COLLINI, Cosimo Alessandro
Nacque a Firenze il 14 ott.1727 da Lorenzo e da Felice Aggeni.
Compì gli studi a Pisa dove si laureò in giurisprudenza. Dopo la morte del padre egli lasciò l'Italia per recarsi dapprima in Svizzera e successivamente a Berlino, dove nel 1751 divenne segretario di Voltaire che era stato nominato gentiluomo di camera del re. La sua formazione culturale ebbe luogo principalmente in Germania che, in quegli anni, aveva ospitato numerosi esponenti di grande rilievo della cultura europea ed italiana in particolare, come l'Algarotti, il Pilati, il Denina e il Bettinelli. Il C. abbandonò Berlino nel marzo del 1753 in seguito alla rottura del rapporto che legava Voltaire a Federico II e fu con lui a Francoforte quando venne arrestato dalla polizia prussiana. Rimase con Voltaire fino al 1756; fu poi precettore presso il conte Satier a Strasburgo; nel 1756 ottenne, dietro pressioni dello stesso Voltaire, l'incarico di segretario dell'elettore bavaro-palatino Carlo Teodoro e successivamente quello di storiografo e direttore del Gabinetto di storia naturale di Mannheim a cui si dedicò con attenta e sollecita cura fino alla morte, avvenuta il 22 marzo 1806 a Mannheim.
Interessante e articolata appare la testimonianza letteraria del C., da cui emerge compiutamente l'immagine di un intellettuale dotato di una profonda e multiforme cultura, che sperimentava in ambienti aperti agli interessi più diversi. La sua opera si sviluppa soprattutto in due direzioni, nel versante della ricerca storiografica e in quello delle scienze sperimentali, che si acuì soprattutto nel periodo trascorso a Mannheim. Espressione di questo interesse furono le numerose opere dedicate agli studi di geologia ma soprattutto di mineralogia, discipline che nella seconda metà del secolo avevano subito profonde modificazioni. Infatti il largo diffondersi del pensiero newtoniano, a cui contribuì notevolmente lo stesso Voltaire, era stato caratterizzato da due indirizzi metodologici principali: da una parte il tentativo di inserire lo studio dei fenomeni naturali nell'ambito di categorie matematiche, dall'altra quello di derivare le conoscenze fisiche da un attento esame sperimentale. Il C., dotato di buona preparazione teorica, si avvicinò dunque ai problemi, della scienza della natura inorganica, con l'occhio vigile dello studioso, con la passione dell'intellettuale che attraverso la sperimentazione e l'analisi empirica cerca di allargare. il proprio campo di esperienza. Privilegiò lo studio della mineralogia, scienza che aveva registrato importanti progressi ad opera di famosi ricercatori quali il francese Jean Baptiste de l'Isle con il suo fondamentale Essai de cristallographie del 1772, l'inglese James Hutton e ancora il tedesco Abrahm Gottlob Werner, docente di mineralogia all'Accademia delle miniere di Friburgo.
Numerose sono le opere di questo periodo. Oltre al testo di un discorso letto all'Accademia di Mannheim il 16 apr. 1799 in occasione della morte dell'elettore palatino Carlo Teodoro, Les vicissitudes de l'Académiè des sciences de Manheim, Manheim 1799, si ricordano le Observations minéralogiques sur les agates e le besalte (ibid. 1776), il Journal d'un voyage qui contient quelques observations minéralogiques, particulièrement sur les agates et le besalte avec un détail sur la manière de travailler les agates (ibid. 1776) e le Considérations sur les montagnes volcaniques (ibid. 1781) che vennero tradotte in tedesco e furono giudicate contributi di notevole importanza. E ancora Remarques sur la pierre élastique du Brésil et notices sur les marbres fléxibles (ibid. 1809).
Più importanti appaiono le opere a carattere storiografico, dove maggiormente si evidenziano i frutti della lunga frequentazione con il pensiero di Voltaire. Il Discours sur l'histoire d'Allemagne (ibid. 1761) vuol essere un abbozzo storico per grandi linee e per toni elogiativi della nazione in cui il C. si trovava a vivere. Nella prefazione, che appare molto importante per comprendere il piano di lavoro dell'autore, egli esalta il ruolo egemonico della Germania nello scacchiere europeo, dovuto alla sua grande capacità in campo legislativo ed amministrativo. Con affermazione programmatica chiarisce il motivo che lo ha spinto ad affrontare tale tema, enunciando anche la prospettiva parziale in cui lo pone. Egli, infatti, non intende scrivere una nuova storia tedesca, ma solo contribuire a portare chiarezza nella moltitudine disorganizzata degli studi già compiuti, ponendo in luce i caratteri positivi della nazione. Il C. mostra dunque di respingere l'ipotesi della storia intesa come erudizione, come "nota di viaggio" superficiale e frettolosa, tendendo a ricostruire i fatti significativi e a riscattarli in una dimensione presente. Anche la scelta della lingua francese viene motivata in quanto essa era ormai divenuta la lingua "europea" per eccellenza, sia nel campo politico-diplomatico sia in quello letterario, e come tale poteva godere di un pubblico più vasto.
Il libro è suddiviso in nove discorsi di cui il primo esamina la storia tedesca dalle origini fino a Pipino il Breve. Il secondo va dal 750 al 911 e passa in rassegna il periodo degli imperatori carolingi, soffermandosi particolarmente sulla figura di Carlo Magno e sui suoi rapporti con il Papato. Il terzo, secondo una cadenza che si conferma subito come prevalentemente monosecolare, è dedicato agli imperatori sassoni e arriva fino al 1024. L'autore dedica particolare attenzione a tale periodo, che si configura come quello della massima decadenza dell'autorità imperiale a fronte della quale nascono le prime grandi entità statali, con le loro leggi e con i loro governi locali. Il quarto discorso arriva fino al 1137. È il periodo del dominio francese, di cui si avvantaggia Roma per riacquistare la sua autonomia. Quasi due secoli sono affrontati nel quinto discorso, il più ampio, nel quale primeggia la figura di Federico Barbarossa. Nel sesto l'autore giunge fino al 1437: diverse case regnanti si avvicendano al vertice dell'Impero in un periodo di profonda crisi politica e sociale nel quale spiccano solo alcune grandi figure di artisti e di scienziati, sotto l'impulso del Rinascimento italiano. Gli imperatori della casa d'Austria dominano il panorama storico del settimo discorso che arriva fino al 1558 e dell'ottavo nel quale il C. giunge fino alla pace di Vestfalia e quindi alla storia della Germania moderna che vede la fine delle guerre di religione. Col nono ed ultimo discorso l'opera si chiude giungendo fino alla morte di Carlo VI. Si tratta, nel complesso, di un rapido excursus che denuncia la mancanza di un'indagine rigorosa, di un'analisi estesa a cause e a conseguenze, e in cui lo sforzo principale rimane quello di un'attenta selezione di quei tratti di storia civile in grado di servire come traccia per la comprensione dei grandi avvenimenti del sec. XVIII. Un discorso, comunque, ricco di materia di riflessione esposto in un linguaggio spesso ripetitivo, privo di estro, ispirato quasi ad una conversazione fra dotti.
Ancora si può ricordare un'altra opera del C. a carattere storico, la Dissertation historiqueet critique sur le prétendu cartel... envoyé parCharles-Louis... au vicomte de Turenne (Manheim 1767), di cui lo stesso Voltaire nel XII capitolo del Précis du siècle de Louis XIV parla in termini elogiativi, e soprattutto Mon séjóur auprès de Voltaire et lettres inéditesque m'ecrivit cet homme célèbre, jusqu'à la dernière année de sa vie (Paris 1807), opera pubblicata postuma, in cui l'autore mette in rilievo i numerosi errori commessi dai biografi di Voltaire e fornisce una serie di dati interessanti dal soggiorno prussiano fino al definitivo stabilirsi sulle rive del lago di Ginevra.
Bibl.: A. Lombardi, Storia della letter. ital. nel sec. XVIII, Modena 1827-30, ad vocem; Dictionn. général de biogr. et de histoire, Paris 1895, ad vocem; G.Natali, Il Settecento, I, Milano 1964, pp. 50, 528, 545 s., 580; P. Fuchs, C., C. A., in Neue Deutsche Biographie, III, Berlin 1957, pp. 324 s.