ROSSI MELOCCHI, Cosimo
– Nacque a Pistoia il 10 agosto 1758 dal cavalier Ranieri e da Maria Giorgi (Pistoia, Archivio vescovile, Registro dei battezzati della Cattedrale, II.B.45, c. 75r).
Dopo aver avuto le prime nozioni del disegno in patria dal concittadino Giuseppe Brizzi, non ancora sedicenne fu ammesso all’Accademia del disegno di Firenze nella classe dei dilettanti. In questa città nel 1779 passò a studiare l’architettura in maniera sistematica sotto la guida di Niccolò Maria Gaspero Paoletti e, dopo tre anni, trasferitosi a Roma, proseguì per altri due. Fu probabilmente nel periodo romano che il suo concittadino Tommaso Puccini, futuro direttore delle Gallerie fiorentine, che si trovava anch’egli nella Città Eterna, ne conobbe le qualità artistiche e ne apprezzò il «finissimo gusto» (Tolomei, 1821, p. 195).
Tornato a Firenze, negli anni successivi Rossi Melocchi diresse feste e si occupò della decorazione di quartieri privati: delle prime è ricordata quella allestita nel 1787 sulla piazza di S. Maria Novella a Firenze per le nozze dell’arciduchessa Maria Teresa di Toscana con il principe Antonio di Sassonia, mentre degli interventi decorativi sono documentati quelli eseguiti nel 1796 per Giuseppe Puccini, fratello di Tommaso, nel palazzo di famiglia a Pistoia. In quello stesso periodo, sempre a Pistoia, ebbe l’incarico, il cui affidamento era stato caldeggiato da Tommaso Puccini, del restauro del teatro dei Risvegliati.
Un ulteriore, particolare segno della stima in lui riposta da parte del direttore delle Gallerie lo ebbe quando questi, nel settembre del 1800, lo indicò alla Reggenza granducale come la persona più adatta a sostituirlo in quell’ufficio durante il suo trasferimento a Palermo per accompagnarvi e custodirvi i pezzi più pregiati delle Gallerie medesime, là trasportati per il timore di possibili sottrazioni in occasione del paventato ritorno dei francesi in Toscana.
Il 14 luglio 1803 la regina d’Etruria, Maria Luisa, in riconoscimento di quel servizio, egregiamente svolto per due anni e mezzo, nominò Rossi Melocchi vicepresidente dell’Accademia di belle arti. Presso quest’ultima, dove pure sostituiva Puccini che ne era segretario, nel novembre dell’anno precedente aveva formulato i temi per il concorso triennale, di cui uno di quelli per l’architettura, consistente nella formulazione progettuale di un immenso famedio nel quale si sarebbe dovuto preferire «lo stile greco unito maestosamente all’egizio» (Firenze, Accademia di belle arti, Documenti, lettere e carte diverse [...], f. H, ins. 12), costituiva di fatto il manifesto dei suoi intendimenti, palesemente non distanti da quelli cari agli architetti visionari francesi.
Secondo questi caratteri, a partire dal 1803 ristrutturò la villa Puccini di Scornio, presso Pistoia.
Qui intervenne anche sul giardino all’italiana, dove lasciò il segno del suo stile particolarmente nella grotta sotto la scala di accesso e nell’ingresso del lungo ambulatorio sopra gli stanzoni degli agrumi, mentre, per quanto riguarda la villa, ne connotò la facciata con un loggiato di spoglie colonne doriche di Paestum al secondo piano e, al piano terreno, con uno scalone esterno dalle forme essenziali e geometrizzate, portato da un grande arco dai ridottissimi piedritti inquadrante una arcaica porta rastremata.
In maniera ancora più evidente tali sue predilezioni stilistiche e compositive le espresse nel pantheon degli uomini illustri sul prato di S. Francesco a Pistoia, iniziato, nell’ambito della sistemazione della piazza, nel 1812 e sospeso l’anno successivo su disposizione delle autorità centrali francesi. Durante questa sospensione prese parte al concorso, bandito da Napoleone e volto a consacrarne la gloria, per un monumento sul Moncenisio, proponendo, in collaborazione con Giuseppe Cacialli e Luigi de Cambray Digny, un grandioso arco di trionfo connotato da innumerevoli elementi decorativi. Se, per le vicende politico-militari di quel periodo, il concorso non poté giungere a conclusione, per lo stesso motivo non ebbe compimento neppure il pantheon: nonostante la perorazione, nel 1816, al restaurato granduca Ferdinando III, esso sarebbe stato completato solo dopo la morte dell’architetto in modo piuttosto convenzionale, riducendo l’immenso frontone che particolarmente contribuiva a connotare in senso visionario l’idea originaria della quale è data contezza in tre incisioni all’acquatinta eseguite da lui medesimo, che in questa tecnica era maestro, essendo egli stato, a detta di Luigi Lanzi, colui che l’aveva introdotta in Toscana (Storia pittorica della Italia, IV, Milano 18236, p. 51). In quella sua opera lo stesso Lanzi ne aveva elogiato le capacità pittoriche, delle quali aveva dato saggio «emulando assai felicemente lo stile del Canaletto» (ibid.)
Della sua abilità di disegnatore e incisore con il metodo ricordato dette prova in moltissimi lavori, segnatamente nel Viaggio pittorico della Toscana (I-III, Firenze 1801-1803) di Francesco Fontani, e poi, nel 1808, collaborando all’edizione italiana del Viaggio nel Basso ed Alto Egitto di Dominique Vivant Denon, stampata anch’essa a Firenze. Sempre con quel procedimento tre anni prima aveva illustrato il suo Saggio teorico-pratico intorno alla determinazione dell’ombre nei diversi soggetti d’architettura geometrica (Firenze 1805), lavoro con il quale dava altresì prova di essere aggiornato sul metodo di rappresentazione elaborato da Gaspard Monge e che intese nell’anno successivo rendere più completo attraverso una nuova edizione della Regola delli cinque ordini d’architettura di Iacopo Barozzi, detto il Vignola (Firenze 1806), per la quale eseguì personalmente l’intero apparato iconografico.
Nel 1810, poi, pubblicò a Livorno (negli Atti dell’Accademia di scienze, lettere, ed arti, pp. 257-268) la memoria Della vera spirale o voluta del capitello ionico, in cui descriveva un curioso marchingegno di sua invenzione, una macchinetta per il disegno della voluta del capitello ionico priva dei punti di discontinuità presenti nelle altre costruzioni geometriche, tra cui appunto quella celeberrima dell’appena ricordato Vignola.
Rossi Melocchi fu sposato ed ebbe una figlia, morta in giovane età; verso la fine dei suoi giorni dispose la donazione della sua ricca collezione di gessi al collegio Forteguerri della città natale. Morì a Firenze il 12 ottobre 1820 (Tolomei, 1821, p. 197); ai funerali, tenuti il giorno successivo, vennero invitati a partecipare i colleghi cavalieri di S. Stefano.
Il giovane amico Giuseppe Martelli, cui aveva lasciato i disegni, ideò un ricco monumento, non realizzato, da erigersi all’interno della chiesa di S. Maria Novella, in luogo del quale, tuttavia, gli «AMICI MOERENTES» posero un bel busto in marmo e una lapide elogiativa.
Fonti e Bibl.: Gran parte delle notizie su Cosimo Rossi Melocchi è desunta da documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Pistoia (Comunità civica di Pistoia, s. I, Protocolli di deliberazioni, e s. II, Atti di corredo alle deliberazioni), presso la Biblioteca Forteguerriana di Pistoia (Raccolta Puccini) e presso l’Accademia di belle arti di Firenze (Documenti, lettere e carte diverse della Reale Accademia delle belle arti). I disegni in massima parte si trovano a Firenze, presso il Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, nel Fondo Martelli.
F. Tolomei, Delle fabbriche incominciate alla memoria degli uomini illustri pistoiesi nella piazza di S. Francesco di Pistoia, Pisa 1816, passim; Id., Guida di Pistoia per gli amanti delle belle arti, Pistoia 1821, pp. 195-197; F. Ceccanti, La progettazione e la costruzione del Pantheon di piazza S. Francesco (1810-1828), in Farestoria, XVI (1997), 30, pp. 24-40; Id., C. R.M. di Pistoja, Pistoia 1998; Id., Un’aquila colossale per l’Imperatore dei Francesi, in Microstoria, VII (2005), 44, pp. 10 s.; Id., Il Pantheon delle glorie pistoiesi, ibid., VIII (2006), 50, pp. 16 s.; Id., Tommaso Puccini e Pistoia, in Tommaso Puccini nel bicentenario della morte: 1811-2011. Atti della Giornata di studi... 2011, Pistoia 2014, pp. 9-30.