BRUNETTI, Cosimo
Nacque nei primi decenni del sec. XVII probabilmente a Firenze (come testimoniano la sottoscrizione di alcune sue lettere a Cosimo III de' Medici e l'editore della sua traduzione italiana de Les provinciales;l'Hermant e l'editore delle Oeuvres di Arnauld lo dicono invece senese). Di famiglia dedita alla mercatura (un fratello, Francesco, risiedette per molti anni a Londra occupato in un'attività commerciale, un altro fratello fu in Polonia), il B. compì dopo il 1650 diversi viaggi nell'Europa del Nord, spinto dalla curiosità di "conoscer tutte le persone celebri in ogni sorta di scienze, e massime in quel che concerne le matematiche". Durante un primo viaggio compiuto prima del 1653 in Germania, Olanda, Belgio, Inghilterra e Francia, il B. - oltre che entrare in contatto con i matematici R. Sluse, C. Huygens, G. Personne de Roberval e B. Pascal - si interessò in modo particolare alla controversia teologica che soprattutto in Fiandra e in Francia opponeva i giansenisti ai gesuiti. Una visita fatta al monastero di Port-Royal l'aveva fortemente impressionato, tanto che ritornato in Italia aveva parlato in favore dei giansenisti con il cardinale Fabio Chigi. Eletto questi papa con il nome di Alessandro VII, il B., che nell'autunno 1655 si trovava a Roma ospite del cardinal Sacchetti, perorò ancora presso di lui la loro causa, allo scopo di sventare la condanna che, dopo la censura espressa dalla facoltà teologica di Parigi, si stava preparando nella stessa Roma contro varie opere di Arnauld.
Da un primo colloquio avuto il 27 nov. 1655 col papa il B. riportò l'impressione che sarebbe stato ancora possibile evitarla, se Arnauld avesse precisato meglio in un nuovo scritto le proprie convinzioni teologiche, chiarendo particolarmente la sua dottrina intorno alla grazia. A tale scopo il B. interpellò il cisterciense Ilarione Rancati che, oltre ad essere uno dei più stimati teologi romani, aveva fama di deciso antigesuita, e sembrava desideroso di una conciliazione con i giansenisti. Il Rancati, pur dimostrandosi contrario alle dottrine espresse da Giansenio nell'Augustinus, gli mostrò di voler collaborare con Arnauld nella lotta contro la morale dei gesuiti, che anch'egli definiva opposta alle regole della pietà cristiana, qualora i giansenisti precisassero in senso tomistico alcune loro espressioni teologiche dando il giusto rilievo alla grazia sufficiente. Pur minacciato nel febbraio 1656 dal cardinale Albizzi d'esser deferito al S. Uffizio, se continuava a parlare in difesa di Arnauld, il B. riuscì a entrare in contatto anche con il cardinale Francesco Barberini, che trovò abbastanza ben disposto. Nell'aprile questi e il padre Ilarione chiesero al B. di indurre l'Arnauld a scrivere un opuscolo sulla dottrina tomistica. Nacque così lo scritto Vera S. Thomae de gratia sufficiente et efficaci doctrina dilucide explanata (Oeuvres, XX, pp. 39-77), che inviato al cardinal Barberini e al Rancati - il quale espresse alcune riserve sui paragrafi 11 e 12, riguardanti la grazia sufficiente - fu da quest'ultimo presentato al cardinale Albizzi. Il B. si adoperò ancora a chiarire la posizione dei giansenisti presentando al Rancati, che chiedeva ulteriori precisazioni, la Dissertatio theologica quadripartita super illa propositione SS. Chrisostomi et Augustini: Defuit Petro tentato gratia sine qua nihil poterat,ex Scriptura et Patribus et recentiorum theologorum placitis deprompta di Arnauld (Oeuvres, XX, pp. 159 ss.), che lo stesso abate cisterciense in giugno trasmise al papa in compendio.
Ma ormai ogni tentativo del B. fu vano già decisa la condanna in quanto era che fu pronunciata il 3 ag. 1656. Deluso, il B. lasciò Roma per Parigi, ove comunque non rinunciò alla speranza di ottenere un più favorevole atteggiamento del papato. Il 5 genn. 1657 scrisse perciò direttamente ad Alessandro VII (Arch. Segr. Vaticano, Particolari 35, f. 4), dichiarandosi convinto che a Roma, non si conoscessero ancora i veri termini del problema e chiedendo pertanto di poter mettere la sua esperienza al servizio del nuovo nunzio straordinario in Francia, Celio Piccolomini; intanto nel timore di "veder qualche gran rivoluzion nella Chiesa" sentiva il dovere di informare il papa "ch'i Giansenisti son in grandissimo numero non solo in Francia, ma in Italia e per tutta la Christianità" e stimati a Parigi per la loro dottrina e moralità; che essi sostengono "che le lor oppenioni son totalmente conformi alla dottrina de santi Padri, alle risoluzioni de Concilij, alle costituzioni de Papi" e che "calunniosamente son imputati di quegli errori, ch'essi non hannohavuto ne anche in pensier di commettere". Dal febbraio il B. frequentò il Piccolomini quasi giornalmente, conquistandone la stima; trovò però che il nunzio era molto prevenuto contro i giansenisti, incredulo ai miracoli di Port-Royal, in cui il B. aveva invece una cieca fede, scandalizzato per la loro resistenza al papa, sicuro che le cinque proposizioni condannate fossero di fatto in Giansenio. Per nulla scoraggiato il B. presentò al Piccolomini alcuni scritti apologetici di Arnauld e, quando gli fu rimproverata l'amicizia con i giansenisti, un memoriale (16 maggio) in cui spiegava i motivi che l'avevano spinto ad interessarsi alla controversia e scongiurava il nunzio di non ricorrere al re di Francia perché desse esecuzione alle decisioni dell'Assemblea del clero francese contro i giansenisti sotto pena di privazione delle loro cariche e dei loro beni, e di evitare che essi fossero costretti a sottoscrivere la bolla Ad sanctam beati Petri Sedem, emanata da Alessandro VII il 16 ott. 1656, in quanto su una questione di fatto il papa poteva essersi sbagliato. Questo attacco all'infallibilità pontificia segnò la fine dei contatti del B. con il Piccolomini.
Ritiratosi da Parigi, il B., dopo un breve soggiorno in campagna, viaggiò per oltre due anni, visitando la Pomerania, la Prussia, la Livonia e la Polonia (a Danzica s'incontrò con Hevelius che gli donò un esemplare di tutte le sue opere quale omaggio al granduca di Toscana) e ritornando attraverso la Germania, l'Olanda e l'Inghilterra, ove conobbe John Wallis. Ancora a Parigi, nell'estate 1659 attese alla traduzione italiana de Les provinciales di Pascal: il lavoro fu dal B. affidato ad uno dei suoi amici giansenisti (probabilmente Claude Taignier) e pubblicato soltanto venticinque anni dopo in una edizione che vedeva riprodotte, a fronte dell'originale francese, la versione latina del Nicole, e le traduzioni spagnola e italiana (Les provinciales ou lettres escrittes par Louis de Montalte à un provincial de ses amis et aux RR.PP. Jésuites,sur la morale et la politique de ces Pères: traduites en latin par Guillaume Wendrock theologien de Saltzbourg,en espagnol par le S.r Gratien Cordero de Burgos et en italien par le S.r C. B. gentil-homme florentin, Cologne 1684). Intanto nell'autunno 1659 la duchessa di Chevreuse e il duca di Luynes, avendo intenzione di acquistare le isole di Martinica, Dominica, Santa Lucia, Saint-Vincent e Grenada, incaricarono il B. di compiervi un viaggio esplorativo.
Dopo un'assenza di circa sette mesi il B. rientrava in Francia con un'ampia relazione "non solo circa la temperatura del clima, della soavità dell'aria, della fertilità del terreno, della sicurezza de' porti, della bontà delle spiaggia, della ricchezza delle miniere e delle saline, delle qualità dell'erbe, piante ed alberi tanto medicinali che fruttiferi, e da lavori, e dell'abbondanza incredibile d'ogni sorta di pesca e cacciagione, ma anche circa la quantità e la qualità degli abitanti di quell'isole, e principalmente della Martinique, pigliando, il preciso numero de' grandi e de' piccoli d'ogni sesso tanto Europei, che Affricani e Americani, come anche circa del lor naturale, costumi, religione, governo, e amministrazione di giustizia, e del modo di accrescer il numero de' popoli e dell'entrate...".
Ripartito da Parigi, attraverso la Fiandra e l'Olanda raggiunse ancora l'Inghilterra, ove, su raccomandazione del Taignier, fu per breve tempo segretario del giansenista Louis Stuart d'Aubigny, ed ebbe contatti con John Wallis, di cui seguì a Oxford gli esperimenti fisico-chimici.
Lasciata l'Inghilterra, in data a noi ignota, il B. si recò in Polonia, ove nel 1673 fu elevato all'ordine equestre con la naturalizzazione polacca. Divenuto segretario di Giovanni III Sobieski, fu incaricato nel febbraio 1674 di una missione in Francia, donde ritornò nel marzo. Alla corte polacca il B. ebbe in particolare il compito di mantenere i contatti con l'ambasciatore francese Béthune e il nunzio pontificio: tenne anche una regolare corrispondenza con il granduca di Toscana a cui inviò notizie sull'incoronazione di Giovanni III, avvenuta a Cracovia il 2 febbr. 1676, e sulla riforma dell'esercito polacco attuata dal nuovo sovrano. Ignota è la data di morte del B. avvenuta in Polonia forse alla fine del 1677 o negli anni immediatamente successivi. Infatti il Béthune in un dispaccio al suo governo del 27 nov. 1676 annunciava con rammarico che "le pauvre abbé B. devien phthisique soit par trop de fatigue auprez du Roy, dont il se plaint fort, soit pour trop user d'eau-de-vie", mentre nel 1684 l'editore delle già citate Provinciales scriveva del B. che era morto "depuis quelques années".
Fonti e Bibl.: Lettere ined. di uomini illustri, II, Firenze 1775, pp. 232-241; A. Arnauld, Oeuvres, XIX, Paris 1778, pp. LXV-LXVII, LXIX s.; Lettere militari con un piano di riforma del re Giovanni Sobieski ed altre de' suoi segretari italiani, a cura di S. Ciampi, Firenze 1830, pp. VII, 2 s., 22-24, 34 s., 74, 77-79 (una lettera attribuita al B., datata 26 ag. 1683, fu scritta probabilmente dal suo successore T. Talenti); Acta quae... ad Ioannis III regnum illustrandum spectant, in Acta historica res gestas Poloniae illustrantia, III, Cracoviae 1879, pp. 307 s., 310, 326, 497, 504, 521, 523; Acta Ioannis Sobieski,ibid., II, ibid. 1881, I, 2, p. 1413; G. Targioni Tozzetti, Not. degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana..., III, Firenze 1780, pp. 116 s.; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital., VIII, 1, Modena 1793, pp. 95 s.; P. Amat di S. Filippo, Biografia dei viaggiatori italiani..., Roma 1882, pp. 426 s.; Bibliografia Polska, XIII, Kraków 1894, p. 375; F. F. De Daugnon, Gli Italiani in Polonia..., I, Crema 1905, pp. 72-75; G. Hermant, Mémoires sur l'histoire ecclèsiastique du XVIIe siècle..., a cura di A. Gazier, II, Paris 1905, p. 719; III, ibid. 1906, pp. 46-52, 84-88, 238, 275 s., 403-411, 457; V, ibid. 1908, pp. 230, 356; A. C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, pp. 124, 192; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, 1, Roma 1932, pp. 442 s.; M. Rosa, Atteggiamenti culturali e religiosi di G. Lami nelle "Novelle letterarie", in Annali della Scuola norm. super. di Pisa, classe di lett., storia e filos., XXV (1956), p. 294; A. M. Crinò, Una relazione inedita di C. B. sulle Antille, in Universo, XLV (1965), pp. 692-700.