artificiali, il che nell'età imperiale era di gran moda. Fra i belletti femminili, ve n'erano di tipo e di colore vario: il nero (fuligo, καλλιβλέϕαρον ovvero στίμμι "antimonio") con cui si dava risalto alle ciglia e alle sopracciglia e se ne prolungavano le linee; il rossetto per colorire la pelle (fucus, purpurissum). Ma il tipo di belletto più usato era la cerussa (lat. cerussa; gr. ψιμυϑιον) che donava freschezza e candore giovanile alle guance delle donne e consisteva in una crema a base di biacca (carbonato di piombo, ottenuto per mezzo dell'acetato di piombo).
La biacca per uso di toletta si trovava in commercio in forma di pasticche che provenivano dai centri in cui fioriva l'industria del piombo. Rinomatissima era la cerussa di Rodi. Le pastiglie si ottenevano facendo sciogliere nell'aceto della raschiatura di piombo: si formava cosi una poltiglia che veniva fatta seccare e quindi pestata, stacciata e raffinata, sinché non fosse pronta per l'uso (Plin., XXXIV, 175-76). Con quelle pasticche si formavano poi unguenti mescolandone la polvere col miele. Si poteva anche ottenere un color carnicino aggiungendo alla biacca il color rosso, come la spuma di nitro (Ov., Med. fac., v. 70 segg.). Che il carbonato di piombo fosse velenosissimo si sapeva; ma non si riteneva che potesse nuocere penetrando attraverso la pelle; per cui non era, com'è oggi, vietato per legge nella fabbricazione dei cosmetici.
La cerussa era ritenuta mezzo così efficace di bellezza che nel mondo galante neanche le donne giovani e belle ne facevano a meno (Plaut., Most., vv. 257-58), e l'uso di essa era considerato normale nella toletta muliebre, specie per le greche, le quali tuttavia dovevano astenersi dal'impiastricciarsene il viso in certe circostanze, come quand'erano in lutto (Lys., Per l'uccis. di Eratost., par. 14) o quando partecipavano ai misteri di Demetra (Dittenberger, Syll., 3ª ediz., 736, l. 23).
Bibl.: Becker-Göll, Charicles, Berlino 1877-78, I, p. 261 segg., III, pp. 98, 307; Gallus, Berlino 1880-82, III, p. 157 segg.; M. Blümner, Technol. u. Terminol., Lipsia 1912, I, p. 352; Hermann-Blümner, Lehrbuch der griechischen Privataltertümer, Friburgo-Tubinga 1882, p. 200 segg.; id., Die römische Privataltertümer, Monaco 1911, p. 435 segg.; Stampini, Ovidio maestro e poeta di abbigliamento muliebre, Torino 1914, p. 30 segg.; v. anche Daremberg e Saglio, Dictionn. d. antiq., s. v. Lomentum, pila, psilothrum, pyxis, sapo, seplasiarius, unguentum; e Paoli, Lar familiaris, Firenze 1930, pp. 217 segg.
Medioevo ed Età moderna. - I costumi più rozzi del Medioevo non ignorano i cosmetici, l'uso dei quali, condannato fin dagl'inizî dagli scrittori cristiani (v., interessantissimo per i particolari che fornisce, il De cultu feminarum di Tertulliano), non era sconosciuto agli stessi barbari, se sappiamo, p. es., che le donne sassoni si davano il rossetto e che i Borgognoni si lustravano i capelli con un unguento di burro acido. Più tardi la vita di corte e l'importanza data nel mondo cavalleresco all'esteriorità dell'aspetto e all'avvenenza della donna ne estendono tanto l'uso da dare origine a tutta una letteratura, che dalla riprovazione religiosa alla didattica moraleggiante e alla satira letteraria si scaglia contro questa manifestazione di vanità femminile. Qualche volta anche gli uomini si macchiavano di questa colpa, per quanto simili raffinatezze fossero severamente biasimate e non solo dagli scrittori ecclesiastici.
Nella letteratura italiana l'argomento è trattato fin dagl'inizî: una lauda di Jacopone da Todi è dedicata a l'ornamento delle donne dannoso; e chi non ricorda la famosa invettiva dantesca contro le donne col "viso dipinto" (Par., XV, 114)? Moraleggia con divertita bonomia Franco Sacchetti (Nov., 136), e con mordace ironia il Corbaccio boccaccesco ci descrive minutamente tutte le arti della toletta femminile e spietatamente le mette in ridicolo.
Ma accanto ai malcontenti c'era chi provvedeva ad aiutare la vanità delle donne fornendole di consigli e di ricette: sono da un lato i trattati dell'amore cortese, che riecheggiano Ovidio, dall'altro trattati di medicina, che tramandano la sapienza araba, nei quali la cosmesi è considerata con tutta serietà come una parte dell'igiene. Al gruppo dei primi, più abbondanti nella letteratura francese e provenzale, appartiene Il reggimento e i costumi di donna, di Francesco da Barberino. Fra i secondi sono il trattato famoso di volgarizzazione Le régime du corps composto nel 1256 da Aldobrandino da Siena, e il trattato De mulierum passionibus attribuito a Trotula, la famosa medichessa della scuola salernitana; in realtà compilazione del sec. XIII.
Le regole non vanno di solito oltre il viso e i capelli, le braccia e le mani. La cura maggiore era posta a imbiondire i capelli con lozioni e pomate minerali e vegetali, e a fare liscia e bianca la pelle. Gli strumenti per la cura delle orecchie, dei denti e delle unghie erano comuni a donne e uomini. Né mancavano bizzarrie come quella di annerirsi i denti.
Le materie pnme più adoperate erano l'antimonio o il nerofumo per il bistro da annerire le sopracciglia e le ciglia, il minio e lo zafferano per i rossetti da colorire le gote e le labbra, la salvia per i denti; la biacca, il sublimato d'argento, il borace, l'allume, accanto a mandorle e fave, a limone, aceto e chiaro d'uovo per polveri e creme svariate per mantenere bella la carnagione. Nelle formule, spesso complicatissime, non di rado nocive, non mancano a volte ingredienti strani, come pelle di cipolla e ali di ape, o ripugnanti, come rifiuti animali. Le donne si fabbrìcavano da sé i cosmetici, e dove esse non bastavano soccorreva l'arte di donnicciole, specializzate soprattutto nel depilare con vetri e conchiglie, e di merciai, che vendevano più rari e preziosi "lisci".
Il Rinascimento, con la sua opulenza di vita, con la sua ammirazione per la bellezza corporea, tendente alla formazione di un tipo convenzionale, ha dei belletti, come dei profumi, una vera mania. Centro dell'eleganza diventa l'Italia, e di qui partono mode e ricette. Imbellettarsi diventa, più che un gusto, una necessità della vita sociale per ogni classe di persone. Si moltiplicavano le più strane e complicate ricette, che si cercava di mantenere segrete. Quella (1557) del piccione, ripieno di terebentina, gigli, uova, miele, conchiglie e canfora, da cuocersi e distillarsi in lambicco, filtrando poi attraverso ad ovatta imbevuta di musco ed ambra, non è fra le più strane. Si ritrovavano sistemi simili ad alcuni modernissimi, come l'applicazione notturna di carne cruda o di maschere astringenti sul viso e il sublimatoir, apparecchio per esporre il viso a vapori di mercurio. La grande mania, soprattutto veneziana, era però quella d'imbiondire i capelli, con la semplice esposizione al sole del capo tenuto umido per mezzo di spugnette, oppure con svariate tinture. Anche gli uomini partecipavano di questa moda. Particolarmente effeminata fu in Francia la corte di Enrico III, il quale si tingeva e si profumava come una donna.
Il progresso che il'400 segna nella letteratura medica fa sorgere, accanto ai ricettarî profani, compilazioni scientifiche dedicate all'igiene personale, che non procedeva davvero di pari passo con le cure estetiche.
La letteratura contro il belletto è scarsa nel Rinascimento. Le leggi suntuarie non ne parlano. Fra i dissidenti non ci meraviglia di trovare qualche frate (chi non ricorda i bruciamenti delle vanità del Savonarola?), o l'Alberti nel Della famiglia (lib. III), ma sì ci meraviglia di trovar l'Aretino ed anche una donna latinista, Laura Cereto, che si scaglia contro quelle che spingono l'impudicizia fino a tingersi il seno.
Dal '600, spostatosi il centro della vita elegante, le mode, e con esse anche quelle che riguardano i cosmetici, vengono dalla Francia e dalla Spagna. In Francia l'arte era stata portata dal famoso profumiere italiano Renato, venuto con Caterina de' Medici. Alla corte imbellettarsi divenne una necessità di etichetta.
Preceduto da quello di cospargersi i capelli con polveri odorate che si facevano attecchire con sostanze mucillagginose, compare verso il 1593 a Parigi, come ci dice l'Estoile nel suo Giornale, l'uso d'incipriarsi la testa, iniziato per burla, da alcune monache, trionfante poi in tutta l'Europa. Lo accompagnava l'uso dei nei, che veniva spinto fino all'esagerazione, cospargendosene viso e spalle, con varietà di forma e di significato galante secondo la posizione, proprio in seguito al biasimo del predicatore Massillon, il quale otteneva solo l'effetto di dare il suo nome a quella moda.
L'operazione di truccarsi esigeva almeno un'ora e veniva ripetuta anche la sera prima d'andare a letto. Il viso si preparava con poca acqua e con spirito profumato, pasta di mandorle e grasso di montone. Quindi si segnavano di nero gli occhi e le sopracciglia, di azzurro le vene, altra novità, poi su un primo strato di biacca si spalmava con un grosso pennello il rosso liquido, che esisteva fino in 12 sfumature, sul viso - gote, mento, fronte, narici, lobo delle orecchie - sulle spalle e sulle mani nella palma e fra un dito e l'altro. Questa del rosso, accentuata dopo il trionfo dei capelli incipriati, che ne risultavano più candidi, divenne una vera follia, più ancora che in Francia, in Spagna. A Parigi la profumiera alla moda era mademoiselle Martin, brevettata dalla regina, arbitra delle eleganze.
In Italia Venezia era il centro elegante dell'epoca: là più che altrove si compravano dai "muschieri", pertinenti all'arte dei merciai, la polvere di Cipro che veniva dalle Fiandre o dall'industria nazionale e i costosi barattoli di Francia; là i cicisbei, non meno truccati della dama, offrivano a questa l'indispensabile scatoletta col bianco, il rosso, la matita per le labbra e i nei. A Torino invece, caso raro, le donne non si imbellettavano, se dobbiamo credere alla testimonianza d'un viaggiatore francese (Lalande, Voyage en Italie, Parigi 1769).
La satira non mancava, spesso però più intesa a colpire il ridicolo esteriore che animata da preoccupazioni morali. Ma in certi paesi non si scherzava, come in Inghilterra, dove, per quanto la regina Elisabetta avesse messo alla moda quegli artifizî che Amleto rimproverava ad Ofelia, un decreto del Parlamento (1770) condannava come strega ed annullava il matrimonio della donna che lo avesse conseguito con l'aiuto di capelli finti, tacchi alti, profumi e belletti. Finalmente i grandi predicatori e i filosofi partono in crociata contro il lusso, che la Rivoluzione doveva più efficacemente e rapidamente abbattere. Le ultime aristocratiche s'imbellettarono per salire il patibolo. Passato il turbine, la moda riprende con la raffinata eleganza di madame Tallien prima, famosa per i suoi bagni di fragole, poi di Giuseppina Bonaparte. Il romanticismo abolì il rosso: rimasero la cipria e le creme che davano il pallore sentimentale. I nei ebbero nella Vienna imperiale un nuovo momento di voga.
Dalla fine del secolo scorso il livellamento dei costumi estese enormemente anche l'uso dei cosmetici. D'altra parte l'industria si è impadronita dei cosmetici, centro Parigi, dove nel 1890 fu fondato da madame Lucas il primo istituto di bellezza. Nuovi sistemi come il massaggio o la chirurgia estetica, in cui si è specializzata la dottoressa francese Noel, divenuti comuni da poco, sostituiscono ora vittoriosamente molti cosmetici. Nei paesi meno civili si è rimasti naturalmente a uno stadio più arretrato, sia nella produzione dei cosmetici, sia nella loro applicazione. L'uso dei belletti è stato ed è ancora oggi particolarmente notevole nei paesi d'Oriente, dove certe tinture sono usate anche dagli uomini e dove le donne abusano di grossolani belletti a base di ocra e di talco, certe volte tingendosi i denti in nero con vernice di lacca come nell'Annam, certe volte servendosene per distinguere le fanciulle dalle maritate, che non si adornano più, come nel Giappone. In Africa le arabe si tingono di nero gli occhi con il kohl e di rossiccio le palme delle mani ed i piedi con l'henne, ingredienti comuni ormai anche in Europa, imitate dalle negre che passano ore e ore alla loro toletta a complicatissime pettinature e a tingersi di rosso le mani e di variopinti colori i denti.
Fonti: G. Boccaccio, Il Corbaccio (v. anche De cas. vir. ill., I, 18); S. Prudenzani, Il Sollazzo, a cura di S. Debenedetti, nuova ed., Torino 1922; A. Piccolomini (Lo stordito intronato), Dialogo della bella creanza de le donne e F. Luigini da Udine, Della bella donna, in Trattati del '500 sulla donna, a cura di G. Zonta, Bari 1913; A. Piemontese (attrib. a G. Ruscelli), De' secreti di conseruar la gioventù et ritardar la vecchiezza ecc., Roma 1557; A. Firenzuola, Dialogo della bellezza delle donne, Firenze 1548; Trotula, De mulierum passionibus, in Medici antiqui omnes, Venezia 1541. Altre ricette di cosmesi medica in A. Miola, Le scritture in volgare dei primi tre secoli della lingua, Bologna 1878, I, p. 199, e in P. Giacosa, Magistri salernitani nondum editi, Torino 1901, p. 467. Ricettarî del Rinascimento in: Ricettario galante (a cura di O. Guerrini), Bologna 1883, p. 17; A. Solerti, Due codici di segreti, Bologna 1894; G.L. Passerini, Da una raccoltina ai segreti, in Dai tempi antichi ai tempi moderni, Milano 1904; G. Marinella, Le medicine, Venezia 1574; F. Cortese, I secreti ecc., Venezia 1545; Tavola di tutti i semplici medicamenti ecc., Venezia 1744 (compilazione, da I discorsi di P.A. Mattioli Sanese); F. da Barberino, Del reggimento e costumi di donna, a cura di C. Baudi di Vesme, Bologna 1875; L. Landouzy e R. Pépin, "Le régime du corps" du maître Aldebrandin de Sienne, Parigi 1911;Experimenti di Caterina Sforza, in P.D. Pasolini, Caterina Sforza, Roma 1893, III, p. 601 segg.; M. de Saint-Ursin, L'ami des femmes, Parigi 1805 (ricette cosmetiche); C. James, Toilette d'une Romaine au temps d'Auguste et cosmétiques d'une Parisienne au XIXe siècle, Parigi 1864.
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Per il Medioevo: L. Gautier, La chevalerie, Parigi 1884; A. Schultz, Das höfische Leben zur Zeit der Minnesinger, Lipsia 1889, specialm. I, pp. 3, 211-219; A. Hentsch, De la littérature didactique du Moyen Âge s'adressant spécialement aux femmes, Cahors 1905; H. Finke, Die Frau im Mittelalter, Kempten 1912; A. Parducci, Costumi ornati, Firenze 1927.
Per il Rinascimento e oltre: J. Burckhardt, Die Kultur der Renaissance in Italien, Lipsia 1901; E. Rodocanachi, La femme italienne à l'époque de la Renaissance, Parigi 1907, cap. III; P. Molmenti, Storia di Venezia nella vita privata, Bergamo 1905-08, II, p. 12 (Rinascimento), III, p. 8 ('600 e '700); F. Malaguzzi-Valeri, La corte di Ludovico il Moro, Milano 1913, I.
Industria. - L'industria odierna prepara un gran numero di prodotti da usare come cosmetici. I principali tra essi possono cosi raggrupparsi: Cosmetici detersivi. - Comprendono:1. saponi profumati, in pani, in polvere, in pasta e in soluzione (v. sapone); 2. dentifrici (v. dentifricio); 3. lozioni, che sono acque da toletta destinate particolarmente al cuoio capelluto e che contengono oltre ad acqua, glicerina e alcool profumato; alcune lozioni contengono anche sali di chinina, pilocarpina, chinosolo, petrolio, estratto di camomilla, estratto di ortica, ecc.; gli shampooings sono soluzioni di un sapone molle con altre materie emulsionate in alcool assai debole, con aggiunta di carbonati alcalini e profumate a piacere; 4. sali per bagni, costituiti da carbonati alcalini, polveri di sapone e saponina, profumati con lavanda, bergamotto, rosmarino, ecc.; alcuni contengono sostanze antisettiche come borato e perborato di sodio.
Cosmetici emollienti. - Comprendono:1. creme-emulsioni (cold-creams) ottenute emulsionando acqua con olio di mandorle, grasso di balena e cera, profumati con essenze varie; altri preparati contengono lanolina, burro di cacao, vaselina e qualche volta sostanze gelatinose per facilitare l'emulsione delle sostanze grasse; 2. creme, di composizione analoga alle precedenti, ma non emulsionate; sono per lo più miscugli di vaselina o lanolina, cera, glicerina, variamente profumati; alcuni tipi (creme saponose) contengono stearato di sodio, altri (creme amidacee) sono miscugli di amido e glicerina (glicerolato d'amido), con poco gelosio o gelatina, profumati variamente, con aggiunta talvolta d'ossido di zinco e altri ingredienti; 3. latti di toletta, latti verginali, latti di rose, ecc., liquidi di aspetto lattiginoso, ottenuti emulsionando acqua e glicerina con benzoino o sostanze grasse e cerose profumate a piacere.
Cosmetici fissatori. - Sono quelli destinati a fissare la forma della capigliatura o della barba. Ve ne sono di liquidi e di pastosi e si possono distinguere in questi principali tipi: 1. bandoline, liquidi più o meno mucillagginosi che servono a tenere aderenti, lisci e lucidi i capelli; sono a base di gomma adragante, gomma arabica, carrageen e mucillaggini di semi diversi con aggiunta di cera e alcool, variamente profumati; 2. brillantine, liquidi composti essenzialmente d'un olio e d'un solvente volatile, per lo più a base d'olio di ricino e alcool profumato a piacere; talvolta si sostituisce l'olio di ricino con l'olio di vaselina o con un solforicinato; vi sono poi le brillantine solide, costituite di vaselina profumata e colorata; 3. pomate, prodotti di consistenza sebacea a base di sego, burro di cacao, vaseline e cere, grasso di balena, grasso di lana, variamente colorati e profumati; talvolta si preparano usando i prodotti d'enfleurage che s'ottengono nell'estrazione di certi profumi con grassi impastandoli con i prodotti suaccennati, aggiungendovi tinture profumate e olî essenziali varî, colorati con colori vegetali. Le pomate più dure si chiamano anche cerette perché contengono una maggiore quantità di cera delle precedenti.
Cosmetici coloranti. - Questi prodotti servono a rendere vellutata l'epidermide e a impartirle una speciale colorazione. Comprendono: 1. belletti, che possono essere in polvere, in pasta, modellati in vasetti oppure a bastoncini (matite) o liquidi: quelli in polvere sono costituiti da pomice, creta, magistero di bismuto, ossido di zinco; quelli in pasta sono a base di paraffina, sego, ceresina, impastati con magistero di bismuto e, in passato, anche con biacca (carbonato di piombo), ora però proibita dalle leggi sanitarie; quelli liquidi sono a base di glicerina e acque aromatiche, aventi in sospensione del magistero di bismuto. Questi prodotti sono più o meno profumati con diversi olî essenziali e sono bianchi; altri colorati con eosina (rosa), carminio o alcanna (rosso), oltremare o azzurro di Berlino (azzurro), nero d'avorio (nero), oppure con lacche di varî colori. Fra i belletti sono da ricordare il rossetto in pasta, a base di carminio e l'azzurro per le vene, a base di azzurro di Berlino o indaco; 2. ciprie (polveri di riso, polveri per toletta), a base di amidi diversi, con aggiunta di talco, ossido di zinco, stearati di magnesio e di zinco, tinte in diversi colori e profumate a piacere. Sono molto in voga ora anche le ciprie compatte confezionate in eleganti astucci ed ottenute comprimendo in appositi stampi le ciprie in polvere, profumate e colorate; altre polveri da toletta sono a base di fecola, talco, carbonato di calcio, magnesia, ecc., talvolta tinte come le ciprie e profumate con qualche essenza da cui prendono il nome (polveri di rosa, violetta, mimosa, ecc.); 3. tinture per capelli, prodotti che servono a ridonare alla capigliatura il primitivo colore. Ve ne sono a base di sali di piombo (velenosissimi e proibiti), di sali di bismuto (poco resistenti), di sali di cobalto, di sali d'argento, ecc. Ve ne sono poi numerosissimi a base di pirogallolo, amidofenoli, parafenilendiammina, quest'ultima pericolosissima, e altri a base di paraminofenilammina solionata che pare non diano luogo ai disturbi riscontrati con la parafenilendiammina. A ogni modo bisogna andar cauti nell'uso delle tinture per capelli e attenersi possibilmente a quelle preparate con sostanze vegetali (henné, mallo di noci). Da ricordare anche la tintura in nero al kohl o kohol, diverso dall'antico prodotto egiziano, che non è se non un miscuglio d'inchiostro di china con gomma adragante, acqua e alcool aromatizzato; 4. smalti per le unghie, servono a tingere e far brillare le unghie; sono prodotti a base di collodio elastico (nitrocotone) sciolti in alcool ed etere, variamente profumati e colorati con derivati dall'eosina; ve ne sono anche a base di celluloide sciolta in acetone. Per le unghie si usano anche polveri detersive a base d'ossido di stagno, colorate come gli s malti.
Cosmetici depilatorî. - Servono a far sparire i peli importuni, specialmente quelli della faccia. In Oriente sono molto in uso prodotti a base di solfuro d'arsenico, pericolosissimi; in Occidente si usano prodotti a base di solfidrati di calcio e di bario. L'acetato di tallio non può essere usato perché è dannosissimo e provoca la caduta dei capelli.
Medicina. - I prodotti destinati a coltivare l'estetica della pelle nascondono spesso insidie contro la salute generale del corpo e della pelle stessa: riescono specialmente dannosi i belletti. I liquidi, le polveri e i grassi che costituiscono la base di questi prodotti non sono di regola nocivi, al contrario delle sostanze coloranti naturali e sintetiche che vi si mescolano. Il rosso è spesso costituito dal solfuro di mercurio, il bianco dal carbonato di piombo o da sali bismutici che contengono talora anche arsenico: queste sostanze riescono tossiche se assorbite in notevole quantità e provocano le sindromi tossiche ben note del mercurialismo, del saturnismo, del bismutismo e dell'arsenicismo. Ma questi stessi prodotti possono anche irritare la pelle direttamente e provocarvi reazioni infiammatorie. Ancor più nocive sono le tinture dei peli quando contengono sali metallici d'argento, rame, piombo, bismuto, ferro, nichel, cobalto, o derivati organici come l'acido pirogallico e specialmente la parafenilendiammina.
Le reazioni infiammatorie che si provocano sulla pelle sono di diverso grado a seconda della sensibilità congenita o acquisita della stessa. Si hanno quindi o semplici rossori orticarioidi, erisipelacei con turgore o desquamazione, oppure rossori con essudazione eczematica, formazione di croste, ecc., insieme con sensazioni di prurito, di bruciore più o meno intensi. In genere queste eruzioni dileguano col cessare dell'applicazione delle tinture, ma se sono state provocate in soggetti predisposti all'eczema, la dermite artificiale può tradursi in un eczema più o meno intenso, e non solo limitato alle parti su cui ha agito direttamente la tintura, ma anche a distanza, ed essere tenace e più o meno generalizzata; alle volte infine può convertirsi in un'eritrodermia esfogliativa diffusa pruriginosissima con complicazioni di piodermiti e adenopatie. Non è da escludere in questi casi che sia in giuoco un assorbimento della sostanza venefica e quindi un'intossicazione generale. È ovvio che per curare queste dermiti necessita anzitutto allontanare le cause che le hanno prodotte, poi agire sulla pelle con sostanze antiflogistiche e infine attivare gli emuntorî a fine di disintossicazione.