GIORGIERI CONTRI, Cosimo
Nacque a Lucca il 16 ag. 1870 da Tommaso e Maria Frediani, in una famiglia aristocratica originaria di Massa.
Rivelando precoci doti artistiche, appena diciassettenne, al termine di un'intensa educazione letteraria, pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Versi tristi (Torino 1887), in cui sono già chiaramente espressi i modi caratteristici della sua produzione poetica più matura e in cui sono anticipati moduli e tematiche della successiva poesia crepuscolare.
Il libro, infatti, pur nella ripresa di modalità e atteggiamenti languidi ed estenuati del tardo romanticismo, è chiaramente orientato verso una poetica malinconico-intimistica di "piccole cose" che apre al repertorio crepuscolare, anche se l'ostentata essenzialità del dettato poetico, mostrando una sicura conoscenza della tradizione lirica italiana, precorre molte soluzioni del Poema paradisiaco (1893) di G. D'Annunzio. Ed è in quest'ultima direzione che il delicato intimismo del G. si svolse nelle sue successive prove poetiche, precisandosi, attraverso il confronto con autori italiani quali E. Panzacchi e, soprattutto, con la poesia dei parnassiani e con il tardo simbolismo francese e fiammingo (J. Laforgue, M. Maeterlinck, F. Jammes), in una poetica fragile e non di rado leziosa, di tristezze ineffabili, di gesti e riti stanchi, di amori perduti e languide passioni amareggiate dal senso dell'inesorabile fuga del tempo, in una realtà grigia e autunnale, malinconicamente ripiegata su stessa. L'esito più tipico di tale poesia è la raccolta più nota del G., Il convegno dei cipressi (Milano 1894), continuamente arricchita fino all'edizione definitiva (con il titolo Il convegno dei cipressi e altre poesie (1895-1920), Bologna 1922). In essa confluirono in gran parte, oltre a composizioni derivate da due raccolte successive (Primavere del desiderio e dell'oblio, Torino 1903, e La donna del velo, ibid. 1905, nelle quali, pur nella raffinata eleganza della versificazione, si manifestano segni di monotonia e di stanchezza), le numerose plaquettes in cui egli aveva ripubblicato le sue composizioni apparse, a partire dal 1897, in diverse riviste letterarie italiane (da Il Marzocco alla Rassegna nazionale, alla Nuova Antologia, a L'Illustrazione italiana, a La Riviera ligure): Cavalleggeri di Lodi, Roma 1911; Un'ora in alto, ibid. 1912; Mirti in ombra, Torino 1913; Il fanale. La medusa, Roma 1913; Maggio del 1915, ibid. 1915; La guerra e le acque, ibid. 1915; La lampada. Guardando scendere la notte sul mare, ibid. 1916; Nisida, ibid. 1916; Sonetti antichi, ibid. 1917; Versi romani, ibid. 1918; Versi toscani, ibid. 1918; Postille dell'epopea, ibid. 1919; Crepuscolo degli alberi. Poemetto lirico, ibid. 1919; Monotonie, ibid. 1920. Nel complesso, questa abbondante produzione poetica, esemplare (e con episodi di un certo interesse letterario) della transizione al crepuscolarismo e, quindi, della fase d'incertezza espressiva che attraversò il linguaggio poetico italiano all'inizio del Novecento, manifesta nella sua fase matura sintomi inarrestabili di esaurimento, cui il G. cercò di sfuggire tentando le corde (per lui nuove e non troppo congeniali) della poesia storico-gnomica e civile.
Comunque, dopo l'edizione definitiva del Convegno dei cipressi, il G. abbandonò quasi del tutto l'attività poetica, che rimase limitata a brevi cicli di composizioni (per lo più storiche o celebrative) pubblicati sulla Nuova Antologia e ristampati a sé: Disperse, Roma 1922; Veteris vestigia flammae, ibid. 1923; Apuane, ibid. 1925; Le caravelle, ibid. 1930; Donne imperiali (della famiglia di Napoleone I), ibid. 1930. Estremo documento dell'attività poetica del G. è, infine, la traduzione in versi italiani dal francese della raccolta poetica I trofei di J.-M. de Heredia (Lanciano 1942).
Contemporaneamente alle raccolte poetiche, recensite con molto favore dalla critica, e in modo sempre più intenso a mano a mano che si diradava la sua produzione lirica, il G. si dedicò alla narrativa, tentando subito la via del romanzo, con Lo stagno (Milano 1893), storia di un amore giovanile, seguito da un triste disinganno e dalla morte della donna amata, e con Sulle trame del sentimento (ibid. 1897), dominato, come del resto il precedente, dalla "nube melanconica" (cfr. Furiosi, 1965, pp. 306 s.) tipica della prima poetica del G., che ne rallenta la trama e offusca i caratteri dei personaggi. Nelle opere successive a tale clima subentra una sempre più sottile attenzione alle complesse (e spesso contraddittorie) psicologie dei personaggi, protagonisti di vicende ambientate per lo più nel mondo fatuo e annoiato dell'aristocrazia mondana e oziosa o nella sonnolenta provincia borghese, specialmente toscana. Le vicende sono per lo più complesse, paradossali e talora immoralistiche narrazioni di conflitti contro la morale corrente (spesso culminanti con la sconfitta del protagonista) e oscillano, nella concezione e nello stile, tra gli estremi dello psicologismo dei romanzi di P. Bourget, le tematiche e i procedimenti del contemporaneo teatro della spersonalizzazione e del grottesco (L. Pirandello, L. Chiarelli, L. Antonelli, M. Bontempelli), e le modalità della narrativa mondana e "scandalosa" di Guido Da Verona, L. D'Ambra, Pitigrilli e U. Notari. Per tali aspetti, e per il loro stile sempre accurato, i romanzi e le raccolte di racconti e novelle del G., la gran parte dei quali pubblicati da editori di ampia diffusione (come Sonzogno o Treves), ebbero un discreto successo di pubblico, specialmente nel primo ventennio del secolo.
Tra essi, dopo il racconto lungo Desiderata (Torino 1899), ricordiamo: Sentieri di giovinezza (ibid. 1901), otto novelle, collegate in una struttura narrativa unitaria, in cui sono raccontati gli amori e le disillusioni di un giovane, Leonello Sorsolo, che alla fine del libro si ritrova alle soglie della maturità solo, svuotato e arido; il romanzo Felicità del sonno (ibid. 1904), in cui la protagonista, moglie di un prefetto più anziano di lei, avendo ceduto, dopo lunghi anni di rassegnata e scolorita virtù coniugale, alla passione per un giovane avvenente e superficiale, tenta invano il suicidio per sfuggire alla vergogna e finisce per subire l'umiliante perdono del marito e la compassione della gente della piccola città toscana in cui vive (Lucca), non restandole altra consolazione che la "felicità del sonno" e le visite al sepolcro dell'infelice Ilaria Del Carretto; le Novelle nuziali (ibid. 1907); Anima oscura, romanzo (Milano-Palermo 1909); Lo specchio a tre faccie, novella (in Nuova Antologia, 16 marzo 1912, pp. 221 ss., poi a sé, Milano 1949). Si possono citare, inoltre, le raccolte di novelle: Vestibolo della vita (Ancona 1912); Le ore al quadrante (Firenze 1918); La donna allo specchio (Milano 1919); L'amore oltre l'argine (ibid. 1919), La tavola del cambio (ibid. 1920) e Non bisogna raccontare (ibid. 1928). E, infine, i romanzi: Le orme del satiro (ibid. 1920); Il profumo della cognata (ibid. 1920); Stefana (ibid. 1927, ispirato al romanzo Chéri di Colette e basato sulla vicenda "scabrosa" di una donna quarantenne, sposata a un marito più vecchio, che intreccia una temporanea e deludente relazione amorosa con il figlio dell'uomo da lei amato in gioventù, ma che non aveva potuto sposare); Argilla (ibid. 1928); Serenella delle fonti (ibid. 1930); Peccati contro l'amore (ibid. 1931); L'innamorato dei giardini (Firenze 1933); Infida come l'onda (Milano 1934); L'amore sotto le stelle (ibid. 1938); Elena, ragazza povera (ibid. 1941); Vertigine della montagna (ibid. 1942); La madre sola (ibid. 1943).
Alla narrativa del G. è infine collegata la sua non ricca produzione drammatica, in gran parte concepita per la sola lettura e a cui egli si dedicò a partire dalla fine del secolo. Nel teatro del G., ambientato di norma nella consueta cornice aristocratica o altoborghese, sono riprese e (forse meno faticosamente) svolte nella forma drammatica le complesse e paradossali vicende e le artificiose introspezioni psicologiche della sua narrativa. Pur percorse, come del resto i romanzi e le novelle, dalle già rilevate consonanze con i motivi più profondi del teatro italiano contemporaneo, le composizioni drammatiche del G. non superano, comunque, i limiti dello psicologismo del teatro borghese tardonaturalista, sostanzialmente imperniate come sono, al solito, sul classico trio marito-moglie-amante.
Al bozzetto L'ombra (musicato da U. Bottacchiari, Macerata 1899) seguirono: la "commedia per lettura" Un autunno (in Rassegna nazionale, 1° ott. 1899, pp. 575-612); il dramma Flutti torbidi (Milano 1910); la "fiaba in tre atti" Cenerentolina (Firenze 1911); la commedia La sorte del gioco (Roma 1911); il dramma Lo scrupolo, rappresentato a Milano nel 1913, inedito; le commedie Due donne, rappresentata al politeama Margherita di Genova il 17 genn. 1913 (poi in Comoedia, III [1921], 16, pp. 1-32), Un destino (in Rivista d'Italia, 1922) e Un semplice, rappresentata al teatro Alfieri di Torino il 17 ott. 1922 (poi in Comoedia, V [1923], 4, pp. 15-36); e i "racconti sceneggiati" Dialoghi dello scandalo e dell'abitudine (Milano 1924).
All'attività drammaturgica del G., infine, sono connesse le traduzioni in versi delle commedie Il vagabondo (Milano 1910) e Il filibustiere (ibid. 1912) di J. Richepin e del dramma La principessa lontana di E. Rostand (ibid. 1920).
Il G., che aveva sposato la contessa Maria Lamberti, trascorse gran parte della sua vita a Viareggio, sempre più appartato dagli ambienti letterari, alternando all'attività letteraria l'amministrazione dei suoi beni.
Ancora nel pieno della sua operosità, il G. si spense a Viareggio il 14 febbr. 1943.
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